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giovedì 21 luglio 2016

don Curzio Nitoglia. Bizantinismi Teologici su Papa Onorio I

Il nocciolo del problema è che oggi, a partire dal concilio 'pastorale', nessun papa si è più pronunciato, né - prevedibilmente per come stanno ora le cose - più si pronuncerà ex cathedra (e dunque impegnando l'infallibilità). E ciò anche in virtù del nuovo paradigma di 'tradizione vivente' in senso storicista che assegna la facoltà di riformare la Chiesa alla Chiesa del presente secondo la ratzingeriana ermeneutica della riforma intesa come rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa [qui] che cambia ad ogni epoca, commisurata alla cultura del tempo e realizza la lettura del Vangelo sulla base di quest'ultima, anziché viceversa. [Vedi, tra l'altro, qui]. Per cui, mentre da un lato il card. Burke può dire che l'esortazione Amoris Laetitia non è magistero perché non riafferma l'insegnamento costante della Chiesa e non implica adesione de fide [qui], dall'altro il card. Shönborn può affermare che essa è Magistero e come tale va accolta e il credente vi si deve adeguare [qui]. Ma finché non si metteranno d'accordo sulla giusta interpretazione del soggetto-Chiesa rispetto all'oggetto-tradizione, la confusione continuerà a regnare sovrana con gravi conseguenze per la salus animarum.

Dal Papa eretico a Francesco I

Il 30 dicembre 2015 lo storico Roberto De Mattei ha scritto nel suo sito: “Onorio I: il caso controverso di un Papa eretico” [qui].
Avevo sempre saputo che Onorio aveva favorito l’eresia, ma non che fosse caduto in eresia formale.
Leggo, quindi, con molta attenzione l’interessante articolo di De Mattei, che un amico mi ha inviato. Egli cita il famosissimo Dictionnaire de Théologie Catholique (vol. VII, coll. 96-132, voce Honorius Ier a cura di Emile Amann).

Secondo De Mattei, Emile Amann, nell’articolo citato sopra, insegnerebbe che Onorio I non solo ha favorito l’eresia, ma le sue Lettere (sulla questione delle due volontà in Cristo) “sono indubbiamente atti del Magistero, ma del Magistero ordinario non infallibile [e in esso, ndr] vi possono essere errori e perfino, in casi eccezionali, formulazioni eretiche. Il Papa può cadere in eresia, però non potrà mai pronunciare un’eresia ex cathedra. Nel caso di Onorio […] no si può affermare che egli intendesse formulare una sentenza ex cathedra, definitiva e obbligante”.

