Lo abbiamo già ricordato qui, nel proporre il testo di San Tommaso sulla sesta domanda del Pater, ma giova ripetere che abbiamo una vena aurea, inestinguibile, dalla quale possiamo attingere copiosamente. Anche quello che segue (tratto dal De sermone Domini in monte, II, 9, 30-34 di Sant'Agostino) è uno dei testi che in giorni come questi ci tengono ancorati alle sorgenti dell'insegnamento costante della Chiesa. Sul Pater, vedi nel blog: Non abbandonarli alla tentazione di cambiare il Padre nostro [qui]; Il “Padre nostro” in versione sacrilega [qui]
Dedicato a tutti coloro che ritengono "necessario" modificare il Padre nostro...
La sesta domanda è: Non ci immettere nella tentazione (Mt 6, 13). Alcuni manoscritti hanno: Indurre, che ritengo abbia il medesimo significato; infatti dall’unico termine greco è stato tradotto l’uno e l’altro. Molti poi nel pregare dicono: Non permettere che siamo indotti in tentazione, mostrando, cioè, in che senso sia stato usato l’indurre. Infatti Dio non ci induce da se stesso, ma permette che vi sia indotto colui che per un ordinamento occultissimo e meriti avrà privato del suo aiuto. Spesso anche per ragioni manifeste egli giudica uno degno fino a privarlo del suo aiuto e permettere che sia indotto in tentazione. Una cosa è infatti essere indotto in tentazione e un’altra essere tentati. Infatti senza la tentazione nessuno è adatto alla prova, tanto in se stesso, come si ha nella Scrittura: Chi non è stato tentato che cosa sa? (Eccli 34, 9), quanto per l’altro, come dice l’Apostolo: E non avete disprezzato quella che era per voi una tentazione nella carne (Gal 4,14). Da questo fatto appunto li ha riconosciuti costanti, perché non furono distolti dalla carità a causa delle sofferenze capitate all’Apostolo nel fisico. Infatti noi siamo noti a Dio prima di tutte le tentazioni perché egli sa tutto prima che avvenga.
Quindi la frase che si ha nella Scrittura: Il Signore Dio vostro vi tenta per sapere se lo amate (Dt 13, 3) è stata espressa nel traslato da per sapere a per farvi sapere, come diciamo allegro un giorno che ci rende allegri e pigro il freddo perché ci rende pigri e altri innumerevoli modi di dire che si hanno tanto nel gergo abituale, come nel linguaggio dei letterati e nei libri della Sacra Scrittura. Gli eretici, che sono contrari al Vecchio Testamento e non comprendendo questa locuzione, pensano che è bollato, per così dire, da un marchio d’ignoranza l’essere di cui è stato detto: Il Signore Dio vostro vi tenta, come se nel Vangelo del Signore non sia stato scritto: Lo diceva per tentarlo perché egli sapeva quel che stava per fare (Gv 6, 6). Se infatti conosceva il cuore di colui che tentava, che cosa voleva conoscere tentando? Ma senz’altro l’episodio è avvenuto, affinché colui che veniva tentato riflettesse su se stesso e riprovasse la sua sfiducia perché le turbe furono saziate col pane del Signore, mentre egli pensava che esse non avessero di che mangiare (Cf. Gv 6, 7-13).
Quindi con quella preghiera non si chiede di non essere tentati, ma di non essere immessi nella tentazione, sulla fattispecie di un tale, a cui è indispensabile essere sottoposto all’esperimento del fuoco, e non chiede di non essere toccato col fuoco, ma di non rimanere bruciato. Infatti la fornace prova gli oggetti del vasaio e la prova della sofferenza gli uomini virtuosi (Eccli 27, 6). Giuseppe difatti è stato tentato con la seduzione dell’adulterio, ma non è stato immesso nella tentazione (Cf. Gn 19 , 7-12). Susanna è stata tentata e neanche lei indotta o immessa nella tentazione (Cf. Dn 13, 19-23) e molti altri dell’uno e dell’altro sesso, ma soprattutto Giobbe. Gli eretici, nemici del Vecchio Testamento, volendo con parole sacrileghe schernire la sua ammirevole costanza in Dio suo Signore, allegano a preferenza degli altri l’episodio che Satana chiese di tentarlo (Cf. Gb 1, 9-12). Chiedono agli ignoranti, assolutamente incapaci di capire certe cose, in che modo è stato possibile a Satana di parlare con Dio. Non riflettono, e non lo possono perché sono accecati dall’errore e dalla polemica, non riflettono dunque che Dio non occupa uno spazio con la dimensione del corpo sicché è in un luogo e non in un altro o per lo meno ha una parte qui e un’altra altrove, ma con infinita grandezza è in atto in ogni spazio, non diviso nelle parti ma tutto in ogni spazio. E se intendono in senso letterale la frase: Il cielo è per me il trono e la terra lo sgabello dei miei piedi (Is 66, 1), e se a questa posizione si riferisce anche il Signore con le parole: Non giurate né per il cielo perché è il trono di Dio, né per la terra perché è lo sgabello dei suoi piedi (Mt 5, 34-35), che cosa v’è di strano se il diavolo, giunto sulla terra, si è fermato davanti ai piedi di Dio e ha detto qualche cosa in sua presenza (Cf. Gb 1, 7)? Quando infatti questi tali finiranno per capire che non v’è anima, quantunque perversa, che comunque in qualche modo può ragionare, nella cui coscienza Dio non parli? Chi se non Dio ha scritto nel cuore degli uomini la legge naturale? E di questa legge dice l’Apostolo: Quando i pagani, che non hanno la legge, per natura agiscono secondo la legge, essi pur non avendo la legge, sono legge a se stessi; dimostrano infatti che quanto la legge esige è scritto nei loro cuori, come risulta dalla testimonianza della coscienza di essi e dei loro stessi ragionamenti che li accusano o anche li difendono nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini (Rm 2, 14-16). Quindi ogni anima ragionevole, sia pure accecata dalla passione, tuttavia pensa e ragiona e tutto ciò che mediante il suo ragionamento è vero non si deve attribuire a lei, ma alla luce stessa della verità, dalla quale sia pure scarsamente nei limiti della sua capacità è illuminata, affinché nel pensare percepisca come vero qualche cosa. Non c’è quindi da far meraviglie se si afferma che l’anima del diavolo, corrotta da un depravante pervertimento, ha udito dalla voce di Dio, cioè dalla voce della stessa verità tutto ciò che ha pensato su un uomo virtuoso, quando volle tentarlo (Cf. Gb 1, 8; 2, 3); e invece tutto ciò che era falso si attribuisce a quel pervertimento da cui ha avuto l’appellativo di diavolo. Tuttavia anche per mezzo di creatura fisicamente visibile spesso Dio ha parlato tanto ai buoni che ai cattivi secondo i meriti di ciascuno, come Signore e guida di tutti e loro ordinatore al fine; ha parlato anche per mezzo di angeli che si manifestarono in sembianze umane e per mezzo dei profeti che dicevano: Queste cose dice il Signore. Che meraviglia quindi se si dice che Dio ha parlato col diavolo non certamente attraverso il pensiero, ma mediante una creatura ovviamente adattata allo scopo?
