Certe affermazioni sono di una tale gravità da richiedere ponderata riflessione prima che se ne possa tentare una valutazione equilibrata. Serve a poco che il loro autore cerchi poi di attenuarne la portata esplosiva con dichiarazioni successive. Un testo scritto, formulato in un italiano elegante e con un lessico appropriato che sono certamente frutto di attenta revisione, letto in un ambiente accademico dei più qualificati e in un’occasione dalle risonanze planetarie, non può non essere frutto di un’intenzione deliberata e di lucida determinazione. Mi riferisco all’inedita teologia del papato esposta, il 20 maggio scorso [qui e, nel blog commentata qui], da monsignor Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia nonché segretario particolare di Benedetto XVI, personaggio familiare alle élite politico-finanziarie come ai rotocalchi scandalistici, che con perfetta disinvoltura passa da una partita a tennis a una festa in discoteca e non dà certo l’impressione di un severo e discreto curiale.
L’intervento non potrebbe essere più esplicito nell’affermare l’inizio di una nuova fase, cominciata con quella svolta storica che sono state le dimissioni di Benedetto XVI e da molti percepita come «una sorta di stato d’eccezione voluto dal Cielo». «Da allora – su questo siamo tutti d’accordo – viviamo in un’epoca storica che nella bimillenaria storia della Chiesa è senza precedenti». […] In effetti, come precisato più avanti, «dall’11 febbraio 2013 il ministero papale non è più quello di prima. È e rimane il fondamento della Chiesa cattolica; e tuttavia è un fondamento che Benedetto XVI ha profondamente e durevolmente trasformato nel suo pontificato d’eccezione». La novità è individuata nella modalità di partecipazione al ministero petrino:
Il papato è monarchico per diritto divino. Non esiste affatto una «dimensione collegiale e sinodale, quasi un ministero in comune» in rapporto ad esso, che è fondamento visibile di unità per la Chiesa universale proprio in quanto è il governo di uno solo sopra tutti gli altri (cf. Pio XI, Enciclica Ecclesiam Dei: AAS 15 [1923], 573-574). Di conseguenza, parlare dell’esistenza di «un ministero allargato con un membro attivo e un membro contemplativo» è contrario alla dottrina cattolica e incompatibile con la costituzione divinamente stabilita della Chiesa militante. Appurato questo, ci si pone una serie di domande a cui, tuttavia, non è facile dare risposta senza disporre di elementi che in gran parte ci sfuggono:
«Egli ha lasciato il Soglio pontificio e tuttavia, con il passo dell’11 febbraio 2013, non ha affatto abbandonato questo ministero. Egli ha invece integrato l’ufficio personale con una dimensione collegiale e sinodale, quasi un ministero in comune».Per chi abbia un minimo di conoscenza della dottrina cattolica, simili affermazioni suonano di una gravità inaudita. Anzitutto la rinuncia all’ufficio di Pietro non è affatto una scelta impossibile, essendo prevista dal Codice di Diritto Canonico (canone 332, § 2) ed essendosi già verificata più volte nella storia. Pensare poi che si possa lasciare il soglio pontificio senza abbandonare il ministero petrino è semplicemente contraddittorio: non fondandosi sul carattere sacramentale, ma su una designazione mediante elezione, la dignità pontificia, in quanto suprema potestà di governo, è inseparabile dal suo esercizio attivo e si perde ipso facto con la rinuncia ad esso. Inoltre tale munus, in forza della sua istituzione divina, non può assolutamente essere modificato nella sua natura né scorporato in aspetti diversi assegnabili a persone distinte. Nemmeno un papa può fare qualcosa del genere: egli, avendolo ricevuto da Cristo, deve non solo esercitarlo in modo conforme alla volontà del Fondatore, ma anche conservarlo e trasmetterlo inalterato nella sua essenza. Non si vede proprio in base a quale logica, poi, la rinuncia a un ufficio possa rinnovarlo o addirittura rafforzarlo; ma questo genere di misteri è forse riservato agli iniziati della nuova gnosi.
«Dall’elezione del suo successore Francesco, il 13 marzo 2013, non vi sono dunque due papi, ma de facto un ministero allargato – con un membro attivo e un membro contemplativo. Per questo Benedetto XVI non ha rinunciato né al suo nome, né alla talare bianca. Per questo l’appellativo corretto con il quale rivolgerglisi ancora oggi è “Santità”; e per questo, inoltre, egli non si è ritirato in un monastero isolato, ma all’interno del Vaticano – come se avesse fatto solo un passo di lato per fare spazio al suo successore e a una nuova tappa nella storia del papato che egli, con quel passo, ha arricchito con la “centrale” della sua preghiera e della sua compassione, posta nei Giardini vaticani. […] egli non ha abbandonato l’ufficio di Pietro – cosa che gli sarebbe stata del tutto impossibile a seguito della sua accettazione irrevocabile dell’ufficio nell’aprile 2005. Con un atto di straordinaria audacia egli ha invece rinnovato quest’ufficio».
Il papato è monarchico per diritto divino. Non esiste affatto una «dimensione collegiale e sinodale, quasi un ministero in comune» in rapporto ad esso, che è fondamento visibile di unità per la Chiesa universale proprio in quanto è il governo di uno solo sopra tutti gli altri (cf. Pio XI, Enciclica Ecclesiam Dei: AAS 15 [1923], 573-574). Di conseguenza, parlare dell’esistenza di «un ministero allargato con un membro attivo e un membro contemplativo» è contrario alla dottrina cattolica e incompatibile con la costituzione divinamente stabilita della Chiesa militante. Appurato questo, ci si pone una serie di domande a cui, tuttavia, non è facile dare risposta senza disporre di elementi che in gran parte ci sfuggono:
- il discorso è farina del sacco di monsignor Gänswein o si fonda su idee del suo mentore?
- esso intende realmente affermare una nuova visione del papato o ha scopi meramente politici?
- a chi si rivolge effettivamente: al popolo cristiano, agli ambienti che contano, a chi governa attualmente la Chiesa o ai circoli responsabili della sua elezione, indirettamente evocati a proposito della scelta di papa Ratzinger?
