Expertus potest credere, quid sit Iesum diligere.
«Chi ne ha fatto esperienza è in grado di credere che cosa sia amare Gesù». Non è una professione di modernismo; sono due versi di un inno medievale ripreso dall’Ufficio divino. Qui non si parla della fede quasi fosse un prodotto dell’esperienza umana, dato che essa nasce con la libera adesione, resa possibile dalla grazia e dall’aiuto interiore dello Spirito Santo, alle verità oggettive rivelate da Dio; qui si allude alla carità che, nella vita spirituale, in certi momenti può essere sperimentata per mezzo di una grazia sensibile di ineffabile dolcezza, che conosce soltanto chi l’ha provata. L’inno Dulcis Iesu memoria è un capolavoro attribuito a san Bernardo di Chiaravalle, che vi ha condensato la sua dottrina mistica: «O Gesù, speranza per i penitenti, quanto sei pietoso per chi ti desidera! quanto sei buono per chi ti cerca… ma che cosa sei per chi ti trova?».
Pregare con queste parole provoca sussulti di santa letizia, poiché esse esprimono la corrispondenza umana, per quanto debole e imperfetta, all’infinito amore divino che ci è comunicato dal nostro adorabile Salvatore. È così che, al culmine dello slancio, l’esultanza può tradursi in intima certezza di giungere un giorno a goderlo per tutta l’eternità: «O Gesù, sii la nostra gioia, tu che sarai il nostro premio; sia in te la nostra gloria, sempre e per tutti i secoli». Non è la fiducia temeraria di chi ignora la dura necessità del combattimento spirituale e trascura perciò l’ineludibile impegno di progredire giorno per giorno nella santificazione personale; è la soprannaturale persuasione che, dopo aver gustato la manna celeste che il Signore concede a chi lo riama, non Gli si può preferire più nulla al mondo. Non esiste potenza avversa capace di staccare l’anima dalla sua fonte di delizie senza fine, se non è essa stessa a volerlo o a cedere volontariamente alle lusinghe del demonio.
Quanto più si ascende nell’unione con Dio, indubbiamente, tanto più rovinose sono le eventuali ricadute, che fino all’estremo istante dell’esistenza terrena non si possono mai escludere del tutto, a meno che uno non meriti il raro privilegio di essere confermato in grazia. Per questo il dono del santo timore e la virtù dell’umiltà non devono mai affievolirsi in noi, dato che il nemico è sempre in agguato e che l’orgoglio è un animale mutante che si incolla all’anima come una sanguisuga e se ne distacca solo a prezzo di dolorose purificazioni. Certe esperienze, tuttavia, non sono concesse prima che l’anima abbia progredito abbastanza da non correre rischi eccessivi. Qualora un sacerdote si permetta eccezionalmente l’imprudenza di evocare pubblicamente un favore divino, lo fa contando sul fatto che il lancinante ricordo dei peccati passati e l’inestinguibile gratitudine per il perdono ricevuto soffoca sul nascere ogni reviviscenza di assurda vanità.
Lo scopo di certe confidenze non è di offrire una sorta di illusoria assicurazione per la vita eterna, ma unicamente quello di incoraggiare chi, ansimante ai remi della barca in tempesta, è fortemente tentato di scoraggiamento e rischia di perdere di vista il fatto che l’Amore lo avvolge da ogni parte, dispiegandosi nell’infallibile Provvidenza divina e nell’intercessione di una miriade di amici in cielo e sulla terra, con a capo la Regina degli Angeli e dei Santi, Madre di Dio e nostra. Se avessimo anche solo una vaga idea del modo in cui siamo continuamente e indefettibilmente amati, piangeremmo di gioia. Del resto il Signore non lesina le Sue grazie, ma le effonde in proporzione della gravità delle prove e anche oltre lo stretto necessario. Non imitiamo i modernisti nella loro piatta visione immanentistica del mondo e della Chiesa, ma chiediamo di poter spalancare gli occhi dello spirito sulle meraviglie invisibili che ci circondano, così da non lasciarci sfuggire i doni celesti.