E non suppongano che è proprio di deferenza e quasi merito di virtù il fatto che Dio ha parlato con lui, perché ha parlato con uno spirito angelico, sebbene stolto e vizioso, come se parlasse con un’anima umana stolta e viziosa. Oppure dicano essi stessi in che modo Dio ha parlato con quel ricco, di cui volle biasimare un vizio molto stolto con le parole: Stolto, questa notte l’anima ti sarà richiesta e di chi saranno le ricchezze che hai messo da parte? (Lc 12, 20). Evidentemente questo lo dice il Signore stesso nel Vangelo, al quale questi eretici, volere o no, chinano la testa. Se poi si preoccupano del fatto che Satana chiede a Dio di tentare un uomo virtuoso, non io spiego perché sia avvenuto, ma sprono costoro a spiegare perché nel Vangelo sia stato detto dal Signore stesso ai discepoli: Ecco che Satana cerca di vagliarvi come il grano (Lc 22, 31); e a Pietro: Ma io ho pregato affinché non venga meno la tua fede (Lc 22, 32). Quando mi spiegano queste parole, unitamente spiegano a se stessi quel che chiedono da me. Se poi non saranno capaci di spiegarlo, non osino censurare con sventatezza in un libro qualsiasi quel che senza ripugnanza leggono nel Vangelo.
Avvengono dunque le tentazioni ad opera di Satana, non per un suo potere, ma col permesso del Signore per punire gli uomini dei loro peccati o per provarli e addestrarli in riferimento alla bontà di Dio. E importa molto in quale tentazione uno incorra. Difatti Giuda, che vendé il Signore (Cf. Mt 26, 14-16 e 50), non è incorso nella medesima tentazione in cui è incorso Pietro che per paura negò il Signore (Cf. Mt 26, 69-75). Vi sono anche delle tentazioni provenienti, così penso, dall’uomo, quando uno con buona intenzione ma nei limiti dell’umana debolezza sbaglia in qualche consiglio ovvero si adira col fratello nell’intento di correggerlo, ma un po’ al di là di quel che richiede la serenità cristiana. Di queste tentazioni dice l’Apostolo: Non vi sorprenda la tentazione se non quella umana; ed anche: Dio è fedele, perché non permette che siate tentati al di là di quel che potete, ma vi darà assieme alla tentazione anche il superamento affinché possiate sopportarla. E con questo pensiero ha mostrato abbastanza che non dobbiamo pregare per non essere tentati, ma per non essere indotti in tentazione. E vi siamo indotti, se si verificano di tale fatta che non riusciamo a superarle. Ma poiché le tentazioni pericolose, in cui è dannoso essere immessi o indotti, hanno origine dalle prosperità o avversità nel tempo, non si fiacca dalla inquietudine delle avversità chi non si lascia allettare dall’attrattiva delle prosperità.
