Cappellania per la liturgia in rito tridentino a Venezia
Cristo stesso con la sua Incarnazione, Morte in Croce e Risurrezione, adempie al grande assioma con il quale egli conclude la parabola del vangelo di oggi: “Chiunque si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”.
Nella parabola, Cristo ci consiglia di essere umili e di scegliere sempre l’ultimo posto: “Quando sarai invitato a nozze, non mettiti al primo posto, ma va a metterti nell’ultimo posto.”
Durante l’ultima cena Cristo si mette all’ultimo posto: abbassandosi fino a lavare i piedi agli apostoli, abbassandosi fino a diventare lui stesso il pasto sacrificale, l’Agnus Dei mangiato da suoi discepoli. In ogni messa è Cristo che prende l’ultimo posto, diventando fra le mani del suo sacerdote il sacrificio offerto al Padre in propiziazione dei nostri peccati.
Spesso nel rito romano l’Eucaristia viene chiamata “nostrae humilitatis oblatio”, “nostrae servitutis oblatio”; ossia: “il sacrificio consono alla nostra bassa condizione, alla nostra bassezza – il sacrificio che esprime la nostra sottomissione.” Il peccato è sempre un atto di orgoglio. Nel peccato c’è sempre l’atto di ribellione all’autorità di Dio. Il sacrificio di Cristo, il sacrificio della messa, essendo un atto di sottomissione è il rimedio per il peccato.
Offrendo questo sacrificio vogliamo manifestare il nostro assoggettamento a Dio.
L’eucaristia ci consente di offrire il perfetto sacrificio, il sacrificio di Cristo sulla croce, sacrificio che esprime perfettamente la sottomissione di noi uomini. Allo stesso tempo, l’Eucaristia è anche il pegno che ci assicura che insieme con Cristo saremo ai fini dei tempi esaltati da Dio. “Chi mangia la mia carne avrà la vita eterna, ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno.”
Nell’Eucaristia abbiamo l’adempimento perfetto dell’assioma del Signore: “Chi si umilia sarà esaltato”. Il cappellano don Joseph Kramer
Nota : Venerdì 14 p.v. Esaltazione della Santa Croce
RispondiEliminaNota : Sabato 15 p.v. B.V.M. Addolorata
Che bello leggere queste parole di questi tempi. Grazie per averle proposte.
RispondiEliminaEssenzialmente basta stare semplicemente nel silenzio in cui Gesù opera l'offerta al Padre.
Ciò che offriamo nella Santa Messa è corpo, sangue, anima e divinità di Nostro Signore.
Chi adoriamo, abbassati, è Dio Presente mentre opera nel silenzio.
Il rumore del mondo è il peccato che distoglie, distorce, distrae, disturba da quel suono.
Il silenzio è lo strumento per purificarsi e poter ascoltare il Verbo incarnato.
Allora possiamo dire anche noi qualcosa degno di essere rivolto al Padre.
La prima vittima registrata la mattina dell'11 Settembre fu un sacerdote cattolico romano e cappellano di nyfd, Padre Mychal Giudice. Aveva attraversato le torri che stavano bruciando e i vigili del fuoco, sentendo le loro ultime confessioni, perdendo poi la vita.
RispondiElimina"Ricordati di santificare le feste"
RispondiEliminaPerché non si deve lavorare di domenica? Risposta cattolica: Il terzo comandamento ci proibisce le opere servili e qualunque opera che ci impedisca il culto di Dio. Le opere servili proibite nei giorni di festa sono le opere dette manuali, cioè quei lavori materiali in cui ha parte più il corpo che lo spirito; come quelle che ordinariamente si fanno dai servi, dagli operai e dagli artieri. Lavorando in giorno di festa si commette peccato mortale: scusa però dalla colpa grave la brevità del tempo che si occupa. Nei giorni di festa sono permesse solo quelle opere che sono necessarie alla vita, o al servizio di Dio; e quelle che si fanno per una causa grave domandando licenza, se si può, al proprio parroco. Sono proibite nelle feste le opere servili, affinché possiamo meglio attendere al divin culto e alla salute dell'anima nostra; e riposarci dalle fatiche. Per questo non è proibito qualche onesto divertimento. Nelle feste dobbiamo schivare sopra tutto il peccato e tutto ciò che può indurci al peccato, come i divertimenti e i ritrovi pericolosi. (San Pio X, Catechismo maggiore).
Grazie!
RispondiElimina"Se nell’orazione mentale possiamo parlare al Signore, parliamogli, lodiamolo, preghiamolo e ascoltiamolo; ma se non possiamo parlargli, perché affetti da raucedine, chiudiamoci in camera e facciamogli riverenza: Egli, che vede tutto, gradirà la nostra pazienza e il nostro silenzio, e un’altra volta saremo stupiti nel vedere come parlerà con noi e, pigliandoci per mano, farà cento passeggiate in compagnia nostra, nei viali dei suoi giardini d’orazione; ma quand’anche questo non dovesse mai avvenire, contentiamoci, perchè l’obbligo nostro è solo di seguirlo. Quando dunque vi trovate vicino al Signore, parlategli se potete, e se non potete parlargli, restate lì e fatevi vedere, senza dar luogo all’angustia".
RispondiEliminaSan Francesco di Sales