Quanto più un regime si inasprisce, tanto più mostra la sua debolezza. Ciò è ben visibile in quello cinese, come pure in quello, analogo, che ha occupato i vertici della Chiesa Cattolica. Ma «noi siamo stati liberati come un uccello dal laccio dei cacciatori: il laccio si è spezzato e noi siamo scampati» (Sal 123, 7): è il laccio mentale dell’indottrinamento vaticansecondista e dell’acquiescenza acritica ad ogni abuso di autorità. Se ne facciano una ragione: è finita, non ci riacchiappano più. Di irreversibile, qui, c’è solo il nostro ritorno alle sorgenti perenni della Tradizione, non certo le loro innovazioni senza radici. Se davvero stanno per proibire la Messa antica (o per limitarla ad ambienti ben circoscritti che sperano di sottomettere a breve), questo non ci turba affatto. Non possono impedire ai sacerdoti di celebrare nella forma che preferiscono, neanche abrogando il Summorum Pontificum. Se ci tolgono le chiese, diremo Messa nelle case dei fedeli; per fermarci dovranno ucciderci. Qualora ci dichiarino scismatici per disobbedienza al papa, ciò non avrà alcun valore: l’obbedienza alla gerarchia è sì doverosa, ma solo fin dove è legittima, cioè non si oppone alla legge di Dio.
Ora, la Messa nella forma che ci è stata trasmessa in continuità fin dall’età apostolica (sia pure attraverso uno sviluppo organico e omogeneo) non può essere interdetta, né sostituita da un rito inventato a tavolino da un massone con il concorso di pastori protestanti, a dispetto del divieto di san Pio V. In realtà, è proprio chi tenta di escluderla che rischia di ritrovarsi in stato di scisma: di esso, infatti, ci si può rendere colpevoli anche con il rifiuto del patrimonio tradizionale che ci è stato consegnato fin dall’inizio ed è costitutivo della Chiesa, il quale comprende pure il culto istituito da Cristo. È discusso se il Signore abbia fissato i riti sacramentali in generale o nei singoli dettagli, ma le determinazioni che l’autorità ecclesiastica ha effettuato nel corso dei secoli, in ogni caso, riposano sul potere che il Fondatore stesso le ha conferito e non toccano la sostanza dei Sacramenti. Con la cosiddetta “riforma liturgica”, invece, si è andati a offuscare – pur senza comprometterne la validità – il carattere sacrificale dell’Eucaristia e la fede nella Presenza reale, al punto che molti chierici non ci credono più e la considerano semplicemente un simbolo.
Scismatici, quindi, semmai saranno loro. Piuttosto che agitare una minaccia del genere, faranno meglio a farsi un giro e a rinfrescarsi un po’ le idee sulla dottrina cattolica; a noi le loro chiacchiere non fanno né caldo né freddo. L’importante è che non offriamo pubblicamente pretesti per farci sanzionare a ragione; basta andare avanti nell’ombra senza deflettere di un millimetro dalla direzione intrapresa. Prima o poi il Signore interverrà – e ho motivo di temere che si servirà proprio di quegli islamici che gli apostati stanno accogliendo a braccia aperte, finché non si ritrovino con un pugnale alla gola… Ricordate il 1527? La storia insegna. Questa volta non c’è bisogno di lanzichenecchi che calino da settentrione [vedi]: abbiamo già in casa migliaia di estremisti. Come ho già scritto, abbiamo tutto l’interesse a mantenere rapporti cordiali con i musulmani non ideologizzati, così che non cadano nella trappola della propaganda terroristica [ma anche nella speranza di convertirli]; se però dovessero trovarsi costretti a scegliere tra la propria vita e la nostra, quanti di loro ci difenderebbero?