31 commenti:
La conclusione logica, teologica, linguistica ed etimologica della cancellazione di "non indurci in tentazione" (sostituita con la riduttiva e moralistica, seppur parzialmente corretta, espressione "non ci abbandonare" alla tentazione) è questa: Dio non chiede più a suo Figlio di Sacrificarsi per noi e, quindi, noi non dobbiamo più partecipare alla stessa vita di Gesù e seguirlo sul Cammino della Croce. Se Dio "non ci mette Prova" - per paura che cadiamo in tentazione, in cui matematicamente non cadremo mai - significa che neppure Gesù è stato messo alla Prova - e che neppure Gesù è stato spinto dalla Spirito nel deserto affinché fosse tentato dal Diavolo - e lo potesse vincere. Il male capita, la tentazione capita, siamo casualmente esposti alla tentazione e dobbiamo chiedere a Dio di non lasciarci lì sconfitti. E' tutto molto umano, tutto molto facile, tutto molto razionale. Ma tutto rimane inspiegabile, strano, incompiuto, ridotto rispetto alla Potenza del Vangelo. Qualcuno forse vuole togliere le Parole "questo è il mio Corpo-Sangue dato IN SACRIFICIO per voi"? E metter le parole ridotte, facili, umanissime "Questo è il mio corpo-sangue DATO per voi". Viene tolta la Parola fondamentale e centrale del Cristianesimo SACRIFICIO. E' questo lo scopo ultimo di tutto questo riduttivismo moralistico? Al contrario: secondo il Vangelo, e la ininterrotta tradizione vivente rappresentata dai Santi Padri, papi, dottori, Mistici, Gesù Cristo ha chiesto di “non bere del Calice” ma ha voluto sottomettersi “alla Prova” che il Padre ha voluto fargli bere. Così come lo stesso Spirito lo ha fatto entrare nel deserto della tentazione proprio per essere tentato da satana. Mentre Dio ci mette alla Prova satana, allo stesso tempo, ci tenta per spingerci al male. C’è la Tentazione buona (quella che vuole dio per farci Vincere con Cristo) e quella cattiva del diavolo che vuole che ci danniamo l’anima. Togliere la Volontà divina di metterci “alla Prova” per partecipare al nostro stesso Riscatto che Gesù per Primo attua e ci dona, e lasciare solo il senso della Tentazione secondo la volontà di satana, è “ridurre” la forza e il significato della Preghiera più importante di tutta la storia umana, il Padre Nostro. Bisogna infatti chiedere a Dio di non portarci alla (Passione) tentazione ben sapendo che Lui là ci porterà. E ben sapendo che Lui ci vuole vincitori (nella Passione) nella tentazione a cui ci siamo esposti – fin da Adamo ed Eva – bisogna quindi chiedergli di “non abbandonarci” da soli nella lotta ma di lasciarci quel che basta – con Cristo sotto la Croce - alla sua Volontà per renderci vincitori con Cristo. Ridurre tutto al “non abbandonarci” significa dimenticare che il Padre ha voluto la Passione (e la tentazione) sia per Cristo che per noi, rappresentati da Maria: anche a te una spada trafiggerà l’anima”! E non sono gli Eletti coloro che hanno lavato le loro vesti nel Sangue dell’Agnello (attaccato e tentato nella Passione-Tentazione)?
Rosario Del Vecchio su Fb
Se non sbaglio anche il peccato originale va nella stessa direzione. Evidentemente la santità non richiede solo l'uso santo delle nostre capacità quanto piuttosto la Fiducia in Lui. La Fede. Credere in Lui. Nel Suo amore per noi, amore che ci vuole capaci di affrontare il Nemico e di saper scegliere tra la porta larga e quella stretta.
OT
http://www.riminitoday.it/cronaca/forte-scossa-di-terremoto-sulla-riviera-oggi18-novembre.html
Forte scossa di terremoto sulla Riviera, raggiunti i 4,2 di magnitudo
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Cronaca
Forte scossa di terremoto sulla Riviera, raggiunti i 4,2 di magnitudo
Il sisma si è verificato alle 13.48, la scossa è stata avvertita in tutta la Romagna
Attendiamo da Lupus sue notizie.
Ricordo che un governo,uno dei precedenti a questo, ha concesso ad una compagnia inglese di trivellare nell'Adriatico.
Gesù è venuto nel mondo per morire (lo dice chiaramente a suo padre e a sua madre a 12 anni quando lo ritrovano nel Tempio coi dottori della Legge) e così liberarci dal potere di satana - tuttavia la sua natura umana si ribella a questo Sacrificio - e qui Lui fa vedere Chi è: l'unico sulla terra che accetti da dio Padre di Sacrificarsi per un altro ... e così noi dobbiamo seguirlo sulla via della Croce ... ma a noi si chiudono gli occhi per la tristezza, così chiediamo a Dio Padre di farci entrare "un pochino" ma di farci uscire subito dalla prova della Passione (perché la nostra natura si ribella e il nostro cuore non è santo forte e divino come quello di Gesù ma è un cuore ancora ferito dal peccato). Ora: dire "non ci abbandonare" significa che non si capisce come mai siamo nella tentazione! Satana non può fare nulla senza il Permesso di Dio. Satana tenta solo - e nella misura in cui - Dio voglia e disponga nei minimi particolari. Se con Adamo siamo stati supponenti nella Tentazione nella sequela di Cristo possiamo essere deboli come Pietro. allora dobbiamo chiedere quello che ha chiesto Gesù: "passi da me questo Calice (non mi indurre in tentazione) ma non ciò che Io voglio ma ciò che Tu vuoi!" questo significa "non ci indurre in tentazione". Se diciamo solo non ci abbandonare abbiamo eliminato la Purificazione e la lotta che il Cristiano deve passare per stare vicino al signore! E tutto diventa soltanto un chiedere a Dio di aiutarci nelle difficoltà. Insomma: da una Preghiera piena di Mistero e di Agonia diventa una Preghiera corretta moralmente e facile che, va bene sempre e comunque, e non coglie di conseguenza la Potenza dei Tre giorni di Passione. Signore, io non vorrei entrare ma, siccome ci sei entrato tu per primo, fammi entrare ma solo per un pò ... e se dovessi cadere in tentazione, in ogni caso, Liberaci dal potere del maligno". Altrimenti la stessa cosa sarebbe ripetuta due volte: non ci abbandonare al Male e ... liberaci dal Male! Invece è: Fammi entrare nella Prova giusta ma non farmi cadere nella Tentazione sbagliata ... ma liberaci dal male (se vi dovessimo cadere ancora!).
Rosario Del Vecchio
Aggiornamento del Padre Nostro e prima lettera di San Paolo ai Corinzi (1Cor 10,13)... E adesso?...
