Silvio Brachetta, l’autore della riflessione che segue, è diplomato all’Istituto di Scienze Religiose di Trieste e si è dedicato in particolare allo studio della teologia di san Bonaventura da Bagnoregio. Scrive sul settimanale diocesano “Vita Nuova”.
“Non è chiaro perché un Dio che porta dentro la tentazione dovrebbe essere peggiore di un Dio che abbandona alla tentazione. È un mistero della moderna esegesi, ma anche della presunzione umana, stando almeno al padre del deserto Sant’Antonio, che casca a fagiolo:
«Un giorno alcuni anziani fecero visita al padre Antonio; c’era con loro il padre Giuseppe. Ora l’anziano, per metterli alla prova, propose loro una parola della Scrittura e cominciò dai più giovani a chiederne il significato. Ciascuno si espresse secondo la sua capacità. Ma a ciascuno l’anziano diceva: “Non hai ancora trovato”. Da ultimo, chiede al padre Giuseppe: “E tu che dici di questa parola?”. Risponde: “Non so”. Il padre Antonio allora dice: Il padre Giuseppe sì, che ha trovato la strada, perché ha detto: “Non so”» (Apophthegmata Patrum, 80d; PJ XV, 4).
Nelle Scritture ci sono cose facili da capire, cose difficili e cose che non si possono capire: se ne ricorda qualcuno? No, tutto dimenticato. Il senso letterale regge e guida gli altri sensi delle Scritture: se ne ricorda qualcuno? No, tutto dimenticato. L’esegesi dei testi non può tradire l’esegesi dei padri e dei dottori della Chiesa: se ne ricorda qualcuno? No, tutto dimenticato.
Quanto a ciò che Dio opera, dovrebbe essere chiaro come il Dio che induce alla tentazione del Padre nostro sia il medesimo Dio che fa dire a Gesù Cristo: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15, 34). Non vi è dubbio – e nel magistero della Chiesa non vi è mai stato il dubbio – che l’«eisenènkes» greco del Padre nostro esprima un moto a luogo e che il «sabactàni» aramaico di Mc 15, 34 è l’«abbandono».
È anche vero che l’interpretazione di questi passi evangelici da parte di San Tommaso o di Sant’Agostino lasci il lettore insoddisfatto, poiché i dottori sanno bene che fides et ratio sono concordi, ma per nulla coincidenti. San Tommaso e Sant’Agostino scrutano il mistero, però lo fanno nell’umiltà: alle volte riescono a soddisfare pienamente e sapientemente un qualche quesito ma, altrove, possono anche rispondere o soddisfare parzialmente chi cerca una spiegazione.
L’operazione teologica contemporanea è spesso indecente, perché vuole forzare quelle porte inviolabili del mistero, che Ildegarda di Bingen sconsiglia fortemente di violare (cf. Il libro delle opere divine). Da dove tanta superbia? Come mai il teologo moderno – o modernista che sia – è divenuto incapace di dire «non so», davanti a questioni sulle quali Dio ha decretato rimanesse il mistero? Persino i pagani erano di frequente più umili di molti dei nostri contemporanei. «Io sono tutto ciò che fu, che è e che sarà; e nessun mortale o dio solleverà mai il mio peplo» – dice la Sibilla di Plutarco (Sul Fato).
È antica come il mondo l’arte di forzare o falsificare il testo, quando la parola è incomprensibile o non corrisponde alle aspettative del nostro capriccio. Ma è pure antica come il mondo l’arte dell’umiltà, l’arte dello scriba fedele, che tramanda la voce di Dio ricopiando le Scritture e cercando di essere preciso, sillaba dopo sillaba, su quanto ricevuto dai padri.
La verità è stata più volte confessata dai santi: il Dio che porta dentro la tentazione è buono, tanto quanto il Dio che abbandona alla tentazione. Ed è buono perché ascolta la preghiera del penitente, che chiede con insistenza: “non c’indurre, non ci abbandonare”. Dio, quindi, non induce e non abbandona quei figli che si convertono e lo pregano, ma abbandona l’empio, che lo bestemmia.
