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giovedì 21 gennaio 2016

Il piccolo numero degli eletti, La mancanza di fede alla parusìa e il messaggio dell'Apocalisse


IL PICCOLO NUMERO DEGLI ELETTI, LA MANCANZA DI FEDE ALLA PARUSIA E IL MESSAGGIO DELL’APOCALISSE

I
Il piccolo numero relativo degli eletti 
rispetto al maggior numero dei dannati

Introduzione

In questo tempo di crisi religiosa, che attanaglia specialmente il cattolicesimo, molti interpretano la parabola di Luca (XVIII, 6 ss.) in modo strettamente letterale e la applicano alla maniera di esistere della Chiesa verso la fine del mondo (grande apostasia, anticristo e parusia). Ne deducono, quindi, che la Chiesa allora (e analogicamente nella crisi odierna) non sarà più visibile[1] nella sua gerarchia (Papa e Vescovi); essa si ridurrà a pochissime anime pie, che manterranno la vera fede in maniera totalmente nascosta. Questa concezione, però, cozza contro la natura della Chiesa come è stata istituita da Cristo e si avvicina impressionantemente al concetto luterano di Chiesa, condannato dal magistero ecclesiastico, come società invisibile composta  di soli santi[2]. 

Per capire il significato genuino della parabola di Luca (XVIII, 6 ss.) è bene esporre  l’analogia che intercorre tra la dottrina del piccolo numero di coloro che si salveranno (Mt., VII, 13) e quella sul piccolo numero di coloro che manterranno la fede verso la fine del mondo.

Alla domanda se son più quelli che si salvano o quelli che si dannano, Gesù risponde che la strada la quale porta alla perdizione è larga e sono molti ad imboccarla, mentre la strada che conduce alla salvezza è  stretta e son pochi a prenderla. Quindi esorta a fare tutto il possibile per entrare in Paradiso attraverso la via stretta.

Questa verità del piccolo numero relativo degli eletti, lungi dallo scoraggiarci o abbatterci, deve spingerci ad una grande fiducia nell’aiuto onnipotente della misericordia divina e a fare ciò che possiamo da parte nostra per cooperare con la grazia di Dio: “Cercate di rendere certa la vostra elezione, mediante le vostre opere buone” (S. Pietro). Inoltre deve fondarci in una grande umiltà, dacché “nemo scit si sit amore vel odio dignus” insegna la S. Scrittura e S. Paolo ci dice: “qui reputat se stare, caveat ne cadat”. Onde lungi dal disprezzare gli altri ritenendoci “eletti” - come faceva il fariseo che era salito al Tempio a pregare e se ne tornò a casa ancora più malvagio di prima - dobbiamo fare come il pubblicano, il quale non osava neppure alzare gli occhi al cielo e pregava: “miserere mei Domine, quia homo peccator sum”, e Dio lo perdonò e gli dette la grazia santificante. Salvarsi è facile, basta mettervi la buona volontà e il resto ce lo darà Dio. Onde “chi [lo vuole e] prega si salva, chi [non lo vuole e] non prega si danna” (S. Alfonso de Liguori, Del gran mezzo della preghiera).

Ma ciò non significa che si salveranno solo pochissime anime privilegiate (per esempio soltanto 144 mila, come dicono i Testimoni di Geova, leggendo materialmente L’Apocalisse). Così riguardo alla Chiesa non bisogna reputare che essa verso la fine del mondo si ridurrà ai minimi termini, senza visibilità e senza struttura gerarchica (ridotta a qualche migliaio di fedeli, senza Papa né Vescovi aventi giurisdizione). 

Vediamo come i Padri e gli esegeti leggono le parabole del Vangelo riguardo al numero degli eletti e alla fede che sussisterà sulla terra alla fine del mondo. 

I Padri della Chiesa e il numero degli eletti

A. Michel nel Dictionnaire de  Théologie  Catholique (voce Elus nombre des, colonne 2264- 2265) cita ben 73 Padri della Chiesa, per l’arco ininterrotto di circa mille anni, ossia la “universalis traditio” come lui stesso la definisce, che hanno scritto a favore del piccolo numero degli eletti, commentando la Santa Scrittura e specialmente il Vangelo secondo San Matteo (VII, 13) e il Vangelo di San Luca (XIII, 23-24). 