<<[...] Nessuna tentazione, superiore alle forze umane, vi ha sorpresi; Dio infatti è degno di fede e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze ma, insieme con la tentazione, vi darà anche il modo di uscirne per poterla sostenere. [...]>>
L'ha già scritto Rosario Del Vecchio e vorrei solo aggiungere qualche rimando alla Scrittura, proprio perché la neochiesa protestantizzata pare incapace persino di far tesoro della Parola dopo aver fatto strame della Tradizione e con cattive intenzioni sui Sacramenti.
Dio non tenta, ma permette le tentazioni (Giacomo 1,12-15) e la fede, messa alla prova, conduce alla pazienza. La prova è quindi fonte di gaudio per manifestare a Dio la nostra fedeltà e il nostro amore. Dio non è "il mandante dei cattivi", che sarebbero così giustificati nel loro cattivo agire che asseconda la concupiscenza.
La concupiscenza riassume la trasgressione al IX e al X comandamento e almeno quattro vizi capitali (lussuria, gola, superbia e avidità), che il demonio sintetizzò tentando Gesù nel deserto (soddisfare bisogni materiali, disporre della natura, potere sui regni terreni).
Dio mette alla prova permettendo la tentazione e chiedendo obbedienza: Adamo ed Eva, Abramo con Isacco (Gen 22,1), Mosè (Es 15,25 e 164), i comandamenti (Es 20,20 Dt 8,2 e 13,4).
Dio è padre e ci educa con sapienza, senza chiederci oltre le nostre forze.
(1 Cor 10,13; 2Pt 2,9; Ap 2,10).
Quindi la nuova traduzione "non abbandonarci alla tentazione", oltre a non significare qualcosa di sensato in se stessa (infatti usa un verbo che nel testo non c'è per dire un'azione che non c'è, chiedendo a Dio che non faccia quel che non fa mai, rivolgendosi alla tentazione come complemento di termine invece che come stato in luogo e moto a luogo), sembra negare ogni finalità alla tentazione che è invece permessa da Dio per purificare e accrescere la nostra fede ed essere abitati dalla grazia di Dio.
Noi, soggetti alle conseguenze del peccato originale, bisognosi di essere salvati, bisognosi che Dio operi in noi la salvezza, possiamo chiedere con fiducia, su suggerimento di Gesù in persona, che le prove non siano troppe. Ma servono ad essere liberati dal male, cioè dalla concupiscenza che è della carne e del mondo e che satana utilizza per farci peccare, allontanandoci dalla grazia di Dio e dal ritorno alla casa del Padre.
Santa Messa odierna
Prima lettura
In quel tempo, sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo.
Sarà un tempo di angoscia, come non c'era stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro.
Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l'infamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre.
Vorrei segnalare che Michele, invocato nella lotta contro satana e gli altri spiriti maligni (vaganti per il mondo per perdere le anime), sorgerà secondo il volere di Dio trovando splendenti coloro che avranno "indotto molti alla giustizia".
Toh!... Ma va!? Oh, ma allora?... Indurre non aveva solo "un'accezione negativa" incomprensibile se in relazione alla tentazione (automaticamente confusa con il peccato)??
Questa neochiesa che accelera a fari spenti e non induce a passi indietro, secondo chi è?
18 novembre 1893. Non bisogna perciò negare che i sacri Libri non siano avvolti da una certa religiosa oscurità, per cui nessuno può accedere ad essi senza una qualche guida: avendo così provvidamente disposto Dio, secondo l'opinione comune dei santi padri, affinché gli uomini si sentissero spronati a studiarli con maggior desiderio e diligenza e perché si imprimessero poi più profondamente nelle loro menti e nei loro animi quelle verità tanto laboriosamente acquistate, e perché comprendessero soprattutto che Dio affidò le Scritture alla chiesa, della quale debbono servirsi come di sicurissima guida e maestra nel leggere e trattare le sue parole. Infatti già s. Ireneo insegnava che si deve apprendere la verità là, ove sono posti i carismi del Signore, e che senza alcun pericolo vengono esposte le Scritture da coloro presso cui si trova la successione apostolica. Il concilio Vaticano abbracciò certamente la dottrina di questo e degli altri Padri quando, rinnovando il decreto tridentino riguardo l'interpretazione della parola divina scritta, "dichiarò essere tale il suo giudizio che nelle cose riguardanti la fede e i costumi appartenenti all'edificazione della dottrina cristiana, sia da ritenersi quale autentico senso della sacra Scrittura quello che tenne e tiene la santa madre chiesa, cui spetta giudicare del vero senso e dell'interpretazione delle sante Scritture; e che perciò non è permesso ad alcuno interpretare la stessa sacra Scrittura contro questo senso o anche contro l'unanime consenso dei Padri".
Da SS Leone XIII
Providentissimus Deus
Mah , io mi dico: se devo evolvere fino a che Cristo viva in me ( S.Paolo) ed operi attraverso me , dovro' assomigliargli sempre piu' e come faccio ad amarlo sempre piu' , ad essergli fedele sempre piu' , a parole ? L'Eterno Padre vorra' i fatti , vorra' vedere crescere la mia somiglianza , vorra' mettermi alla prova affinche' io acquisti quante piu' virtu', vorra' vedere fin dove si spinge la mia buona volonta' .. vorra' vefere quanto e' ardente la mia fede..
“Qui si fa la volontà di Dio, come vuole Dio e fino a quando vuole Dio”.
http://www.santiebeati.it/dettaglio/35000
Dio non tenta ma permette la tentazione (però questa non potrebbe avvenire senza la volontà di Dio).
Giusto. Chi ci tenta è il demonio, detto anche "il Tentatore" per eccellenza. Ma il
demonio non potrebbe tentarci senza il permesso di Dio. Si potrebbe allora dire che
è volontà di Dio che noi si sia tentati attraverso il demonio?