Ho già affrontato su questo sito il caso del Papa eretico [da diverse angolature: qui - qui - qui - qui - qui - qui]  ed ho dovuto constatare [qui] come De Mattei, presentando il libro di Arnaldo Xavier Da Silveira (Ipotesi teologica di un Papa eretico, Chieti, Solfanelli, 2016, tradotto da Calogero Cammarata), stravolge il pensiero del Da Silveira , scrivendo: “L’autore [Da Silveira] ritiene la sua tesi non solo intrinsecamente probabile, ma teologicamente certa” (p. 14), mentre Da Silveira non ha mai affermato ciò nel suo libro, apparso in portoghese nel 1970, pubblicato in Francese nel 1973/1975, né tanto meno nella “Nota dell’Autore” alla traduzione italiana del libro scritta nel gennaio del 2016, in cui anzi il Da Silveira scrive:
“Reputo che la quinta sentenza [esposta da S. Roberto Bellarmino e che il Da Silveira fa sua] può essere considerata solo teologicamente probabile. Di conseguenza, nell’ordine dell’azione concreta, mi sembra che a nessuno sia lecito optare per una determinata posizione, volendo imporla agli altri. […]. Invito gli specialisti della materia a ristudiare la questione, in modo che si possa arrivare ad una unanimità morale che permetta di qualificare una determinata sentenza come teologicamente certa” (p. 19 ).
L’articolo sopra citato di R. De Mattei su Onorio I è analogo alla sua “Presentazione” al libro del Da Silveira. Infatti mentre per De Mattei il Papa può cadere in eresia e Onorio è stato eretico, Emile Amann scrive:
“Un Concilio legittimo [il VI Concilio ecumenico di Costantinopoli III, anno 680-681] ha condannato legittimamente Onorio I. Questo Concilio s’è sbagliato? Lo avrebbe certamente fatto se avesse affrontato la questione di Onorio da un punto di vista esclusivamente dogmatico, ed avesse dato un giudizio dottrinale e motivato sull’insegnamento di Onorio. Poiché, come ho dimostrato sopra, il pensiero di papa Onorio era ortodosso nella sostanza (dans le fond orthodoxe) ed anche la sua espressione poteva, mettendovi un po’ di buona volontà, accordarsi con la terminologia che il Concilio avrebbe canonizzato. Ma, come ho fatto notare sopra, il Concilio si erigeva a giudice molto meno della teologia che della politica e dei personaggi che l’avevano rappresentata. […]. Ci si ricordi pure che la qualificazione di eretico, che oggi si applica a colui che persevera con pertinacia in una dottrina condannata dalla Chiesa, nel VI secolo si era estesa sino a minacciare di eresia tutti quelli che non avessero parlato e pensato come i teologi ufficiali di Bisanzio, qualunque fossero stati i loro meriti e la loro buona fede” (Dictionnaire de Théologie Catholique, cit., col. 119). 
Per questo motivo mi sembra che chiamare Onorio eretico oggi sia un bizantinismo teologico.
Emile Amann conclude il suo lungo e esaustivo articolo così:
“Nelle sue due Lettere a Sergio papa Onorio ha propagato un insegnamento eretico nel senso esatto del termine come lo si intende oggi? Certamente no (Non, certainement). […]. Queste due Lettere contengono un certo numero di espressioni e di deduzioni spiacevoli (regrettables) atte a favorire lo svilupparsi di una dottrina eterodossa? Sì, il fatto è incontestabile“ (cit., col. 122).
Quindi papa Onorio, imprudentemente e bonariamente, approvò e firmò l’Epistola di Sergio senza definirla né obbligare a crederla, anzi l’attenuò aggiungendo ad essa, in una seconda Lettera, l’espressione, tuttavia ancor troppo vaga, dell’esistenza in Cristo di “due nature (umana e divina) operanti secondo le loro diversità sostanziali” (Ep. Scripta dilectissimi filii ad eundem Sergium, anno 634, DS 488), cioè affermò l’unità morale e non fisica delle due volontà in Cristo, nel Quale vi sono realmente due volontà (umana e divina) e quella umana è moralmente uniformata a quella divina.
Le espressioni di Onorio erano ambivalenti e quindi l’interpretazione eterodossa di una sola volontà fisica e divina in Cristo era possibile. Il Papa parlava del Verbo Incarnato in cui sussistono due nature, ma lasciava intendere – pur non scrivendolo positivamente ed esplicitamente – che vi potesse essere in Lui una sola volontà. Tuttavia Onorio non scrisse apertamente di una sola volontà divina reale e fisica, ma lasciava capire che in Cristo vi fosse una volontà umana “morale”, ossia subordinata e uniformata “moralmente” a quella fisica divina.

La Chiesa cattolica orientale (con i suoi Vescovi e teologi bizantini) lesse la frase di Onorio in senso eretico, mentre quella latina (S. Massimo di Torino) lesse la sua Epistola in senso ortodosso: una volontà umana fisica e reale subordinata moralmente a quella fisica divina in Cristo. Papa Giovanni IV (640-642) scrisse nel 641 la famosa Apologia pro Honorio Papa, in cui difese spassionatamente Onorio che non era formalmente eretico, ma non aveva condannato con decisione l’errore di Sergio e il monotelismo avendo, così, favorito l’eresia. Infatti implicitamente Onorio ammetteva l’esistenza di un agire e di una volontà (fisica o reale) umana in Cristo.