Vedete allora quant’è importante coltivare l’unione con Cristo in un dialogo amoroso sempre più intimo e confidente? Se vorrà risparmiarci, riusciremo a sopportare la prova rendendogli coraggiosa testimonianza con una letizia soprannaturale; se ci chiederà il martirio, Gli andremo incontro con l’ardore di una sposa novella. In un caso come nell’altro, la Sua gloria potrà risplendere in noi – e non c’è felicità più grande, per chi ama, che se l’amato è riconosciuto ed esaltato per quello che merita. Nessuno potrà toglierci questa gioia: ce l’ha promesso Lui. Il parto è un processo che causa dolore e afflizione; ma, appena si è concluso, la madre dimentica tutto per la gioia di stringere il figlio al seno (cf. Gv 26, 20-23). Mi raccomando: passate più tempo col Vangelo sotto gli occhi, ad ascoltare la voce dell’Amato, di quello che passate a navigare nella Rete. Perché Gesù sia un giorno il nostro premio, bisogna che sia fin d’ora il nostro gaudio.
Vorrei segnalare un testo molto utile per comprendere la situazione presente della Chiesa. Si tratta di Dalla Càbala al Progressismo tradotto per la prima volta integralmente da effedieffe. Aggiungo anche il link alla presentazione scritta da Don Curzio Nitoglia di questo bellissimo libro.
RispondiEliminahttps://www.effedieffeshop.com/dalla-cabala-al-progressismo/
https://doncurzionitoglia.wordpress.com/2018/12/07/julio-meinvielle-dalla-cabala-al-progressismo/
La via della salvezza è via di fede, ma anche via mistica, le consolazioni spirituali e le desolazioni fanno parte della salita al Carmelo.Il discernimento degli spiriti è essenziale per comprendere donde arrivino, ma la pace promessa di Gesù,che non esclude e fa parte delle prove, è garanzia.Grazie a don Elia per la precisazione necessaria e puntuale.San Pio V parla di valore eterno del rito della Messa come egli l'ha stabiita, quindi alcuno la può revocare. Nullo quindi il Montini che ci provò prima dell'indulto dell'Agatha Cristhie. Validi anche i riti che ebbero all'epoca secoli di storia. Il rito attuale è valido? Lo era, lo è ancora in rari casi direi, ove si creda ancora alla Transustanziazione, ma spero di essere confermata in questa tesi. Però..se la gerarchia apostatò (tempo passato remoto), fu a causa del Papa (tempo passato remoto). Ora abbiamo un Papa? Questo è il dilemma odierno che deve trovare risposta: sarà gradita a Dio una comunione di intenzione con l'apostata? "Che è in comune tra Dio e Belial?".
RispondiEliminaNon pensi di offendere tutti i Cardinali elettori?
EliminaLi disistimi proprio tutti?
Non avrebbero invocato lo Spirito, anzi avrebbero zittito la voce di Dio che li ispirava nella scelta.
Tutti satanici? Proprio tutti?
È la collegialità che stupisce. Di solito ciò che è satanico si frantuma. Invece il Collegio cardinalizio è tuttora unito nella maggioranza: non uno che ritratti. Apriamo gli occhi sorella!
RispondiEliminail castigo che si annuncia potrebbe essere molto più grave del Sacco di Roma, perché molto più gravi sono i peccati dei preti, che nel Cinquecento non avevano attentato al dogma come oggi.
Data la gravità dei crimini contro la fede e la morale cattolica che parte consistente della presente Gerarchia sta perpetrando da decenni, più che il castigo del Sacco di Roma bisogna forse temere un castigo come quello della distruzione del Tempio e di Gerusalemme nel 70 dC.
Fu un castigo ben peggiore di quello subito dalla Roma papale nel 1527, pur grave. Gerusalemme forse non fu distrutta del tutto ma subì enormi devastazioni. Il Tempio invece andò completamenbte distrutto, esattamente secondo la profezia di Nostro Signore. Occhio a S. Pietro, dunque.