Il permesso non è un ordine, tuttavia la volontà non vi è assente. Se mio padre mi
dice di uscire di casa, mi dà un ordine, quella è la sua volontà. Se invece, esco
io di casa, dopo aver chiesto il permesso a mio padre, e lui me lo ha dato il permesso,
allora posso dire che la volontà di mio padre mi ha permesso di uscire di casa, aderendo alla mia richiesta. Quindi, nel permesso la volontà gioca un ruolo, non è assente. Chi concede il permesso lo fa con la sua volontà partecipando in modo mediato all'azione di chi ha chiesto il permesso. Il permesso si può anche rifiutare.
Ora, nel caso della tentazione, dobbiamo dire che Dio ci permette di essere tentati a fare una cosa cattiva, autorizzando (Dio) con la sua volontà l'istigazione del demonio, che approfitta della nostra debolezza. Pertanto, che in una certa misura Dio "vuole" che noi siamo confrontati con la possibilità di compiere il male anche se poi il male lo compiamo noi, non Dio. Lo compiamo noi perché non siamo capaci di servirci dei mezzi che Lui stesso ci offre per resistere, dalla preghiera al giusto discernimento delle nostre cattive inclinazioni.
L'espressione "non ci indurre in tentazione" sembra comunque più forte del semplice "permettere". Qui sembra apparire un mistero, che riconduce in ultimo al mistero della predestinazione. In 2 Cor 12, 7, san Paolo scrive: "..mi è stata messa nelle carni una spina, un angelo di satana, incaricato di schiaffeggiarmi, perchè non mi insuperbisca..". Ma chi può aver messo l'angelo di satana nelle carni dell'apostolo se non la volontà di Dio? Quindi, Dio non si limitava a permettere che s. Paolo fosse tentato, come spettatore neutrale, voleva che lo fosse, tramite satana, per provarlo e non farlo insuperbire. E'Dio allora che ci induce in tentazione servendosi dello spirito del male. (Forse allora nel "sed libera nos a malo", si deve intendere il Maligno).
Nella sua onniscienza Dio sa già chi saprà resistere e chi no. E chi, dopo aver ceduto, ricorrerà alla sua Grazia, pentendosi ed emendandosi. Ma quando non si sa resistere alla tentazione, vuol dire che Dio non ci ha concesso la grazia sufficiente a restistere? Perché non abbiamo resistito mentre altre volte ci siamo riusciti e altri ci sono riusciti? Se non ce l'ha concessa voleva che provassimo l'umiliazione del peccato per poter risorgere in Cristo? Però tutti quelli che non risorgono dall'umiliazione del peccato erano allora predestinati a non ricevere quella Grazia, senza la quale non possiamo resistere alla tentazione, ossia predestinati alla dannazione?
R.
@ anonimo delle 19.31:
Attenzione, non esiste una predestinazione da parte di Dio alla dannazione (questa è una falsa dottrina protestante, in particolare calvinista).
Il tema della predestinazione è trattato bene e sinteticamente a questo link:
https://www.amicidomenicani.it/la-predestinazione-secondo-i-calvinisti-e-i-cattolici/
Ricordiamo comunque che si tratta di un mistero.
Nella sua onniscienza Dio sa già chi saprà resistere e chi no.
Che nell'onniscenza di Dio ci sia chi sa resistere e chi no, non significa che la salvezza prescinda dal libero arbitrio che il discorso di anonimo 19:31 mi pare abbia tagliato fuori del tutto.
Inoltre piccola chiosa: "non saper resistere" non equivale a "non voler resistere". Ricordiamoci che c'è sempre in ballo la volontà. Pace in terra agli uomini di "buona volontà".
Non sapere puo' essere legato alla fragilità ed è superabile con l'aiuto della grazia (ma bisogna volerlo e disporsi), non volere implica il rifiuto... E poi c'è lo spazio del mistero...
Non esiste una predestinazione alla dannazione
Giusto. Proprio per questo ho messo il punto interrogativo all'ultima riga del mio intervento. E'una conclusione cui non possiamo arrivare, se vogliamo mantenere la retta dottrina. Però questo dimostra che ci troviamo sempre di fronte ad un mistero. E nel
"non ci indurre in tentazione" si riverbera quel mistero oppure no? In questa frase non c'è forse qualcosa di irrisolto, dal nostro punto di vista umano, nel senso che fa resistenza ad una comprensione che non sia costretta a ricorrere al mistero? Il quale mistero è poi sempre quello, alla base, della predestinazione.
I due concetti base della predestinazione li accettiamo per fede, consci dei nostri limiti intellettuali, ma razionalmente riusciamo a collegarli? 1. "Che alcuni siano salvati, è dono di Colui che salva". 2. "Che alcuni periscano, è colpa di coloro che periscono".
Circa il non saper resistere e il non voler resistere. La questione è forse più complessa di come sembri. Lettera ai Romani, cap. 7 sulla lotta tra la carne e lo spirito: "Sappiamo infatti che la Legge è spirituale ma io sono carnale, venduto quasi come schiavo al peccato. Non comprendo quel che faccio perchè non faccio quel che vorrei io, ma quello che non voglio [...] Io so che il bene non abita in me, cioè nella mia carne; una volontà di bene c'è senza dubbio in me, ma non ha la forza di compierlo [...] Io riscontro dunque in me questa legge, che volendo fare il bene mi si presenta il male. Difatti provo diletto nella legge di Dio, secondo l'uomo interiore; ma vedo nelle mie membra un'altra legge, che lotta contro la legge della mia mente e che mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte?"(11-24).
