Interessante e inedito ciò che emerge da un capitolo fino ad ora poco ricordato dell'ultimo libro-intervista di Joseph Ratzinger: Benedetto XVI - Ultime conversazioni [vedi, nel blog]. Lo riportiamo nella nostra traduzione da OnePeterFive del 26 settembre 2016
Benedetto XVI ammette di avere rimorsi di coscienza sul Vaticano II
Dopo la sua pubblicazione da parte della casa editrice Droemer Verlag il 9 settembre 2016, il nuovo libro-intervista Benedikt XVI. Letzte Gespräche [Benedetto VI. Ultime conversazioni] ha suscitato discussioni approfondite e commenti di vario tipo, che fino ad ora sono stati pubblicati solamente in tedesco. È stato per esempio fatto notare come l’ex-Papa supporti con adesione sincera il papato di Papa Francesco e come difenda tuttora la sua decisione di abbandonare l’officio petrino, definendolo non una fuga, bensì una sua decisione serena e non dettata dal timore. È stato anche riferito che l’ex-Papa continua a sostenere che la Chiesa si trovava in ottimo stato quando egli ha deciso di dimettersi.
Ma sarà un’altra parte del libro ad interessare moltissimo il mondo cattolico: quella in cui Joseph Ratzinger analizza il proprio ruolo all’interno del Concilio Vaticano II e persino le conseguenze distruttive che questo evento ha avuto sulla Chiesa. Molto recentemente, nel marzo 2016, egli aveva già espresso note critiche sul Concilio che avevano immediatamente richiamato l’attenzione in tutto il mondo: Ratzinger aveva infatti descritto una “profonda, duplice crisi”, specialmente per quanto riguarda l’opera missionaria della Chiesa a partire dal Concilio Vaticano II. In questo nuovo libro, egli sembra ammettere di avere rimorsi di coscienza sul proprio coinvolgimento come peritus nell’ambito del Concilio stesso, anche se continua ad affermare che il Concilio in sé era necessario. Nel testo che segue, citerò alcuni paragrafi più ampi del nuovo capitolo del libro dedicato al Concilio Vaticano II, dato che quest’ultimo rappresenta ancora un tema spinoso all’interno della Chiesa e solleva ancora un dibattito molto acceso. Il capitolo si intitola Konzil: Traum und Trauma (Concilio: sogno e trauma) e si trova alle pagine 142-167 del libro. Farò qua e là riferimenti ad alcune di queste pagine.
In questo testo, Benedetto XVI ammette di essere stato un “progressista” all’epoca del Concilio Vaticano II. Come fa notare il giornalista Peter Seewald – a volte grazie alle sue domande che tendono a indirizzare il discorso –, Ratzinger ha avuto anche un ruolo di leader nei lavori preparatori del Concilio. In quell’occasione, egli conobbe il Cardinal Josef Frings di Colonia, Germania, anche lui membro della Commissione Preparatoria del Concilio. A un certo punto Frings invitò Ratzinger a stendere i propri commenti e le proprie critiche su ciascuno degli schemata (bozze) che egli stesso aveva ricevuto preliminarmente dalla Commissione. Come sottolinea Seewald, Frings utilizzò persino i testi scritti da Ratzinger, che presentò più tardi nelle sessioni del Concilio in cui lo stesso Ratzinger non era presente.
È di nuovo grazie alle domande ricche di insinuazioni di Seewald che apprendiamo che fu il discorso di Frings del 10 novembre a Genova, Italia – quasi un anno prima dell’inizio ufficiale del Concilio nell’ottobre del 1962 – a “dare un nuovo orientamento al Concilio” (p. 143). Come afferma Seewald: “Lui [Frings] ha pronunciato il discorso, ma il testo lo aveva scritto Lei”. Seewald riferisce anche che Papa Giovanni XXIII invitò il Cardinal Frings a partecipare a una conversazione in cui gli disse: “Sua Eminenza, devo ringraziarLa. Stasera ho letto il Suo discorso [quello del 19 novembre 1961]. Sono lieto di vedere che la pensiamo allo stesso modo su molte cose”. Ratzinger conferma di aver sentito parlare di quest’incontro con Giovanni XXIII da parte del Cardinal Frings in persona. Ratzinger non poté invece incontrare il Papa in persona, perché “allora [Giovanni XXIII] era già gravemente malato” (p. 145).
L’ex-Papa racconta anche di essere stato sempre presente alle riunioni che si svolsero alla Villa Mater Dei, organizzate dal Vescovo Hermann Volk. Ratzinger afferma: “È lì che ho incontrato anche de Lubac...”. In risposta alla domanda su come sia stato questo primo incontro di persona con de Lubac, Ratzinger racconta: “Era emozionante per me incontrarlo finalmente di persona. Era una persona molto semplice, molto umile e molto cortese. Mi sono sentito subito come se fossimo stati vecchi amici”. Ratzinger aggiunge che “è sempre stato molto caloroso e veramente fraterno. Anche Daniélou [Jean Daniélou, un cardinale francese] è sempre stato un uomo allegro e conviviale”. Agli occhi dell’ex-Papa, de Lubac era un uomo molto laborioso – proprio come il cardinale francese Yves Congar, “che ha lavorato sempre incessantemente nella Commissione Teologica”.
Quando gli viene chiesto quale tra tutti i teologi fosse il suo preferito, Ratzinger risponde: “Direi de Lubac e Balthasar”, e aggiunge che fu “estremamente emozionante” incontrare e parlare “con delle figure così grandi” come Lubac, Daniélou e Congar. Egli partecipò in seguito alle sessioni all’interno di San Pietro “dal momento in cui divenni un Teologo ufficiale del Concilio [incaricato direttamente dal Papa; Ratzinger divenne un Teologo ufficiale del Concilio all’inizio della seconda sessione (settembre-dicembre 1963) e lo fu fino alla sua conclusione]”.