L’oratore, dottore in diritto canonico, ricorda un’omelia tenuta dall’allora Arcivescovo di Monaco e Frisinga il 10 agosto 1978 in memoria di Paolo VI, nella quale egli avrebbe riflettuto pubblicamente sulla possibilità di una mutazione del papato. Ciò che egli effettivamente disse in quell’occasione, in riferimento al ministero petrino, è semplicemente questo:
Uno dei principali artefici della rivoluzione conciliare, il teologo Karl Rahner, aveva invece fatto ipotesi nel senso di un’autorità pontificia con più soggetti (Vorfragen zu einem ökumenischen Amtsverständnis, 1974). Siamo quindi certi che, almeno in quegli anni e in ambiente germanofono, circolavano idee del genere. In che misura il futuro pontefice, che era stato perito conciliare del cardinal Frings, deciso sostenitore della collegialità episcopale, possa averle assorbite o condivise, lo ignoriamo. Unici indizi verbali, la frase centrale del celebre annuncio delle proprie dimissioni e il discorso tenuto all’ultima udienza generale (27 febbraio 2013): «Quapropter bene conscius ponderis huius actus plena libertate declaro me ministerio Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri, mihi per manus Cardinalium die 19 aprilis MMV commisso renuntiare». La drastica «decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero» è stata così illustrata: «Non porto più la potestà dell’ufficio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro». Anche questa dichiarazione, per quanto sibillina, è obiettivamente troppo poco per affermare una condivisione del munus petrinum tra un «membro attivo» e un «membro contemplativo». Nemmeno il mantenimento degli elementi simbolici da parte del papa emerito (nome, abito e stemma), per quanto enigmatico, è sufficiente a giustificare la tesi di un allargamento collegiale della funzione papale. In ogni caso, è innegabile che le eterodosse idee di Rahner possano ben servire a giustificare le inammissibili teorie di Gänswein.
Se poi ci si interroga sugli scopi del suo intervento, si ha l’impressione di inoltrarsi in un campo minato. Qualcuno ha ipotizzato che esso vada letto come un monito rivolto in modo velato al pontefice regnante; a questo può far pensare, in effetti, la conclusione del discorso: «Non ai papi ma a Cristo, al Signore stesso e a nessun altro appartiene la navicella di Pietro frustata dalle onde del mare in tempesta, quando sempre di nuovo temiamo che il Signore dorma e che non gli importi delle nostre necessità, mentre gli basta una sola parola per far cessare ogni tempesta; quando invece a farci cadere di continuo nel panico, più che le alte onde e l’ululato del vento, sono la nostra incredulità, la nostra poca fede e la nostra impazienza». Ma è del tutto irrealistico – visto anche il clima di terrore che regna nella Curia Romana – pensare che si permetta un’audacia del genere un prelato che lavora a stretto e quotidiano contatto con il capo, a meno che non abbia, dentro e fuori la Chiesa, coperture politiche tanto potenti da tenere sotto scacco lo stesso Bergoglio (che però ha manifestamente dalla sua la quasi totalità dei poteri mediatici e finanziari).
In un’intervista messa in onda il giorno seguente dalla radio di regime, oltretutto, il Prefetto della Casa Pontificia asserisce una continuità tra i due pontificati così perfetta ed evidente che, per non riconoscerla, bisognerebbe non volerla vedere; ci sarebbe sì una diversità di “stile”, ma non di contenuti. Si potrebbe replicare che affermazioni così perentorie e poco perspicue suonano più verosimilmente come diktat emanati dal comitato centrale del partito. Se tale continuità fosse reale, peraltro, essa inficerebbe anche il pontificato di Benedetto XVI, la cui elezione – sempre secondo il segretario – sarebbe stata esito di uno scontro epocale tra due partiti, rappresentanti, l’uno, la dittatura del relativismo e, l’altro, il vero umanesimo di Cristo. Facendoci completamente difetto quella consumata spregiudicatezza politica che, agli ecclesiastici di carriera, permette di dare, se necessario, un giorno un colpo al cerchio e l’indomani uno alla botte, siamo probabilmente troppo ingenui e sprovveduti per penetrare negli arcani di certi giochi ad altissimo livello.
Il buon senso, tuttavia, ci induce a diffidare di ricostruzioni macchinose e strampalate e ad attenerci all’evidenza dei fatti, visto che il medesimo personaggio, nell’intervista appena citata, ribadisce la tesi del doppio papato come fosse il fatto più naturale di questo mondo: «Viviamo con due Papi: uno è il Papa regnante e l’altro è il Papa emerito. Alla fine del pontificato Benedetto XVI ha promesso di aiutare la Chiesa e una volta ha detto che la Chiesa non si governa soltanto con decisioni, ma si governa anche e anzitutto con la preghiera, con la sofferenza e con il sacrificio. È ciò che continua a fare da quando è diventato Papa emerito». Ci dispiace osservare che la Chiesa può essere governata anche con la preghiera, la sofferenza e il sacrificio solo da chi vi detiene un ufficio di governo, non da chi non lo detiene più. Ci sarebbe poi di grande conforto conoscere i riferimenti esatti della citazione ad sensum onde poterne verificare l’attendibilità, visto che, nei casi già considerati, essa si fa decisamente desiderare.
Dato che il fedele Prefetto ha non a caso utilizzato due concetti-chiave dell’ideologia ecclesiologica propugnata dall’attuale capo visibile della Chiesa (collegialità e sinodalità) [vedi, nel blog], la conclusione più plausibile è che l’intervento del 20 maggio, visto il carattere di ufficialità che gli conferiscono l’autore, il luogo e la circostanza, non sia altro che una poderosa spinta in avanti verso la revisione della funzione papale in senso collegiale o «semplicemente più umano e meno sacrale». È più prudente mandare in avanguardia un subalterno a preparare il terreno e a creare una disposizione mentale favorevole, prima di portare scompiglio in un dibattito concernente direttamente il proprio stesso ufficio. Mai un silenzio in materia tanto sensibile può aver significato l’assenso o sottinteso un effettivo mandato. Se poi si è provocati con una domanda diretta, come durante il volo di ritorno dall’Armenia, non si può far altro che ribadire che «c’è un solo Papa. L’altro… o forse – come per i vescovi emeriti – non dico tanti, ma forse potranno essercene due o tre, saranno emeriti. […] questo grande uomo di preghiera, di coraggio che è il Papa emerito – non il secondo Papa – […] è fedele alla sua parola» (cioè alla promessa di obbedienza al suo successore). E il ruolo di Benedetto XVI in tutta questa commedia? Probabilmente ne sa poco o nulla, come pure della polemica scatenata dalle indiscrezioni del professor Dollinger. In fin dei conti, non è forse il suo fidato segretario a filtrare contatti e notizie?