Mi libererà la fede in Cristo, secondo la retta dottrina della Chiesa ma solo se la Grazia renderà il mio intelletto e la mia volontà così forti da vincere (con le buone opere) la "legge del peccato" che altrimenti domina nelle mie membra.
R.
Il libero arbitrio non c'entra
La domanda senza risposta da parte dell'uomo è questa: se, nella sua onniscienza Dio sa già chi si salverà e chi, rifiutando con il suo libero arbitrio la Grazia, andrà in perdizione, perché lascia che venga al mondo? Voglio dire: accanto a chi si salverà permette che nasca anche chi, a Lui già noto nel suo destino ultimo, non si salverà?
Se poi la salvezza è un dono gratuito di Dio, il libero arbitrio di chi si salva conta sì ma sino ad un certo punto. O no? Ci deve comunque essere, l'esercizio del nostro libero arbitrio, perché nessuno di noi sa chi si salverà e chi no e quindi deve darsi da fare in questa vita per esser trovato giusto alla sua fine . Ed è espressamente richiesto dal Signore ("bussate e vi sarà aperto"etc).
Però, resta resta sempre il mistero. "Quindi Egli usa misericordia a chi vuole e indurisce chi vuole. Ma tu mi dirai: E perché allora muove rimproveri a chi resiste alla sua volontà?...O uomo, piuttosto chi sei tu che vuoi discutere con Dio? Il vaso d'argilla chiederà forse a chi l'ha formato: perché mi hai fatto così?"(Rm 9, 18 ss.).
San Paolo ad un certo punto (sempre divinamente ispirato) tronca la discussione.
R.
Mi libererà la fede in Cristo, secondo la retta dottrina della Chiesa ma solo se la Grazia renderà il mio intelletto e la mia volontà così forti da vincere (con le buone opere) la "legge del peccato" che altrimenti domina nelle mie membra.
Fede in Cristo non è il credere intellettuale, è adesione alla Sua Persona. E "aderire" significa non semplicemente "assentire" ma "attaccarsi" (Vieni e seguimi, cioè vivi con me, dove sono io, nella mia casa, questa è stata la sequela dei 12 divenuti Apostoli su cui pure siamo fondati)... mi viene in mente che in ebraico fede= emunah (che è contemporaneamente verità, fedeltà). Quando diciamo Amen= così è...
La grazia (e relativi effetti) è conseguente, è una realtà contestuale (come è accaduto all'emorroissa quando ha toccato il lembo del mantello) e non penso possa comprendere il "solo se".
La legge del peccato non la vinciamo con le buone opere, ma con l'adesione a Cristo Signore che ci rende capaci di compierle.
Ci sono cattolici che non realizzano la gravità della situazione neppure alla millesima modifica che si sono visti infliggere della modalità della fede che hanno ricevuto, sempre pronti a fare professione di "obbedienza" che poi è tutto tranne che obbedienza: talora è semplice conformismo, in altri casi si tratta di gregarismo pecoreccio, in altri casi ancora è l'idea e la voglia di stare sempre dalla parte dell'autorità e del potere, talvolta semplice stupidità, in altri ancora debolezza della propria fede che necessità di appoggiarsi sull'autorità e venendo le scelte di questa messe in discussione temono di perdere la fede,, poi non mancano quelli che puntano un nemico X e si schierano automaticamente dalla parte opposta.
Se è vero che oggi sorgono come funghi canonisti, liturgisti traduttori di greco e di latino e teologi improvvisati è anche perché una gran quantità di cattolici reagisce stupefatta all'ardire di una parte della Gerarchia che crede di poter rimodellare, un po' alla volta, a piccole ma ripetute dosi, tutto quello che è stato il cattolicesimo, dai suoi contenuti alle sue forme. ora, questa reazione può essere maldestra quanto si vuole, talvolta può passare pure il segno e, ahimè e dato costante, inclinare verso forme inadatte allo stile cattolico e pure pacchiane. Ma certamente si tratta almeno di una reazione, anche delle funzioni cerebrali, che, dall'altra parte si segnalano come piatte o appiattite.
Piero Mainardi
Perciò noi lottiamo per consegnare all'Immacolata lo scettro di comando su ogni anima.
Infatti, se Ella riesce solo a entrare in un anima -benché ancora miserabile, degradata nei peccati e nei vizi- non può permettere che essa si perda, ma subito le ottiene la grazia dell'illuminazione per l'intelligenza, della forza per la volontà affinché si ravveda e si rialzi.
"Per Maria Immacolata a Gesù": ecco la nostra parola d'ordine.
SK1094
San Massimiliano Maria Kolbe
Il cambiamento al Padre Nostro: che sciocchezza! Il Papa e i Vescovi credono che i fedeli siano degli ingenui? Per 2000 anni, le generazioni cristiane hanno pregato col Padre Nostro secondo la traduzione di san Gerolamo fedele al testo originale! E senza scandalizzarsi! Allora sapevano correggere il loro modo di pensare adeguandolo al significato che ha il testo del Vangelo, mentre oggi si vuole cambiare il testo del Vangelo adeguandolo al nostro modo di pensare! Non basta forse spiegare rettamente il significato delle parole del Vangelo nelle omelie? Non è forse questo uno degli scopi della catechesi? E poi, perché non cambiano allora, a maggior motivo, s. Marco 1,12 ("Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana") e di s. Luca 4,1 ("si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo") dove l'iniziativa è presa dallo stesso Spirito Santo?
La passione di Gesù.