Quando giunse per la prima volta a Roma in quegli anni, Ratzinger ammette di aver nutrito
Quando gli viene chiesto quale tra tutti i teologi fosse il suo preferito, Ratzinger risponde: “Direi de Lubac e Balthasar”, e aggiunge che fu “estremamente emozionante” incontrare e parlare “con delle figure così grandi” come Lubac, Daniélou e Congar. Egli partecipò in seguito alle sessioni all’interno di San Pietro “dal momento in cui divenni un Teologo ufficiale del Concilio [incaricato direttamente dal Papa; Ratzinger divenne un Teologo ufficiale del Concilio all’inizio della seconda sessione (settembre-dicembre 1963) e lo fu fino alla sua conclusione]”.
Quando giunse per la prima volta a Roma in quegli anni, Ratzinger ammette di aver nutrito
una sorta di sentimento anti-romano. Non perché rinnegassi il primato – l’obbedienza dovuta al Papa – bensì perché avevo in fin dei conti una certa riserva interiore contro la teologia che veniva elaborata a Roma. In questo senso, provavo un certo distanziamento. Tuttavia, non mi sono mai spinto così in là come alcuni miei colleghi tra gli studenti, che dicevano: “Piuttosto che andare a Roma, andrei a Gerusalemme!”.
Tuttavia, Ratzinger ammette di non aver provato “un desiderio particolare di andare a Roma”. Quando finalmente vi arrivò per la prima volta in vita sua, nella Pasqua del 1962, egli rimase vivamente impressionato alla vista dei siti dell’“antica Roma”, le catacombe, la necropoli sotto San Pietro, le prime chiese – “perché lì le origini erano palpabili”. Egli sottolinea così di nuovo la sua particolare sensibilità nei confronti della “continuità radicata nelle sue origini”. È possibile riscontrare questo stesso atteggiamento di ritorno alle origini ignorando la teologia tomistica nell’operato di Ratzinger durante il Concilio. Ma ritorneremo su questo punto più avanti.
Parlando del suo primo viaggio a Roma e del Concilio stesso, Ratzinger descrive come rimase impressionato da Papa Giovanni XXIII:
Era già palpabile l’entusiasmo che Giovanni XXIII aveva risvegliato. Mi attrasse sin dall’inizio il suo completo anti-convenzionalismo. Mi piaceva il suo modo di essere diretto, semplice, umano.
Quando gli viene chiesto se era un seguace di Giovanni XXIII, l’ex-Papa risponde: “Certo che lo ero”, e quando lo si incalza chiedendogli se era un suo “vero ammiratore”: “Proprio così: un vero ammiratore”. Ratzinger racconta che il momento in cui il Concilio venne proclamato fu “commovente” e che suscitò “grandi speranze”. Lui stesso partecipò a tutte e quattro le sessioni, dall’inizio alla fine. Ratzinger ammette di non aver avuto una buona padronanza del latino all’epoca del Concilio. (Più tardi, secondo quanto ci ha assicurato un suo amico sacerdote, sarebbe diventato anche un eccellente conversatore in latino.) “Non ho mai studiato teologia in latino”, afferma il teologo tedesco, “abbiamo fatto tutto in Germania” (p. 153).
L’ex-Papa racconta a Seewald anche che durante il Concilio egli stesso faceva parte dei “progressisti”, anche se “allora ‘progressista’ non aveva la connotazione di una persona che si allontana dalla Fede, bensì di una persona che impara a conoscerla meglio e a viverla più correttamente ispirandosi alle origini”. Ratzinger aggiunge:
All’epoca ero dell’opinione che ciò fosse tutto quel che volevamo. Progressisti famosi come Lubac, Daniélou e altri la pensavano allo stesso modo. Il cambiamento era palpabile già nel secondo anno conciliare [1963], ma si manifestò più chiaramente solo nel corso degli anni successivi.
A questo punto è opportuno citare un’altra domanda di Seewald, dato che fa capire molte cose:
Le ultime ricerche dimostrano che il Suo contributo al fianco del Cardinal Frings fu molto più grande rispetto a quanto Lei abbia fatto vedere. Abbiamo già menzionato il Discorso di Genova. Oltre a quest’ultimo, prima dell’apertura del Concilio, era stato pronunciato anche un primo discorso per i vescovi di lingua tedesca all’Anima [il Collegio Teutonico di Santa Maria dell’Anima, lo storico Collegio Pontificio per i sacerdoti tedeschi], una sorta di istruzione. Seguirono poi le istruzioni che permisero a Frings di silurare l’elezione dei [membri delle] dieci Commissioni Conciliari che era stata programmata per il 13 ottobre [1962] e che avrebbe favorito i candidati scelti dalla Curia Romana.
Ratzinger risponde con qualche riserva a questa domanda, affermando che le “istruzioni a Frings” erano in realtà “un’iniziativa del tutto sua [di Frings]”. Egli aggiunge:
Non mi immischiai nelle questioni burocratiche, tecniche o politiche. Egli pensava davvero che bisognasse conoscere tutti all’interno del Concilio prima di poter eleggere i membri delle Commissioni tra i suoi partecipanti.