Il mistero permane e la realtà della «perdizione» – l’«abaddon» ebraico dell’Apocalisse (9, 11) – non può essere cancellata dalla penna di un falsario. Esiste dunque l’«angelo dell’abisso» (ibidem), poiché Dio permette che esista, così come esiste l’inferno e la possibilità di dannarsi. Dietro la negazione del «ne nos inducas» evangelico c’è dunque il rifiuto, da parte della presunzione umana, di uno scandalo: lo scandalo della perdizione eterna dell’empio e il fatto stesso che il Cristo possa essere «pietra d’inciampo» Egli stesso («scandalo», appunto)”. [Fonte]
Un effetto è simile alla causa. Di conseguenza, ogni creatura reca in se stessa la somiglianza di Dio e quanto più una creatura è perfetta, tanto più anche la somiglianza risulta evidente. SK1326
RispondiEliminaSan Massimiliano Maria Kolbe
"...Da dove tanta superbia? Come mai il teologo moderno – o modernista che sia – è divenuto incapace di dire «non so», davanti a questioni sulle quali Dio ha decretato rimanesse il mistero?..."
RispondiEliminaTanto basta. Questa storia è storia della Superbia. E della sua sorella Ignoranza. Ignoranza del cuore, dell'anima, dello spirito.
io reagisco alla questione festeggiando l'anniversario, che cade proprio in questi giorni, della mia conversione definitiva al VO.
RispondiEliminaMa non si può inviare alla Santa Sede, prima dell'approvazione, una valanga di e-mail di rifiuto della nuova traduzione del Padre Nostro almeno per far vedere che ci sono tantissimi che non sono d'accordo su come verrà formulata questa parte della preghiera da parte della CEI e di incompetenti e orgogliosi teologi ?
RispondiEliminaQuanto mi piace ......"E non ci indurre in tentazione " ! Quando rivolgo questa preghiera a nostro Padre se la recito bene a questo punto avverto come un cedimento un abbandono un rilassamento dell'anima , per farmi capire , come quando i piedi passando sopra la terra molle franano un poco e il corpo si sbilancia . Pregare Sì , pregare con insistenza Sì , ma pregare con il cuore vuol dire abbandonarsi , non pensare , non opporre resistenza , come farebbe un bambino piccolo fra le braccia calde della mamma , allora Sì che la preghiera ferisce il cuore di Dio , allora Sì e' piu' efficace .
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RispondiEliminaCRISTO ci ha conquistati col sangue ,
RispondiEliminatocca a noi essere conquistati da Lui .
Il vero ordine nuovo del mondo e' la Regalita' di Cristo .
Padre Rodolfo Plus
RispondiEliminaIrradiare il Cristo (1935), dedicato all’apostolato più vero e più autentico, il vero unico apostolato.
I suoi libri si diffondono in mezzo al popolo cristiano, tra i giovani, nei seminari e negli studentati religiosi, nelle scuole e nelle associazioni cattoliche. Sono tradotti, lui vivente, en diverse lingue, anche in italiano, con una diffusione mirabile e un’ancor più mirabile diffusione di luce: l’innamoramento di Gesù che egli ha risvegliato nelle anime, solo Dio lo conosce, anche nelle anime più semplici. Il suo stile, la sua spiritualità, è la più semplice, possibile a tutti coloro che intendono vivere la fede, sino in fondo, senza complicazioni e senza "fumi" di sorta. È lo stile, la spiritualità del Vangelo, di S. Paolo, del Cattolicesimo in quanto tale, di Gesù stesso in persona. "Scopri Gesù vivo in te, dal giorno del tuo Battesimo, pensa sempre che Gesù è tuo intimo, più intimo a te di te stesso, e che attende da te un rapporto di amicizia, di intimità, di unione sempre più profonda. Ascoltalo, parlagli, condividi la tua vita con Lui, come Lui vuole a ogni istante condividere la sua Vita divina con la tua. Amalo con cuore indiviso, qualunque sia la tua condizione, di celibe, di sposato, di consacrato, di sacerdote – secondo il tuo stato di vita – ama Gesù perdutamente e sperimenta, anche se non lo senti sensibilmente, la sua presenza, la sua amicizia, il suo amore divino. Sii orante della sua preghiera; sii pieno dellA SUA CARITà VERSO IL Padre e verso i fratelli; sii puro, forte, luminoso della sua purezza, della sua fortezza, della sua luce. Identificati, nel tuo stato di vita, in Lui. Ecco, vivi in Cristo Gesù: è questa la tua certezza, la tua dimora, la tua stabilità più vera e più piena. La tua esistenza sarà vera e felice, soltanto in Cristo Gesù".
"Essere altri-Gesù"
Per vivere tutto questo, non sono richiesti dei doni straordinari, che Dio dà a chi vuole (pensiamo, per esempio, a S. Padre Pio), ma soltanto è richiesto di vivere "in grazia di Dio", questa "vita nuova"; che è Gesù stesso, la vita della SS.ma Trinità, che Gesù comunica alle anime. È "l’estasi della Grazia", "l’estasi continua" non di fenomeni mistici particolari, ma "la realtà più reale", l’essere ontologico nuovo, l’ordine soprannaturale, divino, restaurato dal Crocifisso con il suo Sacrificio.
