La Chiesa ha attraversato molte epoche di crisi e ne è sempre uscita miracolosamente perché divinamente assistita.
La nostra Fede ci insegna che il Papa è il Vicario in terra di Gesù Cristo. Egli è la Pietra sulla quale Cristo ha costruito la sua Chiesa e contro la quale “le porte degli inferi non prevarranno”.
Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, è un mistero che si definisce come “Unione Ipostatica”; tale mistero ci disorienta spesso, durante la sua vita e specialmente durante la sua Passione, quando la sua “Natura divina si nascondeva e lasciava trasparire solo quella umana, che soffriva terribilmente” (s. Ignazio da Loyola) ed era “più simile ad un verme che ad un uomo” (Isaia). Gli Apostoli stessi si scandalizzarono, smarrirono lo spirito di Fede e rinnegarono Gesù, non riuscendo a capire ed ammetter che il Messia potesse essere sconfitto e umiliato.
La Chiesa è Cristo che continua nel corso della storia. Anch’essa ha un duplice elemento: quello divino (il principio che l’ha fondata, ossia Cristo e il fine cui tende, vale a dire il Cielo e Dio visto “faccia a faccia”) ed uno umano (le membra di cui è composta, i semplici fedeli e la gerarchia).
Nel corso della storia della Chiesa vi sono pagine gloriose e pagine poco belle, altre addirittura brutte. Se non avessimo la virtù teologale della Fede nella sua origine divina e nella protezione di cui la ammanta Gesù “ogni giorno, sino alla fine del mondo”, rischieremmo di scandalizzarci e perdere proprio la Fede, “senza la quale è impossibile piacere a Dio” (san Paolo).
Il Papa è un uomo, ma assistito da Dio infallibilmente; però solo a certe specifiche condizioni, che non tolgono o aggiungono nulla alla sua natura umana debole e caduca. San Pietro stesso rinnegò Gesù non una ma ben tre volte (“non conosco quest’uomo”). Onde, per quanto riguarda Gesù, la Chiesa e il Papa occorre, sempre, aver presente il loro duplice elemento: umano e dunque “deficiente”; divino e quindi “impeccabile”. Se si vede solo il primo, si cade nel razionalismo naturalista e si rinnega la Fede teologale, se si fa caso solo al secondo si scivola verso un pneumatismo cataro/protestantico, che porta egualmente alla rovina (“ogni eccesso è un difetto”).
Alcuni di fronte ai periodi bui della Chiesa gridano allo scandalo e ritengono che essa sia finita[1]. Ora, 2000 anni or sono, i Giudei ritenendo che anche Gesù fosse finito fecero rotolare una pietra tombale sul S. Sepolcro e vi misero dei soldati a guardia, ma la pietra fu rovesciata dagli Angeli quando Gesù risuscitò da morte e vinse il male tramite la sua apparente sconfitta in croce. Il cristianesimo è la religione della vittoria tramite la perdita anche, e soprattutto, della propria vita. Quindi non c’è pietra che tenga. La storia dovrebbe avercelo insegnato: la Chiesa è cresciuta e si è rafforzata proprio quando sembrava annientata. Le gaffes, e, peggio ancora, gli errori degli uomini di Chiesa, specialmente del clero e della Gerarchia, sono la prova provata della sua indefettibilità.
Certamente noi cristiani siamo “papisti”, dacché Cristo la sua unica vera Chiesa l’ha fondata su Pietro e i suoi successori (i Papi) e ci distinguiamo dai protestanti e da tutte le sette eretiche o scismatiche, le quali non ritengono Pietro come loro principio e fondamento con un vero primato di giurisdizione. Ciò, tuttavia, senza negare i fatti “poco belli” che i Papi possono aver commesso come uomini o dottori privati o le ambiguità ed errori che possono sussistere nell’insegnamento non normativo - e quindi non infallibilmente assistito - del Papa. Non occorre, perciò, cambiar religione o Chiesa, davanti allo sfacelo spirituale che si è abbattuto contro l’ambiente cattolico.
Chi pretende di sapere tutto di tutto e di avere la certezza e l’evidenza di come stiano realmente le cose, erra; specialmente in una situazione di oscurità e di incertezza come l’attuale, che non ha avuto eguali in tutta la storia della Chiesa. Ogni risposta (anche la mia) e “soluzione” o “tentativo” sono parziali ed hanno le loro ombre e chiaroscuri. Solo la Chiesa gerarchica potrà dirci la parola definitiva. Quindi “si non vis errare, noli velle scrutare” (s. Agostino).
L’attuale crisi conciliare e postconciliare sono un “mistero tremendo”. Ora il mistero è oltre la ragione umana, la sorpassa ma non è contro essa. Dunque “cerchiamo di rendere certa la nostra elezione, mediante le nostre buone opere” (s. Pietro). Ossia di fare ciò che la Chiesa ha sempre fatto (s. Vincenzo da Lerino, “Commonitorium”, cap. III), rifiutando le novità che ci hanno portato a tale stato di confusione dommatica, morale e liturgica.
Il X secolo detto il “secolo oscuro” della Chiesa
Il X secolo viene definito dagli storici il “secolo oscuro o ferreo della Chiesa”[2] ed è per questo motivo che “qualcuno preferirebbe stendere un manto di dimenticanza su questi oscuri Pontificati, nascondendoli in un pietoso silenzio”[3].