Tra di essi vi sono i maggiori dei Padri ecclesiastici, da S. Ireneo (II secolo, vescovo in Lione nel 170 d.C. circa, quindi solo 70 anni dopo la morte dell’Apostolo S. Giovanni e la fine della rivelazione pubblica, che ha conosciuto tramite Policarpo di Smirne, morto nel 167, discepolo diretto di S. Giovanni e maestro di Ireneo) sino all’ultimo Padre ecclesiastico, S. Bernardo di Chiaravalle (+ 1153)[3]. 

Il valore del consenso dei Padri

Ora il consenso moralmente  unanime dei Padri, che interpretano la Sacra Scrittura, è l’eco della Tradizione divino-apostolica e dunque è infallibilmente vera. Ossia quando un numero considerevole di Padri ecclesiastici è concorde nello spiegare in un determinato senso il significato della lettera della Bibbia, essi sono il canale di cui Dio si serve, come Tradizione orale, per farci giungere infallibilmente il vero significato della scrittura[4]. 

Il Concilio di Trento[5] e il Vaticano I[6] hanno definito che l’interpretazione genuina della S. Scrittura è quella data dai Padri della Chiesa, onde non ci si può discostare, nella lettura della Scrittura, dal significato unanime datone dai Santi Padri ecclesiastici: “Nessuno deve osare di distorcere la S. Scrittura, secondo il proprio modo di pensare, contrariamente al senso che ha dato e dà la Chiesa […], né deve andare contro l’unanime consenso dei Padri” (Conc. di Trento, Decreto sulla Vulgata e sul modo di interpretare la s. Scrittura, Paolo III, 8 aprile 1546, DS, 1507). Inoltre il Vaticano I: “Non è lecito a nessuno interpretare la S. Scrittura contro l’unanime consenso dei Padri, (Conc. Vat. I, Costituzione dogmatica Dei Filius, Pio IX, 24 aprile 1870, DS, 3008). 

Leone XIII insegna: “Non è permesso a nessuno di interpretare la S. Scrittura contro l’insegnamento unanime dei Padri (Conc. Trento [DS, 1507] e Conc. Vat. I [DS, 3007]). Somma è l’autorità dei Padri […] ogni volta che all’unanimità interpretano con uguale senso una qualche testimonianza biblica […]. Dal loro unanime consenso appare chiaramente che così sia stato tramandato dagli Apostoli secondo la fede cattolica […]. Ingiustamente e con danno alla religione si introdusse l’artificio presentato sotto il nome di alta critica […] in base a sole ragioni interne” (DS, 3281/3284/3286). 

Pio XII nell’Enciclica Divino afflante Spiritu (30 settembre 1943) riprende la dottrina di Leone XIII, raccomandando l’interpretazione “data dai santi Padri” (EB, 551). La stessa cosa insegna in Humani Generis (12 agosto 1950) [EB, 564/565]. Il compito dell’esegeta cattolico è quello di “assicurarsi se c’è un senso già dato con morale unanimità dei Padri” e quindi di seguirlo. Si può ricorrere anche all’aiuto della filologia per approfondire l’insegnamento patristico, ma non è mai lecito contraddirlo e neppure invertire i ruoli, dando la preminenza alla filologia sul consenso unanime dei Padri[7].

I Dottori della Chiesa e i Santi sul numero degli eletti

Anche molti Dottori della Chiesa e Santi canonizzati e conosciutissimi hanno appoggiato - per cinquecento anni consecutivamente - la tesi del piccolo numero degli eletti (relativo al maggior numero dei dannati). Essi spaziano da papa Innocenzo III (+ 1216) a S. Alfonso de Liguori (+ 1787)[8]. 

La dottrina del piccolo numero degli eletti, relativamente a quello maggiore dei dannati, è perciò rivelata e interpretata infallibilmente dalla Tradizione dei Santi Padri latini e greci. 

