Libertà di religione. Nel documento della CTI una visione secolarizzata della religione.
di Silvio Brachetta
Dal 1969 è attiva la Commissione teologica internazionale (CTI), istituita da Paolo VI per «aiutare la Santa Sede e precipuamente la Congregazione per la Dottrina della Fede nell’esaminare delle questioni dottrinali di maggior importanza»[1]. L’ultima questione esaminata – in un recente documento[2] – è lo stato dell’arte della libertà religiosa nel nostro tempo, alla luce della Dignitatis humanae[3].
Il lettore trova ora le medesime difficoltà che aveva leggendo la Dignitatis humanae: non è quasi mai possibile distinguere se il discorso è da applicarsi a tutte le religioni o alla sola religione cristiana cattolica. S’intuisce, nella lettura, che il redattore chieda il rispetto della libertà religiosa da parte degli stati, in forza di un certo numero di elementi in comune tra le religioni, nella simultanea esposizione delle peculiarità del cattolicesimo. La redazione, tuttavia, è posta in modo che non si possa mettere a fuoco quali siano esattamente le analogie e le differenze tra il cattolicesimo e le altre credenze, generando in chi legge l’idea dell’equivalenza sostanziale di ogni religione. Non solo, ma si è portati a pensare che ci sia qualcosa al di sopra delle religioni – la libertà, appunto – che le trascende e le supera, come se la religione (in generale, ma la cattolica in particolare) fosse solo il penultimo orizzonte di senso per l’uomo.
Il magistero non evolve
Il documento si fonda su di un presupposto teologico errato: la «più approfondita intelligenza della fede» – della quale è espressione sia la Dignitatis humanae che il pronunciamento attuale – implicherebbe «una novità di prospettiva e un diverso atteggiamento a riguardo di alcune deduzioni e applicazioni del magistero antecedente»[4]. In altre parole, in questo come in altri casi, si avrebbe «una maturazione del pensiero del magistero»[5]. Il magistero della Chiesa, al contrario, non è il risultato di «deduzioni» o di un «pensiero», come se si trattasse di costruire una filosofia in continuo sviluppo verso la verità. Il magistero è l’insegnamento attraverso cui la Chiesa trasmette inalterato il deposito della fede, qualunque sia il livello storico dell’intelligenza della fede raggiunto da una data civiltà.
Certamente il cristianesimo ha sviluppato una teologia, che si basa pure su pensieri e deduzioni, ma il magistero non è teologia. Il magistero, inoltre, ha a che fare con l’unica e corretta interpretazione delle Sacre Scritture: una tale interpretazione proviene esclusivamente dalle parole e dalle opere dei santi (anche dottori della Chiesa) e dei martiri, non da un concilio, da un pontefice o da una commissione che si occupa di un aspetto della Rivelazione. I concili e i pontefici ratificano e confermano infallibilmente l’autorità dei santi e dei martiri, ma non la creano e, soprattutto, non la deducono da elucubrazioni umane. La stessa teologia non piega il dato della fede alla ragione ma, viceversa, piega la ragione al dato della fede, fermo restando che la ragione umile (guidata alla fede) non viene piegata, ma rafforzata.
È fuorviante, per questi motivi, scrivere di «evoluzione omogenea della dottrina»[6], perché si presta all’equivoco: il termine «evoluzione» porta istintivamente a pensare ad una trasformazione, ad un cambiamento della verità rivelata e del dogma.
Foro interno e foro esterno
E proprio nel nome dell’evoluzione, il documento è critico nei confronti del magistero precedente in tema di libertà religiosa. È critico soprattutto con la Mirari Vos[7] di Gregorio XVI e con la Quanta Cura[8] di Pio IX: le encicliche avrebbero espresso il magistero circa la libertà di coscienza non in quanto verità rivelata, ma viziate da contingenze storiche. Sorprende l’affermazione della CTI secondo cui i due pontefici si sarebbero pronunciati condannando la libertà di coscienza per via di «una certa configurazione ideologica dello Stato, che aveva interpretato la modernità della sfera pubblica come emancipazione dalla sfera religiosa». Non sono, però, le contingenze storiche che condizionano il magistero ordinario dei pontefici ma, al contrario, le contingenze storiche sono lette alla luce della Rivelazione.
In realtà il problema è un altro. Proprio a partire sulla dottrina circa la libertà di coscienza, la Mirari Vos e la Quanta Cura riespongono l’insegnamento della Chiesa secondo cui in foro interno – ovvero all’interno della coscienza di ognuno – l’uomo non può essere forzato a scegliere cosa credere, mentre in foro esterno – nella società – non si ha alcun diritto di professare l’errore. L’errore, infatti, provoca non solo peccati personali, ma incide sull’ordinamento stesso del consorzio umano: per questo, tra l’altro, si tratta di un insegnamento che fa parte della Dottrina sociale della Chiesa.