L'articolo cui si rinvia come fonte per il Sacco, non ricorda che anche le truppe spagnole ci diedero dentro di buona lena nei saccheggli e nelle uccisioni. Del resto, durante quelle "Guerre d'Italia", che si conclusero con la nostra servitù, durata poco più di tre secoli, gli spagnoli si erano acquistati fama di crudeltà ed efferatezza, anche se gli altri invasori non scherzavano di certo. Gli italiani partecipanti erano soprattutto sbandati affluiti in città e delinquenza locale. Le responsabilità di Clemente VII furono anche maggiori di quelle che appaiono dall'articolo. Aveva assoldato una valida compagnia di ventura italiana per difendere la città ma, irresoluto e timoroso com'era, la lincenziò proprio alla vigilia dell'attacco imperiale. C'era un esercito del Duca d'Urbino che avrebbe dovuto intercettare gli imperiali ma il Della Rovere si mosse con estrema lentezza, senza in sostanza far nulla. Il Duca d'Urbino ce l'aveva con il Papa perché un Papa gli aveva mosso guerra per dare il suo Stato ad un suo figlio naturale (del Papa). Erano le miserie e le magagne dell'Italia municipale e faziosa del tempo che fu, oggi però riemersa in grande stile, a quanto pare, come mostrano le cronache di ogni giorno.
Ma la giustizia divina si abbattè poi anche sui luterani. Dopo la guerra dei contadini appena finita nel 1525 con la strage dei contadini ribelli, le lotte civili e con l'imperatore cattolico cessate con la Pace di Augusta del 25.9. 1555 (cuius regio eius et religio), che sanzionò il compromesso tra cattolici e protestanti e la divisione religiosa dell'impero, scoppiò la Guerra dei Trent'anni (1618-1848), che fu eminentemente guerra di religione, durante la quale gran parte della Germania protestante fu ferocemente devastata.
Negli eserciti imperiali spagnoli combatterono efficacemente anchee truppe italiane ("napoletane", tra le migliori), restituendo ai tedeschi quello che avevano fatto a noi un secolo prima e non solo sul piano militare.
H.
RispondiEliminaErrore di stampa
Si legge, per la Guerra dei Trent'anni 1618- 1648 e non 1848. Grazie.
H.
"Mi raccomando: passate più tempo col Vangelo sotto gli occhi, ad ascoltare la voce dell'amato, di quello che passate a navigare nella Rete"
RispondiEliminaParole sante! La preghiera e la Scrittura sono più potenti delle nostre chiacchiere o dei nostri sfoghi, talora emotivi.
Maestro Aurelio Porfiri su canto liturgico e sacra liturgia.
RispondiEliminaIntervento alla conferenza “La questione liturgica oggi”. Rovereto, 13 ottobre 2018.
https://www.youtube.com/watch?v=-Y2pcQmM9E0
Formidabile analisi del rito romano - la forma straordinaria , la forma ordinaria , la forma "comune"(che naturalmene non si trova nei libri ). Ovvero "comune" a ciascun "creativo".
https://www.youtube.com/watch?v=-Y2pcQmM9E0
Testo suggerito :
La tazza rotta. Il rito risorsa dimenticata dell'umanità
Roberto Tagliaferri
Editore: EMP
Collana: Caro salutis cardo. Studi
Anno edizione: 2009
Azione suggerita da me : Adorazione , preghiera , celebrazione Sante Messe.
"... Di solito ciò che è satanico si frantuma..."
RispondiEliminaE' questione di tempo e di 'Altro', la frantumazione avviene spesso dopo decenni e decenni di coesione esteriore modello.
L'incontro di don Stefano Gobbi con i sacerdoti due settimane prima di morire, raccomandazioni. Da don Joseph Dwight
RispondiEliminahttps://gloria.tv/article/huuTap4ehutZ3nKdUgGQiTDpA