L’ex-Papa descrive anche la sorpresa che suscitarono le iniziative e la leadership efficacemente “rivoluzionarie” di Frings, affermando che il cardinale era allora sicuramente “ritenuto estremamente conservatore e rigido”. Lo stesso Frings spiegò una volta a Ratzinger che una cosa era governare la propria diocesi in obbedienza al Papa, un’altra cosa essere da lui invitati a “co-governare” la Chiesa e il Concilio e pertanto ad “assumersi le proprie responsabilità”. Ratzinger ritiene che Frings non avesse un programma di riforme chiaro quando si presentò al Concilio, ma che condivise con lui tutti gli schemata prima di cominciare. L’ex-Papa commenta a proposito degli schemata di
non averli giudicati così negativamente come sono stati considerati più tardi. Gli mandai [a Frings] allora molte correzioni, ma la struttura nel suo insieme – eccetto il decreto sulla Rivelazione – non la toccai. Eravamo d’accordo [Frings e Ratzinger] sul fatto che l’orientamento fondamentale era lì, ma che c’era ancora molto da migliorare. Vale a dire, che il Magistero corrente doveva essere meno dominante e che la [Sacra] Scrittura e i Padri [della Chiesa] dovevano avere un peso maggiore.
A questo punto, è opportuno menzionare di nuovo la domanda insidiosa di Seewald, il quale afferma che ci sono voci secondo le quali Ratzinger avrebbe avuto “un ruolo decisivo all’interno dell’‘assemblea insurrezionale’ [Putschversammlung] al Collegio dell’Anima dei sacerdoti tedeschi il 15 ottobre 1962”. Secondo un giornalista tedesco, in quella riunione venne redatto un testo alternativo alla Bozza Romana, di cui vennero realizzate e distribuite tra i Padri Conciliari 3.000 copie. Ratzinger indugia un po’ prima di rispondere: “Definirla un’‘assemblea insurrezionale’ è eccessivo. Ma eravamo convinti del fatto che – specialmente per quanto riguarda la questione della Rivelazione – bisognasse esprimersi in modo diverso rispetto a quello che si poteva percepire lì”. E aggiunge, mostrando ulteriormente la sua distanza intellettuale dalla Scolastica Tomistica: “La [bozza] originale era stata scritta in stile neo-scolastico e non prendeva sufficientemente in considerazione le nostre intuizioni”. Dato che la Rivelazione era la sua specialità, Ratzinger ammette di aver svolto un ruolo attivo nel dibattito, “ma solo dietro invito e sotto la supervisione di Sua Eminenza [il Cardinal Frings]”. Successivamente, quando venne accusato di aver “ingannato” Frings, respinse l’accusa: “Entrambi eravamo convinti del fatto che dovevamo servire lì la causa della Fede e della Chiesa”, spiega Ratzinger, che aggiunge:
E che dovevamo chiarire la vera relazione tra la Scrittura, la Tradizione e il Magistero – utilizzando entrambi nuove nozioni e un nuovo metodo di approccio alla materia affinché essa potesse essere compresa e sostenuta in modo migliore. E quel metodo venne poi adottato anche [dal Concilio].
L’ex-Papa ritiene di aver semplicemente sviluppato – insieme ai suoi colleghi progressisti (la maggior parte dei quali erano cardinali) – nuove idee. “Non so come esse si siano successivamente diffuse in tutto il Concilio”, ammette. “Ovviamente ci aspettavamo di essere contrastati in modo polemico, con l’argomento che si trattasse [l’innovazione] di un testo tipicamente massonico e cose del genere” (p. 156). Quando gli si chiede se ciò è successo davvero, Ratzinger lo conferma persino ridacchiando: “Sì, sì. Anche se non credo si possa sospettare che io sia massone”.
Di nuovo, Seewald mette in risalto il persistere dell’influenza di Ratzinger sul Concilio: “Gli argomenti e il testo che il Cardinal Frings ha quindi presentato il 14 novembre 1962” e che hanno poi “fatto barcollare tutto erano Suoi”. Grazie ad essi, la bozza e il programma originari, quelli che avrebbero “bloccato tutto”, vennero “spazzati via”; e ora, secondo Seewald, “si poteva discutere liberamente su ogni tema”. Nella sua risposta alla domanda di Seewald, l’ex-Papa racconta che al momento del voto solamente un’esigua maggioranza era a favore degli schemata conservatori, e aggiunge: “Ma poi Papa Giovanni vide che quella maggioranza era troppo esigua per poter essere sostenibile, e quindi decise che bisognava ricominciare da capo”. Ratzinger specifica che fu felice di quella decisione:
Eravamo allora tutti molto curiosi di vedere cosa avrebbe fatto il Papa [dopo il voto], e ci rallegrammo quando disse che bisognava ricominciare tutto da capo, anche se in linea di principio la situazione legale ci avrebbe permesso di conservare la vecchia versione.
La domanda successiva di Seewald evidenzia ancora una volta il ruolo importante di Ratzinger all’interno del Concilio, sottolineando il fatto che solo sette giorni più tardi, il 21 novembre 1962, i Padri Conciliari respinsero lo schema sulle “‘Fonti della Rivelazione’, che Lei [Ratzinger] aveva tanto pesantemente criticato”. Dice Seewald:
All’epoca Lei scrisse che il testo era “influenzato dal punto di vista anti-modernista” e che aveva un tono “frigido e quasi sconvolgente”. Lei stesso si accorse più tardi del fatto che questa rimozione [quella dello schema originario sulla Rivelazione] fu il vero punto di svolta del Concilio.
Ridacchiando, l’ex-Papa risponde: “Oggi io stesso mi sorprendo dell’audacia con cui mi esprimevo in quei giorni”. Egli conferma che “quello fu un vero punto di svolta – ossia, rimosse uno dei testi presentati e permise un nuovo inizio delle discussioni”.
Quando gli si chiede della sua collaborazione con Karl Rahner, Ratzinger rivela che era facile lavorare con quest’ultimo – che era ventitré anni più vecchio di lui – perché amava incoraggiare i giovani teologi. L’ex-Papa aggiunge:
Lavorando con lui [Rahner] sul testo, mi sono però accorto del fatto che appartenevamo a due differenti scuole di pensiero. Egli proveniva totalmente dalla Scolastica, il che era un grande vantaggio per lui, perché era molto più capace di entrare nel contesto comune della discussione. Io, invece, provenivo dalla Bibbia e dai Padri.