Vorrei farlo anche io, ma la situazione attuale creatasi con la crisi neo-modernista nella Chiesa mi spinge ad affrontare obtorto collo questo secolo con uno scopo apologetico ben preciso: quello di trarne una lezione morale per noi, che viviamo in un periodo di crisi nella Chiesa analogo a quello del “secolo ferreo”. Infatti in entrambi questi periodi vi sono dei Papi che non hanno la volontà di fare il bene della Chiesa
- perché puri signori temporali, che cercano solo il bene della propria casata o
- perché modernisti, che vorrebbero cambiare la natura della Chiesa[4].
Studiamo, quindi, assieme questo “secolo di bronzo” della Chiesa non per denigrarla, ma affinché non commettiamo anche noi gli stessi errori che furono commessi allora:
- l’adulazione e il servilismo di chi obbedisce ad ordini illeciti, che possono esser dati anche dall’Autorità ecclesiastica (si pensi al caso di papa Formoso le cui Ordinazioni sacre vennero ritenute, senza dubbi positivi, invalide per circa un trentennio da alcuni Pontefici);
- l’annullare un Papa, come fecero allora le élites nobiliari romane, che deponevano un Papa e ne eleggevano un altro[5].
«In questioni teologiche difficili e non definite, occorre dare il proprio parere con umiltà e pace, conformandosi alla istruzione e capacità degli ascoltatori, insistendo maggiormente sulla pratica della Chiesa, esortando a seguire i buoni costumi; invece di lasciarsi coinvolgere da controversie che non hanno una conclusione certa e che sono quindi pericolose sia per chi le spiega e sia per chi le ascolta» (s. Ignazio da Loyola, Obras Completas, Madrid, BAC, 1982, pp. 289-290).
Perciò in questi casi di crisi bisogna limitarsi a credere e fare ciò che la Chiesa ha sempre insegnato e fatto (S. Vincenzo da Lerino, Commonitorium, III, 5), evitando le novità, le anomalie, le bizzarrie, le mancanze di ricerca del bene comune della Chiesa[6], che possono eccezionalmente infiltrarsi nella gerarchia ecclesiastica, anche al suo sommo Vertice.
Gesù vuole che la sua Chiesa sia governata da Pietro e dai suoi successori “ogni giorno sino alla fine del mondo”, con una catena apostolica mai interrotta (successione apostolica o Apostolicità della Chiesa).
Ora la Chiesa è stata istituita per tutti ed è alla portata di tutti i fedeli. Quindi anche la valutazione dei suoi elementi costitutivi (per esempio, la legittimità del Papa eletto) deve essere fatta in base ad un criterio accessibile a tutti e non riservato ad una élite di persone, essendo la Chiesa una Società soprannaturale fondata da Cristo per la salvezza eterna di tutti gli uomini, di tutte le razze, le età e le condizioni sociali, assistita da Lui “tutti i giorni sino alla fine del mondo” (Mt., XXVIII, 20).
Filosoficamente l’accettazione de facto di un tiranno temporale che si è impossessato del potere equivale alla convalidazione o sanazione in radice che lo rende legittimo governante; così - teologicamente - il Papa dubbio, se accettato dalla Chiesa, diventa Papa indubitato: “L’accettazione pacifica di un Papa da parte di tutta la Chiesa è il segno e l’effetto infallibile di una elezione e di un pontificato validi”[7].
Attualità della situazione del Papato durante il “secolo ferreo”
Purtroppo per rispondere alla domanda attualmente pungente (data la situazione in cui versa il Papato da Giovanni XXIII sino a Francesco I), secondo cui per essere veramente Papa occorre avere la volontà oggettiva di fare abitualmente il bene comune della Chiesa è necessario studiare (coprendo con un manto di misericordia le vergogne dei nostri padri) questo lungo periodo di Papi, che evidentissimamente non hanno avuto come fine il bene della Chiesa, ma quello della loro casata nobiliare eppure son riconosciuti dalla Chiesa come veri e legittimi Papi.
Quindi
- dal fatto storico[8] (circa 150 anni di Papi che perseguono il bene della loro famiglia e non della Chiesa);
- dalla pratica della Chiesa[9] (la quale riconosce costoro come Papi legittimi); si ottiene la risposta certa che pur non avendo la volontà abituale di fare il bene della Chiesa, un Papa eletto canonicamente, se accetta l’elezione ed è accettato dalla Chiesa universale, è veramente e legittimamente Papa.
Durante il secolo X in Italia il Papato, privato del suo protettore naturale, l’impero, decadde in una profonda impotenza e divenne lo strumento di potere delle élites nobiliari di Roma, le quali si servirono dei Papi di quasi tutto il Novecento (o meglio per essere più precisi dall’882 al 1046, tranne qualche rarissima eccezione) per accrescere il loro potere, mettendo sulla Cattedra di Pietro i loro favoriti o familiari: “Il Papa con cui si è soliti far iniziare questo periodo (Giovanni VIII) morì assassinato nell’anno 882[10]; alla fine di quest’era oscura, nell’anno 1046, tre Papi in rivalità tra loro dovettero essere deposti in un sol colpo. Nel frattempo, in circa mezzo secolo, non meno di quarantacinque Papi e antipapi guidarono la Chiesa romana, la maggior parte di essi solo per pochi anni. Dopo mille anni è difficile stabilire chi di essi sia stato legittimamente Papa e chi, invece, antipapa. […]. Durante quei centocinquanta anni vennero deposti non meno di quindici Papi, alcuni dei quali dopo la morte, quattordici morirono in carcere, in esilio o assassinati, sette furono cacciati da Roma e privati della loro autorità come Pontefici. La Chiesa di allora conobbe sei scismi”[11].