Papa S. Martino I (649-655) in un Concilio romano particolare, riunito in Laterano nel 649, aveva definito la dottrina delle due volontà e della duplice azione in Cristo. Nel III Concilio ecumenico di Costantinopoli (680-681) papa S. Agatone (678-681) il 28 marzo del 681 definì che in Cristo vi sono due volontà e due azioni (la divina e l’umana) e condannò papa Onorio per aver aderito imprudentemente all’eresia (DB 262 ss. / DS 550 ss.) senza specificare se si trattasse di eresia materiale o formale. Ma nel Decreto di ratifica del III Concilio ecumenico Costantinopolitano VI papa S. Leone II (682-683) specificò il 3 luglio 683 (DB 289 ss. / DS 561 ss.) i limiti della condanna di Onorio, che “non illuminò la Chiesa apostolica con la dottrina della Tradizione apostolica, ma permise che la Chiesa immacolata fosse macchiata da tradimento” (DS 563). Onorio, quindi, si era macchiato di eresia materiale ed aveva favorito l’eresia.

Vale a dire, Onorio non era stato positivamente o formalmente eretico, ma vittima dei raggiri di Sergio, cui imprudentemente e negligentemente aveva acconsentito senza impegnarsi nella difesa della dottrina cattolica ortodossa e così aveva favorito o non impedito l’eresia. Perciò S. Leone II condannò Onorio più per la sua negligenza che per una consapevole eterodossia.

Inoltre Onorio non aveva definito né obbligato a credere la tesi di una sola azione in Cristo contenuta nell’ambigua Dichiarazione dell’Epistola di Sergio a lui inviata. Quindi Onorio non aveva voluto essere assistito infallibilmente in tale atto, ma aveva utilizzato una forma di “Magistero ordinario autentico e non infallibile”. Perciò egli aveva potuto sbagliare, anche se per ingenuità e mancanza di fortezza, ma senza infrangere il dogma (definito poi dal Concilio Vaticano I) della infallibilità pontificia, come invece sostennero i protestanti nel XVI secolo, la setta dei “vecchi cattolici” nel secolo XIX e qualche sedevacantista totale o millenarista gioachimita oggi. In breve Onorio aveva favorito l’eresia peccando, così, gravemente, ma non era stato eretico.

Questo dimostra
  1. che il Papa nel Magistero non infallibile può eccezionalmente errare (com’è successo nel Concilio pastorale Vaticano II, il quale non ha voluto definire dogmaticamente, e nelle due Lettere a Sergio di Onorio I); 
  2. che esiste un Magistero infallibile solo a quattro condizioni: se il Papa
  1. parla come Pastore universale;
  2. in materia di fede e di morale;
  3. definisce una dottrina;
  4. da credersi obbligatoriamente, ovvero sotto pena di dannazione;
  1. che non sempre il Papa è infallibile in ogni suo insegnamento ed infine
  2. che, se il Papa erra nel magistero non infallibile, non inficia l’infallibilità pontificia, la quale sussiste solo alle suddette quattro condizioni.
Come saggiamente scrive il professor Antonio Sennis,
è difficilissimo e non utile definire con certezza le reali intenzioni di Onorio” (AA. VV., Enciclopedia dei Papi, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2000, 1° vol., voce Onorio I, a cura di Antonio Sennis, p. 589).
I tentativi di stravolgere il pensiero dei teologi (Da Silveira e Amann), che vengono fatti oggi, ci confermano quanto sia difficile restare obiettivi di fronte alla crisi che investe l’ambiente cattolico nel nostro tempo e quanto sia pericoloso arrogarsi il ruolo che spetta al Magistero della Chiesa e alla “Prima Sede”, la quale essendo “Prima” non può essere giudicata da nessuno altrimenti sarebbe non più “Prima”, ma “Seconda” a colui che la giudica e ritiene il Papa eretico deposto, ossia non più Papa.

Oggi di fronte al cataclisma spirituale del Concilio Vaticano II e del post-concilio (specialmente con papa Francesco I) vi sono due errori (per eccesso e difetto) da evitare.