Ratzinger spiega anche che ha lavorato con Rahner principalmente nel 1962 e che è stato facile scrivere con lui i vari testi che hanno redatto insieme perché essi condividevano “un’idea e delle intenzioni fondamentali comuni”. (Senza specificare cosa ciò voglia dire.)
In un altro punto, Seewald chiede a Ratzinger delucidazioni sull’incidente che lo vide contraddire con forza Papa Paolo VI, quando “quest’ultimo non solo pose fine al Vecchio Messale, ma allo stesso tempo lo proibì”. (Parole queste che contraddicono le parole stesse di Benedetto XVI del 2007, secondo le quali la Messa Vetus Ordo “non è mai stata abrogata”.) L’ex-Papa obietta a questa domanda affermando che “‘fortemente’ è un po’ eccessivo”, e spiega che il Papa non lo punì per la sua critica perché “sicuramente era convinto del fatto che tutto sommato io seguivo pienamente la sua linea – il che era vero”. (Di nuovo, cosa si intende per “la sua linea” non viene specificato.)
Alla fine di questo importante capitolo, che mostra nel dettaglio il coinvolgimento del Cardinal Ratzinger all’interno del Concilio Vaticano II, Peter Seewald suggerisce l’idea che più tardi Ratzinger abbia cominciato ad avere dei dubbi su quegli sviluppi innovativi, sia durante che subito dopo il Concilio, e gli chiede se “fa parte della tragedia del Concilio il fatto che esso aprì una scissione all’interno della Chiesa che continua essenzialmente ancora oggi”. L’ex-Papa conferma quest’idea affermando:
Direi di sì. La volontà dei vescovi era quella di rinnovare la Fede, di approfondirla. Tuttavia si sono presentate in modo continuamente crescente altre forze efficaci – specialmente giornalisti – che hanno interpretato le cose in un modo completamente nuovo. A un certo punto la gente ha cominciato a chiedere: “Se i vescovi possono cambiare tutto, noi non possiamo fare altrettanto?”. La liturgia ha cominciato a crollare e a scadere nell’improvvisazione. A questo proposito, si può osservare che una volontà positiva è stata successivamente dirottata in un’altra direzione. A partire dal 1965 ho compreso che la mia missione era quella di chiarire cosa volevamo e cosa non volevamo realmente.
Quindi Seewald rivolge all’ex-Papa una domanda allo stesso tempo importante e pungente: “Come partecipante, come persona corresponsabile, non ha anche qualche rimorso di coscienza?”. Ratzinger risponde:
Uno si chiede davvero se ha operato in modo giusto. Specialmente quando tutto è deragliato. È sicuramente una questione che mi sono posto. Il Cardinal Frings ha avuto in seguito dei rimorsi di coscienza molto forti. Ma io sono stato sempre consapevole del fatto che ciò che abbiamo detto e fatto realmente era giusto e che doveva anche succedere. Nel complesso, abbiamo agito correttamente – anche se sicuramente non abbiamo valutato correttamente le conseguenze politiche e pratiche. Abbiamo ragionato in modo troppo teologico e non abbiamo considerato quali avrebbero potuto essere le conseguenze.
Quando gli si chiede se sia stato un errore convocare il Concilio tout court, Ratzinger insiste:
No, è stato sicuramente giusto. Sì, ovviamente ci si può chiedere se fosse necessario o no. E sin dall’inizio vi erano delle persone che erano contro di esso. Ma nel complesso quello era un momento in cui ci si aspettava semplicemente che la Chiesa facesse qualcosa di nuovo, che operasse un rinnovamento che provenisse da tutte le sue componenti – non solo da Roma – sfociando in un incontro per la Chiesa Universale. Da questo punto di vista, quello era il momento (p. 167).
L’ex-Papa conferma anche che più tardi, quando venne eletto Papa, lui stesso ha cercato di incorporare alcuni elementi speciali del Concilio – come per esempio (secondo le parole di Seewald) “una nuova fisionomia del primato che portasse a una maggiore ‘comunione’ tra il Papa e i vescovi”, e la promozione di uno “spirito di semplicità”. Ratzinger risponde al commento implicitamente interrogativo di Seewald (“È corretta questa descrizione?”) semplicemente con due parole: “Sì, assolutamente”.
L’ex-Papa sembra quindi mostrare che – nonostante certe riserve – egli è ancora essenzialmente un uomo del Concilio, per quanto gli possa rimanere qualche rimorso di coscienza.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
Una ammirazione per papa Giovanni, il Papa che volle a tutti i costi il Concilio Ecumenico Vaticano II, che portò a disastrose conseguenze. E Pio XII
RispondiEliminache evitò di convocarlo nonononostante le pressioni e le incipienti aberrazioni liturgiche avanzate con la pessima traduzione dei salmi del gesuita Bea per il breviario e della riforma bugniniana della Settimana Santa. Sarà per questo che Benedetto XVI ha ostacolato e di fatto accantonato il processo di Beatificazione di Pio XII? Un leggero malore per il papa emerito guardando al suo passato di fervente attivista al Concilio Vaticano II, ma suo acceso sostenitore usque ad mortem! L'abisso invoca l'abisso per tentare di obliare chi in modo lungimirante aveva capito quanto deleterio sarebbe stato convocare un Concilio in quel momento. Ma Benedetto invece è entusiaste del suo appassionato lavoro con lo squadrone conciliarista. Mah!
""Benedetto XVI ammette di avere rimorsi di coscienza sul Vat.II""
RispondiEliminaRatzingher analizza il proprio ruolo all'interno del concilio vat.II e persino le conseguenze distruttive che quest'evento ha avuto sulla Chiesa.