Tuttavia non bisogna leggerla in senso strettamente materiale e rigorista in maniera tale da farci dubitare della volontà salvifica universale di Dio, che in molti casi è resa vana dalla cattiva volontà degli uomini, i quali preferiscono la via larga, che li conduce alla perdizione. Ciò non significa che coloro i quali vogliono salvarsi e osservare i Comandamenti di Dio siano in sé un numero esiguo, sparuto, infinitesimale. No! Essi sono una “turba magna, che nessuno riusciva a contare” come li dice l’Apocalisse di Giovanni. 

Quindi “cerchiamo di entrare per la porta stretta”, con la buona volontà e la speranza nell’aiuto onnipotente e misericordioso di Dio e certamente vi passeremo per giungere nel regno dei Cieli. 

II
Il piccolo numero relativo dei fedeli
rispetto al gran numero degli infedeli
durante la grande apostasia

Ma il Figlio dell’uomo quando verrà troverà forse la Fede sulla terra?”. Nel Vangelo di S. Luca (XVIII, 8) si leggono queste parole nel contesto della parabola della vedova e del giudice malvagio, la quale vuole insegnarci che la preghiera fatta a Dio sarà certissimamente esaudita. Infatti se il giudice iniquo della parabola di Luca, per non essere più seccato, ascolta la povera vedova, la quale non cessa di importunarlo, quanto più Dio, infinitamente buono, accoglierà le nostre richieste. Tuttavia la frase di Gesù succitata in apertura chiude la parabola in un contesto che sembra di difficile comprensione: «Udite cosa dice il giudice iniquo? E il Figlio di Dio non farà giustizia ai suoi eletti, i quali gridano a lui giorno e notte, e tarderà a soccorrerli? Io dico che renderà loro giustizia ben presto. Ma il Figlio dell’uomo quando verrà troverà forse la Fede sulla terra?». 

Questa parabola viene interpretata comunemente in senso escatologico, e non quanto alla sola distruzione di Gerusalemme, come già nel capitolo XVII, versetti 22-37, in cui Gesù ha preannunziato che prima della fine del mondo, quando tornerà a giudicare i vivi e i morti, non ci si preoccuperà della sua venuta e del suo giudizio, come era già avvenuto ai tempi del diluvio universale e della distruzione di Sodoma; poi, quando i discepoli chiedono a Gesù (XVII; 37) «ove avverrà ciò?», Egli risponde «dove sarà il corpo, lì si raduneranno gli avvoltoi», ossia “ubi peccatores, ibi judicia Dei”: Gesù non vuol manifestare né il tempo né il luogo ove apparirà e risponde genericamente che la parusia si verificherà ovunque ci siano uomini da giudicare. 

Inoltre la frase con cui Gesù si domanda retoricamente se venendo alla fine del mondo troverà la Fede sulla terra va letta non in rottura colla parabola della vedova e del giudice, ma come sua conclusione “e contrario”. Infatti mentre le innumerevoli preghiere piene di speranza e carità della vedova hanno ottenuto l’ascolto del giudice, “al contrario” alla fine del mondo non ci sarà un’abbondante Fede, (come quella della vedova) accompagnata dalla preghiera speranzosa e vivificata dalle buone opere, proporzionata alla gravità del momento. 

Comunque la frase del Vangelo di S. Luca non deve essere letta in maniera radicalmente pessimistica e quasi disperata, come se la Chiesa fosse finita all’approssimarsi della parusia: «Il Maestro non nega in maniera assoluta l’esistenza della Fede negli uomini che vivranno negli ultimi giorni. […]. La prospettiva dolorosa della fine dei tempi non si identifica con una dichiarazione sconsolata e senza speranza per la sorte finale del regno di Dio sulla terra ossia della Chiesa. […]. Il Maestro ha inteso richiamare gli uomini al dovere della vigilanza affinché essi, alla sua parusia, siano trovati in pieno fervore di Fede, di preghiera e di opere. […]. Ammonendoci che alla fine del mondo si avranno prove di un’estrema gravità, le quali per molti saranno causa di raffreddamento di preghiera e carità e di defezione dalla Fede».