La crocifissione di Gesù
20 novembre
Punto V – La crocifissione è ormai finita; viene quindi attaccata in cima alla croce una tavoletta he porta scritto “Gesù Nazareno Re dei Giudei”. Così viene reso noto a tutto il mondo che dopo, tanti processi e tanto chiasso, non è stato trovato nessun motivo all’ infuori di questo per condannare a morte Gesù. I Giudei si lamentano con Pilato perché ha fatto scrivere quelle parole, ma per disposizione celeste costui li mette a tacere, ordinando che ciò che è stato scritto resti tale e quale. E’ verissimo che Gesù ha detto di essere Re e, a dispetto dei Giudei, lo sarà sempre, nella morte e dopo la morte.
Riflessione – Prima di tutto Gesù è sommo Sacerdote perché sull’altare della croce offre se stesso in sacrificio al Padre e poi è anche Re perché, ancora sulla croce, fonda il regno della sua Chiesa e lo dilata fino ai confini del mondo. Ora bisogna che si veda realizzata l’antica profezia secondo la quale genti di tutte le lingue avrebbero formato quel Regno; per questo l’iscrizione è fatta con caratteri greci, ebraici e latini. Rifletti, anima mia, come tutto sia compreso nella prima parola di questa scritta: Gesù. Egli viene crocifisso per il solo motivo di essere Gesù, cioè il Salvatore; lo scopo della sua morte quindi è solo questo: salvare i peccatori. Egli inoltre è Dio e Uomo, perciò, mentre la sua umanità patisce, lampeggia sopra il suo capo la potenza divina per dimostrare che Egli è Re universale, sia degli eletti che credono e sperano in Lui, sia dei reprobi che lo odiano.
Colloquio – Gesù, mio Salvatore, mio Re e mio Dio, è consolante vedere come la tua innocenza e la tua gloria risplendano tra tante calunnie e tanto disonore. Sono felice che quella scritta faccia sapere a tutti, a dispetto dei tuoi nemici, che sei un Re divino, superiore a tutti i re della terra; così l’Eterno Padre ha voluto che fosse così, e così sarà per sempre. Se un giorno potrò entrare nel regno eterno, lo dovrò alla tua misericordia, ma anche se mi perderò, non potrò fare a meno di riconoscere in te il mio Sovrano, colui che mi farà gemere in eterno sotto i flagelli della sua giustizia. Infatti il reprobo è costretto a renderti gloria non meno di una stella del firmamento. Gesù mio, io voglio benedirti come mio Dio e mio Re con fede viva e profondo amore per poter sperare di farlo anche in paradiso; ma ti supplico, non permettere che io, diventato un peccatore impenitente, ti maledica disperato per l’eternità. Riconosco e adoro la tua regalità e mi dichiaro pronto ad ubbidirti come piace a te. Abbi pietà di me, Gesù Nazareno Re dei Giudei, e di tutti quelli che credono e sperano in te.
Pratica – Ogni volta che guarderò o mediterò il Crocifisso, mi ricorderò della scritta sulla croce e ripeterò con fede che quest’uomo dei dolori è vero Dio. Se la mia fede sarà grande, ancora di più lo sarà la mia crescita spirituale.
Vestiti infetti di Scabbia, Hiv, meningite, sifilide e tubercolosi, buttati da “Medici Senza Frontiere” nei porti italiani.
Indagati i membri di Medici senza frontiere. Scaricavano in Italia i vestiti infetti dei migranti malati senza segnalarne mai la pericolosità. Le carte dell'inchiesta.
http://m.ilgiornale.it/news/2018/11/20/sui-vestiti-smaltiti-da-aquarius-infezioni-di-meningite-hiv-tbc/1604477/
Il deputato di Fratelli d'Italia Carlo Fidanza vi spiega in 10 minuti tutto quello che non è stato detto sulla vicenda delle carte di credito ai presunti profughi fornite dall'UNHCR in Grecia e sul ruolo di Soros nell'intricata rete di ONG e movimenti di fondi pro-migranti. Da guardare fino alla fine e diffondere in rete!
https://www.facebook.com/giorgiameloni.paginaufficiale/videos/1932166213518558/UzpfSTE1NDU3MjczMDc6Vks6MTcxMzE2ODgyMjEyMDc2OQ/
La sinistra difende l'Aquarius: "C'è accanimento giudiziario"
http://www.ilgiornale.it/news/politica/sinistra-resta-sullaquarius-c-accanimento-giudiziario-1604622.html
Se anche fosse tutto confermato non cambiera' una virgola per via della magistratura .
E Carlotta Sami, portavoce italiana dell'agenzia Onu, ne ha scritto la prefazione.
Quel libro pro accoglienza dell'Onu che finisce sui banchi scolastici
L'Unhcr sponsorizza un testo di propaganda sui profughi destinato ai bambini delle scuole .
http://www.ilgiornale.it/news/politica/libro-pro-accoglienza-dellonu-che-finisce-sui-banchi-1604641.html
E il progetto Kissinger e co. va avanti
Risposta a mic @ 23:41
non comprendo cosa c'entri la critica di intellettualismo rivolta alla mia frase, che ricordava come la fede consista nella adesione del nostro intelletto e della nostra volontà alla rivelazione. Certo, non è la definizione del catechismo (la fede è "virtù soprannaturale infusa") ma aveva un significato del tutto corretto nell'ambito del discorso che stavo facendo, poiché, se, convertito alla fede, il Signore non illumina con la sua Grazia il mio intelletto e la mia volontà, come faccio a compiere il bene?
Né comprendo la critica al riferimento sulle opere, come se io avessi detto che bastano le opere per la salvezza. In Rm 7, 11 ss., s. Paolo sta parlando proprio delle opere: come mai io faccio le cattive opere che non voglio fare, perché non so resistere alla forza del peccato in me. E'il contrasto tra lo spirito e la carne ma non in astratto bensì in concreto nel comportamento pratico, spesso contrario alla legge di Dio. Come fare allora la buona opeera costituita già dal resistere alla tentazione e compiere il bene? Appunto con l'aiuto imprescindibile della Grazia, che mi vine data grazie alla fede, al quale grazia renderà il mio intelletto e la mia volontà così forti da poter compiere le buone opere necessarie alla salvezza, a cominciare dal resistere alla tentazione, alla "legge del peccato" in me.
non vedo l'eresia, dove sarebbe?