Seewald chiede a Ratzingher se fa parte della tragedia del concilio il fatto che esso apri una scissione all'interno della Chiesa che perdura tutt'oggi, e Ratzingher conferma quest'idea.
""concilio, sogno e trauma"" -
Questo è stato il concilio - la rivoluzione e la distruzione che vediamo tutt'oggi.
Chi ha ridotto la Chiesa in queste condizioni è stato quel concilio che tutto direi meno che non profetico di sventure - i danni che ha fatto in 5 anni quel concilio sono incalcolabili, e stà portando la Chiesa sull'orlo dell'abisso; tanto che Pio XII, che aveva avuto l'idea prima di Roncalli, visti i tempi e gli uomini della gerarchia dell'epoca ha evitato, con consigli dei Suoi di allontanarsi da un probabile disastro.
Non so se ho letto bene ciò che dice Ratzingher, ma benchè si ritiene sempre un uomo del concilio, ci dice parole di enorme tragedia - poi tutto l'altro lo vediamo con i nostri occhi.
Quello era il momento per la chiesa universale.... si vede che prima la Chiesa non era mai stata universale cioè cattolica? Qui è evidentissimo il legame Ratzinger-Roncalli-Montini , tutti sulla stessa linea, dice l'interessato, la linea del concilio, di introdurre il nuovo. Si rammaricano solo che non hanno avuto il seguito che volevano da parte dei cattolici (come la frase di Paolo VI:il fumo di satana si è infiltrato..ci aspettavamo una giornata radiosa ed invece...mi chiedo sulla frase "quando tornerò troverò ancora la fede?... può essere ancora lungo ma...Ma in fondo non gliene frega nulla tanto scelsero il mondo, che li applaude. Si vede che Gesù sbagliò tutti e la Chiesa Cattolica (universale) idem, per 2000 anni. Ma la Chiesa ha superato e si è lasciata oltre sé tutti gli antipapi come farà ora. Ottima anche l'approvaziione totale a Bergoglio per capire definitivamente.
RispondiEliminaLui in un suo libro parla dello spirito di gruppo, a ragion veduta.
RispondiEliminaAggiungiamoci lo spirito del tempo, la ricostruzione alacre ed entusiasmante dell'Europa prostata dalla guerra,gli anni che da noi furono denominati del boom economico.Una mentalità che ogni azzardo mascherava di audace impresa.
E per finire l'entusiasmo dell'ancor giovane teologo,catapultato a Roma tra tanti colleghi-maestri.Non aveva ancora quaranta anni.
N.B.Esperienza fatta all'Università La Sapienza di Roma: per molti studenti, che venivano da fuori Roma e anche per molti romani nativi, la città e l'Università non furono un'opportunità, ma una tentazione nella quale caddero e dalla quale mai più si rialzarono.
Tra i nuovi cardinali nominati da Sua Santità Papa Francisco, che devono essere investiti nel concistoro del 16 novembre, figura monsignor Maurice Piat , Vescovo di Port-Louis, Mauritius, Africa.
RispondiEliminaSu richiesta di un gruppo di fedeli della sua diocesi, il vescovo Piat, ha invitato l'Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote a stabilirsi nella sua diocesi. Prendersi cura delle celebrazioni Canon Moreau, ICRSS.
Con Monsignor Piat sono già 413 i Cardinali e i Vescovi presenti alla liturgia tradizionale dopo l'entrata in vigore del motu proprio Summorum Pontificum, del Romano Pontefice Benedetto XVI.
http://accionliturgica.blogspot.it/2016/10/nuevo-cardenal-y-la-misa-tradicional.html
Professione di Fede Cattolica : non c'è bisogno di altro!
RispondiElimina(Un Sacerdote Cattolico)
http://traditiocatholica.blogspot.it/2016/10/professione-di-fede-cattolica-non-ce.html
Per favore, si può sostituire il mio prostata con prostrata? Grazie.
RispondiElimina
RispondiEliminaNon enfatizzerei troppo il (presunto) rimorso di Ratzinger.
Sul piano teologico continua a difendere strenuamente le sue posizioni, come dimostrano le sue parole:
"Nel complesso, abbiamo agito correttamente – anche se sicuramente non abbiamo valutato correttamente le conseguenze politiche e pratiche. Abbiamo ragionato in modo troppo teologico e non abbiamo considerato quali avrebbero potuto essere le conseguenze."
Sul piano teologico, dunque, avevano ragione.
Il titolo dell'articolo è fuorviante. Leggendolo tutto si rimane delusi, perchè il suo modernismo è rimasto sostanzialmente intatto.
Chiedevo una discreta correzione di battitura, se possibile con i mezzi tecnologici moderni.
RispondiEliminaLetto: Professione di Fede Cattolica: non c'è bisogno di altro!
RispondiEliminaNon abbiamo altra strada. Le altre tutte un inganno.
Sto leggendo la summa di Don Ennio Innocenti su la 'Gnosi Spuria' che sta per conoscenza pagana. Questa morta e defunta non è mai stata, serpeggia o sale allo scoperto. Spesso i chierici ne sono stati banditori coperti. Parlo dagli inizi dell'era cristiana fino ad oggi.E l'alta gerarchia ne è stata contaminata spesso ed ovunque.Quindi, pace. Cerchiamo di approfondire sempre meglio la dottrina di sempre, chi ha la vocazione di iniziare nuove opere cattoliche doc. le inizi, chi è chiamato a continuare, continui e le sirene si incantino cantando tra loro.Che Maria Santissima protegga tutti e la Santa Trinità vegli su ciascuno di noi.