III
Il messaggio dell’Apocalisse

Perciò la frase di Luca (XVIII, 8) va letta alla luce dell’Apocalisse di Giovanni, che tratta della grande apostasia, dell’anticristo e della parusia in maniera assai diffusa.

Ora  per quanto riguarda il significato e il messaggio complessivo dell’Apocalisse padre Bonaventura Mariani scrive: «Gesù sa che la parusia deve essere preceduta da certi segni: l’apostasia, il mistero dell’iniquità, l’anticristo»[9]. Dalle epistole di S. Paolo si evince che l’anticristo finale sarà coevo alla parusia (II Tess., II, 3-12). Questa sarà preceduta dall’apostasia generale.. «Si parla di un uomo, la cui apparizione (parusia) nel mondo, insieme all’apostasia, è un fatto che deve precedere “la parusia di Gesù”. […]. L’anticristo farà seguaci tra coloro che non vollero accettare l’amore della verità. In questa maniera Dio li punisce, essi amarono l’errore, perciò divennero vittime della frode dell’empio (ivi, II, 10-11»[10]. Ma l’anticristo finale sarà annientato dal Signore Gesù. 

Secondo monsignor Antonino Romeo «il messaggio dell’Apocalisse di Giovanni ha lo scopo di corroborare nella fede e di confortare nella speranza; vuol premunire i fedeli, tendenti al rilassamento, contro la persecuzione che s’annunzia ognora più violenta: è un’esortazione alla perseveranza ed al martirio» . 

Monsignor Francesco Spadafora aggiunge che secondo l’Apocalisse «nella lotta violenta, sanguinosa e senza quartiere, che il giudaismo condurrà contro la Chiesa, non questa soccomberà, ma il primo (...). Il paganesimo dell’Impero romano, e particolarmente il culto da tributare all’imperatore trovava nel cristianesimo un’opposizione irriducibile (...). I fedeli dal Vangelo potevano dedurre che “scomparso” il giudaismo e l’odio dei giudei,  primo nemico acerrimo,  la Chiesa avrebbe trovato la pace, ora dopo il 70 dovevano costatare che il Regno di Dio incontrava ostacoli e persecuzioni dappertutto (...). Perché Gesù non manifestava la sua potenza contro i nemici del suo regno? Ed ecco la risposta di Giovanni. Il trionfo del Redentore e della sua Chiesa è sicuro  la venuta di Cristo per ciascuno di noi [giudizio particolare, nda] è vicina». 

