Su segnalazione di un sacerdote che ci segue, riprendo dal Corriere della Sera, un recente testo inedito di Benedetto XVI, scritto dal Papa emerito nel 'recinto di Pietro', il Monastero Mater Ecclesiae, per l’edizione russa del volume sulla liturgia della sua opera omnia, Teologia della liturgia. Il testo evoca uno dei suoi discorsi memorabili: la Lectio Magistralis tenuta al Collège des Bernardins di Parigi, il 12 settembre 2008, nel quale ricordava come il monachesimo di San Benedetto avesse salvato il patrimonio del pensiero antico e formato la cultura europea grazie a quei monaci che avevano come obiettivo « quaerere Deum », cercare Dio. C'è da osservare che quando dice: «Ma al fondo, pur con tutte le differenze, l’essenza della liturgia in Oriente e Occidente è unica e la medesima», il pensiero non può che correre al Rito antiquior nel quale questa essenza è intatta; il che spiega il provvidenziale, anche se purtroppo non sufficientemente promosso, suo sdoganamento attraverso il motu proprio Summorum Pontificum.
«Se il Signore non è più importante, si spostano i criteri per stabilire quel che è importante. L’uomo, così, sottomette se stesso a costrizioni che lo rendono schiavo»
Nihil Operi Dei praeponatur — Nulla si anteponga al Culto divino. Con queste parole San Benedetto, nella sua Regola (43,3), ha stabilito la priorità assoluta del Culto divino rispetto a ogni altro compito della vita monastica. Questo, anche nella vita monastica, non risultava immediatamente scontato perché per i monaci era compito essenziale anche il lavoro nell’agricoltura e nella scienza.
Sia nell’agricoltura come anche nell’artigianato e nel lavoro di formazione potevano certo esserci delle urgenze temporali che potevano apparire più importanti della liturgia. Di fronte a tutto questo Benedetto, con la priorità assegnata alla liturgia, mette inequivocabilmente in rilievo la priorità di Dio stesso nella nostra vita: «All’ora dell’Ufficio divino, appena si sente il segnale, lasciato tutto quello che si ha tra le mani, si accorra con la massima sollecitudine» (43,1).
Nella coscienza degli uomini di oggi le cose di Dio e con ciò la liturgia non appaiono affatto urgenti. C’è urgenza per ogni cosa possibile. La cosa di Dio non sembra mai essere urgente. Ora, si potrebbe affermare che la vita monastica è in ogni caso qualcosa di diverso dalla vita degli uomini nel mondo, e questo è senz’altro giusto. E tuttavia la priorità di Dio che abbiamo dimenticato vale per tutti. Se Dio non è più importante, si spostano i criteri per stabilire quel che è importante. L’uomo, nell’accantonare Dio, sottomette se stesso a delle costrizioni che lo rendono schiavo di forze materiali e che così sono opposte alla sua dignità.
Negli anni successivi al Concilio Vaticano II sono nuovamente divenuto consapevole della priorità di Dio e della liturgia divina. Il malinteso della riforma liturgica che si è ampiamente diffuso nella Chiesa cattolica portò al mettere sempre più in primo piano l’aspetto dell’istruzione e della propria attività e creatività. Il fare degli uomini fece quasi dimenticare la presenza di Dio. In una tale situazione divenne sempre più chiaro che l’esistenza della Chiesa vive della giusta celebrazione della liturgia e che la Chiesa è in pericolo quando il primato di Dio non appare più nella liturgia e così nella vita. La causa più profonda della crisi che ha sconvolto la Chiesa risiede nell’oscuramento della priorità di Dio nella liturgia. Tutto questo mi portò a dedicarmi al tema della liturgia più ampiamente che in passato perché sapevo che il vero rinnovamento della liturgia è una condizione fondamentale per il rinnovamento della Chiesa. Sulla base di questa convinzione sono nati gli studi che sono raccolti nel presente volume 11 della Opera omnia. Ma al fondo, pur con tutte le differenze, l’essenza della liturgia in Oriente e Occidente è unica e la medesima. E così spero che questo libro possa aiutare anche i cristiani di Russia a comprendere in modo nuovo e meglio il grande regalo che ci è donato nella Santa Liturgia.
Città del Vaticano, nella Festa di San Benedetto,11 luglio 2015
(traduzione di Pierluca Azzaro, copyright Libreria editrice vaticana)
Per molti uomini di oggi -della Chiesa- Dio ha perso il primato.
RispondiEliminaAddirittura tra i consacrati.
Lo dice chi -pur avendo rinunciato al ministero attivo- rimane pontefice, lo dice di se stesso e veste come tale, rimanendo "nel recinto".
Non cediamo alla retorica del "portare la croce", come se non lo stesse ancora facendo.
Solo il Signore sa perché è andata così, specialmente alla luce dei quattro anni successivi.
Chi rende il primato a Dio sa servirLo secondo il Suo volere, beffandosi delle logiche umane. E' "diminuito" agli occhi del mondo facendo "crescere" il Signore in lui.
Chi si converte, cambia. Inutile ritornare sempre al "Ratzinger modernista". Ora scrive:
"Negli anni successivi al Concilio Vaticano II sono nuovamente divenuto consapevole della priorità di Dio e della liturgia divina. Il malinteso della riforma liturgica che si è ampiamente diffuso nella Chiesa cattolica portò al mettere sempre più in primo piano l’aspetto dell’istruzione e della propria attività e creatività. Il fare degli uomini fece quasi dimenticare la presenza di Dio. In una tale situazione divenne sempre più chiaro che l’esistenza della Chiesa vive della giusta celebrazione della liturgia e che la Chiesa è in pericolo quando il primato di Dio non appare più nella liturgia e così nella vita. La causa più profonda della crisi che ha sconvolto la Chiesa risiede nell’oscuramento della priorità di Dio nella liturgia. Tutto questo mi portò a dedicarmi al tema della liturgia più ampiamente che in passato perché sapevo che il vero rinnovamento della liturgia è una condizione fondamentale per il rinnovamento della Chiesa..."