Io ho il sospetto che questo libro non sia stato scritto da Ratzinger
RispondiEliminaMD
Sul resto, interverrò dopo - moderatori permettendo - ma una cosa la dico fin da subito: dopo aver letto quanto sopra, ribadisco quanto ho detto qualche giorno fa: 'sti teologi neomodernisti, de Lubac in testa insieme ai suoi ammiratori a cominciare da Ratzinger, bisognava mandarli a casa subito, e neppure conferir loro gli Ordini sacri, secondo gli avvertimenti del santo Pio X. Ci saremmo risparmiati tutta la spaventosa crisi conciliare e post, compreso il suo splendido frutto finale venuto dalla fine del mondo.
RispondiEliminaPer quanto ricordo, se non sbaglio, prego di correggermi se del caso, Benedetto XVI tirò fuori dalle secche il processo di beatificazione di Pio XII e lo dichiarò Venerabile. Non ricordo se era l'ottobre 2007 o l'ottobre 2008.e alla fine del suo pontificato tutti i documenti relativi al pontificato di Pio XII erano stati classificati. Sono ormai quattro anni che si aspetta l'apertura degli archivi vaticani agli studiosi che va che va dal 1 marzo 1939 al 9 ottobre 1958. Solo l'attuale vescovo di Roma può decidere in tal senso.
RispondiEliminaFerme restando tutte le legittime e assolutamente pertinenti riserve su questo pseudo-libro (si tratta di una intervista datata), alcune descritte da Blondet (ma non solo), questo "dialogo" del Papa "emerito" raggiunge un solo risultato: la confusione. Il testo sembra una specie di "documento di propaganda". A chi è attento, non sfuggono delle palesi interpolazioni. Vi sono delle contraddizioni incredibili, addirittura delle negazioni di fatti acclarati (alcuni sono stati descritti con dovizia). Il fatto che questo "Libro" contenga tali e tante contraddizioni e "stranezze" (a voler esser eufemistici), teoricamente dovrebbe farlo considerare assolutamente inattendibile, anche lì dove invece viene espresso qualche pensiero di verità. Mi riesce difficile commentare le "uscite" del Papa "emerito", proprio per questo motivo. Come mi riesce difficile, ultimamente ragionare o commentare le "uscite" del VDR. L'unica e incontestabile verità per entrambe è la gigantesca confusione (cercata) che creano e consolidano. Solo per questo si dovrebbero ignorare, derubricare e addirittura cancellare dalle menti e dai cuori dei fedeli! Non sono di nessuna utilità, anzi spesso sono deleterie e foriere di conflitti e di pericolo di eresia (a riguardo del VDR). I documenti ufficiali del Vescovo di Roma Francesco, sono uno più intricato e ambiguo dell'altro. Le sue dichiarazioni peggio. Il suo "magistero" (che di fatto fino ad oggi non è esistito!) è un capolavoro di negazione della dottrina...ma anche no! Sì ma anche no. No ma anche sì. Niente riassume meglio il disastro in cui siamo.
RispondiEliminaLe dichiarazioni del Papa "emerito", che doveva ritirarsi in silenzio, che doveva andarsene da Roma per stare "sul monte", che doveva fare tante cose, a cominciare dalla rinuncia al pontificato che ad oggi non è stata ancora pronunciata, non fanno che provocare altri problemi.
L'unica altra certezza, dopo la immensa e UNICA confusione che viviamo, è l'unicità della presenza della Chiesa bi-cefala. Di per sè IMPOSSIBILE, poichè il CEFA è UNO SOLO. Quindi: a monte di tutto, c'è e rimarrà sempre questo assurdo. E siccome la Chiesa non è fondata sull'assurdo, ma su Pietro, scusate se questo problema dovrebbe azzerare tutti gli altri e occupare la vite e le giornate dei pochi pastori rimasti ancora fedeli. Ma la cosa ancora più assurda è che così NON E'!
RispondiEliminaDunque, al di la dei commenti del Papa "emerito" sul concilio vaticano II, e i suoi eventuali rimorsi per scelte scellerate fatte all'epoca, e che oggi sono definite con auto-assoluzione magari solo "esagerate, non ponderate, non consideranti tutte gli scenari futuri", il problema dei problemi è l'assurdo in cui ci troviamo! Altro che rimorsi per il concilio! Certo! Rimorsi per aver aperto delle porte, che oggi sono voragini! Introducendo il parlare ambiguo e trasformando una assise conciliare in una sessione di una lezione di teologia! Peraltro anche di dubbia dottrina. I documenti del concilio risentono del "troppo teologico", ma del "troppo teologico RENANO"! Certamente i documenti del concilio non sono documenti di magistero ROMANO. Ma quasi "instrumentum laboris" per una "futura definizione" più "chiara". Fatto sta che questo "concilio non magisteriale", almeno non nel senso romano del termine, che dovrebbe essere anche l'unico, ha portato a un disastro inenarrabile. Poichè è rimasto a metà: non ha definito nulla, e per questo ha fatto un salto nel buio del futuro. A nessuno è convenuto chiarire. Per questo la richiesta del Sillabo del Vaticano II è rimasta inascoltata, mentre dovrebbe essere una priorità assoluta.
Questo libro, in gergo, dovrebbe essere definito un enorme "fake". Esattamente come Donald Trump, è lo sparring partner di Hillary Clinton alle presidenziali americane GIA' SCRITTE.
Ma la colpa non è di questi terribili figuri che stanno distruggendo tutto, realtà secolari e spirituali. La colpa è di chi non reagisce e glielo permette.
Cara Irina,
RispondiEliminaI commenti, una volta pubblicati non possono essere corretti. A volte, se mi accorgo di refusi importanti sostituisco l'intero testo. Nel tuo caso, non essendo in postazione al PC ma moderando dal cellulare e non potendo sostituire il testo, ho pubblicato il tuo messaggio come "errata corrige".
Grazie. Sono un po' affardellata da vari impegni...