Pio IX, citando Gregorio XVI, in particolare, definisce un «delirio» il pensiero secondo il quale «la libertà di coscienza e dei culti» è un «diritto proprio di ciascun uomo, che si deve proclamare e stabilire per legge in ogni ben ordinata società», così che i cittadini abbiano «diritto ad una totale libertà»[9]. Non solo, ma nel Sillabo[10] allegato alla Quanta Cura è riconosciuto come falso il principio che concede a tutti «qualsivoglia culto», in modo che si possa «manifestare qualunque opinione e qualsiasi pensiero palesemente ed in pubblico»: si tratta dell’errore riconducibile all’«indifferentismo religioso».
Sovrastrutture a monte della religione
Nel pronunciamento della CTI non solo non è presente l’insegnamento summenzionato dei pontefici, ma è persino criticato, in vista del fatto che la dottrina dev’essere rivista alla luce del presente, in modo che possa subire l’evoluzione auspicata. Vengono, in tal modo, riproposti i quattro argomenti cardine della Dignitatis Humanae, tra cui quello dell’«integrità della persona umana», ossia «l’impossibilità di separare la sua libertà interiore dalla sua manifestazione pubblica»[11]. Se è certo che esista una tale impossibilità – poiché l’uomo opera quello che crede – è altrettanto certo (secondo il magistero) che lo Stato ha il dovere di reprimere le opere conseguenti a convincimenti errati. Non si può non prendere in considerazione che una cosa è il libero convincimento interiore e un’altra è la conseguenza pubblica che segue alla convinzione.
Si giunge così ad affermare il «principio di libertà religiosa ormai chiaramente definito in quanto diritto civile del cittadino»[12] e non già come espressione del magistero. Il tutto è rivisto, insomma, «in una prospettiva aperta alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo»[13]. Ritorna così di continuo il problema della sovrastruttura: a monte della religione – e a maggior ragione la cattolica – ci sarebbe, per i redattori del documento, un principio ultimo a cui dover rendere conto, che supera la legge di Dio e che corrisponde alle prospettive moderne dello stato liberale. Parrebbe, ci sarebbe, sembrerebbe: non si può fare a meno di usare il condizionale, perché il documento è ambiguo circa molti aspetti del magistero. Ritorna spesso il riferimento al «bene comune», senza tuttavia definirlo con precisione e senza relazionarlo chiaramente con la verità o con la necessità di aderire alla religione vera.
Religione in senso orizzontale
La CTI alle volte si esprime apoditticamente: c’è un «dovere morale di non agire mai contro il giudizio della propria coscienza – persino quando questa sia invincibilmente erronea», per cui esiste un «diritto della persona di non essere mai costretta da nessuno ad agire contro la propria coscienza, specialmente in materia religiosa»[14]. Non è esattamente così: il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che «l’essere umano deve sempre obbedire al giudizio certo della propria coscienza»[15]. La CTI, quindi, omette di dire che c’è sì il dovere morale di non agire contro la propria coscienza, ma solo se il giudizio è «certo». Proprio perché anche la CTI insiste sulla necessità della formazione di una coscienza retta, è strano che non insista con altrettanta forza sul dovere dello stato di contrastare i frutti di una scelta fondata sul giudizio di una coscienza (ancorché certa) vincibilmente o invincibilmente erronea.
C’è solo un riferimento – peraltro presente anche nella Dignitatis Humanae – al fatto che «le autorità civili hanno il dovere correlativo di rispettare e di far rispettare» il diritto alla libertà religiosa «nei giusti limiti del bene comune»[16]. Tutto qui. Non si ammette che le religioni acattoliche e l’eresia in genere sono fonti storiche di grandi ingiustizie e sconvolgimenti sociali, di cui il potere politico non ha mai potuto prescindere. È taciuta la regalità sociale di Cristo, è taciuto il fatto che «l’obbedienza della fede»[17] paolina è sì una libera adesione della coscienza, ma viene realizzata anche con l’educazione cristiana, che i genitori impartiscono obbligatoriamente ai propri figli.