Nel cuore di ciascuno c'è l'altare per la liturgia dell'offerta di noi stessi a Dio.
Come disse anche a Parigi, cuore della laicité più tronfia e arrogante, il cristiano, come
Paolo, non annuncia dei ignoti. Annuncia Colui che gli uomini ignorano, eppure conoscono: l’Ignoto-Conosciuto; Colui che cercano, di cui, in fondo, hanno conoscenza e che, tuttavia, è l’Ignoto e l’Inconoscibile... all’origine di tutte le cose deve esserci non l’irrazionalità, ma la Ragione creativa; non il cieco caso, ma la libertà. Tuttavia, malgrado che tutti gli uomini in qualche modo sappiano questo –come Paolo sottolinea nella Lettera ai Romani (1,21)– questo sapere rimane irreale:
un Dio soltanto pensato e inventato non è un Dio.
La novità dell’annuncio cristiano consiste in un fatto: Egli si è mostrato. Ma questo non è un fatto cieco, ma un fatto che, esso stesso, è Logos, presenza della Ragione eterna nella nostra carne. "Verbum caro factum est" (Gv 1,14): proprio così nel fatto ora c’è il Logos, il Logos presente in mezzo a noi. Il fatto è ragionevole. Certamente occorre sempre l’umiltà della ragione per poter accoglierlo; occorre l’umiltà dell’uomo che risponde all’umiltà di Dio.
... Per molti, Dio è diventato veramente il grande Sconosciuto... Una cultura meramente positivista che rimuovesse nel campo soggettivo come non scientifica la domanda circa Dio, sarebbe la capitolazione della ragione, la rinuncia alle sue possibilità più alte e quindi un tracollo dell’umanesimo, le cui conseguenze non potrebbero essere che gravi.
E pensare che oggi a essere "laici" sono proprio certi "azionisti vaticani"... dopo aver fatto di Gesù un'opzione tra le altre, glissando sulla "faccenduola" del peccato, quella della Verità e mistificando la manifestazione della misericordia.
@ Il vero rinnovamente della Liturgia, per rinnovare la Chiesa....
RispondiEliminaMa il "vero rinnovamento" qual era, secondo Ratzinger? Non lo spiega, lo lascia indovinare a noi.
Che la Chiesa dovesse esser "rinnovata" (dal Vaticano II) era appunto la prospettiva dei "nuovi teologi", ai quali il giovane Ratzinger aderiva in pieno, per esempio sul modo (nuovo) di intendere la collegialità.
E la Messa di rito antico, lui, dopo il Summorum Pontificum, l'ha mai celebrata? Non risulta, salvo errore. E perché non l'ha mai celebrata?
Continuare a voler vedere nell'Emerito un salvatore della Patria in incognito, ciò è solo una perdita di tempo, un distogliersi dai problemi più importanti.
En passant: che fine ha fatto la famosa "correzione fraterna" da emettere pubblicamente nei confronti di Papa Francesco? Doveva esser discussa tra i 4 cardinali dopo l'Epifania. Pasqua è passata e tutto tace. Siamo a fine Aprile, un plumbeo silenzio regna sovrano.
Oggi, se non mi sbaglio, 21 aprile 753 a. C., secondo la tradizione, Natale di Roma. Consoliamoci con questa ricorrenza. Cito il verso di Ennio riportato da Romano Amerio sotto il titolo di Iota Unum, accanto a due versetti neo e veterotestamentari:
"Moribus antiquis stat res romana virisque".
PP
Non capisco questa lunga sosta su BXVI.
RispondiEliminaNon era programmata. Ho condiviso al volo la segnalazione di un lettore interessante perché si tratta di un testo inedito e recente...
RispondiEliminaConsiderando che la Chiesa con il Concilio Vaticano II ha datto il primato all'uomo, se è diventata antropocentrica, credo che il primato di Dio se è perso molto prima di oggi!
RispondiEliminaEcco uno che ha imparato molto da Ratzinger: http://www.cesnur.org/2017/testimoni_di_geova.htm
RispondiEliminaTota pulchra es, María !
RispondiEliminaTota pulchra es, María !
Et mácula originális non est in te.
Et mácula originális non est in te.
Tu glória Jerúsalem,
tu laetítia Israël,
tu honorificéntia pópuli nostri,
tu advocáta peccátorum.
O María,
o María !
Virgo prudentíssima
mater clementíssima,
ora pro nobis,
intercéde pro nobis
ad Dóminum Jesum Christum !
http://www.totapulchra.org/index.php/eventi/prossimi
LA STESSA ANSIA DI CRISTO
RispondiEliminahttp://www.lanuovabq.it/it/articoli-il-perdono-della-vedova-copta-sconvolge-i-musulmani-19609.htm
Quanto c'e' da imparare ! Altro che contorsionismi verbali .
Sull'ossessione di Bergoglio per i migranti non riconosciuti come invasori
RispondiElimina“È naturalmente più facile seguire le emozioni e situarsi nel campo di chi propugna la generosità senza condizioni”. Ma bisgona denunciare le menzogne e le ipocrisie, perchè “il discorso di un papa, quando tocca questioni così eminentemente politiche, non può senza una certa malafede fingere di tenersi a una dimensione puramente umanitaria e caritativa”, come se non ci fossero ricadute di tipo politico; e questo appello “non può essere percepito dagli europei come una condanna almeno implicita, e spesso esplicita, di coloro che vogliono lottare, in nome della sopravvivenza dell’Europa, contro questa invasione migratoria”.