@ o cattolici o modernisti (eretici)
RispondiEliminadall’omelia che Mons. Lefebvre pronunciò il 29 giugno 1976 durante la Messa delle prime Ordinazioni sacerdotali ufficiali della Fraternità San Pio X, quelle che gli costarono il marchio della «sospensione a divinis»
"Abbiamo torto di ostinarci a voler conservare il rito di sempre? …proprio l’insistenza che pongono coloro che sono mandati da Roma per chiederci di cambiare rito, ci fa riflettere, e abbiamo la convinzione che precisamente questo nuovo rito della Messa esprime una nuova fede, una fede che non è la nostra, una fede che non è la fede cattolica.
Questa nuova Messa è ..è un’espressione.. di una nuova fede, di una fede modernista, poiché se la Santa Chiesa ha voluto conservare, ..questo prezioso tesoro che ci ha dato del rito della S. Messa canonizzata da san Pio V…È perché in questa Messa si trova tutta la nostra fede.. cattolica: la fede nella SS. Trinità, la fede nella divinità di Nostro Signore Gesù Cristo, la fede nella Redenzione per mezzo di Nostro Signore Gesù Cristo, la fede nel Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo, che è sgorgato per la Redenzione dei nostri peccati, la fede nella grazia soprannaturale che ci viene dal Santo Sacrificio della Messa, che ci viene dalla Croce, che ci viene trasmesso tramite tutti i Sacramenti. Ecco ciò che noi crediamo celebrando il Santo Sacrificio, Messa di sempre. ..
Ora, è evidente che questo nuovo rito sottintende, se posso dire, suppone un’altra concezione della religione cattolica, un’altra religione. Non è più il sacerdote che offre il Santo Sacrificio della Messa, è l’assemblea. Questo è tutto un programma. Ormai è anche l’assemblea che sostituisce l’autorità nella Chiesa, è l’Assemblea episcopale che sostituisce il potere dei Vescovi, è il Consiglio presbiterale che sostituisce il potere del Vescovo nella diocesi, è il numero che ormai comanda nella Santa Chiesa, e questo è espresso precisamente nella Messa, perché l’assemblea sostituisce il sacerdote a tal punto che adesso molti sacerdoti non vogliono più celebrare la Santa Messa quando non c’è assemblea. Piano piano, è la nozione protestante della Messa che si introduce nella Santa Chiesa. E ciò è conforme alla mentalità dell’uomo moderno, alla mentalità dei modernisti. Perché è l’ideale democratico che è fondamentalmente l’ideale dell’uomo moderno; e cioè che il potere è nell’assemblea, l’autorità è negli uomini, nella massa, e non in Dio. E questo è gravissimo, perché noi crediamo che l’autorità viene da Dio: Omnis potestas a Deo, «ogni autorità viene da Dio». Non crediamo, noi, che l’autorità venga dal popolo, che l’autorità venga dalla base. Questa è mentalità dell’uomo moderno. …si è fatta entrare l’ideologia dell’uomo moderno nei nostri riti più sacri. Ed è questo attualmente che corrompe tutta la Chiesa, perché con questa idea del potere concesso alla base nella Santa Messa, si è distrutto il Sacerdozio. ..
Anna (continua)
…….. Si è creduto di attirare il mondo assumendo le sue idee. ..assumendo le idee dell’uomo moderno, ..che è liberale. Che accetta la pluralità delle religioni, che non accetta più la Regalità sociale di Gesù Cristo. Questo l’ho udito ben due volte dagli inviati della Santa Sede, che mi hanno detto che la Regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo non era più possibile nel nostro tempo, che bisognava accettare definitivamente il pluralismo delle religioni. E mi hanno detto che l’enciclica Quas primas sulla Regalità di Nostro Signore scritta da papa Pio XI, così bella, il Papa oggi non l’avrebbe più scritta…
RispondiEliminaAllora, noi non siamo di questa religione; noi non accettiamo questa nuova religione. ..Non è più la religione cattolica. Noi non siamo di questa religione liberale, modernista, che ha il suo culto, i suoi preti, la sua fede i suoi catechismi, la sua …“Bibbia interconfessionale”. ..non possiamo accettare simili cose. Sarebbe contrario alla nostra fede. Ci dispiace infinitamente ..di pensare che noi siamo in difficoltà con Roma a causa della nostra fede! Come è possibile? …molti cristiani sono lacerati...nel loro cuore a causa di questa divisione nella Chiesa, da questa nuova religione che si insegna e si pratica. Molti sacerdoti muoiono prematuramente, straziati nel loro cuore e nell’anima pensando che non sanno più cosa fare: o sottomettersi all’obbedienza e perdere in qualche modo la fede della ..loro giovinezza e rinunciare alle promesse fatte al momento della loro ordinazione sacerdotale, prestando il giuramento antimodernista, oppure avere l’impressione di separarsi da colui che è nostro padre, il Papa, da colui che è il successore di san Pietro.
Che strazio per i sacerdoti! Molti sono davvero morti prematuramente di dolore. Dei sacerdoti sono adesso scacciati dalle loro chiese, perseguitati perché dicono la Messa di sempre! Siamo in una situazione veramente drammatica. Dobbiamo quindi scegliere tra un’apparenza, direi, d’obbedienza – perché in senso stretto il Santo Padre non può chiederci di abbandonare la nostra fede, è assolutamente impossibile! – e la conservazione della nostra fede. Ebbene, noi scegliamo di non abbandonare la nostra fede. Perché in questo non possiamo sbagliarci; in quello che la Chiesa ha insegnato durante duemila anni, essa non può essere nell’errore; è assolutamente impossibile. Ed è per questo che noi siamo attaccati a questa Tradizione che è espressa in modo ammirevole e definitivo – come l’ha così ben detto papa San Pio V – nel Santo Sacrificio della Messa.