A questo punto anche l’ultima domanda può ricevere un abbozzo di risposta sulla base di alcuni significativi accenni. La drammatica lotta tra i due partiti non si era certamente conclusa con l’elezione di Ratzinger, facendosi a un certo punto così acuta che il Papa doveva essersi visto costretto, per il bene della Chiesa, a ritirarsi da una battaglia che superava le sue forze. Se in più si considera quanti, fra i suoi stessi collaboratori, lo tradissero o gli disobbedissero, dall’aiutante di camera al Segretario di Stato, si comprende l’insistenza del segretario particolare sul carattere eccezionale del pontificato e dello stato che ha portato alle dimissioni: una situazione ingovernabile in base all’ordinamento corrente. Il pontefice, dunque, non era più in condizione di esercitare la sua funzione e oltretutto, probabilmente, aveva ricevuto indirette minacce di morte: basti pensare alla sfacciata “profezia” del cardinal Romeo sulla scomparsa di Benedetto entro la fine del 2012 o al decesso (non senza motivo ricordato da Gänswein) dell’amata collaboratrice Manuela Camagni, investita da un’auto nel novembre del 2010.
In un discorso in cui ogni parola è soppesata e ogni riferimento puramente voluto, ora, non può non sorprendere il disinvolto quanto esplicito accenno alla cosiddetta mafia di San Gallo. Ormai si gioca a carte scoperte: anche ciò che è più scandaloso è ammesso senza alcun ritegno davanti alla Chiesa e al mondo intero. Com’è possibile tanta spudoratezza? Non sarà forse per rassicurare chi sta presentando il conto di un’elezione? Al tempo stesso, tuttavia, l’abile Talleyrand contemporaneo sembra volerne rintuzzare l’arroganza, quasi comunicando in codice: «È vero che, sconfitti nel 2005, avete vinto nel 2013; ma il papa precedente, da voi tanto odiato e avversato, è pur sempre vivo e vegeto e torna utile ai vostri piani». L’anziano emerito – che ne sia consapevole o meno – può infatti incarnare e giustificare, grazie al suo «ben ponderato passo di millenaria portata storica», «la fine del vecchio e l’inizio del nuovo»… nel senso (massonico) di una gnostica palingenesi della Chiesa?
Checché se ne pensi, è de fide che la Sposa di Cristo non può cambiare nelle sue strutture essenziali. Altrettanto certo è che i responsabili del caos attuale, anziché reclamare la soddisfazione di quanto pattuito, dovrebbero cominciare a preoccuparsi piuttosto del redde rationem che li aspetta dinanzi al giusto Giudice. Che ci credano o no, il momento sta per arrivare anche per loro, sia che la morte bussi alla porta, sia che il Maestro, addormentato nella barca di Pietro, si svegli e plachi la tempesta. In un caso come nell’altro, francamente, non li invidio affatto.
7 luglio 2016 - [Fonte]
«Paolo VI ha accettato il suo servizio papale sempre più come metamorfosi della fede nella sofferenza. […] Paolo VI si è lasciato portare sempre più dove umanamente, da solo, non voleva andare. Sempre più il pontificato ha significato per lui farsi cingere la veste da un altro ed essere inchiodato alla croce [cf. Gv 21, 18]. […] Egli ha dato nuovo valore all’autorità come servizio, portandola come una sofferenza».Onestamente è poco per pensare ad una nuova visione del papato. Disquisire sui diversi significati della parola latina munus, peraltro, non è affatto pertinente: i termini giuridici vanno usati nel senso univoco e preciso che la tradizione e la giurisprudenza hanno conferito ad essi e che qualsiasi ecclesiastico deve aver appreso nei suoi studi di base, tanto più in un dottorato canonistico.
Uno dei principali artefici della rivoluzione conciliare, il teologo Karl Rahner, aveva invece fatto ipotesi nel senso di un’autorità pontificia con più soggetti (Vorfragen zu einem ökumenischen Amtsverständnis, 1974). Siamo quindi certi che, almeno in quegli anni e in ambiente germanofono, circolavano idee del genere. In che misura il futuro pontefice, che era stato perito conciliare del cardinal Frings, deciso sostenitore della collegialità episcopale, possa averle assorbite o condivise, lo ignoriamo. Unici indizi verbali, la frase centrale del celebre annuncio delle proprie dimissioni e il discorso tenuto all’ultima udienza generale (27 febbraio 2013): «Quapropter bene conscius ponderis huius actus plena libertate declaro me ministerio Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri, mihi per manus Cardinalium die 19 aprilis MMV commisso renuntiare». La drastica «decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero» è stata così illustrata: «Non porto più la potestà dell’ufficio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro». Anche questa dichiarazione, per quanto sibillina, è obiettivamente troppo poco per affermare una condivisione del munus petrinum tra un «membro attivo» e un «membro contemplativo». Nemmeno il mantenimento degli elementi simbolici da parte del papa emerito (nome, abito e stemma), per quanto enigmatico, è sufficiente a giustificare la tesi di un allargamento collegiale della funzione papale. In ogni caso, è innegabile che le eterodosse idee di Rahner possano ben servire a giustificare le inammissibili teorie di Gänswein.
Se poi ci si interroga sugli scopi del suo intervento, si ha l’impressione di inoltrarsi in un campo minato. Qualcuno ha ipotizzato che esso vada letto come un monito rivolto in modo velato al pontefice regnante; a questo può far pensare, in effetti, la conclusione del discorso: «Non ai papi ma a Cristo, al Signore stesso e a nessun altro appartiene la navicella di Pietro frustata dalle onde del mare in tempesta, quando sempre di nuovo temiamo che il Signore dorma e che non gli importi delle nostre necessità, mentre gli basta una sola parola per far cessare ogni tempesta; quando invece a farci cadere di continuo nel panico, più che le alte onde e l’ululato del vento, sono la nostra incredulità, la nostra poca fede e la nostra impazienza». Ma è del tutto irrealistico – visto anche il clima di terrore che regna nella Curia Romana – pensare che si permetta un’audacia del genere un prelato che lavora a stretto e quotidiano contatto con il capo, a meno che non abbia, dentro e fuori la Chiesa, coperture politiche tanto potenti da tenere sotto scacco lo stesso Bergoglio (che però ha manifestamente dalla sua la quasi totalità dei poteri mediatici e finanziari).