Chi vive così, pur nella quotidianità della sua giornata, anche la più nascosta, non solo è un buon cristiano, ma diventa "conforme a Cristo": potremmo giustamente dire "cristico", "cristificato". È la meraviglia più grande dell’esistenza, cui conduce, a grandi passi, Gesù Eucaristico offerto in sacrificio nella Messa e ricevuto santamente nella Comunione: il "dino cristico", il diventare e "essere altri Gesù".
Allora, spiega il P. Raoul Plus, l’apostolato, l’evangelizzazione più vera è appunto "irradiare Gesù", come dice il titolo bellissimo di uno dei suoi testi più belli: "La spina sia sempre ben fissa nella presa: il tuo apostolato sia irradiare Gesù ai fratelli".
http://www.santiebeati.it/dettaglio/96102
Una riflessione proposta davvero saggia, che lascia trasparire la comprensione profonda di cosa NON comporti uno dei passaggi più difficili del vangelo, quello infatti che ci porta sulla soglia del senso ultimo della nostra stessa fede.
RispondiEliminaIn effetti anche il limitarsi a intendere che “non ci indurre in tentazione “ voglia appena dire “tentaci con misura” nel senso come di farcene appena anzi ritrarre indietro rispetto alla prova invece di significare un portarci infine al di là del senso raggiunto e compiuto cui avesse ad addurre il valore transitorio e penultimo della tentazione che subentrava divina - potrà essere l'accomodamento interpretativo che se non magari giustifica, però forse già insinua proprio il rischio di capovolgere il senso della fine di essa preghiera fraintendendo, come si rischia di fare con le recenti traduzioni, che semplicemente dovessimo chiedere al Padre (e a Lui “in particolare”, non in assoluto a Dio che con il Figlio è anche Spirito) di non abbandonarci mai NEMMENO in quanto Lui stesso, e dunque di farci consolare sempre e comunque e, quindi (Dato che Dio “tenta” in due modi, con la CONSOLAZIONE e con la prova), di sempre allora “tentarci” consolandoci. Come se allora Cristo ci avesse comandato di non puntare a poter chiedere al Padre...se non che ci tentasse sempre e comunque! E come se Cristo, invece di regnare e di essere glorificato dall'alto della croce nell'ora della morte avendo Lui consegnato il suo Spirito attraverso proprio l'abbandono stesso del Padre, invece se ne fosse accontentato di chiedere di essere Lui ancor sempre consolato e confortato, di ancor lì sempre, Lui, RICEVERE, lo Spirito consolatore...Tanto allora che noi non potremmo sperare altro che una “consolazione” spirituale eterna invece della glorificazione che passa per la dignità della Croce, tanto allora dunque da esserne anzi perciò ricondotti ad accontentarci di realmente restare eternamente “consolati”... all'Inferno. (Ne parlo un poco di più, anche poi qui: http://www.cruxfidelis.it/rubriche/articoli/articolo1.htm ).
P. Lorenzo Franceschini
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RispondiEliminaSi parla tanto (e giustamente) della nuova traduzione del Pater, ma non bisogna sottovalutare quella del Gloria. Qui una breve disamina in merito https://traditiomarciana.blogspot.com/2018/11/la-traduzione-del-gloria-problematiche.html?m=1
RispondiEliminaBravo Fabrizio. Speriamo che anche altri lettori di questo Blog seguano il Suo buon esempio, a costo di ogni sacrificio.
RispondiEliminaQualcuno (ma chi, poi?) in Vaticano ha affermato che Lutero aveva ragione e il Concilio di Trento aveva torto? Qualcuno ha accolto una statua di Lutero dentro le mura leonine ? qualcuno ha emesso un francobollo commemorativo dei 500 anni della Riforma (?), pardon, rivoluzione luterana, in cui si vede Cristo in croce e, ai pedi della Croce, Lutero e Melantone al posto di Maria SS.ma e di s. Giovanni Apostolo? Ebbene, sarebbe bene che meditasse bene queste parole di Suor Serafina :https://gloria.tv/article/yTxhSsw7QnH82RFVv6JdTGwwg
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RispondiEliminaDio non ci tenta ma permette che noi si sia tentati.
