Il numero di cristiani in tutto il Medio Oriente è in declino da decenni, le persecuzioni hanno portato a migrazioni diffuse e la proclamazione dello Stato Islamico ha peggiorato il quadro: tassati per la propria religione e vittime di un business di rapimenti e riscatti, i cristiani assiri stanno scomparendo dal Paese.
Gli assiri sono una minoranza indigena del Medio Oriente, una delle numerose minoranze religiose della Siria, che affonda le sue radici nell’antico Impero Assiro. Appartengono ad un certo numero di chiese, inclusa la Chiesa assira d’Oriente e la Chiesa cattolica caldea, e parlano un dialetto dell’aramaico. Quando lo Stato islamico fu proclamato in Iraq e in Siria, il 29 giugno del 2014, i jihadisti decisero di uccidere o di ridurre in schiavitù i musulmani sciiti e la minoranza degli yazidi, ma adottarono un differente approccio con i cristiani assiri: li usarono per fare soldi.
I militanti dell’ISIS gli imposero tasse speciali e effettuarono numerosi rapimenti, presumendo che i loro parenti all’estero avrebbero pagato prezzi molto alti per i rilasci. La tattica funzionò. Anche prima dello Stato Islamico, molti assiri avevano lasciato il Medio Oriente in un flusso di migrazione durato per decenni, che li aveva spinti in tutto il mondo. Nel momento del bisogno, questi cristiani in diaspora, hanno deciso in numerose occasioni di venire in aiuto dei loro fratelli tenuti in schiavitù in Siria, organizzando raccolte fondi e inviando denaro dall’estero per i riscatti, che erano gestiti da un vescovo locale della comunità assira. Secondo quanto riporta il New York Times, oggi, le comunità di famiglie cristiane assire, che hanno vissuto da tempi immemori nel nord-est della Siria, coltivando e allevando animali lungo le rive del fiume Khabur, sono scomparse.
I militanti dell’ISIS gli imposero tasse speciali e effettuarono numerosi rapimenti, presumendo che i loro parenti all’estero avrebbero pagato prezzi molto alti per i rilasci. La tattica funzionò. Anche prima dello Stato Islamico, molti assiri avevano lasciato il Medio Oriente in un flusso di migrazione durato per decenni, che li aveva spinti in tutto il mondo. Nel momento del bisogno, questi cristiani in diaspora, hanno deciso in numerose occasioni di venire in aiuto dei loro fratelli tenuti in schiavitù in Siria, organizzando raccolte fondi e inviando denaro dall’estero per i riscatti, che erano gestiti da un vescovo locale della comunità assira. Secondo quanto riporta il New York Times, oggi, le comunità di famiglie cristiane assire, che hanno vissuto da tempi immemori nel nord-est della Siria, coltivando e allevando animali lungo le rive del fiume Khabur, sono scomparse.
Lo Stato islamico ha attaccato l’area nel 2015, sequestrando oltre 220 residenti. I jihadisti furono espulsi pochi mesi dopo dalle forze curde e dai combattenti locali, rilasciando la maggior parte dei prigionieri, dopo aver incassato riscatti esorbitanti. Gli estremisti chiedevano fino a 50.000 dollari per il rilascio di singoli prigionieri, ma spesso accettavano somme inferiori. La chiesa non ha mai rivelato le cifre esatte, ma il totale speso dalla comunità dovrebbe superare il milione di dollari. Nonostante gli sforzi e le spese, non tutti sono stati salvati. Un video che mostra l’esecuzione di alcuni di questi ostaggi, vestiti con tute arancioni, è stato inviato dai jihadisti alla comunità, per indurli a pagare i riscatti per gli altri. Una donna rapita non è mai tornata e gli abitanti del suo villaggio presumono che sia stata costretta a sposare un combattente dell’ISIS. Sebbene i giorni di paura e violenza nei villaggi siano passati, i segni di tali orrori sembrano essere dappertutto. Quello che rimane della Siria cristiana assira sono un cumulo di macerie e villaggi fantasma. Gli estremisti dell’ISIS hanno demolito molte delle chiese della zona, prima di ritirarsi, e quasi tutti i prigionieri liberati, insieme alle loro famiglie e ai vicini, sono fuggiti, svuotando la comunità. Secondo i racconti dei corrispondenti nell’area, nel villaggio di Tel Tal, la chiesa è un cumulo di macerie, il suo campanile e la croce sono rovesciati, i sentieri sterrati sono ricoperti di vegetazione e percorsi unicamente dai cani randagi. La maggior parte delle case sono vuote, i loro proprietari si trovano ora in Germania, in Australia, negli Stati Uniti e altrove. Ovunque, ma mai più in Siria. Sette anni di guerra in Siria hanno costretto 5,6 milioni di siriani a fuggire all’estero e hanno trasformato altre 6,6 milioni di persone in rifugiati interni. Mentre il governo del presidente Bashar al-Assad continua a combattere i ribelli a Idlib, l’ultima forte roccaforte dell’opposizione nel Paese, la Siria continua a perdere le sue risorse e la sua storia.
