I lettori che hanno già seguito le mie precedenti puntate sul canto gregoriano, avranno già ben chiaro uno dei princìpi fondanti la retorica gregoriana: ovverosia il legame che ciascun brano o repertorio ha con altri.
Un brano gregoriano, infatti, è probabile (e lo è anche quando noi non ce ne accorgiamo) che non viva da solo, isolato, che non si esaurisca una volta cantato nella Messa in cui è iscritto, ma che si completi e trovi la sua più piena comprensione se letto alla luce di tutti i collegamenti che sottintende.
Calando questo discorso nell’attualità (e non mi riferisco, naturalmente, ai “ponti” bergogliani), vorrei portare un esempio di quanto il gregoriano sia “semplicemente complesso” attingendo qualche esempio dal repertorio della festa odierna di san Giovanni Battista. Per fare ciò, però, occorrerà prima volgere il nostro sguardo all’indietro e precisamente al Natale.
L’introito natalizio Puer natus, infatti, non si limita a caratterizzare la Messa del giorno di Natale. Questo introito viene richiamato e riportato alla nostra memoria anche in occasione della festa di san Giovanni Battista. In un certo senso – anticipando quelle che saranno le nostre conclusioni – è come se un brano fortemente cristico, il Puer natus, che di Cristo celebra l’incarnazione terrena, fungesse da segnale di riconoscimento per alcuni brani legati a colui che è il precursore di Cristo stesso, Giovanni Battista. Non mi pare necessario richiamare – e non ne possederei nemmeno le credenziali – il legame profetico e teologico che intercorre tra l’annuncio del Battista, il Precursore appunto, e Nostro Signore. Quello che, qui, mi prefiggo è di mostrare come il canto gregoriano instauri, per un preciso legame teologico, anche uno musicale.
Tale relazione la si può riscontrare nel repertorio dell’Ufficio della solennità del Battesimo del Signore, nella quale protagonista è san Giovanni Battista. La retorica del canto gregoriano, finalizzata a una esegesi sonora della Sacra Scrittura, infatti, non riguarda solamente il repertorio della Messa, ma un discorso analogo lo si può fare anche per il repertorio dell’Ufficio.
Per tale repertorio “minore” (ma che minore, a livello quantitativo, non è affatto) esiste un manoscritto di importanza capitale: il codice 390/391 della Biblioteca di San Gallo detto anche codice Hartker. Esso, oltre che rappresentare un unicum nella trasmissione del repertorio dell’Ufficio, ha un’ulteriore particolarità non secondaria: si conosce il suo autore, il monaco Hartker, appunto. Egli compare raffigurato in apertura del codice nell’atto di servire copia della sua opera a san Gallo definendosi Hartker reclusus: grazie alle fonti coeve si apprende che il monaco sangallese si rinchiuse volontariamente in una minuscola cella tra il 980 e il 1011 (data della morte) con lo scopo di redigere un Antifonale. Ne uscì, così, un’enorme codice che accolse tutti i brani della Liturgia delle Ore. E in esso, Hartker, non fece altro che trasporre al repertorio dell’Ufficio la logica gregoriana secondo cui ogni neuma deve essere incarnazione della Parola e, in definitiva, interpretazione delle Scritture.
Ebbene, nel repertorio della festa di Giovanni Battista viene sfruttato il tema di «Puer», le due note in intervallo di quinta che aprono l’introito della Messa del giorno natalizia. Tutto il brano ha un unico polo di attrazione che è posto proprio sulla parola iniziale «Puer».
È come se la musica gregoriana volesse tradurre per noi in musica il passo evangelico di Luca nel quale l’angelo indica ai pastori il “segno”, il bambinello: ecco, quella parola così sottolineata è per noi il “segno” per comprendere il corretto senso della celebrazione. Il Natale ricorda la kenosis di Cristo, celebra un Dio incarnato che, assumendo la debole natura umana, si fa bambino. Nell’immagine del bambino si riassume l’intero mistero dell’Incarnazione: il Verbo che si fa carne, un Dio che si fa uomo e si carica di tutte le nostre debolezze per redimerci. Ecco perché tutto il brano ha come unica parola di riferimento puer, la quale viene cantata tutta allargata (e le due scuole notazionali degli antichi codici manoscritti sono concordi: un pes angoloso per la sangallese e un pes disgregato per la metense).
E non è, dunque, una coincidenza se gran parte del repertorio legato al Battista contenga al suo interno quel piccolo intervallo di quinta: al contrario, questo è un comportamento ragionato e voluto. Su otto antifone totali della Liturgia delle Ore, ben sei iniziano con la stessa formula melodica di «Puer» (Baptista contremuit e Veterem hominem dei I Vespri, Magnum mysterium, Caput draconis, Peccati aculeus e Praecursor Ioannes dei II Vespri).
A queste sei antifone va, poi, aggiunto anche l’Inno dei II Vespri Implente munus debitum che, anch’esso, attacca con intervallo di quinta. A ulteriore conferma di questa mia ipotesi, va indubbiamente segnalata nientemeno che l’Antifona al Magnificat dei II Vespri della Natività di san Giovanni Battista che inizia addirittura in maniera identica all’introito natalizio anche testualmente: «Puer qui natus est nobis…» con l’attacco su «Puer» perfettamente identico a quello del «Puer natus» di Natale.
Riassumendo e concludendo, dunque, si è visto come dal brano più identificativo della presenza carnale di Nostro Signore Gesù Cristo su questa terra, il «Puer natus», sia stato tratto un semplicissimo spunto melodico da inserire, come richiamo teologico, nel repertorio legato a Giovanni Battista che rappresenta la figura più cristologica e che, di Cristo, ha preannunciato la venuta/nascita celebrata nel tempo natalizio.
Anche al 24 di giugno, dunque, può cadere qualche fiocco di neve ricordando Betlemme. Davvero cattolicamente, però. (Mattia Rossi) [Fonte]
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