In un’intervista messa in onda il giorno seguente dalla radio di regime, oltretutto, il Prefetto della Casa Pontificia asserisce una continuità tra i due pontificati così perfetta ed evidente che, per non riconoscerla, bisognerebbe non volerla vedere; ci sarebbe sì una diversità di “stile”, ma non di contenuti. Si potrebbe replicare che affermazioni così perentorie e poco perspicue suonano più verosimilmente come diktat emanati dal comitato centrale del partito. Se tale continuità fosse reale, peraltro, essa inficerebbe anche il pontificato di Benedetto XVI, la cui elezione – sempre secondo il segretario – sarebbe stata esito di uno scontro epocale tra due partiti, rappresentanti, l’uno, la dittatura del relativismo e, l’altro, il vero umanesimo di Cristo. Facendoci completamente difetto quella consumata spregiudicatezza politica che, agli ecclesiastici di carriera, permette di dare, se necessario, un giorno un colpo al cerchio e l’indomani uno alla botte, siamo probabilmente troppo ingenui e sprovveduti per penetrare negli arcani di certi giochi ad altissimo livello.
Il buon senso, tuttavia, ci induce a diffidare di ricostruzioni macchinose e strampalate e ad attenerci all’evidenza dei fatti, visto che il medesimo personaggio, nell’intervista appena citata, ribadisce la tesi del doppio papato come fosse il fatto più naturale di questo mondo: «Viviamo con due Papi: uno è il Papa regnante e l’altro è il Papa emerito. Alla fine del pontificato Benedetto XVI ha promesso di aiutare la Chiesa e una volta ha detto che la Chiesa non si governa soltanto con decisioni, ma si governa anche e anzitutto con la preghiera, con la sofferenza e con il sacrificio. È ciò che continua a fare da quando è diventato Papa emerito». Ci dispiace osservare che la Chiesa può essere governata anche con la preghiera, la sofferenza e il sacrificio solo da chi vi detiene un ufficio di governo, non da chi non lo detiene più. Ci sarebbe poi di grande conforto conoscere i riferimenti esatti della citazione ad sensum onde poterne verificare l’attendibilità, visto che, nei casi già considerati, essa si fa decisamente desiderare.
Dato che il fedele Prefetto ha non a caso utilizzato due concetti-chiave dell’ideologia ecclesiologica propugnata dall’attuale capo visibile della Chiesa (collegialità e sinodalità) [vedi, nel blog], la conclusione più plausibile è che l’intervento del 20 maggio, visto il carattere di ufficialità che gli conferiscono l’autore, il luogo e la circostanza, non sia altro che una poderosa spinta in avanti verso la revisione della funzione papale in senso collegiale o «semplicemente più umano e meno sacrale». È più prudente mandare in avanguardia un subalterno a preparare il terreno e a creare una disposizione mentale favorevole, prima di portare scompiglio in un dibattito concernente direttamente il proprio stesso ufficio. Mai un silenzio in materia tanto sensibile può aver significato l’assenso o sottinteso un effettivo mandato. Se poi si è provocati con una domanda diretta, come durante il volo di ritorno dall’Armenia, non si può far altro che ribadire che «c’è un solo Papa. L’altro… o forse – come per i vescovi emeriti – non dico tanti, ma forse potranno essercene due o tre, saranno emeriti. […] questo grande uomo di preghiera, di coraggio che è il Papa emerito – non il secondo Papa – […] è fedele alla sua parola» (cioè alla promessa di obbedienza al suo successore). E il ruolo di Benedetto XVI in tutta questa commedia? Probabilmente ne sa poco o nulla, come pure della polemica scatenata dalle indiscrezioni del professor Dollinger. In fin dei conti, non è forse il suo fidato segretario a filtrare contatti e notizie?
A questo punto anche l’ultima domanda può ricevere un abbozzo di risposta sulla base di alcuni significativi accenni. La drammatica lotta tra i due partiti non si era certamente conclusa con l’elezione di Ratzinger, facendosi a un certo punto così acuta che il Papa doveva essersi visto costretto, per il bene della Chiesa, a ritirarsi da una battaglia che superava le sue forze. Se in più si considera quanti, fra i suoi stessi collaboratori, lo tradissero o gli disobbedissero, dall’aiutante di camera al Segretario di Stato, si comprende l’insistenza del segretario particolare sul carattere eccezionale del pontificato e dello stato che ha portato alle dimissioni: una situazione ingovernabile in base all’ordinamento corrente. Il pontefice, dunque, non era più in condizione di esercitare la sua funzione e oltretutto, probabilmente, aveva ricevuto indirette minacce di morte: basti pensare alla sfacciata “profezia” del cardinal Romeo sulla scomparsa di Benedetto entro la fine del 2012 o al decesso (non senza motivo ricordato da Gänswein) dell’amata collaboratrice Manuela Camagni, investita da un’auto nel novembre del 2010.
In un discorso in cui ogni parola è soppesata e ogni riferimento puramente voluto, ora, non può non sorprendere il disinvolto quanto esplicito accenno alla cosiddetta mafia di San Gallo. Ormai si gioca a carte scoperte: anche ciò che è più scandaloso è ammesso senza alcun ritegno davanti alla Chiesa e al mondo intero. Com’è possibile tanta spudoratezza? Non sarà forse per rassicurare chi sta presentando il conto di un’elezione? Al tempo stesso, tuttavia, l’abile Talleyrand contemporaneo sembra volerne rintuzzare l’arroganza, quasi comunicando in codice: «È vero che, sconfitti nel 2005, avete vinto nel 2013; ma il papa precedente, da voi tanto odiato e avversato, è pur sempre vivo e vegeto e torna utile ai vostri piani». L’anziano emerito – che ne sia consapevole o meno – può infatti incarnare e giustificare, grazie al suo «ben ponderato passo di millenaria portata storica», «la fine del vecchio e l’inizio del nuovo»… nel senso (massonico) di una gnostica palingenesi della Chiesa?
Checché se ne pensi, è de fide che la Sposa di Cristo non può cambiare nelle sue strutture essenziali. Altrettanto certo è che i responsabili del caos attuale, anziché reclamare la soddisfazione di quanto pattuito, dovrebbero cominciare a preoccuparsi piuttosto del redde rationem che li aspetta dinanzi al giusto Giudice. Che ci credano o no, il momento sta per arrivare anche per loro, sia che la morte bussi alla porta, sia che il Maestro, addormentato nella barca di Pietro, si svegli e plachi la tempesta. In un caso come nell’altro, francamente, non li invidio affatto.
7 luglio 2016 - [Fonte]
32 commenti:
RispondiEliminaElio ha detto...
Articolo magistrale. Grazie.
Questione sempre controversa e apertissima.
11 luglio 2016 11:45
Anonimo ha detto...
Con limpida dottrina l'Autore ci dimostra la assoluta inconsistenza della tesi di un cosiddetto "papato allargato", in qualche modo "collegiale", quali che siano le intenzioni di chi sta tentando di proporla. Parvus
11 luglio 2016 11:55
tralcio ha detto...