Formoso (891-896)
Formoso prima di esser eletto Papa[12] era stato vescovo di Porto ed era stato uno degli oppositori di papa Giovanni VIII. Anzi addirittura venne “accusato nell’876 di aver partecipato ad un complotto ordito dalla fazione tedesca per cacciare da Roma Giovanni VIII”[13].
La storia ci insegna che “quando papa Giovanni VIII volle liberare l’amministrazione pontificia dai membri dell’aristocrazia romana […] Formoso legato a questa fazione e sentendosi minacciato egli stesso fuggì (aprile 876). La fuga esasperò l’ostilità dei sostenitori di papa Giovanni VIII verso Formoso. Due concili romani (19 aprile 876 e 30 giugno 877) presero in esame l’accaduto. Il vescovo Formoso fu deposto, ridotto allo stato laicale e scomunicato”[14].
Alla morte di papa Giovanni VIII il nuovo Pontefice Marino I riabilitò Formoso e Adriano III gli restituì il vescovato di Porto[15].
Divenuto Papa in politica Formoso si dimostrò ondivago: prima incoronò imperatori i duchi di Spoleto Guido (+ 891) e Lamberto (+ 898), poi contro costoro invocò l’aiuto del carolingio Arnolfo, che incoronò imperatore nell’896. Tutto ciò scatenò le passioni: “Roma divenne teatro di disordini. Formoso fu imprigionato a Castel Sant’Angelo; successivamente liberato da Arnolfo che aveva presa Roma. Ma mentre Arnolfo muoveva contro Spoleto fu colto da malore e fu costretto a tornare in Germania, permettendo agli Spoletani di tornare a Roma desiderosi di vendetta cui il Papa poté sottrarsi solo con la morte. Il suo sepolcro fu sacrilegamente violato dalla fazione spoletana, che nell’897 dissotterrò il cadavere di Formoso e lo giudicò nel corso di un macabro processo post mortem presieduto da papa Stefano VI. Formoso fu giudicato illegittimo e tutti gli atti da lui compiuti durante il suo pontificato furono giudicati nulli”[16].
Niente di nuovo sotto il sole! già mille anni or sono alcuni reputavano tutti i sacramenti degli altri invalidi, come il fariseo che salito al Tempio reputava tutti gli altri peccatori e solo se stesso santo.
Stefano VI (896-897)
“La responsabilità del processo al cadavere di Formoso pesa su papa Stefano VI, che fu destituito nell’agosto dell’897 e morì strangolato in carcere. Il secondo successore di Stefano VI, Teodoro II, ricondusse solennemente le spoglie di Formoso alla tomba in San Pietro, ma la questione non fu conclusa allora. Formosiani e anti-formosiani si disputarono per parecchi anni il trono pontificio, mentre le ordinazioni sacre di Formoso continuavano ad essere oggetto di decisioni contraddittorie. Teodoro II e Giovanni IX riabilitarono Formoso e proclamarono la validità delle ordinazioni da lui fatte. Invece papa Sergio III nel 904 tornò alle risoluzioni del macabro concilio cadaverico e dichiarò nulle le ordinazioni fatte da Formoso”[17].
Roma per tre decenni fu in balia di grandi confusioni con continui cambiamenti di Pontefici.
Giovanni X (914-928)
Prima di diventare Papa era stato arcivescovo di Bologna e poi di Ravenna ed era stato ordinato sacerdote da papa Formoso. Quindi risolse in maniera formale la questione della liceità del cambio di diocesi per i vescovi e difese l’operato e la validità degli atti di Formoso.
Infine si adoperò per assicurare l’indipendenza del Papato dalle famiglie nobiliari romane, ma fu da queste deposto, incarcerato e ucciso[18].
Giovanni XI (931-936)
L’eminenza grigia della nobiltà romana era la senatrice Marozia (+ 936), che riuscì a mettere sul soglio di Pietro suo figlio Giovanni XI, appena ventenne. Ma chi esercitava realmente il potere a Roma era suo fratello, il principe dei romani, Alberico II (932-954), il quale si serviva del Papa per aumentare il potere temporale della sua casata.
Come potrebbe Giovanni XI essere veramente Papa e avere “l’esse cum” di Cristo? Non lo so. Dio lo sa. La Chiesa lo riconosce senza ombra di dubbio Papa legittimo. I poveri fedeli lo hanno dovuto subire e sopportare pazientemente aspettando tempi e Papi migliori.
“L’elezione aveva certamente carattere strumentale e la madre di Giovanni XI intendeva servirsi del figlio Papa per accrescere il proprio potere”[19], ma “Alberico fece rinchiudere sua madre Marozia in Castel Sant’Angelo e suo fratello Giovanni XI in Laterano, lasciandogli la cura delle cose spirituali; poco dopo Marozia moriva in carcere e Giovanni XI si spegneva appena venticinquenne”[20].
Tuttavia si deve segnalare che proprio sotto il pontificato di Giovanni XI nacquero i primi contatti di Roma con il monastero di Cluny dal quale derivò la riforma gregoriana di Ildebrando da Sovana divenuto papa Gregorio VII (1073-1084).