C’è il riferimento alla «priorità della suprema signoria di Dio»[18], a cui bisogna obbedire, immediatamente contrastata però dal noto “ma” avversativo, proprio della teologia moderna. Questa obbedienza – continua la CTI – non è «tuttavia in alternativa al costituirsi di un legittimo potere di governo del popolo, che risponde a regole intrinseche […]»[19]. Al di là del gioco retorico, il ragionamento è chiaro: la suprema signoria di Dio viene prima di tutto, «tuttavia» (“ma” avversativo) lo stato ha regole intrinseche che possono avere la priorità sulla signoria di Dio.
Lo stato dunque, secondo il documento, deve solo prendere atto che vi è un diritto alla libertà religiosa, di qualunque religione si tratti. Le religioni – qualunque religione – sono tenute alla ricerca del dialogo e della pace, nel rifiuto della violenza. Anche qua l’attenzione è tutta orientata verso le sovrastrutture, espressione di un’idea orizzontale e secolarizzata della religione.
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Note[1] Dal Profilo della Commissione teologica internazionale, sul sito del Vaticano.
[2] Commissione teologica internazionale, La libertà religiosa per il bene di tutti. Approccio teologico alle sfide contemporanee, 21/03/2019.
[3] Concilio Vaticano II, Dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis Humanae, 07/12/1965.
[4] CTI, La libertà religiosa…, cit., n. 14.
[5] Ivi.
[6] Ibid. nn. 14, 27.
[7] Gregorio XVI, Lettera enciclica Mirari Vos, 15/08/1832.
[8] Pio IX, Lettera enciclica Quanta Cura, 08/12/1864.
[9] Pio IX, Quanta Cura, cit.
[10] Pio IX, Syllabus complectens praecipuos nostrae aetatis errores (Elenco contenente i principali errori del nostro tempo), n. LXXIX.
[11] CTI, La libertà religiosa…, cit., n. 18.
[12] Ibid. n. 22.
[13] Ibid. n. 16.
[14] Ibid. n. 40.
[15] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1790.
[16] CTI, La libertà religiosa…, cit., n. 40.
[17] Rm 1, 5.
[18] CTI, La libertà religiosa…, cit., n. 56.
[19] Ivi.
Anche in questo caso nulla di nuovo sotto il sole. Le affermazioni della CTI non sono altro che lo sviluppo delle nuove dottrine conciliari.
RispondiElimina"...qualunque sia il livello storico dell’intelligenza della fede raggiunto da una data civiltà..."
RispondiEliminaIl nostro (umano) livello di intelligenza si è abbassato di molto ( vedi mic ieri citazione René Guénon). Per accogliere la fede occorre una predisposizione intellettuale di buon livello, non necessariamente legata all'istruzione, ma legata ad una consuetudine di pensare e dire la verità, legata ad una capacità di percepire nel manifesto il completamente altro, legata ad una capacità di interrogarsi. E' sempre altissima la tentazione di trasformare la religione in ideologia e molti cascano in questa tentazione ma, da quello che ho notato nella vita, le persone che sinceramente ed onestamente credono in Dio, Uno e Trino, sono intellettualmente superiori, oltre che esserlo moralmente. Stiamo diventando idioti poichè non abbiamo più esercitato l'intelligenza, per amore della fede, nella fede, avendo anzi messo da parte la fede perchè non all'altezza della nostra intellettualità. La nostra intellettualità invero si è depauperata, è diventata ottusa dal momento che ha messo da parte la fede e lo sforzo di comprenderla nella sua verità.
https://www.lastampa.it/2019/05/25/vaticaninsider/largentino-padre-carlos-alberto-trovarelli-nuovo-ministro-generale-dei-frati-dassisi-GB8Phbn51j4O3svqyoLOjI/pagina.html?utm_source=dlvr.it&utm_medium=twitter
RispondiEliminaCon GPII c'e' stata la calata dei polacchi , con P.Francesco I la calata di argentini e sudamericani.
Ottimo testo: ben articolato, consequenziale, intellettualmente inoppugnabile. Anche sull'argomento della "libertà religiosa", si dimostra come le tristi radici dell'errore, se non dell'eresia, affondino nel terribile concilio.
RispondiEliminaCome possono documenti successivi smentire pronunciamenti per loro natura dogmatici come Mirari Vos di Gregorio XVI e Quanta Cura di Pio IX?
E ancora: quante anime sono andate perdute a causa del perverso principio della "libertà religiosa" accettato contro ogni sana Dottrina dalla Chiesa?
Perché questa miserabile accettazione dei massonici "Diritti universali dell'uomo"?
Il miserabile stato odierno della Chiesa è veramente un Mysterium iniquitatis che non è dato da noi comprendere, né su un piano storico, né su quello metafisico, almeno in questa vita.