  • Il primo errore per eccesso sostiene che occorre obbedire sempre a tutto ciò che la Gerarchia fa e dice, anche solo pastoralmente e non dogmaticamente. Per cui S. Paolo avrebbe sbagliato a “resistere in faccia a S. Pietro” e S. Agatone, S. Leone II e Giovanni IV avrebbero errato nel condannare l’arrendevolezza che favoriva l’eresia (e non l’eresia formale) di papa Onorio e si scusa completamente l’errore materiale di Onorio I. Ma ciò è contrario alla divina Rivelazione e ai pronunciamenti dogmatici del Magistero papale.
  • Il secondo errore per difetto asserisce che la Gerarchia è sempre infallibile e quindi è impensabile che sbagli e che si possa non seguirla semper et ubique, perinde ac cadaver. Per questo secondo errore sarebbe più riprovevole il comportamento di S. Paolo che quello di S. Pietro riguardo ai giudaizzanti, e più riprovevole quello di Agatone, Leone II e Giovanni IV che quello di Onorio I. Ma la S. Scrittura, la Tradizione e il Magistero smentiscono anche questa posizione.

I casi di Cefa e Onorio non devono farci perdere né il rispetto nei confronti del Papa, della Prima Sede, del Magistero (quando è Magistero e non esortazione o esternazione di opinioni personali del Pontefice come dottore privato) puramente autentico e non definitorio o obbligante della Chiesa né la fede in quello infallibile, come non devono neppure farci fare del Magistero anche non-infallibile un Assoluto e una specie di divina Rivelazione.
d. Curzio Nitoglia
20/07/2016

17 commenti:

  1. Vorrei esordire dicendo "Mic non mi pubblicherà". Ma non lo faccio perché lo trovo misero e stupido. Affermazione, tra l'altro, irritante per chi pubblica e gestisce una qualsiasi "rubrica dei lettori". Però, pubblicato o no, voglio far sapere a Mic che sono sempre più perplesso di alcune esternazioni di Don Curzio Nitoglia. Intendiamoci: lo stimo, sono un suo lettore, posseggo quasi tutti i suoi libri. La sua storia personale è ammirevole. Però qui sopra esagera: Roberto de Mattei è probabilmente uno dei migliori storici della Chiesa. E ha una notevolissima competenza teologica.
    Non sono in grado di stabilire chi abbia ragione sulle tesi di Onorio. Però, perché questo attacco a de Mattei?
    Poi, in tutti i contesti in cui opera (qui, il suo sito, SI SI NO NO) Don Nitoglia continua a insistere, ripetitivamente, con il tema degli errori per eccesso e per difetto. Topico interessante e certamente non infondato, anche da un punto di vista della teologia classica. Ma che può diventare una clava nei confronti di qualsiasi tesi tradizionalista.
    Insomma: va bene Don Nitoglia, lo stimiamo tutti. Ma diamogli anche un interlocutore.

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  2. Silente,
    stimo molto anch'io il prof. De Mattei, così come stimo don Curzio Nitoglia.
    Pur essendo ottimi e seri studiosi, penso che nessuno dei due sia infallibile. Per cui tra studiosi è normale scambiarsi osservazioni.
    Francamente non lo considero un attacco. Forse è una osservazione più puntuta del necessario? Non saprei. Altre motivazioni, alle quali peraltro sono completamente estranea, non penso debbano entrare in campo. E comunque è un'osservazione che ritengo esposta con motivazioni valide, peraltro in passato da don Curzio già espresse.

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  3. Di dirne male m'è venuta voglia,
    scusate tutti ma son don ........

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  4. Don o non don... non è poi così semplice dirimere la questione del "papa eretico" ed è evidente che gli studiosi ricorrono alla storia della Chiesa per trovarvi analogie col nostro tempo così problematico.
    Purtroppo non ho modo di dilungarmi quanto vorrei, ma ritengo che insieme alle analogie del passato sia il caso di continuare a richiamare l'attenzione sugli aspetti che oggi hanno cambiato molte carte in tavola per effetto della 'mutazione' dei significati attraverso il nuovo linguaggio fumoso e immaginifico non più definitorio. È per questo che ho inserito la nota di introduzione.
    È questo il nodo che gli studiosi dovranno dirimere e non solo e non tanto a livello accademico, quanto stimolando i pastori a intervenire pubblicamente nelle forme dovute.