L’abate Oddone di Cluny dovette prendere contatti per ottenere la prima conferma pontificia di Cluny con papa Giovanni XI poiché “non aveva scelta, non potendosi rivolgere ad un Pontefice più degno”[21].
La Chiesa l’ha fondata Cristo e Lui se ne prende cura e la risolleva servendosi spesso di strumenti deboli e stolti agli occhi del mondo per confondere i forti e i saggi di questo secolo.
Giovanni XII (955-964)
Era il figlio del principe dei romani Alberico II e nipote della senatrice dei romani Marozia. Fu messo sul trono di Pietro a soli 18 anni per il bene comune della casata maroziana e non della Chiesa, ma anch’egli è ritenuto Papa legittimo dalla cronotassi ufficiale del Liber pontificalis della Chiesa.
Come conciliare la Tesi di Cassiciacum con la pratica della Chiesa? La conciliazione non mi sembra possibile e tra le due scelgo la pratica della Chiesa, anche se può apparire “poco metafisica, storicistica e addirittura giuridica”...
“Giovanni XII non faceva parte del clero romano, non aveva ricevuto alcuna istruzione religiosa[22], condusse vita dissoluta e vanitosa. Ciò nonostante la sua autorità spirituale fu riconosciuta da tutta la Chiesa”[23].
La condotta di Giovanni XII, “più principe temporale che Papa, perché portò nella sede di Pietro la frivolezza di un signore mondano”[24], era non solo ricolma di costumi assai immorali, ma era gravida di “bestemmie e del fatto che fossero sistematicamente trascurati i doveri dell’ufficio ecclesiastico [non si curava del bene comune della Chiesa e non lo cercava, non sapeva neppure cosa fosse]”[25] e l’opposizione dei nobili romani anti-maroziani se ne lamentava non perché ricolma di solide virtù, ma in vista di un cambiamento di potere politico e ecclesiastico.
L’opposizione fece ricorso all’imperatore Ottone I detto il Grande (936-967), che nel 962 si fece incoronare da Giovanni XII, ma, quando l’anno successivo si accorse che papa Giovanni XII sosteneva in segreto i nemici dell’impero, “riunì in San Pietro un conciliabolo”, lo processò e lo depose nel 963 ponendo al suo posto l’antipapa Leone VIII. Giovanni riuscì a salvarsi la vita solo grazie ad una fuga rocambolesca e morì a 27 anni[26]. Dopo la sua morte è stato sepolto nella basilica Lateranense e vi riposa tuttora venerato come Papa legittimo.
Giovanni XIV (983-984)
Frattanto Ottone II (967-983) era succeduto a suo padre Ottone I nel 967, ma i romani non gradivano la presenza dell’imperatore nell’Urbe. Ottone II non se ne curò e trasferì a Roma il vescovo di Pavia, Pietro, e lo fece eleggere Papa col nome di Giovanni XIV, il cui pontificato fu breve perché in séguito ad una rivolta dei romani fu imprigionato e morì in carcere.
Gregorio V (996-999) e Silvestro II (999-1003)
L'imperatore successivo, Ottone III (983-1002), chiamato a Roma come potente soccorritore, nominò due Papi uno dopo l’altro: il primo era suo cugino e a soli 23 anni prese il nome di Gregorio V (996-999), il secondo era stato suo maestro e prese il nome di Silvestro II (999-1003). Tuttavia i romani non apprezzarono i due Papi imposti da Ottone II. Cacciarono da Roma Gregorio V nel medesimo anno della sua elezione (996) e gli contrapposero l’antipapa Giovanni XVI (997-998). Ottone reagì: nel 998 depose Giovanni XVI e nel 999 nominò Silvestro II, ma i romani insorsero nel 1002 e cacciarono Ottone che morì quasi subito dopo e mantennero papa Silvestro II per un solo anno.
Benedetto VIII, Giovanni XIX e Benedetto IX
La seconda metà del X secolo fu condizionata dalla rivalità tra la famiglia nobiliare romana dei Crescenzi e la famiglia dei conti del Tuscolo. I Crescenzi cercavano di dominare il Papato e l’impero, ma essi furono ben presto spodestati dai conti del Tuscolo, parenti del principe Alberico, discendenti di Marozia e “aventi in mano ogni potere, compreso quello di designare i Papi”[27]. I conti del Tuscolo riuscirono ad imporre, uno dopo l’altro, tre Papi loro graditi: Benedetto VIII dei conti del Tuscolo (1012-1024), suo fratello Giovanni XIX (1024-1032), la cui elezione “si ritiene che sia stata simoniaca”[28] e un suo nipote appena ventenne Benedetto IX (1032-1045)[29]. Sembrava che “il Papato fosse diventato il bene ereditario di una sola famiglia aristocratica”[30].
“Nel 1046 l’imperatore Enrico III fece dichiarare deposti i tre Papi e fece eleggere Clemente II. Alla morte di quest’ultimo venne rieletto Benedetto IX, che l’anno successivo venne costretto ad abbandonare la carica”[31].