Circa 10.000 cristiani assiri vivevano in più di 30 villaggi nella Siria settentrionale, prima della guerra, iniziata nel marzo del 2011, e c’erano più di due dozzine di chiese. Oggi sono rimaste circa 900 persone e solo una chiesa celebra regolarmente la messa, ha riferito Shlimon Barcham, un funzionario locale della Chiesa assira dell’est. Alcuni dei villaggi sono completamente vuoti. In uno di questi, sono rimasti solo cinque uomini, incaricati di proteggere le rovine della Chiesa della Vergine Maria, le cui fondamenta sono state fatte saltare in aria dai militanti dello Stato Islamico. Un altro villaggio ha solo due residenti: una madre e suo figlio. Oshana Kasho Oshana, 81 anni, ha riferito di essere stato rapito dai combattenti dell’ISIS e tenuto prigioniero per 30 giorni, mentre i suoi parenti negoziavano la sua liberazione. Dopo quasi un mese di prigionia, è stato liberato a seguito del pagamento di circa 13.000 dollari. Molti dei suoi familiari erano già all’estero e lui decise di andarsene dopo la sua liberazione, unendosi a due dei suoi figli in Germania. Ora, dei suoi sette figli, ne rimane solo uno in Siria. Oshana torna ancora a casa, nel villaggio di Tel Tal, almeno una volta all’anno, anche se questo significa stare da solo in un villaggio per lo più vuoto. “È come una città fantasma, ma il nostro villaggio è prezioso per noi e non possiamo lasciarlo”, ha raccontato ai giornalisti.
In un’altra di queste comunità, Tel Shamiran, l’unica persona rimasta è Samira Nikola, 65 anni, con suo figlio. Anche lei è stata rapita dallo Stato Islamico con suo marito e altri quattro parenti, tre dei quali erano bambini. Dopo il suo rilascio, è tornata nella sua casa saccheggiata. Le sue mucche da latte erano scomparse, insieme alle altre proprietà della famiglia, ma lei ha deciso di restare. Rimessa a posto la casa, lavora con suo figlio, allevano polli e coltivano cetrioli, uva e olive. Gli altri figli sono in Australia o in Germania, ma lei non vuole andarsene. “Vogliamo solo che i malvagi stiano lontani da qui”, ha detto ai giornalisti. “Non chiediamo nient’altro a Dio”. Suo figlio, Nabil Youkhanna, 35 anni, ha raccontato di essere rimasto con lei, ma non sa per quanto tempo possono sopravvivere in una comunità così piccola. “Noi restiamo, ma per quanto tempo? Non possiamo neanche sposarci, non ci sono più ragazze”, ha riferito. Una milizia assira locale pattuglia l’area per tenere lontani i saccheggiatori, ma secondo Nabil non ci si può più fidare degli arabi dei villaggi vicini, dopo che questi avrebbero aiutato lo Stato Islamico. “In passato, ci incrociavamo per strada e ci salutavamo”, ha raccontato al New York Times. “Ora, nessuno dice niente”. [Fonte]
http://www.vietatoparlare.it/fratelli-traditi-una-triste-storia-made-in-avvenire/
RispondiEliminaFRATELLI TRADITI: ancora una triste storia made in ‘Avvenire’
Piangere su queste storie è doveroso ma, è altrettanto doveroso chiedersi che parte ha giocato l'Occidente in questa tragedia. Fare i dialoganti con tutti, su queste rovine, è veramente una cosa da marciapiede.