    Anche perché l'eresia, sia pure non formalizzata, sta lì che serpeggia e i danni li fà soprattutto se, coma di fatto avviene, viene enfatizzata dai media e da molti corifei e modifica la prassi. Inoltre le parole di un papa hanno sempre un'autorevolezza che si impone come punto di riferimento alto che può trarre in inganno chi non ha (oltretutto in presenza di una supposta evoluzione dei dogmi) gli strumenti filosofici e teologici per identificarla.

    Bisogna dunque andare oltre i dibattiti accademici e fare fronte comune sui problemi che scottano...

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  5. Caro anonimo,
    ottimo spunto. Posso permettermi di modificare/arricchire, con il permesso di Mic e del suo senso dell'umorismo, il suo intrigante endecasillabo come segue?:

    Di dir mal di tutti ho sempre voglia,
    scusatemi dunque, son Don ....
    La Tradizione è quel che dico io
    sol io decido quel che ha detto Dio.


    Così, lasciateci divertire, ogni tanto. Dimostriamo che anche i tradizionalisti, qualche volta, hanno spirto d'umorismo.


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  6. Concludo quindi che: la (cito) "ratzingeriana ermeneutica della riforma intesa come rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa che cambia ad ogni epoca" come un albero sempre uguale (questo lo traggo da ricordi miei) che porta frutti diversi secondo i tempi, quindi banane 3 secoli fa, poi mele, poi fichi, attualmente è passato dai pomodori alle zucche vuote.Cioè magistero lapalissianamente fallibile in quanto FALLATO. Ora dunque tale ermeneutica NON (cito)c "definisce una " NUOVA "dottrina" b "in materia di fede e morale" e quel tale NON a"parla come Pastore universale" (_forse non ha tolto la veste bianca perché in vaticano non ce ne sono altre-) d "da credersi obbligatoriamente ovvero sotto pena di dannazione" perché un Papa è come uno qualsiasi che non fa testo quel che dice. Molto chiaro il discorso.

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  7. Io credo che i piccoli del Signore, quelli che conservano la fede e non hanno quella cultura, quella elevatezza intellettuale che, a volte (se non si sta attenti) può portare a spaccare il capello in quattro perdendo di vista la realtà che si ha davanti (ad esempio un intelletuale può arrivare alla conclusione, ragionando ragionando che non é possibile che la buca sia proprio lì, in mezzo al suo cammino, quindi continua a camminare e ci finisce dentro).


    Il buon don Curzio, come tutti, cercano analogie nel passato. Giusto. Per ciò che é stato previsto, per ciò che é già accaduto. Ma forzare, no. Occorrre anche guardare alle differenza, che sono voragini .Io credo che le differenze siano enormi, come mic cerca di evidenziare. Partono dal CVII e non riguardano solo questo ultimo papa. E meriterebbero quindi un approccio diverso.

    Chiedo: nel passato si sono posti il problema dell'infiltrazione massonica-anticristica nella Chiesa ? E' già successo ? Cosa é stato scritto al riguardo ?
    (secondo me la questione non sta nei termni dell'eresia, ma é molto più grande e sottile)

    Anna

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  8. http://www.ilmessaggero.it/primopiano/vaticano/ferie_papa_bergoglio_aria_condizionata_amici_argentini_nozze_gendarmi-1869020.html

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  9. @ In ogni disputa sul significato di un fatto storico, andiamo a vedere gli originali, se possibile.