Papa Benedetto IX era assai mondano ed era giunto ad “accarezzare progetti di matrimonio”. Fu per questo che “venne spinto a dimettersi”[32]. Innanzi tutto i Crescenzi gli opposero l’antipapa Silvestro III (1045), che si affermò in Roma solo per breve tempo. Quindi il giovane papa Benedetto IX dei conti del Tuscolo “fu convinto a cedere per denaro la propria dignità papale al ricco arciprete romano Giovanni Graziano, suo padrino, che divenne papa col nome di Gregorio VI (1045-1046), e che in tal modo si guadagnò la fama di simoniaco”[33]. Sotto la guida dell’imperatore germanico Enrico III, nel dicembre del 1046 a Sutri si riunì un sinodo, poi conclusosi a Roma, che indusse Gregorio VI a dimettersi e sospese l’antipapa Silvestro III dallo stato episcopale. Infine venne confermata l’abdicazione del terzo Papa dei conti del Tuscolo Benedetto IX.
Nonostante queste traversie il Papato si legò ancor più fortemente al movimento cluniancense che avrebbe riportato la Chiesa alle cime del suo splendore con San Gregorio VII.
Gesù non è un “puro metafisico”… e si accontenta anche di Papi “materiali” e volgari perché da ogni male sa trarre un bene maggiore.
Tuttavia prima di arrivare alla rinascita della Chiesa fu l’impero che sottrasse il Papato al controllo delle famiglie nobiliari romane e dette inizio al movimento che porterà alla riforma gregoriana, dalla quale nascerà il formidabile scontro tra Papato (S. Gregorio VII) e impero (Enrico IV).
Conclusione
La conclusione mi pare ovvia: «il rimedio ad un male così grande come “un Papa scellerato” e la crisi nella Chiesa in tempi di caos è la preghiera e il ricorso all’onnipotente assistenza divina su Pietro, che Gesù ha promesso solennemente» (Gaetano, Apologia de Comparata Auctoritate Papae et Concilii, Roma, Angelicum ed. Pollet, 1936, p. 112 ss.).
Nella situazione odierna occorre riconoscere, senza adulare i cattivi Pastori né aver paura di essere disprezzati
- che delle novità si sono infiltrate nella pastorale della Gerarchia ecclesiastica a partire da Giovanni XXIII (“contra factum non valet argumentum”) e perciò è lecito “non ubbidire nelle cose cattive e non adulare i malvagi prelati”[34];
- che, tuttavia, i Papi “conciliari”, pur avendo mal usato del loro sommo Potere, lo conservano. Pertanto bisogna, come consigliava il cardinal Tommaso de Vio, ricorrere alla preghiera e alla riforma di se stessi perché negli uomini di Chiesa ritorni l’ordine, che solo Dio tramite il Papa e col concorso delle cause seconde può restaurare nella Chiesa.
In breve l’aiuto di Dio è assolutamente necessario alla Sua Chiesa ed esso non manca mai; purtroppo è la non corrispondenza degli uomini alla grazia di Dio che vanifica il buon risultato della vera riforma della Chiesa in capite et in membris. Quindi occorre un Papa che ribadisca la verità nella sua purezza e soprattutto che la cali in pratica con una riforma dei costumi e della vita cristiana. Inoltre occorre un Episcopato che collabori col Papa, altrimenti il Papa da solo può soltanto definire la verità ma non farla vivere a chi la rifiuta con ostinazione. Allora i fedeli, aiutati dai buoni Pastori nella dottrina e nelle opere, potranno ritornare alla piena pratica della vita liturgica, spirituale, morale e contribuire alla restaurazione dello spirito cristiano all’interno della Chiesa.
Oggi purtroppo si riscontra una deficienza di sana dottrina
- nel Papa (Francesco I);
- nell’Episcopato (compresa quella parte che combatte per il mantenimento della Legge naturale, ma neglige la questione dogmatica sulla continuità reale o solo verbale tra Vaticano II e Tradizione apostolica);
- nei fedeli così mal guidati da cattivi Pastori. Ora tale situazione richiede un intervento straordinario della onnipotenza divina che dopo averci chiamato con Misericordia dovrà intervenire con la correzione e con il castigo. A mali estremi, estremi rimedi.
“Quel che temo, in questi tempi, è più una seduzione che una persecuzione. I nemici della Chiesa, oggi, si credono e si dicono cristiani, ma favoriscono l’eresia e lo scisma. Ciò che li rende molto pericolosi è la generale debolezza della fede presso i cattolici, l’amore sregolato dei piaceri mondani, la licenza immorale generalizzata. La maggior parte dei cristiani è cristiana solo di nome. Gesù non è conosciuto né amato soprannaturalmente. Quindi mi sembra necessario che per guarire una società così gravemente ammalata Dio castigherà duramente, ma assieme misericordiosamente: infatti Dio colpisce soprattutto per guarire”. (Le Très Révérend Père Marie-Théodore Ratisbonne. D’après sa correspondance et les documents contemporains, Parigi, Poussielgue, 1903, tomo II, p. 488).
d. Curzio Nitoglia
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1. Padre Reginaldo Garrigou-Lagrange spiega che gli Apostoli “proprio nel momento in cui il loro Maestro stava compiendo la redenzione, non videro che il lato umano delle cose” (Gesù che ci redime, Roma, Città Nuova, 1963, p. 337) e si scandalizzarono, come predetto. Il grande teologo domenicano continua: “Questo mistero della [passione e] risurrezione continua, in un certo senso, nella Chiesa. Gesù la fa a sua immagine e se permette per essa terribili prove, le concede di risuscitare, in un certo modo, più gloriosa, dopo i colpi mortali che i suoi avversari le infliggono” (Ibidem, p. 353). Si noti, i colpi che riceve la Chiesa in tutti i secoli, sono mortali ed essa ci sembra morire, ma risorge ogni volta più bella “senza ruga né macchia”, basta attendere e non rimpiazzarla con un “rattoppo peggiore del buco”.