Scenari possibili
Quadro A
Benedetto XVI vittima innocente e prigioniero.
Mons. Gaenswein doppio/triplo-giochista che usa il prigioniero contro le mire della cosca vincente.
Francesco sta esagerando con il suo metodo di governo e c’è chi è scontento.
Scontro tra partiti, entrambi però spavaldamente modernisti e orgogliosamente post-conciliari.
Il discorso sul papato “allargato” è comunque il modo per privare la Chiesa del katechon.
Alla luce della retta dottrina, si salvano in pochi e quei pochi sanno che è meglio star zitti.
Quadro B
Benedetto XVI modernista e pure affiliato.
Mons. Gaenswein suo fedele scudiero, scontento solo della piega presa dagli eventi.
Francesco sta facendo esattamente quel che doveva e viene rafforzato da questi discorsi.
Scontro tra partiti, entrambi però spavaldamente modernisti e orgogliosamente post-conciliari.
Il discorso sul papato “allargato” è comunque il modo per privare la Chiesa del katechon.
Alla luce della retta dottrina, non se ne salva uno…
Quadro C
Benedetto XVI semplicemente inadeguato, indebolito, pensionato e pure contento.
Mons. Gaenswein scudiero di Francesco, “pilota” l’emerito nella riserva indiana che gli spetta.
Francesco sta facendo esattamente quel che doveva e viene rafforzato da questi discorsi.
Scontro tra partiti, entrambi però spavaldamente modernisti e orgogliosamente post-conciliari.
Il discorso sul papato “allargato” è comunque il modo per privare la Chiesa del katechon.
Alla luce della retta dottrina, non se ne salva uno…
Quadro D
Combinazioni possibili delle precedenti riguardo le figure di Benedetto XVI e Mons. Gaenswein.
Francesco è comunque il destinatario dei messaggi che si è voluto mandare pubblicamente.
Lo scontro tra i vari modernismi, comunque affiliati, non intende denunciare le ambiguità conciliari.
Il discorso sul papato “allargato” è comunque il modo per privare la Chiesa del katechon.
Il problema è che si assottiglia la lista che, nell’ipotesi A, “ne salvava pochi”.
Vorrei sapere, in base all’articolo, quale sarebbe lo scenario ipotizzato, perché -sarò tonto- io non lo capisco, anche se convengo che il "papato allargato" configura un "monstrum"...
11 luglio 2016 12:48
mic ha detto...
Il "monstrum" c'è tutto. Per il resto beato chi ci capisce!
E un'altra analisi attendibile basata su elementi noti e ipotesi possibili. Ma la verità la sa solo il Signore insieme ai diretti protagonisti, più o meno consapevoli che siano del disastro epocale.
11 luglio 2016 13:04
Anonimo ha detto...
Padre Serafino Tognetti. Il piano di Maria Santissima
https://m.youtube.com/watch?v=6Bp3ZF0r0yw
11 luglio 2016 13:36
Anonimo ha detto...
RispondiEliminaMa a me pare abbastanza chiaro, nonostante le contorsioni verbali del disinvolto segretario 'servo di due padroni' per dirla alla goldoniana, pian piano sta venendo fuori tutta la melma che si era tentato di nascondere sotto il pontificato di GP2, aiutati in questo caso dalle precarie condizioni fisiche del papa, poi sono continuate le feroci lotte intestine nella curia romana, inutile far finta di, basterebbe leggere il libro Gesuiti di Malachi Martin uscito in tempi non sospetti, quindi sono venuti fuori i vatileaks, gli scandali, di tutto e di più fino al diktat bancario sulle finanze vaticane, perché è lì che si gioca tutta la battaglia, una volta rimosso, con le buone o con le cattive, l'ostacolo principale, si porta a compimento il disegno originale che iniziò già un po' prima dell'elezione di Pio XII, adesso siamo ai saldi finali, a settembre uscirà il nuovo libro intervista con Seewald e lì forse qualcosa in più si saprà, può darsi qualche nome. Mi piace pensare che tutto stia arrivando ad una rapidissima conclusione, i tempi precipitano, forse la profezia di Fatima pende come la spada di Damocle, a molti non piace Ratzinger, molti lo detestano, molti lo insultano senza ragioni valide, ma solo per estremismi vari, una cosa però gli va riconosciuta, la lealtà e l'amore per la verità, se ora esce allo scoperto dopo aver detto che non avrebbe rilasciato più alcuna intervista, significa solo una cosa per me, che la situazione non solo è precipitata di brutto, ma che è molto più grave di quello che sembra a noi esterni e non resta che pregare, Gaenswein è un buon canonista, fa due lavori, non può sbilanciarsi più di tanto, mai avrà la mens subtilis del maestro, et les jeux sont faits, rien ne va plus. Anonymous.
11 luglio 2016 13:48
Anonimo ha detto...
"Nemmeno il mantenimento degli elementi simbolici da parte del papa emerito (nome, abito e stemma), per quanto enigmatico, è sufficiente a giustificare la tesi di un allargamento collegiale della funzione papale." anzi, l'esatto contrario, nessun allargamento collegiale, le "cose" restano tali e quali a prima.
11 luglio 2016 15:06
Anonimo ha detto...
Benedetto XVI è la raffigurazione della vera Chiesa di Cristo: oltraggiata, perseguitata, derisa, sofferente, minoritaria, perdente agli occhi del mondo, ma non a quelli di Dio. Sottoposta ad ogni genere di pressioni, manipolazioni, ricatti .... lascia il comando a chi dovrà governare questa barca impazzita: lui sa che non può più farlo, non lo lasciano governare (se mancano i requisiti minimi necessari per esercitare il munus petrino, non è forse perseguitato? Lui era già prigioniero, nei sacri palazzi, molto prima della sua rinuncia). Non ha più le forze, oltre ai numeri, per governarla, ma può servirla con la preghiera e con il suo sacrificio. Gli impostori eleggono il loro impostore, secondo le loro regole da mafia-club, anche la rinuncia di Benedetto XVI può dare nuovo smalto alla creazione della nuova chiesa, dove non c'è più posto per i veri adoratori di Cristo, ma solo per servitori infedeli, corrotti, comprabili e cedibili alla nuova ideologia che osanna l'uomo senza Dio. Eppure Dio non è assente, sembra assopito, ma sta vagliando ogni uomo, nulla gli sfugge e può scrivere la pagina più memorabile e gloriosa, proprio quando la sua Chiesa sembrava affondare: a Lui solo ogni onore e gloria, a noi la fatica, l'umiltà, la dura lotta contro il male e contro fatti dolorosi che ci ricordano di essere più spirituali e fiduciosi nell'intervento di Dio, che riparerà ancora la sua Chiesa. Al cuore non si comanda....il mio cuore sa che Benedetto XVI ama Cristo e la Chiesa nella Verità, se nulla trapela di più, circa le trame occulte che operano nel Vaticano, significa che non siamo ancora capaci di portarne il peso.