    Il testo del Costantinopolitano 3 che contiene la condanna di Onorio recita: "Pariterque anathematizamus novi erroris inventores, id est Theodorum Pharanitanum episcopum..etc. necnon et H o n o r i u m , qui hanc apostolicam Ecclesiam non apostolicae traditionis doctrina lustravit, sed profana proditione immaculatam fidem subvertere conatus est [invece di "subvertere conatus est" - ha tentato di sovvertire - il testo greco ha: "con profano tradimento macchiare l'immacolato concesse" - maculari permisit ] (DS 563).
    Il latino dice: "ha tentato di sovvertire la fede immacolata con profano tradimento", il greco, piu' o meno lo stesso, ma forse meno forte: non "ha tentato" ma "ha concesso, ha accordato, si e' dichiarato d'accordo". In ogni caso, l'accusa di eresia o di complicita' nell'eresia ci sta tutta.
    S. Leone II informo' di questa condanna i vescovi iberici e il re della Hispania. Relaziono' pero' il fatto in modo leggermente diverso. Ai vescovi scrisse: "[E tra coloro che furono accusati di tradimento della fede c'era anche Onorio : "qui flammam haeretici dogmaticis non, ut decuit Apotolicam auctoritatem, incipientem exstinxit, sed negligendo confovit" - il quale non estinse la fiamma della dottrina eretica incipiente, come di dovere per l'Autorita' apostolica, ma con la sua negligenza la rinfocolo'"].
    Al re ispanico Ervigius: "anche Onorio Romano [fu condannato] qui immaculatam apostolicae traditionis regulam, quam a praedecessoribus suis accepit, maculari consensit" = "il quale acconsenti' a macchiare l'immacolata dottrina della tradizione apostolica, trasmessagli dai suoi predecessori" (DS, p. 189, Herder, 1976).
    Dunque: rinfocolo' per negligenza/acconsenti' che fosse macchiata. Se manca l'accusa di aver direttamente professato un'eresia, sembra pero' esserci l'accusa di essersene reso complice. Complice, in una lettera "per negligenza" (grave, perche' rinfocolo' l'errore); nell'altra per "consenso", senza l'attenuante della "negligenza". Nella lettera al re, S. Leone II si esprime dunque in modo molto piu' forte contro Onorio. Ora, il complice consapevole dell'eretico, non lo dobbiamo considerare eretico a sua volta, quale che sia la causa di questa complicita' : negligenza, ignoranza teologica, o qualsiasi altra? Come rispondiamo?
    Si puo' davvero dire che, nel caso di Onorio, si e' trattato di bonaria quanto poco avveduta condiscendenza? In ogni caso i suoi non erano documenti dogmatici e quindi le tesi dei Protestanti contro l'infallibilita' ex cathedra del Papa sono sbagliate.

    Ma venendo ai gravi problemi nostri. Quando un Papa, in un documento che e' atto di magistero anche se non dogmatico, si esprime in modo tale da consentire al sacerdote che lo voglia di amministrare la Comunione a chi si trova e resta in peccato mortale, come dobbiamo considerare questa istruzione? Conforme alla dottrina della Chiesa di sempre o eretica? Conforme non puo' essere. Allora e' eretica o comunque erronea in fide. Se e' eretica, allora bisogna o no denunciarla, chiedendo all'Autorita' competente (il Collegio cardinalizio) di intervenire presso il Papa perche' la rettifichi? Qui non c'e' semi-conciliarismo che tenga, non si tratta di deporre il Papa ma di richiamarlo alle sue responsabilita'. Se poi dovesse egli insistere nell'errare allora si porrebbe il problema di una sua deposizione o abdicazione, giustificata dallo stato di necessita'. Parvus

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  10. Sarebbe molto interessante poter leggere qui una replica di De Mattei.
    In attesa che ciò possa accadere mi limito soltanto ad osservare, in quanto per me la materia è troppo complessa per poter trarne delle conclusioni.
    Estraggo qui solo un paio di frasi di don Nitoglia:

    "Ma nel Decreto di ratifica del III Concilio ecumenico Costantinopolitano VI papa S. Leone II (682-683) specificò il 3 luglio 683 (DB 289 ss. / DS 561 ss.) i limiti della condanna di Onorio, che “non illuminò la Chiesa apostolica con la dottrina della Tradizione apostolica, ma permise che la Chiesa immacolata fosse macchiata da tradimento” (DS 563). Onorio, quindi, si era macchiato di eresia materiale ed aveva favorito l’eresia."

    "Come saggiamente scrive il professor Antonio Sennis,
    “è difficilissimo e non utile definire con certezza le reali intenzioni di Onorio” (AA. VV., Enciclopedia dei Papi, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2000, 1° vol., voce Onorio I, a cura di Antonio Sennis, p. 589)."


    Nella prima citazione S.Leone II non giudica le intenzioni, ma in foro esterno mette in risalto l'operato di papa Onorio con le sue nefaste conseguenze per la Chiesa.