2. Cfr. K. Bihlmeyer – H. Tuechle, Storia della Chiesa, vol. 2, Il medioevo, Brescia, Morcelliana, VII ed., 1983, § 88, pp. 76-87.
3. M. Greschat – E. Guerriero (a cura di), Il grande libro dei Papi, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, Vol. I, cap. IX, H. Zimmermann, I Papi del “secolo oscuro”, p. 160.
4. Arnaldo X. Da Silveira, Può esservi l’errore nei documenti del Magistero ecclesiastico?, “Cristianità”, n. 13, 1975.
5. La situazione di allora si ripresenta in certi aspetti anche oggi; si pensi, per esempio, a coloro che ritengono validi solo i “loro” sacramenti e invalidano quelli degli “altri”. Si pensi a chi invalida il Papa perché non ha l’intenzione oggettiva di fare il bene della Chiesa e nel frattempo pontifica come se il Papa fosse lui. Si pensi infine alle élites nobiliari che cercano di servirsi del Papato e non di servirlo…
6. Per esempio la Collegialità episcopale, che diminuisce il primato del Papa, è stata insegnata durante il Concilio Vaticano II (Lumen gentium n. 22) in maniera pastorale e non infallibile e in una maniera molto simile, anche se più sfumata, all’errore conciliarista non solo radicale ma anche mitigato.
7. F. X. Wernz – P. Vidal, Jus canonicum, Roma, Gregoriana, 3 voll. 1923-1938, tomo II, p. 437, nota 170; cfr. F. Suarez, De Fide, disp. X. Sez., V, n. 8, p. 315. Il cardinal Louis Billot insegna: “nel caso dell’ipotesi della possibilità di un Papa ritenuto eretico, l’adesione della Chiesa universale sarà sempre in se stessa il segno infallibile della legittimità di tale o tal altro Pontefice” (De Ecclesia Christi, Roma, Gregoriana, 1903, vol. I, pp. 612-613).
8. E contro il fatto non vale l’argomento.
9. La quale non può essere veicolo di errore.
10. Giovanni VIII (872-882) “Nell’anno 875 era morto l’imperatore Ludovico II, pronipote di Carlo Magno. Egli era l’ultimo rappresentante della cosiddetta linea italiana della dinastia carolingia. Il Papa doveva scegliere tra Carolingi orientali (germanici) e occidentali (francesi). Giovanni VIII optò per i Carolingi francesi irritando la nobiltà romana, che protendeva per i germani. Quando l’imperatore del ramo carolingio francese, Carlo il Calvo di Francia, morì nell’877 il Papa andò in Francia nell’878 per chiedere l’aiuto del nuovo imperatore, Ludovico il Balbo (+ 879), ma non ebbe successo. Egli, quindi, “si trovò solo contro le fazioni dei nobili romani parteggianti per la dominazione germanica”. Perciò non appena tornato in Italia Giovanni VIII fu costretto ad abbandonare precipitosamente Roma. Nell’881 dovette incoronare imperatore Carlo il Grosso discendente dei carolingi germanici. Sembra che Giovanni VIII sia stato “ucciso col veleno da un suo parente, avido dei tesori pontifici e poi finito a colpi di martello” (I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Giovanni VIII, a cura di Silvio Solero, p. 48).
11. M. Greschat – E. Guerriero (a cura di), Il grande libro dei Papi, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, vol. I, cap. IX, (a cura di) H. Zimmermann, I Papi del “secolo oscuro”, p. 159.
12. Cfr. M. Bacchiegia, Papa Formoso. Processo al cadavere, Foggia, 1983; G. Domenici, Il papa Formoso, in La Civiltà Cattolica, n. 75, 1924, vol. I, pp. 106-120, 518-530, vol. II, pp. 121-135.
13. I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Formoso, a cura di Silvio Solero, p. 49.
14. Jean-Marie Sansterre, in Enciclopedia dei Papi, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2000, vol. II, p. 43, voce Formoso.
15. Il diritto canonico di allora vietava il cambiamento di diocesi ai vescovi (tranne il caso in cui il trasferimento fosse stato deciso dal romano Pontefice) poiché si riteneva che il vescovo aveva sposato la sua diocesi e non poteva passare ad un’altra sotto pena di rompere il vincolo sponsale con la sua prima e vera diocesi. Quindi Formoso fu poi accusato anche di aver lasciato Porto per Roma, la legittimità del suo sommo Pontificato fu messa in discussione e fu dibattuta in un orrendo processo fatto sul suo cadavere riesumato. Ora il Papa è al di sopra dei vescovi ed ha giurisdizione non solo sulla diocesi di Roma ma su tutte le diocesi di tutto il mondo quindi il passaggio da una diocesi a quella di Roma era del tutto lecito, come fu stabilito esplicitamente dal diritto canonico successivo alle diatribe formosiane.