Questo sarebbe il significato dello ïndurre in tentazione? Quando Gesù ci insegna nell'immagine famosa dell'uomo che sta in pace con Dio perché la sua anima è come una casa pulita e ben spazzata e proprio allora arriva lo spirito maligno e dice - guarda che bella casa, pulita e in ordine, e vi si butta dentra con altri 7 come lui - quando il Signore ci vuole dare quest'immagine per me terrificante delle lotte che dobbiamo sostenere per la nostra salvezza, come dobbiamo interpretarla?
I sette diavoli potrebbero aggredire l'anima nostra senza il permesso di Dio? No di certo.
Anzi, proprio quando stiamo a posto, magari dopo un periodo spiritualmente buono nel quale siamo vissuti in grazia di Dio, Dio permette che la tentazione ricominci e noi ci si venga a trovare peggio di prima.
Chi ci tenta è il diavolo il quale, come risulta dal libro di Giobbe, chiede continuamente a Dio il permesso di tentarci. E allora: chi concede il permesso di agire a chi glielo domanda, vuole evidentemente che costui faccia la sua azione e persegua il suo scopo. Nel permettere è sempre all'opera la volontà di colui che permette, che viene mediatamente a volere l'azione di chi ha chiesto il permesso. L'azione è qui la tentazione, la quale, in quanto permessa da Dio al demonio, è da Dio voluta, come prova alla quale non possiamo assolutamente sottrarci. In questo senso è Dio che "ci induce in tentazione".
Non la vinciamo senza la fede ossia la preghiera e la Grazia che ci fortifica nella lotta.
Quando siamo in preda alla tentazione ci sembra che Dio ci abbia abbandonato, che non ci voglia dare la Grazia e quindi la forza per uscirne. Qui entriamo nel mistero. Possiamo forse dire questo: ci lascia in preda alla forza torbida del peccato dentro di noi finché, contro noi stessi, noi non estraiamo (sempre con l'aiuto di Dio) le ragioni profonde che ci fanno in realtà amare il peccato. Ciò vale in particolare per i peccati carnali.
La CEI come una classe di asinelli?
RispondiEliminaDifficile a credersi, ma pare proprio che sia così!!
Pezzo molto saggio.
° ° °
Inoltre:
https://www.arcsanmichele.com/index.php/vita-della-chiesa/44-attacchi-alla-chiesa/9809-il-caso-della-scandalosa-nuova-traduzione-del-padre-nostro-nella-bibbia-cei-completamente-errata-vi-spiego-perche-appunti-per-chi-fa-le-ore-piccole
E quantunque di queste cose alcune che sono mancanze nostre o di altri , come dicemmo pure in altro luogo , non si puo' dire che siano di Dio , che non vuole il peccato,sono pero' da Dio in quanto Egli le permette e non le impedisce,pur potendolo fare . Tutte le afflizioni e le pene che ci capitano o per i nostri difetti o per malignita' altrui sono da Dio e di Dio, poiche' Egli in quelle interviene. E cio' che non vorrebbe che si facesse in quanto contiene deformita' grandemente odiosa ai Suoi occhi purissimi , vuole che si patisca per quel bene di virtu' che noi ne possiamo trarre e per altre giuste cause a noi occulte .Percio',essendo noi piu' che certi che il Signore vuole che sosteniamo volentieri qualunque molestia ci venga dalle altrui o anche dalle nostre ingiuste azioni ,il dire ,come per una siffatta scusa della loro impazienza dicono molti,che Dio non vuole anzi aborrisce le cose mal fatte, non e' altro che coprire la propria colpa con un vano pretesto e rifiutare la croce: infatti non possiamo negare che a Lui piace che noi la portiamo (cfr.Lc 9.23). Anzi dico di piu':in confronto al resto il Signore ama piu'in noi la sopportazione di quelle pene che derivano dall'iniquita' degli uomini,specialmente se sono stati prima serviti e beneficati,anziche' le molestie che procedono da altre penose circostanze.E cio' sia perche' ordinariamente piu' in quelle che in queste la natura superba si reprima e sia ancora perche' ,sostenendole noi volentieri ,accontentiamo ed esaltiamo pienamente il nostro Dio,cooperando con Lui in una cosa dove sommamente splendono la Sua ineffabile bonta' e onnipotenza:essa consiste nel cogliere dal pestifero veleno della malizia e del peccato il prezioso e saporito frutto della virtu' e del bene .Percio' sappi ,figliuola ,che non appena il Signore scopre in noi il vivo desiderio di riuscire davvero e di attendere come si deve a sì glorioso acquisto ,subito ci prepara il calice delle piu' forti tentazionie delle occasioni piu' dure possibili perche' a suo tempo lo prendiamo. E noi, riconoscendo in cio' l'amore Suo e il nostro proprio bene,lo dobbiamo ricevere volentieri a occhi chiusi e berlo tutto fino in fondo sicuramente e prontamente ,poiche' e' medicina composta da una mano che non puo' errare ,con ingredienti tanto piu' utili all'anima quanto piu' in se' stessi sono amari.