11 luglio 2016 17:19
Anonimo ha detto...
RispondiEliminaAssolutamente d'accordo con Anonimo delle 17,19. "Gli impostori eleggono il loro impostore" frase che spiega tutto e tutto chiarisce delle numerose domande che sorgono da questa vicenda.
Se volete accedere alla verità di questa apocalittica situazione Dio ve l'ha provvidenzialmente esposta attraverso questo post. Grazie ancora.
11 luglio 2016 17:47
Alfonso ha detto...
Condivido il commento dell'anonimo delle 17:19. Il cuore mi fa amare e la ragione mi fa apprezzare l'uomo Ratzinger, a dispetto di qualsiasi errore, lacuna o altro di negativo che si possa contestargli. Questo è il mio giudizio già altre volte espresso. Altri sono liberi di pensare e giudicare diversamente e non per questo Dico in più che non smisi di "godere" degli scritti di Platone, nonostante tutte le critiche su i suoi comportamenti e nonostante che il Popper lo iscrisse fra i nemici della democrazia. Continuero' a dissetarmi a queste fonti di sapienza anche se non sempre condividerò il loro pensiero. Sui limiti della natura umana, Sant'Agostino ha già detto l'essenziale, e non aggiungo altro.
11 luglio 2016 18:58
Anonimo ha detto...
In un golpe per prima cosa ci si appropria del sistema delle telecomunicazioni e del Ministero degli Interni .
1) Chi ha effettivamente sostituito Navarro Valls che aveva fatto un ottimo lavoro con GP2 per sostituirlo con P.Lombardi ?
B16 ? Non ci credo nemmeno se lo vedo .
2) Chi ha fatto il vuoto attorno a B16 in modo da ostacolarlo il più possibile nel governo della Chiesa di Cristo ?
3) Vi risulta che abbia mai detto : " Li lascio parlare non me ne curo io vado dritto per la mia strada ..., io voglio che.., si schioderanno...,nella Chiesa c'è il 2 percento di pedofilia ecc.ecc ( interviste a Scalfari ) ?
3) Chi gli ha scaricato tutta la pedofilia ed efebofilia nel clero che era stata sottaciuta in tutti i 28 anni di pontificato di GP2 ?
( Si è letto che Maciel per tacitare il Vaticano lo riempisse di regali, sarà vero ? Non ci interessa ).
4) Perchè nessuno si è mosso in difesa dell'autentico pensiero del Papa per la Lectio Magistralis di Ratisbona ? Chi c'era alle telecomunicazioni ?
5) A quale Papa è stato impedito con tanta aggressività di portare una parola di bene in un Ateneo ?
Secondo me c'è un piano studiato in anni e anni fin nei minimi dettagli . La parola d'ordine : " Senza tregua , contro la Chiesa di Cristo" ....
Ne riparleremo qui : http://www.chiesaluterana.it/2016/01/13/ein-jahr-lang-feiern/
Per il momento ci si richiede di pregare e riparare per i poveri peccatori e per la Chiesa Cattolica Apostolica Romana !
O ci si converte come fecero i Niniviti o il Signore interverrà , ma prima ci farà toccare il fondo del letamaio .
11 luglio 2016 20:00
Rr ha detto...
Ed intanto Padre Lombardi va...
l' utile "idota", quando si è conquistato il potere, viene sempre rimosso.
Ed arriva un Opus Dei, americano.
Certo che El Jefe, per essere un populista pauperista marxisteggiante, ai soldi, anzi ai dollàri, sembra parecchio sensibile.
Ed un'altra donna. L'esperienza Chaouqui non ha insegnato niente a nessuno.
11 luglio 2016 21:28
Anonimo ha detto...
RispondiEliminaInno al Crocifisso di S. Paolo della Croce
Nella croce il santo amore
perfeziona l'alma amante,
quando fervida e costante
gli consacra tutto il cuore.
Oh, se io potessi dire
qual tesoro alto e divino
che il Dio Uno e Trino
ha riposto nel patire...
Ma perché è un grande arcano
all'amante sol scoperto,
io, che non sono esperto,
sol l'ammiro da lontano.
Fortunato è quel cuore,
che sta in Croce abbandonato,
nelle braccia dell'Amato,
brucia sol di santo Amore;
ancor più è avventurato
chi nel nudo suo patire,
senza ombra di gioire
sta in Croce trasformato.
Oh felice chi patisce
senza attacco al suo patire,
ma sol vuol a sé morire,
per più amar chi lo ferisce.
Io ti do questa lezione
della Croce di Gesù;
ma l'imparerai tu più
nella santa orazione. Amen (Lett. I, 31 agosto 1743, 301).
11 luglio 2016 21:49
Anonimo ha detto...
Signore, Ti ringrazio
che sei morto in croce per i miei peccati!
(San Paolo della Croce)
11 luglio 2016 21:51
Anonimo ha detto...
Padre Lombardi non è spuntato come un fungo nel 2006 al posto di Navarro Valls.
Era già, da anni, al vertice del CTV (dal 2001) e di Radio Vaticana (dal 1990).
Quindi "un'istituzione".
La "sala stampa" è sotto la responsabilità della Segreteria di Stato (I sezione).
Dunque dal 1990 al 2006 Padre Lombardi, piemontese, ha vissuto nel cono d'ombra del Segretario di Stato. Il quale non ha lasciato, per raggiunti limiti di età, facendosi elegantemente da parte, ma ha continuato a esercitare la propria influenza grazie alle leve di comando che aveva disseminato, spesso facendo ombra (e persino facendo fare più di una brutta figura) all'ennesimo piemontese in scena, successore nel ruolo.
Il Sudamerica, culla dell'attualità ecclesiale, ha costituito la fetta di mondo maggiormente colonizzata da questo sistema di potere e il buon Benedetto ha conosciuto più di un'amarezza nel metterci (da solo o quasi) la faccia su casi come quello di Maciel, mentre chi l'ha sempre protetto non cessava di farlo.
Va da sé, come in tutti i golpe più o meno mascherati, che avere delle persone fidate negli organi di stampa permette di far uscire le notizie in un certo modo.