16. I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Formoso, a cura di Silvio Solero, p. 49.
17. Jean-Marie Sansterre, in Enciclopedia dei Papi, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2000, vol. II, p. 45, voce Formoso; L. Duchesne (a cura di), Le Liber pontificalis, Paris, 1892, vol. II, p. 164 ss.; Ph. Levillain (a cura di), Dizionario storico del Papato, Milano, 1996, vol. I, pp. 605 ss. Vito Loré (a cura di), in Enciclopedia dei Papi, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2000, vol. II, p. 49, voce Stefano VI; Ph. Jaffé (a cura di), Regesta Pontificum Romanorum, Lipsia, 1885, vol. I, p. 439-440; L. Duchesne (a cura di), Le Liber pontificalis, Paris, 1892, vol. II, p. 229 ss.; Ph. Levillain (a cura di), Dizionario storico del Papato, Milano, 1996, vol. II, p. 1425.
18. I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Giovanni X, a cura di Silvio Solero, p. 52; Claudia Gnocchi (a cura di), in Enciclopedia dei Papi, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2000, vol. II, pp. 53-54, voce Giovanni X; Ph. Jaffé (a cura di), Regesta Pontificum Romanorum, Lipsia, 1885, vol. I, pp. 442 ss.; L. Duchesne (a cura di), Le Liber pontificalis, Paris, 1892, vol. II, p. 232 ss.; Ph. Levillain (a cura di), Dizionario storico del Papato, Milano, 1996, vol. II, p. 644-45.
19. Ambrogio M. Piazzoni (a cura di), in Enciclopedia dei Papi, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2000, vol. II, p. 70, voce Giovanni XI.
20. I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Giovanni X, a cura di Silvio Solero, p. 52.
21. M. Greschat – E. Guerriero (a cura di), Il grande libro dei Papi, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, Vol. I, cap. IX, H. Zimmermann, I Papi del “secolo oscuro”, p. 163; Ambrogio M. Piazzoni (a cura di), in Enciclopedia dei Papi, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2000, vol. II, pp. 70-72, voce Giovanni XI; Ph. Jaffé (a cura di), Regesta Pontificum Romanorum, Lipsia, 1885, vol. I, pp. 454 ss.; L. Duchesne (a cura di), Le Liber pontificalis, Paris, 1892, vol. II, p. 243 ss.
22. Quindi non immaginava neppure lontanamente cosa fosse il bene comune della Chiesa.
23. Roland Pauler (a cura di), in Enciclopedia dei Papi, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2000, vol. II, p. 79, voce Giovanni XII.
24. I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Giovanni XII, a cura di Silvio Solero, p. 53.
25. M. Greschat – E. Guerriero (a cura di), Il grande libro dei Papi, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, Vol. I, cap. IX, H. Zimmermann, I Papi del “secolo oscuro”, p. 163.
26. I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Giovanni XII, a cura di Silvio Solero, p. 54; Roland Pauler (a cura di), in Enciclopedia dei Papi, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2000, vol. II, pp. 79-83, voce Giovanni XII; Ph. Jaffé (a cura di), Regesta Pontificum Romanorum, Lipsia, 1885, vol. I, pp. 463 ss.; L. Duchesne (a cura di), Le Liber pontificalis, Paris, 1892, vol. II, p. 246 ss.
27. M. Greschat – E. Guerriero (a cura di), Il grande libro dei Papi, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, Vol. I, cap. IX, H. Zimmermann, I Papi del “secolo oscuro”, p. 173.
28. I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Giovanni XIX, a cura di Silvio Solero, p. 58.
29. Cfr. L. L. Ghirardini, Il papa fanciullo: Benedetto IX (1032-1048), Parma, 1980.
30. M. Greschat – E. Guerriero (a cura di), Il grande libro dei Papi, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, Vol. I, cap. IX, H. Zimmermann, I Papi del “secolo oscuro”, p. 168.
31. I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Benedetto IX, a cura di Bruno Andreolli, p. 58.
32. M. Greschat – E. Guerriero (a cura di), Il grande libro dei Papi, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, Vol. I, cap. IX, H. Zimmermann, I Papi del “secolo oscuro”, p. 169.
33. M. Greschat – E. Guerriero (a cura di), Il grande libro dei Papi, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, Vol. I, cap. IX, H. Zimmermann, I Papi del “secolo oscuro”, p. 169.
34. Cajetanus, De comparatione Papae et Concilii, ed. Pollet, 1936, cap. XXVII, p. 179, n. 411.
Caro don Curzio,
RispondiEliminaè sempre difficile aggiungere commenti a tanta chiarezza e soprattutto limpida fede...
GRAZIE!
...
Riprendo un solo concetto, sul filo del rasoio:
nel papato c'è l'umano e dunque “deficiente”; e il divino e quindi “impeccabile”.
Se si vede solo il primo, si cade nel razionalismo naturalista e si rinnega la Fede teologale,
se si fa caso solo al secondo si scivola verso un pneumatismo cataro/protestantico, che porta egualmente alla rovina
(“ogni eccesso è un difetto”).
RispondiElimina@ l'anarchia che travolse il Papato nell'eta' di ferro
L'anarchia travolse tutta l'Europa carolingia alla dissoluzione di quell'impero, provocata dagli eredi di Carlo magno, che, secondo la concezione germanica loro propria, se lo divisero cominciando a combattersi tra di loro.
L'anarchia travolse quindi anche lo Stato della Chiesa.