    A me pare che De Mattei sia semplicemente sulla linea di S.Leone II;
    e nel contempo mi pare che don Nitoglia attribuisca a De Mattei ciò su cui saggiamente mette in guardia il prof. A.Sennis (da don Nitoglia citato a conforto della propria tesi), cioè tratta De Mattei come se giudicasse Onorio in foro interno soltanto perché non è mai stato giudicato formalmente eretico (nel senso di colpevole per positiva e pervicace eresia).

    Papa Onorio non sarà stato giudicato formalmente eretico, ma ciò non toglie che materialmente lo fosse, eccome!

    Perciò mi sembra che la pungente accusa di bizantinismo potrebbe facilmente essere rinviata al mittente.

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  11. Roberto De Mattei22 luglio, 2016 10:42

    Gentile signora Guarini
    Nel recente articolo di don Nitoglia Dal Papa eretico a Francesco I, pubblicato su "Chiesa e postconcilio" mi si accusa di voler deformare il pensiero di Arnaldo Xavier da Silveira. Infatti nella mia presentazione al suo recente libro "Ipotesi teologica di un Papa eretico" (Solfanelli, Chiei, 2016), scrivo che che "l'autore ritiene la sua tesi non solo intrinsecamente probabile ma teologicamente certa"; l'mentre autore, nella sua nota introduttiva, a pagina 19 afferma che la sua tesi è "intrinsecamente certa", ma "teologicamente probabile". Si tratta evidentemente, da parte mia, di un lapsus calami, che, come tale, mi era già stato segnalato da qualche lettore idi buono spirito, che aveva compreso trattarsi di una semplice svista, e non certo dell' l'intenzione di voler "forzare" il pensiero dell'autore. Nella prossima ristampa, correggerò la frase. Ma al di la di queste polemiche del tutto infruttuose, invito i lettori del suo blog ad attingere direttamente alle 200 pagine del volume di da Silveira, un'opera seria e documentata, nella quale troveranno forse delle risposte a tanti problemi dell'ora presente, legati alla possibilità di eresia di un Papa.
    Cordialmente
    Roberto de Mattei

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  12. Paolo Pasqualucci22 luglio, 2016 11:24


    @ Si trattava solo di un lapsus calami, procediamo oltre.

    Giustamente il prof. De Mattei ci incita a tralasciare le polemiche "del tutto infruttuose" e a concentrarci invece sull'essenziale. E qual e' o g g i l'essenziale? Aguzzare l'italico ingegno al fine di trovare soluzioni nuove alla crisi della Chiesa, ricca di aspetti nuovi ed insoliti. Nuove, non significa ovviamente fuori del seminato dottrinale. Nuove, nel senso che non devono lasciarsi condizionare da impostazioni teologiche del passato, utilizzate al fine di mettere i bastoni tra le ruote a qualsiasi onesta iniziativa mirante a risolvere la crisi. La lettura del libro sulla "ipotesi del Papa eretico" puo' esser certamente molto utile in questo senso, fornire spunti e idee. E'sbagliato lasciarsi condizionare dalla paura di cadere nell'eresia (che sarebbe il c.d. "semi-conciliarismo"?) solo per aver osato sollecitare l'intervento del Sacro Collegio nei confronti del Papa (perche' rettifichi i suoi errori o - aggiungo - per indurlo domani a farsi da parte, se persiste nell'errore, soluzione ovvia, direi). Rifugiarsi nelle preghiere private (ut aiunt) per nascondere la propria paura, non e' una buona politica.
    Del resto, la situazione di coloro (mons. Schneider, mons. Negri e altri) che pubblicamente e coraggiosamente hanno chiesto al Papa di chiarire sulla AL non e' delle migliori. In questo senso: se il Papa continuera' a tacere, cosa faranno? Ci diranno che dobbiamo continuare a pregare e a far dir Messe affinche' il Papa si degni un di' di rispondere? Intanto Bergoglio ha fatto si' che le porte delle stalle fossero aperte e i buoi scappati...
    Alle suppliche di chiarimento, risponde con i fatti della sua pastorale distruttrice a 360 gradi. Occorre quindi un'azione piu' radicale da parte di chi vuole cercare di salvare la Chiesa e la sua anima.