Silente
Il documento della CTI non intende affatto ritenere che tutte le religioni sono uguali, il che sarebbe in contrasto con la realtà e con la fede cattolica, ma ribadisce che la libertà religiosa oggi è una necessità irrinunciabile.
RispondiEliminaE' evidente che oggi c'è una situazione diversa rispetto alla società dell'epoca di Gregorio XVI e Pio IX, nello stato pontificio era assurdo parlare di libertà religiosa o di coscienza dato che era uno stato teocratico, così come tutta la società di allora era molto più uniformata alla fede cristiana di quanto non sia ora.
Oggi popoli, culture e religioni sono molto più mescolate tra loro grazie alla possibilità di viaggiare da una parte all'altra del globo e sopratutto grazie alla rete internet con le quali il mondo è divenuto sempre più un villaggio globale.
Date le mutate situazioni sociali, storiche, culturali e alla liquidità di popoli e persone, (situazioni inesistenti all'epoca di Gregorio XVI e Pio IX), non si può più fare a meno della libertà religiosa, e gli stati devono garantirla senza pretendere di imporre la verità cattolica a chi non intende seguirla, perchè sarebbe violare la libertà umana che il Creatore stesso a dato all'uomo.
Gregorio XVI e Pio IX si limitarono a ribadire quello che la Chiesa aveva sempre detto fin dall'epoca romana: nessuna libertà all'errore! Se gli antichi cristiani avessero avuto l' atteggiamento della chiesa postconciliare non sarebbero stati perseguitati, ma sarebbero stati accolti nell' accogliente politeismo pagano!!
EliminaMa non esiste una "verità cattolica" come una fra le tante, perché la Verità è una ed è Cristo Signore ed è sua prerogativa non essere imposta ma proposta....
RispondiEliminaOvvio che occorre rispetto per gli altri, ma senza abbandonare annuncio e testimonianza, nel salvaguardare con sana prudenza il bene comune nei confronti di chi non rispetta e impone.
anonimo 7,10. Oggi siamo blasfemi in quanto più intelligenti di Cristo, infatti anche il sig.Bergoglio dice che si deve rifiutare la tradizione, ovvero come sottolinea mic, la verità, ed il clero locale parla di non accettare i cambiamenti come peccato contro lo Spirito Santo, io direi invece che è peccato contro Lucifero non accettare le novità contro Cristo, e gradito allo Spirito Santo. La verità va affermata, e non esiste contrario anche se per un'altra religione non lo è. L'articolo sul punto da lei esposto è molto chiaro, in foro interno libertà, in foro esterno no, quando lede la verità e la giustizia. A meno che per lei sia lecito uccidere una figlia perché non applica la nostra religione, come avviene, o rubare perché i rom lo considerano lecito, o la poligamia perché la religione lo ammette, e potrei continuare a iosa. SOLO GESU' è VERITA'-La lettura di oggi parla di abitudini giudaiche superate dal cristianesimo, e il pontefice Francesco dice che anche noi dobbiamo superare la tradizione, il che è falso, perché la Tradizione è trasmissione da Gesù Dio agli Apostoli a oggi. Perché è stato possibile tralasciare delle abitudini se l'ebraismo era la vera chiesa prima di Gesù? Perché gli uomini, inconsapevolmente a volte per limiti, o consapevolmente per malizia, cambiano le cose, a volte per un fine buono, come difendere dagli errori di altre fedi pagane , ma direi sempre con risultato pessimo. La contaminazione col contatto coi non ebrei,ad esempio, è stata superata con gli altri mille precetti del giudaismo, perchè era solo un'aggiunta umana da superare, un accidente che aveva sostituito la sostanza (i dieci comandamenti), la stessa cosa che, consapevolmente, purtroppo vuol fare oggi Bergoglio. Distruggere totalmente la fede cattolica in nome di un sincretismo sgradito a Dio, e pur conoscendo la verità rivelata da Dio stesso in quanto additandosi come ponte tra Dio (rivelatoSi in Cristo) e Chiesa. Altra prova che tale non è. Altra prova di culto dell'uomo di montiniana memoria a fine concilio. Certe sfrondature possono essere anche doverose quando riguardano gli accidenti, ma la sostanza, tradizione vera, mai.