In quello Stato c'era un problema rappresentato dai rapporti non facili tra l'elemento clericale e quello laico, che aspirava a comandare nelle strutture piu' propriamente civili dello stato (senato, magistrature, esercito, flotta, amministrazione).
Lo Stato della Chiesa era inizialmente limitato al Lazio. Poi comincio' (con la donazione di Pipino) l'espansione dello Stato su per la valle del Tevere e verso l'Italia meridionale (ducato di Benevento), politica tutta terrena, che invischio' il Papato nelle contese italiane e comporto' una serie di problemi che (evidentemente) la classe dirigente ecclesiastica non riusci' a risolvere. In tal modo, quando la crisi istituzionale e sociale scoppio' in Occidente in tutta la sua gravita' con la fine dell'impero carolingio (che duro' solo 80 anni), l'edificio crollo', per cio' che riguarda il Papato. Dal punto di vista puramente umano, cioe' politico, il governo di Alberigo fu efficace: mantenne lo Stato (della Chiesa) e seppe difenderlo contro tutti i nemici. Dal punto di vista religioso, fu invece un disastro. La decadenza morale era comunque generale, non solo "romana".
Domanda: se la Chiesa non si fosse mondanizzata in quel modo (dalla donazione di Pipino in poi) e fosse rimasta nel Patrimonio iniziale, avrebbe potuto resistere meglio alla tempesta? Historicus
Le Sue righe, un'analisi tanto lucida quanto drammatica, nutrono e danno forza alla speranza.
RispondiEliminaMa speranza garantita dalla Verità, N.S. Gesù Cristo, quindi certezza.
Provo a riformulare l'intervento che Lei ha censurato:
RispondiEliminase l'Imperatore nomina un Papa e la Chiesa per codardia si comporta come se l'elezione fosse regolare diremo che è ispirata dallo Spirito ?
In ogni caso mi pare che si intenda l'intera Chiesa, non solo i vescovi : nel caso di Bergoglio c'è per esempio Socci che gliele canta..
Va ricordato che basare considerazioni sull'essenza del papato su quel pochissimo o nulla che si conosce di certo circa la politica ecclesiale del secolo X può sembrare un po' rischioso a chi conosce un po' l'epistemologia della storia.
RispondiEliminae comunque visto che mi censura, direi che l'analogia va fatta col IV secolo eresia e San Atanasio con 90% vescovi aderente eresie e anglicanesimo dopo lo scisma: ciò che fece l'arcivescovo Cranmer.
RispondiEliminaQuesto genere di analisi è anche pericoloso perchè può suggerire che le normative non hanno nessun valore, anche quelle assolutamente chiare come le regole del Conclave violate da Danneels and friends per eleggere l'uomo di bianco vestito. Se nel secolo X tutte le regole sono state violate, perchè seguire quelle di oggi? E questo basato su narrative oscure e deduzione storiche di solidità nulla.
RispondiEliminaQuesto genere di argomentazione "storica" è all'origine dello storicismo modernista, non per caso: autorizza tutti gli abusi e soprusi.
RispondiElimina
RispondiElimina@ L'analogia con che secolo va fatta? IV o X?
Forse con il IV. Perche'? Dalla ottima ricostruzione di don Curzio mi sembra di capire che tutti questi cattivi papi (non tutti pero' lo erano) hanno mancato soprattutto sul piano personale, nella loro vita privata o perche' troppo impegnati nelle vicende politiche. Dovevano destreggiarsi con difficolta' tra l'imperatore e le fazioni romane. Ci sono stati anche "papi guerrieri", che celebravano Messa con la cotta di ferro sotto i paramenti sacri, e non combattevano solo contro le fazioni dell'aristocrazia romana, combattevano anche contro i Saraceni, per esempio. Nell'anno 877, quando era gia' cominciata la crisi del mondo carolingio, Leone VIII, romano, ucciso poi in una congiura (appunto), narro' in una lettera una sua bella vittoria navale al Circeo sui pirati musulmani (saraceni) impegnati a depredare:
"Quindi, fatta in Roma brevissima dimora di soli 5 giorni, benche' amareggiati nell'anima e infermi nel corpo, nondimeno uscimmo a battaglia [navale] alla testa dei nostri fedeli romani e, con l'aiuto di Dio, abbiamo tolto ai Saraceni 18 navigli, trucidati molti di essi e liberati dalla schiavitu' quasi 600 cristiani [catturati nelle razzie]". Insomma: i Papi di questo periodo hanno peccato (individualmente) contro la morale in vari ed eccessivi modi ma non contro la dottrina ed anzi sotto alcuni di loro ha cominciato a prender forma il rinnovamento della Chiesa (Cluny). Sono dunque da considerarsi legittimi.
Invece nel IV secolo, ad un certo punto l'eresia ariana sembrava aver preso il sopravvento, grazie alla negligenza e cecita' (o mancanza di coraggio) della Prima Sedes. Serpeggiava apertamente l'errore, come oggi. Con una differenza, pero': non si parlava di una corruzione di costumi della Gerarchia come quella che imperversa oggi. Ma anche quel Papa che sembro' civettare con l'arianesimo e' considerato legittimo, mi pare. Perche' evidentemente il suo errare non fu tale da condurlo all'eresia formale. E in effetti nemmeno Bergoglio puo' esser accusato di eresia in senso formale, se vogliamo esser precisi, anche se cio' nulla toglie alla disastrosa china sulla quale si e' immesso.
Historicus