Quindi la lettura di Luca (XVIII, 8) non è quella della totale scomparsa della Chiesa visibile e gerarchica, ma è un invito a mantenere viva e salda la nostra fede anche in mezzo alle prove più dure che i nemici di Dio e della sua Chiesa potranno riservarci. 
d. Curzio Nitoglia
_________________________
1. Gesù ha paragonato la sua Chiesa ad un ovile, ad un gregge (Lc., XII, 32), ad una città posta sul monte per essere vista da tutti (Mt., V, 14).
2. Cfr. John Wicleff condannato dal Concilio di Costanza, sessione VIII, 4 maggio 1415, DS 1151-1195 e Jan Huss condannato dal Concilio di Costanza, sessione XV, del 6 luglio 1415, DS 1201-1230.
3. S. Ireneo da Lione, Contra haereses., libro IV, capitolo XV, S. Atanasio, Epistula I, ad Castorem, § 13; S. Ilario do Poitiers, Tractatus super psalmum LXIV, numero 5; S. Basilio, Sermo de renuntiatione saeculi; S. Efrem il Siro, De paenitentia, Opera completa, tomo III, pagina 398; S. Gregorio di Nazianzio, Oratio XLII, ad 150 episcopos, numero 7; S. Ambrogio da Milano, In psalmun XL, numero 7; S. Giovanni Crisostomo, Adversus oppugnatores vitae monasticae, libro I, § 8; S. Girolamo, In Isaiam XXIV, 13-15; S. Agostino d’Ippona, Contra Cresconium, libro III, capitolo 66; S. Cirillo d’Alessandria, In Isaiam, libro II, capitolo 24, numero 6; S. Pietro Crisologo, Sermo XCVII; S. Leone Magno, Sermo XLIX, capitolo II; S. Gregorio Magno, Homilia XXXVIII, in Evangelium, numero 8, 14; S. Beda il Venerabile, In Matthaeum, XX, 16; S. Pier Damiani, Sermo XXXII, de sancto Apollinare; S. Anselmo d’Aosta, In Epistulam ad Odonem et Lanzonem; S. Bruno da Segni, Commentarium in Matthaeum, parte II, capitolo 7. S. Bernardo di Chiaravalle, Sermo III, in vigilia Nativitatis Domini. 
4. Cfr. V. Zubizarreta, Theologia dogmatico-scolastica, Vitoria, ed. El Carmen, 1948, vol. I, n. 699-700, tesi IV.
5. J. de Monléon, Commentaire sur le prophète Jonas, 2^ ed., Québec, Scivias, 2000, p. 28. Di tale libro si legga Préface au livre de Jonas ou critique de la Critique, pp. 5-22 e Postface sur les critères internes, pp. 83-119. 
7. Monsignor Francesco Spadafora (Dizionario biblico, Roma, Studium, 1963, pp. 211-212) spiega: “È impossibile che vi sia contrasto tra le due fonti della stessa Rivelazione divina, l’insegnamento orale (= Tradizione apostolica = Magistero infallibile) e la S. Scrittura […]. Per i primi secoli, siamo edotti dell’insegnamento del Magistero infallibile, dagli scritti dei Padri: Ecco perché dal Concilio di Trento sino all’Humani Generis, accanto al Magistero ecclesiastico è posta immediatamente e nello stesso ambito (cioè per verità di fede e di morale) la dottrina dei Padri, come testi della fede cattolica”. L’insegnamento moralmente  unanime dei Padri, perciò, non ha bisogno di un’ulteriore conferma da parte del Magistero, è esso stesso Magistero infallibile. 
8. Innocenzo III, Sermo X, in Septuagesimam; S. Antonio da Padova, Sermone sulla Cena del Signore, Opera completa, pagina 418; S. Bonaventura da Bagnorea, Breviloquium, parte I, capitolo 9; S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I parte, qestione 23, aticolo 7, ad 3um; S. Alberto Magno, In Matthaeum, XXII, 14; S. Vincenzo Ferreri, Sermo I, in dominicam Septuagesimam; S. Lorenzo Giustiniani, De compunctione et complanctu christianae perfectionis; S. Bernardino da Siena, De speculo peccatoris: pauci erunt de numero salvandorum; S. Antonino da Firenze, Summa Theologiae, parte I, titolo IV, capitolo 7; S. Tommaso da Villanova, Concio I in dominicam IXX post Pentecostem; S Pietro Canisio, In Evangelium dominicae Septuagesimae; S. Roberto Bellarmino, De gemitu columbae, capitolo 7; De arte bene moriendi, libro II, capitolo 3; S. Vincent de Paul, Sermon sur la persévérance; S. Leonardo da Porto Maurizio, Sermone XXIV, sul piccolo numero degli eletti; S. Alfonso de Liguori, Theologia moralis, libro IV, trattato II, capitolo 2, n 130. 
9. Cento problemi biblici, Assisi, Pro Civitate Christiana, 1962, 2a ed., “La fine del mondo in S. Paolo”, p. 584.
10. Ibidem, p. 589. 
11. A. Romeo, Apocalisse, Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, vol. I, 1948, coll. 1660-1614. 
12. F. Spadafora, Dizionario biblico, Studium, Roma, 3ª ed. , 1963, voce Apocalisse, pagg. 35-41.

14 commenti:

  1. correggere il titolo (massaggio?)

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  2. Mic,
    nel titolo, quello più in grande ed in rosso, c'è "massaggio " invece che "messaggio", com'è correttamente riportato, invece, sotto.
    RR

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  3. Nessuno deve dare un'interpretazione diversa dai padri? ma allora la nuova chiesa post conciliare che lo fa?