E permette anche di saperle, in anticipo, le notizie, cogliendo l'attimo propizio per bruciarle, spegnerle, amplificarle o vederle svanire in immensi polveroni...
Effettivamente un progetto, fatto di molte informazioni, probabilmente altrettanti ricatti, nonchè di amicizie coltivate o persino subite, comunque dovute a una certa disinvoltura che si radica in una certa idea di Chiesa e in non poche umane miserie.
Benedetto XVI ne è stato martirizzato. Questo è evidente.
A qualche purista del martirio forse non è bastato, l'avrebbe voluto vedere letteralmente in croce. Ma Benedetto XVI è troppo umile per sentirsi degno di imitare così platealmente Nostro Signore. Uno come lui la croce la vive più come Maria...
Mettere in discussione Josef Ratzinger, il coraggioso (anti-massoneria, anti-pedofilia, anti-sporcizia, anti-lobbies, attento alle malefatte finanziarie e profondo conoscitore della barbarie teologica sostenuta da certi mistificatori), accusandolo persino di pavidità e fuga, o è malafede o è pura ottusità.
11 luglio 2016 22:01
Quelli di Chiesa e post concilio ha detto...
RispondiEliminaOT Congratulazioni a Mrs. Theresa May, con la quale anche gli altri paesi europei diventeranno migliori!
irina
11 luglio 2016 22:43
Rr ha detto...
RispondiEliminaIrina,
are you sure? Theresa May che da quando è ministro dell'Interno non ha fatto nulla, dico nulla, per evitare l'afflusso di immigrati, più o meno clandestini in Inghilterra, che non ha fatto nulla per punire chi "aveva chiuso occhi ed orecchi" sullo scandalo Rotherham, ne' su BBC, pedofilia, pezzi grossi dell'establishment ?
May, un Cameron in gonnella ?
Non è che siccome è donna, è meglio, eh.
Tutta o quasi l'elite britannica è marcia, fin nel midollo, venduta al miglior offerente. Andrebbe spazzata via con un colpo di spada, da un novello S. Giorgio.
12 luglio 2016 00:21
irina ha detto...
Rr,
il tempo ci dirà.
Confermo le mie congratulazioni.
Un conto essere ministro, un altro Primo Ministro.Un conto essere primo ministro di un paese allacciato all'europa, un conto Primo Ministo dell'UK.
12 luglio 2016 10:32
Anonimo ha detto...
Come spiegare questa coincidenza: tutte queste vociferanti politiche, presidentesse, deputatesse, capi si Stato femmine, giudici in gonnella, colonnelle e generalesse, avvocatesse, e chi più ne ha più ne metta, pullulano in quest'epoca di profonda decadenza di tutti i valori dell'Occidente, anzi di una decadenza che, dicono in tanti, non si e' mai vista prima nella storia? A. P.
12 luglio 2016 11:01
irina ha detto...
RispondiElimina@ A.P.
Nella vita di Charles de Foucauld, viene descritta la vita dei Tuareg nomadi del deserto. Le donne avevano una grande libertà che poi era "quella" libertà. Quando gestanti, partorivano in una buca di sabbia nel deserto e ricoperta con sotto il bambino, riprendevano la loro vita nomade o semi-nomade. Non tutte erano di questo tipo, altre avevano autorevolezza tale da guadagnarsi la fiducia degli uomini delle tribù tanto che questi demandavano loro il comando, la guida. Non v'è ombra di dubbio che molte sono le imitazioni dell'autentica femminilità come della autentica mascolinità, caricature imbarazzanti e spesso rivoltanti ma, non è sempre così. Bisogna distinguere, discernere diciamo noi,per non fare ingiustizia alle une ed alle altre. Nel mentre mi auguro che il maschio riprenda e/o assuma il suo ruolo "cristiano" di guida e difensore della femmina senza sbandare nella caricatura della mascolinità nè nella sua tragica imitazione del femminile.
12 luglio 2016 12:15
Anonimo ha detto...
2 cose al volo, May non è neppure lontanamente paragonabile a Thatcher, se credono di ripercorrere gli stessi vittoriosi passi, sbagliano di grosso.....rotten stuff in GB, pagheranno a carissimo prezzo la Brexit perché non hanno uno straccio di leader politico degno di tal nome, BXVI non scelse Assolutamente lui Lombardi, ma chi lo fece si sa, colui che dopo il cambio alla segreteria di stato mantenne il proprio ufficio e fece traslocare l'altro (TB), e si vede ancora benissimo come funzionano le cose in vatican land, stiamo messi molto, ma molto peggio di qualsiasi truce previsione e Burke non migliora le cose, un altro OD e la tipa una di radiocope, podemos in salsa catolica espanola.....le donne tuareg erano le uniche che sapessero leggere e scrivere e lo insegnavano a figli e figlie, una rarità anomala nel mondo islamico.
P.S. RR ti passo un nuovo link, have a look http://inthesetimes.com/working/entry/17505/police_and_the_poor_people
12 luglio 2016 14:02
Rr ha detto...
Irina,
scusami se continuo a dissentire da te, ma da una come la May che vuole attuare ancora di più i tribunali della sharia, già presenti in molte parti di Londonistan ed Englandstan, nonché e' legata a filo doppio con i Rotschilds e parentele varie, io preferirei non essere governata.
Ed ha ragione AP: in questo momento l'Europa NON ha bisogno di donne, più o meno in menopausa, più o meno con figli, più o meno lesbiche, per essere governata, ma di UOMINI, VIRI, con tutti i loro attributi, Per non finire ulteriormente nel sentimentalismo, nello zuccheriamo e nel pettegolezzo più becero che ci sia. E mi dispiace, essendo donne, dar ragione ad un mio vecchio collega, che diceva "due donne ed è già pollaio". Quante ce ne sono ormai in Europa? per non parlare Killary.
Del resto se farsi governare da una donna sia meglio che da un uomo, perché Nostro Signore avrebbe posto un uomo ( ed un uomo sicuramente virile, già sposato e probabilmente figliato) a Capo della Sua Chiesa ?
12 luglio 2016 15:09
Rr ha detto...
RispondiEliminaAh, a proposito, Theresa May era Pro-Remain. L' elite s'è ricompattata, e troverà il modo di non seguire le vere indicazioni emerse dal voto.
12 luglio 2016 15:13
irina ha detto...