… noi abbiamo la fede in Pietro, abbiamo la fede nel successore di Pietro! Ma, come dice molto bene il Concilio Vaticano I nella Costituzione dogmatica Pastor Æternus, il Papa ha ricevuto lo Spirito Santo non per fare delle verità nuove, ma per mantenerci nella fede di sempre. Ecco la definizione dogmatica enunciata nel Primo Concilio del Vaticano da papa Pio IX. È per questo che siamo persuasi che, mantenendo queste tradizioni, noi manifestiamo il nostro amore, la nostra docilità e la nostra obbedienza al successore di Pietro."
http://www.riscossacristiana.it/e-sul-problema-della-messa-che-verte-tutto-il-dramma-tra-econe-e-roma-di-mons-marcel-lefebvre/
Anna
http://it.radiovaticana.va/news/2016/10/11/la_misericordia_per_giovanni_xxiii_era_architrave_della_fede/1264353
RispondiEliminaRaccolse quasi 2500 fra cardinali, patriarchi e vescovi cattolici da tutto il mondo , alla fine la discussione fu un soliloquio del solo Ratzinger ?
Pater noster qui es in caelis,
santificetur nomen tuum,
adveniat regnum tuum,
fiat voluntas tua, sicut in caelo et in terra.
Panem nostrum quotidianum da nobis hodie,
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris,
et ne nos inducas in tentationem,
sed libera nos a malo.
RispondiEliminaMolto significativa, e anche sintomatica di come Bergoglio VUOLE avere il controllo su tutto compreso su come viene utilizzata l`opera del "suo amato predecessore", è la nomina di padre Lombardi a capo della Fondazione Ratzinger.
Riporto qui un passaggio, tradotto in francese dal Blog di Béatrice, dell`intervsta data al giornale spagnolo El Mundo e al sacerdote spretato Vidal:
"Abbiamo continuato a parlare e Francewco mi ha detto che con la Fondazione dobbiamo consacrarci a dare un impulso e prendere una oarte attiva nel lavoro di riflessione culturale con una perspettiva più larga di diaologo con la teologia.
Con una perspettiva che, essendo compatibile con la fede, possa realemnte aiutare il mondo d`oggi."
http://benoit-et-moi.fr/2016/actualite/un-pont-entre-les-deux-papes.html
Quanto segnalato da Luisa e' stato da subito ( dalla nomina ) il mio sospetto .
RispondiEliminaSecondo me questo portavoce , apparentemente neutro , apparentemente incolore , persegue da sempre lo stesso progetto vincitore e stando sottotraccia si e' meritato le giuste credenziali per dare una riverniciata argentina alla Fondazione .
Per il principio della rana , al momento sta scaldando l'acqua .
Padre Lombardi a capo di quella Fondazione è inanItutto un insulto a BXVI e poi anche a tutti coloro che vi operano, vi studiano, ne sono premiati...
RispondiEliminaPadre Lombardi, o le tre scimmiette cinesi.
"Vale a dire, che il Magistero corrente doveva essere meno dominante e che la [Sacra] Scrittura e i Padri [della Chiesa] dovevano avere un peso maggiore".
RispondiEliminaSe la cosa era così, non è assurdo dire che questa teologia è stata fatta senza nessuna considerazione sul Magistero della Chiesa, come se non esistisse. Quindi, ciò che è accaduto è che nè la Sacra Scrittura, nè i Padri della Chiesa e nè il magistero della Chiesa hanno avuto un peso maggiore, chi ha avuto questo peso è stato i teologi e il suo Magistero paralelo (del quale magistero paralelo ha parlato benissimo Romano Amerio). L'effetto di questo movimento è stato il libero esame sul Concilio chi l'autorità ha chiamato ermeneutica della riforma nella continuitá e ermeneutica della rottura.
Anche De Lubac ha fatto un "esame di coscienza" dopo la crise postconciliare, vedere SiSi NoNo, Anno XIX Nº3, pg 4 "La crise postconciliare e l"esame di coscienza" del De Lubac:
http://www.sisinono.org/j3/anno-1993.html?download=461:anno-ix-n-3
Intervista a Gotti Tedeschi: http://www.campariedemaistre.com/2016/10/un-campari-con-ettore-gotti-tedeschi.html
RispondiElimina"...con una perspettiva che, essendo compatibile con la fede, possa realemnte aiutare il mondo d`oggi." (post di Luisa)
RispondiEliminaSe ne deduce - solita solfa - che sinora la Chiesa cattolica non ha "realmente" aiutato il mondo.
Il Pane del Cielo, non ci basta più!
Volemo la pagnotta vera, panza piena e misericordia per tutti, tanto Dio è buono e perdona tutti.
E poi cosa diciamo alle famiglie omosessuali che vogliono i bambini e ai divorziati riposati con figli a destra e a manca?
Gli vai a parlare di vita eterna? Di resurrezione? Di giudizio divino, di peccato e di inferno?
Ma dai, siamo seri, qui c'è gente che muore di fame, immigrati che fuggono dalle guerre, bisogna diventare realisti, aiutare "realmente" $$$ il mondo.
Che fai, vai a rovinare i rapporti con gli Stati e le altre religioni per difendere i cristiani uccisi.
E poi, scava, scava, quella Asia Bibi in fondo se l'è andata a cercare... se avesse dialogato con l'islam non l'avrebbero condannata a morte.
Uniamoci invece ai protestanti, che hanno capito tutto e la sanno lunga, mica come quei gretti bigotti cattolici, abbarbicati ancora alla dottrina della Chiesa,
E facciamolo nel capodanno di Satana il 31 ottobre...sai che ficata?
Quello si che sa come va il mondo!
Scusate lo sfogo amaro.