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  4. Non viene citato Paolo 2 tessalocinesi in particolare che definisce bene il punto dell'apostasia, uomo iniquo e mistero d'iniquità, rimozione di ciò e chi lo trattiene (Katecon ), nonchè il passo del Vangelo "quando vedrete l'abominio della desolazione di cui parla il profeta Daniele, chi legge intenda, nel LUOGO santo, fuggite....". Era necessario rimuovere il papato e ciò conferma la visione di Fatima , è la morte avvenuta ormai (per ritardo e non completo adempimento della richiesta di Maria SS) del papato, del katecon in generale.

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  5. I versetti nel Testamento Nuovo che riguardano l'apostasia e l'anticristo erano i soli che i docenti alla mia università pontifica non volevano spiegare...


    Osservatore

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  6. Anonimo 13.11 giustamente chiede:
    "Nessuno deve dare un'interpretazione diversa dai padri? ma allora la nuova chiesa post conciliare che lo fa? "

    rispondo (se sbaglio corrigetemi): protestanti & sola scriptura: ognuno la interpreta come più aggrada al proprio "sentimento" religioso.

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  7. Qua siamo alla tana libera tutti, secondo alcune fonti, il vdr ha dato indicazioni a tutti i religiosi per cambiare il rito della lavanda dei piedi, basta uomini, tutti ammessi, anche le donne, e i bambini, e nessun distinguo di razza, religione e quant'altro, insomma rivoluzione totale delle vecchie e stantie regole.......mia domanda terraterra, come sono io, ma non era stata istituita da Cristo e fatta ai suoi discepoli rigorosamente maschi? Chiedo lumi per sapere cosa è eresia e cosa sconvolgimento delle regole bimillenarie senza essere contro la dottrina apertamente, se il papato non piace colle sue regole e i sui riti, si può dire anti-papa, revolucionario da Tdl, senescenza in forma peggiorativa acuita dalla consapevolezza di poter attuare uno stravolgimento dei 'poteri' papali essendo in carica, o che altro? Confido in risposte adeguate, io passo la news, non so più, sinceramente cosa pensare, e di lui e di tutti quelli che stanno zitti. Anonymous.

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  8. Anonimous,
    ho appena scritto un articolo nel quale, tra l'altro, dico:

    Meminisse horret - e c'è da temere che per imitazione si estenda ai vescovi mai così pronti a recepire come in questi casi e che non emerge, né poteva emergere, nella disposizione - che siano considerate membri del popolo di Dio, anche persone non battezzate...

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  9. "non so più, sinceramente cosa pensare, e di lui e di tutti quelli che stanno zitti. Anonymous." : caro fratello, non pensare niente, semplicemente ignora tutto questo scempio, non concedergli la tua attenzione e il tuo tempo; meglio pregare in silenzio nella propria cameretta che prestar attenzione e seguito a questa gente qua. "Verrà un giorno", diceva Fra' Cristoforo, verrà per tutti, ma non vorrei essere nei loro panni, non che non mi ritenga un povero peccatore, servo inutile, ma grazie a Dio mi sforzo di conservare il discernimento degli spiriti, dono dello Spirito Santo, e questo mi dice di allontanarmi da loro, con la mente e con il cuore. Se posso darti un consiglio, fà altrettanto anche tu. Un caro saluto nel Signore Nostro Gesù Cristo.

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  10. Avevo scritto e poi avevo lasciato perdere. Ho letto l'ultimo post. E ci ho ripensato.

    “ la lettura di Luca (XVIII, 8) …è un invito a mantenere viva e salda la nostra fede anche in mezzo alle prove più dure che i nemici di Dio e della sua Chiesa potranno riservarci ………..”. Quest’affermazione è una conclusione logica della lunga premessa e credo non sia stata mai messa in discussione in questo blog, né da nessuno dei cattolici fedeli alla Tradizione preoccupati per la attuale situazione di crisi (apostasia diffusa).