RispondiEliminahttp://www.occhidellaguerra.it/idlib-roccaforte-jihadista/
RispondiEliminaNon più ribelli ma terroristi
L’Occidente ora scarica Idlib
C'è anche il dramma dei cristiani in Cina
RispondiEliminahttp://www.asianews.it/notizie-it/Una-nuova-prigione-per-la-Chiesa-in-Cina:-la-sinicizzazione-44681.html
Non si sa per cosa piangere e pregare di più, se per la vita di queste povere persone o per le menzogne, l'ottusità, il servilismo ideologico che ormai devasta la nostra cristianità. Parlo della cristianità perché il cosiddetto mondo ha lavorato e sempre opera perché questo succedesse, ma che popoli in tempo cristiani vi collaborassero e' terribile
RispondiEliminaGian Micalessin ha scritto un illuminante testo sui cristiani in medio oriente nei recentissimi conflitti: Fratelli traditi, Cairo Editore. Non solo ci fornisce dati e storie sulla crudeltà islamica, sui massacri, sui rapimenti, sulle distruzioni delle fazioni musulmane, di tutte, non solo dell'Isis, anche di quelle appoggiate dall'Occidente in quanto anti-Assad, ma documenta i tradimenti e i silenzi dell'Occidente.
RispondiEliminaDevono far riflettere le terribili, profetiche parole rivolte da un anziano cristiano di Maalula, la città martire aramaica aggredita, si badi bene, anche da milizie islamiche anti-Assad finanziate dagli USA e da Israele, a Gian Micalessin: "Vedi cosa sta succedendo alla nostra Maalula? Vedi cosa le stanno facendo? Vedi come ci stanno trattando? Be’ non disperarti troppo…a voi cristiani d’Europa non andrà meglio: anzi a voi, alla fine, andrà anche peggio. In fondo noi cristiani di Siria conosciamo il nostro destino. Lo sappiamo già… Alla fine dovremo abbandonare le nostre case o farci uccidere tutti: ma a voi non andrà tanto meglio. E’ solo questione di tempo…prima o dopo assalteranno anche le vostre città, incominceranno a uccidere i cristiani anche in Europa. Ma tra noi e voi i più fortunati siamo noi. Noi cristiani d’Oriente sappiamo chi sono i nostri assassini e perché lo fanno. Voi, perduti nella vostra indifferenza, verrete conquistati e uccisi senza neppure sapere da chi e perché". Annota Micalessin riferendosi a quelle parole: “Le ho rilette la sera del 13 novembre 2015 mentre i telegiornali della notte scandivano il bilancio di morte e di sangue degli attentati di Parigi. E allora finalmente ho capito il senso di quella profezia. La notte di Maalula stava scendendo anche sull’Europa”.
Racconta a Micalessin un’italiana che vive ad Aleppo riguardo ai gruppi ribelli descritti dalla stampa internazionale come “moderati”: "Giornalista, se vuoi vedere come si comportano i vostri amici ribelli con noi cristiani vieni con me” e mostra chiese e arcivescovadi distrutti dai missili pagati dall’Occidente in odio ad Assad. “Sarà un caso, ma, come vedi, sparare sulle chiese sembra piacergli molto". E definisce “terroristi” quelli che in Occidente vengono definiti, solo perché anti-Assad, “combattenti per la libertà”: "secondo te come dovrei chiamare chi rapisce uomini, donne e bambini per denaro? Chi spara sui civili?"