R.
Non avevo intenzione di criticare; la mia era piuttosto una risonanza...
Analisi chiara e garbata
https://www.lamadredellachiesa.it/approvata-dalla-cei-la-nuova-versione-del-messale-romano-forti-polemiche-tra-i-cattolici-sulla-modifica-del-padre-nostro/
IL TESTO "Non ci indurre in tentazione", il Catechismo
ECCLESIA20-11-2018
«Questa domanda va alla radice della precedente, perché i nostri peccati sono frutto del consenso alla tentazione. Noi chiediamo al Padre nostro di non “indurci” in essa.....»
VI. Non ci indurre in tentazione
[2846] Questa domanda va alla radice della precedente, perché i nostri peccati sono frutto del consenso alla tentazione. Noi chiediamo al Padre nostro di non “indurci” in essa. Tradurre con una sola parola il termine greco è difficile: significa “non permettere di entrare in” (Cf Mt 26,41) “non lasciarci soccombere alla tentazione”. «Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male» (Gc 1,13); al contrario, vuole liberarcene. Noi gli chiediamo di non lasciarci prendere la strada che conduce al peccato. Siamo impegnati nella lotta “tra la carne e lo Spirito”. Questa richiesta implora lo Spirito di discernimento e di fortezza.
[2847] Lo Spirito Santo ci porta a discernere tra la prova, necessaria alla crescita dell’uomo interiore (Cf Lc 8,13-15; At 14,22; 2Tm 3,12) in vista di una «virtù provata» (Rm 5,3-5) e la tentazione, che conduce al peccato e alla morte (Cf Gc 1,14-15). Dobbiamo anche distinguere tra “essere tentati” e “consentire” alla tentazione. Infine, il discernimento smaschera la menzogna della tentazione: apparentemente il suo oggetto è «buono, gradito agli occhi e desiderabile» (Gen 3,6), mentre, in realtà, il suo frutto è la morte.
«Dio non vuole costringere al bene: vuole esseri liberi... La tentazione ha una sua utilità. Tutti, all’infuori di Dio, ignorano ciò che l’anima nostra ha ricevuto da Dio; lo ignoriamo perfino noi. Ma la tentazione lo svela, per insegnarci a conoscere noi stessi e, in tal modo, a scoprire ai nostri occhi la nostra miseria e per obbligarci a rendere grazie per i beni che la tentazione ci ha messo in grado di riconoscere» (Origene, De oratione 29).
[2848] “Non entrare nella tentazione” implica una decisione del cuore: «Là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore... Nessuno può servire a due padroni» (Mt 6,21; Mt 6,24). «Se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito» (Gal 5,25). In questo “consenso” allo Spirito Santo il Padre ci dà la forza. «Nessuna tentazione vi ha finora sorpresi se non umana; infatti Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscita e la forza per sopportarla» (1Cor 10,13).
[2849] Il combattimento e la vittoria sono possibili solo nella preghiera. È per mezzo della sua preghiera che Gesù è vittorioso sul Tentatore, fin dall’inizio (Cf Mt 4,1-11) e nell’ultimo combattimento della sua agonia (Cf Mt 26,36-44). Ed è al suo combattimento e alla sua agonia che Cristo ci unisce in questa domanda al Padre nostro. La vigilanza del cuore, in unione alla sua, è richiamata insistentemente (Cf Mc 13,9; Mc 13,23; Mc 13,33-37; 2849 Mc 14,38; Lc 12,35-40). La vigilanza è “custodia del cuore” e Gesù chiede al Padre di custodirci nel suo Nome (Cf Gv 17,11). Lo Spirito Santo opera per suscitare in noi, senza posa, questa vigilanza (Cf 1Cor 16,13; Col 4,2; 1Ts 5,6; 1Pt 5,8). Questa richiesta acquista tutto il suo significato drammatico in rapporto alla tentazione finale del nostro combattimento quaggiù; implora la perseveranza finale. «Ecco, Io vengo come un ladro. Beato chi è vigilante» (Ap 16,15).
http://lanuovabq.it/it/non-ci-indurre-in-tentazione-il-catechismo
Solo con la preghiera è possibile vincere la tentazione
E' vero. Con la preghiera otteniamo misericordia e di migliorare il nostro proprio discernimento.
Di fare un esame di coscienza sempre più approfondito che ci permetta di capire sempre meglio perché ad esempio siamo inclini a cedere a certe tentazioni. INsomma a guardare dentro noi stessi come se ci vedessimo da fuori, come se ci vedessero gli altri. La preghiera ci dà il coraggio e la lucidità di chiedere a Dio di insegnarci a vedere tutta la bruttezza del peccato, quale che sia. Noi la vediamo questa bruttezza quando sono gli altri a peccare, magari contro di noi. Ma bisogna vederla quando siamo noi invece a peccare. Vederla come Dio la vede, per così dire, dall'esterno, in modo assolutamente certo e obbiettivo, implacabile. Per così dire, poiché Dio vede simultaneamente l'esterno e l'interno, noi no. Con la preghiera otteniamo la grazia di fare o perfezionare i buoni ragionamenti (il giusto discernimento) che ci aiutano nella lotta contro il peccato ossia contro noi stessi.
Bella la riflessione suindicata : la lotta e' contro noi stessi .
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