    “ la lettura di Luca (XVIII, 8) … non è quella della totale scomparsa della Chiesa visibile e gerarchica”: questa conclusione invece non mi pare derivi dalle ampie premesse. Non mi pare di avere notato nessun insegnamento unanime dei Padri della Chiesa sulla visibilità della Chiesa gerarchica alla fine dei tempi. Inoltre non mi pare che la e scomparsa della Chiesa visibile e gerarchica alla fine dei tempi sia incompatibile con l’invito a mantenere viva e salda la fede in mezzo alle dure prove che i nemici di Dio e della sua Chiesa riserveranno alla Chiesa gli ultimi tempi. Anzi, non riesco ad immaginare una tribolazione più grande della scomparsa della visibilità della Chiesa, una tribolazione maggiormente capace di mettere a prova durissima la fede dei cattolici (la persecuzione fisica, il sangue dei martiri hanno sempre aumentato la fede dei cattolici ed è questa la ragione per cui la massoneria e i nemici della Chiesa in generale procedono con l’inganno e con l’infiltrazione nella gerarchia ecclesiastica, per svuotare la Chiesa dall’interno ed ad opera dei suoi stessi – falsi - pastori).

    “Non è permesso a nessuno di interpretare la S. Scrittura contro l’insegnamento unanime dei Padri”: lo so e infatti vorrei conoscere quest’insegnamento unanime riguardo a questa questione. Nel CCC è scritto che la Chiesa subirà la stessa sorte del Signore. E specifica che morirà e risorgerà come Lui. Ora, se la gerarchia visibile è una caratteristica essenziale della Chiesa, la morte può far riferimento alla scomparsa dell’aspetto visibile-gerarchico della Chiesa nel senso specifico dell’apostasia del “papa” e, a scendere, alla gran parte della gerarchia e dei fedeli . Questo non contrasta con la promessa che le potenze degli inferi non prevarranno sulla Chiesa, perché così come non hanno prevalso su Gesù, che pure è stato crocifisso, non prevarrebbero nemmeno sulla Chiesa che, dopo breve tempo, risorgerebbe in gloria, anzi, così come la morte in croce di Gesù è stato strumento di vittoria sulla morte e di gloria altrettanto potrebbe dirsi della “morte” della Chiesa (visibile), la cui resurrezione sarebbe segno evidente della sua natura divina (come sposa mistica di Cristo) e della potenza di Dio.
    La morte della Chiesa come perdita della visibilità-gerarchia (apostasia di gran parte della gerarchia, dei preti, dei laici) sarebbe coerente con il nascondimento della Chiesa nel deserto e la nutrizione di essa da parte di Dio. Dio la nutrirebbe servendosi



    continua

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  11. Mi rendo conto del pericolo di questa ipotesi interpretativa:, cioè il pericolo di una protestantizzazione in cui la sola Scriptura sia sostituita dai documenti magisteriali della Chiesa “sicuri” (cioè fino a Pio XII) o oppure da una selezione, operata dal singolo fedele, all’interno del magistero “vivente” conciliare fra insegnamenti conformi alla Tradizione (e quindi riferibili alla Chiesa) e insegnamenti difformi (da non seguire). Isole di sedicenti “eletti” sparse nell’oceano dell’apostasia con in mano dei fogli morti di carta … Ed è bene avvertire del pericolo, come lei ha fatto. Ma una
    Ma io credo che questo pericolo possa essere evitato. Ci sono ancora fedeli, di solito i “piccoli” del Signore (ma non solo), ci sono preti (pochissimi, di solito giovani, perseguitati, come i sacerdoti FI, o tenuti fuori dalla “perfezione” della comunione con la Chiesa, tipo i preti della SPX), che conservano la fede cattolica intatta e ci sono anche dei vescovi dalla fede salda (alcuni anche con giurisdizione, anche se questi attualmente, mi sembra, non la manifestano integralmente forse per prudenza) e altri la troveranno, per grazia di Dio. Dio opera e opererà nei modi che non possiamo avere la presunzione di conoscere con esattezza. Ma nutre e nutrirà la sua Chiesa.