Rr,
primo non sono una "potere alle donne" anzi queste generalizzazioni le trovo mortificanti da sempre.Ogni due per tre scrivo, per chi legge, che l'uomo deve riprendere il ruolo che gli compete e la donna pure.Pace. Theresa May mi è parsa avere le premesse giuste per compiere il lavoro bene. Non credo che gli Uomini Viri siano stati evirati ieri l'altro.E'da anni che sono confusi e le donne impazzano (e non è tanto per scrivere). La menopausa femminile non è il maggiore dei mali se si è sempre stati soliti vivere con misura la parte sulla quale si ricama sempre più del dovuto.Ma torniamo a Theresa May è cristiana, la domenica va in Chiesa, ed interrogata su questa sua deficienza ha detto che esserlo, cristiana, è parte del suo essere. Ha un solo marito, quello della sua gioventù, che lei ha definito la roccia. Come tipo la descrivono non come la sgomitante ma come quella che sta, consistente. Grande lavoratrice ed anche un po' noiosa. Veniamo ai misfatti compiuti, anche qui ho chiarito che un conto è rendere conto al superiore ed allinearsi alla sua politica, un conto è essere il superiore e a questo punto di uno Stato Sovrano. Forse anche lei potrà beneficiare della grazia di stato. o no? Ora, cara Rosa, andare a pensare che, avendo lei appoggiato "Remain" essendo il governo di Cameron per "Remain", "troverà il modo di non seguire le vere indicazioni emerse dal voto" a mio parere è sfiduciarla con un tuo pregiudizio quando ancora deve iniziare. Lei ha fatta sua la decisione dei suoi connazionali, impegnandosi a far sì che l'uscita, irrevocabile, sia un successo per il suo paese e che questo, paese, sia migliore . Ascolta su Repubblica il suo breve discorso di ieri. Benchè tu non sia sola nella critica, ritengo che una vita morale e di lavoro onestamente eseguito in ambiente pieno di insidie, sia un'ottima premessa in base alla quale ribadisco la mia fiducia e speranza che possa essere un buon esempio per tutti al di là delle antipatie e pregiudizi di ognuno.
12 luglio 2016 23:25
RR ha detto...
RispondiEliminaIrina,
scusa: ma da quanto tempo segui la politica inglese, la stampa inglese, i blogs anglosassoni, la vita quotidiana degli Inglesi, quel che dice, fa, scrive, decide come Ministro dell'interno al May (che NON è stata votata neanche dai suoi ad essere segretario, ma è rimasta l'unica contendente, essendosi ritirati tutti gli altri, alcuni, come Johnson, in un modo, come dire, sospetto), le dichiarazioni da lei rilasciate in varie occasioni, per es. all' indomani degli attentati francesi del gennaio 2015, ecc.ecc. COSA HA FATTO LA MINISTRA DELL' INTERNO MAY PER PUNIRE I RESPONSABILI DELLO SCANDALO ROTHERHAM, che non so se sai cos'è? O DELLO SCANDALO PEDOFILIA E BBC, PEDOFILIA E ALTI POLITICI INGLESI ? COS? HA FATTO PER IMPEDIRE L' ARRIVO DI ALTRE MIGLIAIA DI STRANIERI IN UK, NON DALL'UE, MA DAL PAKISTAN e DA TUTTI GLI ALTRI CESSI DELLA TERRA ?
Il mio NON è un pregiudizio, è un GIUDIZIO basato su una che è al governo da mesi, un governo di un Partito Conservatore che tra l'altro - lei sarà anglicana convinta, quindi eretica e scismatica - ha passato il matrimonio gay, e stava per passare l'eutanasia.
Dopo di che, a te piace, a me no, vedremo il futuro. Ma è ESTABLISHMENT, quindi non mi faccio alcuna illusione.
13 luglio 2016 12:08
RR ha detto...
Ascolta su Repubblica il suo breve discorso di ieri
ecco, questo è per me sufficiente. Repubblica va NON ascoltata, NON letta, ma bruciata nel fuoco, come tutte le cose del demonio.
13 luglio 2016 12:10
RR ha detto...
"una vita morale e di lavoro onestamente eseguito in ambiente pieno di insidie,"
Irina, ma tu credi ancora nella favole ?? Ma da quando in qua un politico, per di più donna, arriva ad essere Ministro dell'Interno di una paese come l'UK, se ha veramente alla spalle una vita morale ed onesta ?
Moralità ed onestà non significano solo non commettere tu del male, ma anche non chiudere gli occhi e denunciare l'immoralità e disonestà dei tuoi compagni di partito, per es., una parte dei quali ha il vizietto di accompagnarsi ai ragazzini e ragazzotti dei bassifondi londinesi. Per non parlare dello stesso vizietto di alcuni esponenti di quella chiesa anglicana a cui tu appartieni.
E se sei onesto e morale, non accetti fondi per campagne elettorali da "fondazionI" legate a filo doppio con uno stato straniero che sarà anche "amico", ma sempre straniero è, e quindi con i suoi legittimi interessi, che non necessariamente coincidono con quelli inglesi.
Oltre ad evitare di sparare stupidate contro la Russia e Putin, che tutto pensa, salvo ad invadere l'UK !
13 luglio 2016 12:19
RR ha detto...
Infine, la Grazi di Stato è un concetto cattolico. L'Inghilterra NON è cattolica, ufficialmente, ma anglicana. Come può un eretico scismatico godere della Grazia di Stato ? per riportare i discorsi su temi religiosi e di fede ?
Chiedo agli esperti.
13 luglio 2016 12:22
RR ha detto...
Correzione: al governo da anni, non da mesi.
13 luglio 2016 12:23
irina ha detto...
Rr,
grazie per le delucidazioni alle quali avevi già accennato. Tu avresti avuto un nome altro? Proponiti come consulente, ne trarranno giovamento.
Quel bene che ho visto l'ho messo in evidenza. Ad ognuno la sua parte. Grazie ancora.
13 luglio 2016 13:36
Anonimo ha detto...
Anche nelle ricette di cucina, compare il regnante, lo stanno cacciando ovunque. Il titolo del nuovo libro di cucina (le edizioni sono impropriamente denominate con il nome del grande apostolo delle genti) spiega che Dio è ormai estromesso, anche dalla cucina: "Mangiare da Dio" , Cinquanta ricette da san Paolo a papa Francesco.
13 luglio 2016 18:43
Autore ha detto...
A Tralcio (11 luglio, ore 12,48)
Personalmente propendo per il Quadro A, ma riconosco che è un vero rompicapo...
All'Anonimo (11 luglio, ore 17,19)
In questa situazione apocalittica, Dio sta effettivamente vagliando chi Gli appartiene per separarlo da chi non Gli appartiene.
13 luglio 2016 21:11
Ho dovuto ripostare i commenti salvati nel ripristinare la pagina, sparita...
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