Questo libro è da dedicare ai mondialisti, ai liberal, agli amici di israele che accusano Assad (che invece è appoggiato dai cristiani di tutte le confessioni) di ogni malvagità. Libro da comprare, da leggere, da consigliere e regalare.
Silente
“L’informazione ricevuta dal mainstream, e anche dalla stampa cattolica, alla luce di quanto ha affermato Mons. Georgese Abous-Khazen, non corrisponde alla verità oggettiva dei fatti. In Occidente, l’informazione è stata deformata, piegata a precisi interessi politici. “La realtà, amici cari - spiega Mons. Georgese Abous-Khazen -, è diversa. Non è quella propagandata dalle vostre parti. I ribelli moderati, sono i terroristi dei vari gruppi e denominazioni che hanno operato in Siria in modo malvagio. Noi - continua Mons. Georgese Abous-Khazen -, abbiamo pagato sulla nostra pelle quello che hanno fatto questi gruppi che voi chiamate moderati. La parola “ribelli moderati”, è una illusione. Non si può essere ribelli, e allo stesso tempo moderati! E’ una contraddizione! Questa gente ha fatto del male, tanto male. Sono lupi travestiti da agnelli. Non ci sono parole per descrivere la cattiveria, l’odio che hanno riversato sulla gente. Sostenuti dai loro padroni, oltre a praticare selvaggiamente le violenze fisiche, hanno messo in atto la violenza delle bugie e la violenza mediatica! Hanno distorto la verità: da aggressori si sono presentati come vittime del sistema”.
RispondiElimina“Noi - incalza Mons. Georgese Abous-Khazen-, siamo stati sempre contrari all’emigrazione forzata. Allo stesso tempo però, la povera gente, non aveva altre alternative. Sosteniamo al cento per cento il ritorno dei profughi nella loro terra. Ancora il numero dei rimpatri è limitato, rispetto a tutti quelli che sono fuggiti e che si trovano in Libano, Giordania, Turchia, e in altre parti del mondo. Purtroppo i profughi siriani, non sono facilitati a rientrare a casa. Non dal governo siriano, ma da tutte quelle organizzazioni che nel tempo hanno lucrato sull’immigrazione. Per esempio, i rifugiati aiutati dalle Nazioni Unite, secondo una clausola da loro imposta, non possono tornare in Siria, prima di cinque anni. Il migliore aiuto per un rifugiato, è quello di farlo tornare in Patria sano e salvo. Non lasciarlo fuori! Perchè dopo cinque anni chissà se potrà tornare”. Le autorità civili, religiose e militari libanesi, hanno invitato i siriani a tornare. Al contrario le cosiddette organizzazioni non governative, non erano d’accordo al piano di rientro. “Queste organizzazioni, -puntualizza Mons. Georgese Abous-Khazen-, purtroppo non fanno gli interessi dei profughi, ma di chi li finanzia".
Il procuratore di Agrigento sale a bordo della nave bloccata nel porto di Lampedusa con a bordo i 177 migranti ..... Spero che l’operato del magistrato non sia stato suggestionato dal fantomatico e fantasmagorico reato di “sequestro di persona plurimo di Stato” partorito dallo “scrittore della malavita”....
RispondiEliminaAl termine dell’operazione, il solerte procuratore rilascia ai cronisti un resoconto, che finisce su tutti i giornali: “Una realtà devastante, cattivi odori che ti restano addosso. Mi ha accompagnato un appuntato che sconvolto mi dice": ‘Dottore dal vivo cambia tutto, non è come si legge sui giornali…’. Ha ragione”.
Eh, caro Procuratore, se lei e il suo appuntato, che passa troppo tempo nei tribunali e poco alla territoriale, avesse accompagnato le forze dell’ordine nelle perquisizioni e negli arresti eseguiti quotidianamente all’interno di campi nomadi, tendopoli e baracche, dove frotte di clandestini trovano rifugio addossati gli uni sugli altri, in assenza di alcuna noma igienica, quel “cattivo odore” che tanto l’ha turbata, lo conoscerebbe già.