    Mi rendo conto del pericolo. Ma non si può, per evitare questo pericolo, chiudere gli occhi davanti alla realtà tragica, alla grande tribolazione che abbiamo davanti (la visibilità piena di un’apostasia generale nella gerarchia della Chiesa e nel suo vertice visibile), negandola perché “non potrebbe essere” secondo una interpretazione teologica, che peraltro non mi risulta ancora essere interpretazione unanime dei Padri della Chiesa.

    Mi rendo conto del pericolo. Ma bisogna prendere atto che “di questi tempi diventa impossibile ubbidire “ai Pastori stabiliti da Lui” e, nello stesso tempo, professare “la fede e la dottrina di Gesù”: o si seguono i “Pastori” o si professa “la fede e la dottrina Gesù”, tertium non datur” (http://www.riscossacristiana.it/fuori-moda-la-posta-di-alessandro-gnocchi-200116/………….).

    Concludo citando Gnocchi: il “ dramma che rischia di soffocare l’anima di tanti bravi cristiani: Non sono le depravazioni, …le ingiustizie perpetrate dagli uomini di Chiesa …a scuotere le fondamenta della fede. Chi sferza davvero le anime piagandole nel loro profondo è il Vicario di … perché, dietro il simulacro del santo chiamato a fondare la Casa Comune, configura una Chiesa atea, l…... in cui i pastori diventano predatori di dogmi, di sacramenti, di morale...... Dobbiamo imitare Maria alla deposizione, che teneva tra le braccia il Figlio morto eppure sapeva di potergli parlare.…
    ….monsignor Lefèbvre … diceva: Noi aderiamo con tutto il cuore e con tutta l’anima alla Roma cattolica custode della fede cattolica e delle tradizioni necessarie al mantenimento della stessa fede, alla Roma eterna … rifiutiamo, invece… di seguire la Roma di tendenza neo-modernista e neo-protestante che si è manifestata chiaramente nel Concilio Vaticano II e.. in tutte le riforme che ne sono scaturite… contribuiscono ancora alla demolizione della Chiesa, .. Nessuna autorità, neppure la più alta nella gerarchia, può costringerci ad abbandonare o a diminuire la nostra fede cattolica chiaramente espressa e professata dal Magistero della Chiesa da diciannove secoli…Per questo ci atteniamo …a tutto ciò che è stato creduto e praticato nella fede, i costumi, il culto, l’insegnamento del catechismo, la formazione del sacerdote, l’istituzione della Chiesa, della Chiesa di sempre e codificato nei libri apparsi prima dell’influenza modernista del Concilio, attendendo che la vera luce della Tradizione dissipi le tenebre che oscurano il cielo della Roma eterna. Così facendo siamo convinti, con la grazia di Dio, l’aiuto della Vergine Maria, di San Giuseppe, di San Pio X, di rimanere fedeli alla Chiesa Cattolica e Romana, a tutti i successori di Pietro e di essere i fideles dispensatores mysteriorum Domini Nostri Jesu Christi in Spiritu Sancto. Amen.”
    Anna*

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  12. Temo che la "visibilità" della Chiesa sia stata parecchio fraintesa. Essa non è la scomparsa materiale della Chiesa dalla vista di tutti, altrimenti essa si sarebbe già prodotta in passato all'epoca delle catacombe e sotto ogni persecuzione. La "visibilità" è piuttosto la possibilità concreta che la vera Chiesa di Cristo ha di essere riconosciuta come tale senza tema di errore o difficoltà come Unica, Santa, Cattolica e Apostolica.
    Quanto al consenso unanime dei santi Padri nell'interpretazione delle Sacre Scritture osservo che, se c'è un libro particolare in cui questo consenso scarseggia in modo considerevole, esso è l' Apocalisse. Perciò risulta spesso assai oscuro.

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  13. Decidetevi ! O pensate di avere un tempo infinito ?

    http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351213

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  14. http://www.papalepapale.com/develop/i-cristiani-lottano-contro-la-fine-del-mondo-ormai-non-per-se-stessi/

    Se dovessi camminare in una valle oscura,
    non temerei alcun male, perché tu sei con me

    Continuiamo a pregare l'Immacolata per tutti e per i Sacerdoti .
    Ave Maria !

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