RispondiEliminahttps://www.sabinopaciolla.com/a-proposito-del-non-ci-indurre-in-tentazione-del-padre-nostro/
RispondiEliminaCome cattolici in questo frangente dobbiamo prendere una chiara posizione e in ambito religioso e in ambito politico.
RispondiEliminaIn ambito religioso: riduzione del CVII a sinodo vaticano, avvenuto con la partecipazione di invitatati, del quale restano documenti che devono essere riveduti o distrutti; i santi elevati agli altari in questo periodo confuso saranno retrocessi a venerabili tranne pochissimi tipo Santa Ildegarda; tutti i documenti prodotti da papi e vescovi saranno rivisti o distrutti. Tutte le Congregazioni torneranno ad essere quelle prima del 1958 Santo Uffizio in capo. La Santa Messa sarà quella di sempre. L'altra un esperimento concluso. Chi vuole sta, chi non vuole va altrove, tempo un mese. I papi in esubero ed emeriti andranno a Villa Giorgina. Una squadra di Carabinieri veglierà su di loro. Il nuovo papa sarà eletto da quei pochissimi cardinali, forse una decina, rimasti Fedeli a NSGC. Le chiacchiere ed i minuetti sono finiti, questo è quello che possiamo fare per tutti coloro che stanno combattendo la buona battaglia civile, a noi combattere quella spirituale affinché gli altri possano essere sostenuti con serietà e devozione.
In ambito politico non possiamo aggregarci né a destra, né a sinistra, dobbiamo essere portatori del Vero Cattolicesimo senza compromesso alcuno, dobbiamo combattere strenuamente per le radici cristiane dell'Europa se vogliamo che l'Europa sia una famiglia di popoli fratelli, ognuno con le sue caratteristiche, con i suoi doni particolari, proprio come fratelli. Dobbiamo farci promotori di una cultura cattolica viva e vivace non di maniera, nè gregaria del pensiero e fare mondano, anzi dobbiamo essere fonte di ispirazione continua perché eterno è l'insegnamento che NSGC vuol donare ad ogni nuova generazione . A mio parere, è il tempo del sì sì, no no. Gli incerti, stiano fuori. Il nostro programma politico: impegnarci allo stremo affinché l'Europa torni ad essere, sia e resti Cattolica.
Fatemi aggiungere una considerazione religioso-letteraria. Qualcuno ha mai pensato di far studiare la Divina Commedia "tradotta" in italiano moderno? Non sto parlando di come viene spiegata - ovvio che certe terzine vanno spiegate perché siano comprensibili - ma di farla studiare _solo_ in questo modo. Certo che no. Persino Benigni la legge in originale. Si tiene l'originale e poi si spiega il senso. Tutti si renderebbero conto che sarebbe far violenza a Dante mettere da parte il testo originale.
RispondiEliminaDunque, tutto questo rispetto per i nostri poeti è certamente dovuto per un padre della nostra letteratura: ma a maggior ragione non ne merita l'Autore del Padre Nostro?
il nostro “non ci indurre in tentazione” esprime esattamente questa costruzione del greco (e del latino): “non lasciare, non permettere che entriamo dentro la tentazione”; questa è la traduzione corretta. Il problema è che per noi la frase così com’è fatta, ha il senso di “istigare”. In realtà, molte persone non particolarmente colte, dopo trenta secondi di spiegazione (e cioè che “non indurre” significa “non permettere che”) capiscono al volo. Invece la nostra squadra di esegeti, liturgisti e linguisti ha voluto eliminare questa traduzione esatta e sostituirla con una che è semplicemente sbagliata. Da nessuna parte del testo greco e latino si trova l’espressione “abbandonare”, e si è finito col perdere il senso di “finire dentro” quel buco profondo nel quale il tentatore ci vuole condurre attraverso la tentazione. Non chiediamo di non essere tentati, ma di non caderci dentro. Anche Gesù fu tentato, ma non cadde dentro la tentazione, perché lottò, rispondendo colpo su colpo.
RispondiElimina(Claudio Piacente su Fb)