RispondiEliminaSe la Chiesa si trova nella attuale situazione caotica, il "merito" è da attribuire ai "santi" papi che hanno "lecitamente" indetto il CVII. In nome di una sulfurea pastoralità, nonostante l'opposizione di numerosi Vescovi illuminati dallo Spirito Santo, furono partoriti i documenti,che la Massoneria Internazionale voleva. Fatto storico: il Concilio Vaticano (1868-1870), interrotto dallo scoppio della guerra franco-prussiana, ebbe come contraltare l'Anticoncilio ecumenico di Napoli, organizzato dalla Massoneria Europea guidata da G.Ricciardi, G.Garibaldi, David Levi e altri tra cui Victor Hugo, per opporsi alle affermazioni del Sillabo di Papa PIO IX e il dogma dell'Infallibilità del Papa (a precise condizioni) e il potere temporale. Nessuna Loggia Massonica contestò i "documenti" del CVII anzi si complimentarono perchè finalmente la "chiesa" aveva accolto i principi della rivoluzione francese. Contra factum non valet argumentum.
RispondiEliminaDire che "il mutare dei tempi" faccia venir meno la verità (che nel caso in questione è stata anche dogmatizzata dalla Chiesa) è puro relativismo. Per analogia, allora la Chiesa dovrebbe far cadere la condanna del divorzio, dell'aborto, dell'eutanasia, della sodomia (cosa che sta già purtroppo avvenendo). L'accettazione del principio della "libertà religiosa" significa la legittimazione dell'indifferentismo religioso, dell'equivalenza delle religioni, dell'apertura delle porte della società all'errore che mette in pericolo la salvezza delle anime. Non dobbiamo infatti dimenticare la ragion d'essere anche "sanitaria" della condanna del principio della "libertà religiosa": la difesa della società dagli errori delle false religioni.
RispondiEliminaSilente
RispondiEliminaL'anticoncilio massonico di Napoli addirittura quale "contraltare" al Conc. Ecum. Vat. Primo?
Cerchiamo di mantenere il senso delle proporzioni. Il c.d. Concilio massonico di Napoli fu
una cosa farsesca che finì in anticipo (un giorno invece di due) per intervento delle autorità di polizia. Ribadì l'odio della Massoneria per il cattolicesimo. Non era certo una novità.
Presentarlo come "il contraltare" del Vaticano I fa ridere i polli.
per dovere di una informazione "corretta" e non "edulcorata" l'Anticoncilio di Napoli iniziò il 9 dicembre e si concluse forzatamente il 10 aprile! (fonte Wikipedia) Ma mi aspettavo un commento al fatto che i Vertici della Chiesa si sono inchinati ai princìpi della Rivoluzione Francese e continuano a farlo baciando le scarpe ai Musulmani con il plauso degli ex deicidi ora divenuti "fratelli maggiori". Portae inferi non praevalebunt! (Christus: Ego sum Via, Veritas et Vita!).
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RispondiEliminaSul c.d. anticoncilio massonico di Napoli
Vedi: Aldo A. Mola, "Storia della Massoneria italiana dalle origini ai nostri
giorni", Bompiani, 1992, pp. 133-140.
Secondo Mola, fu un'iniziativa della parte più estremista della massoneria, appoggiata anche da elementi esterni, del fronte del "libero pensiero", diretta
anche contro il governo in carica (ce l'avevano contro la legge elettorale censitaria), iniziativa che non aveva l'appoggio della massoneria
ufficiale, del Grande Oriente d'Italia, favorevole ad un atteggiamento più pragmatico nella lotta contro il Vaticano.
Vi furono delegati francesi,che portarono messaggi di famosi intellettuali (Hugo, Michelet, LIttré, etc). Ma quando i due delegati francesi furono accolti da grida di "Viva l'Italia, viva la Francia repubblicana!" allora, scrive Mola, "l'immancabile ispettore di pubblica sicurezza, Lupi, colte a volo le grida [suddette] con cui erano stati applauditi i due delegati francesi recanti il saluto di Marianne ai congressisti partenopei, cinta la rituale fascia tricolore, era balzato su a dichiarar sciolta la riunione, sentenziando che "dal campo filosofico" con quell'osanna alla Francia repubblicana s'era entrati in quello delle "opinioni socialistiche, facendo voti per la distruzione del presente ordine di cose.." (op. cit., p. 137).
Iniziatosi volutamente l'8 dicembre 1869, giorno di apertura del Vaticano I, "l'anticoncilio" finì già il 9, con il pittoresco intervento dell'ispettore di pubblica sicurezza. Mola è ritenuto un autorevole storico della massoneria. Che la vicenda del c.d.
"anticoncilio di Napoli" sia durata un paio di giorni, credo sia comunque un fatto noto ed accertato. Non saprei quindi da dove Wikipedia ha ricavato la notizia che tale anticoncilio sarebbe invece durato per quattro mesi!