Perché sappia che quello sarà il destino della quasi totalità di quelle 177 persone quando e se sbarcheranno nella terraferma. Ah sì, verranno accolti, anzi contesi dalle varie cooperative che lucreranno su di loro (ma il denaro, come si sa, quello non puzza). Ma nel momento in cui non gli verrà riconosciuto lo status di rifugiato, allora saranno abbandonati in strada come cani randagi. E a quel punto puzzeranno peggio di prima, però del loro fetore non interesserà più niente a nessuno.
Ogni “sbirro” quella puzza la conosce bene, fa parte del proprio lavoro ma non rimane sconvolto come lei e sa perché? Perché sono meglio quelli con puzza sotto le ascelle che quelli… con la puzza sotto il naso.
[Colonnello Salvino Paternò]
Scusate, ma era il Meeting dell'Amicizia o della Sottomissione? Stasera i ciellini a Rimini ospiteranno, dopo averlo omaggiato alla presenza di Emilia Guarnieri (presidente della Fondazione Meeting), Mohammed Karim Al Issa, capo della Lega Islamica Mondiale, l'organo della casa reale saudita che serve a diffondere nel mondo il wahabbismo, l'Islam più fondamentalista. Ora vediamo un po' quello che i sauditi fanno ai cristiani nel loro magnifico regno. Nel 2015 il Gran Muftì saudita Sheikh Abdul Aziz bin Abdullah disse che bisogna “distruggere tutte le chiese nel regno”, dove ne è già vietata la costruzione. In Arabia Saudita non si può indossare una tunica, mostrare la croce, pregare in pubblico o possedere una Bibbia, “colpa” che alcuni anni fa ha portato alla decapitazione di due filippini. Il milione di cristiani vive in una vera e propria catacomba. I cristiani nei manuali scolastici sauditi sono chiamati “maiali” e gli ebrei “scimmie”. Un curriculum che Nina Shea, a capo del Center for Religious Freedom americano, bolla come “di tipo nazista”. Nella lista nera di Open Doors dei paesi che più perseguitano i cristiani, l'Arabia Saudita è da molti anni fra i primi dieci. Nel regno saudita, la conversione di un musulmano al cristianesimo è punita con la morte. E ora che dicono, gli amici ciellini: vi sembrava normale legittimare il capo della Lega Islamica Mondiale?
RispondiEliminaGiulio Meotti
Grande Moschea di Bruxelles nel Parco del Cinquantenario, dietro il Parlamento europeo.
RispondiEliminaPer mezzo secolo, la moschea è stata gestita dalla Lega Islamica Mondiale, una mega agenzia dell'Arabia Saudita. Qualche mese fa, lo stato belga ha tolto la moschea ai sauditi. Una notizia che ha fatto il giro del mondo. Motivo? Vi si propagava l'odio (scoprirono l'acqua calda). L'odio per l'Occidente, l'odio per gli ebrei “corrotti, avidi, perfidi e avari”. L'odio per gli omosessuali, con tanto di modalità per eliminarli (lapidazione, impalamento o volo da un palazzo in pieno stile Isis). Bene, cioé male. Stasera al Meeting di Rimini parlerà Al-Issa, il potente segretario della stessa Lega Islamica Mondiale. Ora mi domando: perché in Italia si consente?
Giulio Meotti
Islam integrato ( e, naturalmente, pacifico, tollerante, europeo e dialogante)
RispondiEliminahttp://www.ilgiornale.it/news/cronache/lentate-straniero-contro-vigilessa-sei-donna-non-puoi-darmi-1568088.html
Pachistano contro la vigilessa: "Donna, non puoi darmi ordini"
Lo straniero, di fretta in quanto diretto alla musulmana Festa del sacrificio, ha inveito contro la donna e ora dovrà affrontare una denuncia per oltraggio a pubblico ufficiale