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  13. Penso anch'io che don Nitoglia sia stato eccessivamente benevolo nel presentare l'operato di Onofrio. Onofrio è stato eretico per negligenza e pratica complicità (ha sottoscritto e scritto), ma non con un atto solenne ex cathedra e dunque non lo ha fatto come Maestro universale che si rivolge a tutti i cristiani per insegnare definitivamente secondo la Verità evangelica cose che riguardano la fede e i costumi. Non si è preso questa 'responsabilità' essenziale e specifica né ha imposto a tutti con un atto definitorio di credere così. Però ha indotto a credere così (disgraziatamente!). Onofrio è caduto in eresia, approvandola e favorendo la sua propagazione. Ha fatto ciò non in quanto Papa e da Papa, ma solo mentre era il Papa... Dunque un Papa può cadere in eresia eccome, anche se non potrà mai proclamarla come verità dogmatica avvalendosi esplicitamente del carisma dell'infallibilità.

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  14. @ anonimo 11.35
    Onorio non Onofrio

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  15. Incondizionatamente d'accordo con l'analisi e l'esortazione di Pasqualucci qui sopra.

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  16. se il Papa continuera' a tacere, cosa faranno? Ci diranno che dobbiamo continuare a pregare e a far dir Messe affinche' il Papa si degni un di' di rispondere?

    Con il fantasma del semiconciliarismo si paventa che il coinvolgimento del collegio cardinalizio sia un passo obbligato verso un’eresia che sottintenderebbe la presunta superiorità degli istanti nei confronti dell’autorità massima indiscutibile di ordine divino del Papa.

    Forse che la nostra triste situazione con Bergoglio è molto diversa da quella di altri momenti storici?
    Lo è certamente dal punto di vista macroscopico, ma non per quanto riguarda la gravità.

    A chi non verrebbe spontanea l'idea ipotetica di far deporre un papa che inventa di sana pianta un nuovo rito e che abolisce il giuramento antimodernista?
    A chi non verrebbe spontanea l'idea ipotetica di far deporre un papa che se ne sta comodo comodo ad Avignone invece di prendere in mano sul serio il timone della barca di Pietro?
    A chi non verrebbe spontanea l'idea ipotetica di far deporre un papa che col suo comportamento delimita la salvezza al popolo ebraico invece che a tutte le genti della terra?

    Avere un’idea spontanea estemporanea procurata dall’urto drammatico con la realtà non significa che sulla spinta dell’istintività la si voglia conseguentemente portare a compimento. È assolutamente umano avere reazioni scandalizzate di fronte a situazioni limite. Ma è altresì qualificante della natura umana (creata ad immagine e somiglianza del Creatore) cercare soluzioni ragionevoli e ragionate assolutamente ossequiose della verità.

    I tre illustri personaggi che agirono in quelle tre sopraccitate fattispecie (mons. Lefebvre, S.Caterina da Siena, S.Paolo di Tarso) non misero in atto alcun intento di deporre il papa, ma si adoperarono soltanto nel fare trionfare la verità. Esattamente la stessa cosa che occorre fare oggi; la stessa che i cardinali e i vescovi in primis dovrebbero fare oggi. Altrimenti incapperemmo in quel "quietismo" ben delineato da Historicus in un altro thread (di chi dice “bisogna solo pregare”).

    Poi, questo far trionfare la verità potrebbe anche avere delle conseguenze, magari la ritrattazione del papa (cosa invero difficile da immaginare), uno scisma provvidenziale per la salvezza di molte anime, o addirittura l'abdicazione del papa stesso inadatto a governare in un’ottica cattolica.
    Questo non sta a noi progettarlo, solo Dio può deciderlo. Per quanto riguarda noi, è il trionfo della verità opportune et importune che ci deve stare a cuore, e che è certamente compito nostro in quanto cattolici, seguaci di Colui che affermò davanti a Pilato che chiunque è per la verità sta dalla sua parte.

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  17. Tutto fugge,
    In questo reo tempo,
    Al divagar della mente
    Inquieta.
    Eppur là, poco innanzi,
    Fioca una luce
    Che la speranza sugge,
    Dinanzi al declinar
    Della magia dell’ora
    S’attesta:
    Lieve,
    Remota,
    Quasi come immota.

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