La marcia d’avvicinamento al sinodo dell’Amazzonia è sempre più connotata come una battaglia campale con epicentro la Germania e con una posta in gioco altissima: l’essenza della missione di Gesù e quindi anche della Chiesa.
Sono di lingua e di ceppo germanico, infatti, i leader di entrambi gli schieramenti. Da una parte il cardinale Cláudio Hummes e il vescovo Erwin Kräutler, i maggiori promotori del sinodo. Dall’altro i cardinali Gerhard Müller e Walter Brandmüller, critici severissimi dell’impostazione data all’assise. Con papa Francesco che non sta nel mezzo, ma parteggia in pieno per i primi e neppure degna di un cenno d’attenzione i secondi.
Ma c’è anche un altro grande tedesco che di fatto prende parte al conflitto. Il suo nome è Joseph Ratzinger. Lui tace, Ma basta ciò che ha detto e fatto in passato, anche da papa con il nome di Benedetto XVI, per vederlo schierato. Tra i critici più radicali.
Qual è, infatti, la questione cruciale della battaglia in corso? È il primato dato dall’”Instrumentum laboris”, il documento base del sinodo, alla difesa della natura e al benessere materiale delle popolazioni amazzoniche, con le loro tradizioni, rispetto a ciò che nei Vangeli è chiamato “perdono dei peccati” e ha nel battesimo il suo primo sacramento. Non è un caso che il vescovo Kräutler si sia vantato, dopo decenni di “missione” in Amazzonia, dicendo: “Non ho mai battezzato un indio, e neppure lo farò in futuro”.
Ratzinger ha scritto più volte di tale questione capitale. Ma c’è un passaggio straordinariamente semplice e chiaro del suo terzo libro della trilogia su Gesù di Nazaret, quello dedicato ai Vangeli dell’infanzia, pubblicato nel 2012, che merita di essere riportato.
Lì Benedetto XVI prende spunto dall’annuncio dell’angelo a Giuseppe che Maria “darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1, 21), per proseguire come segue.
Sono parole illuminanti, tutte da rileggere con il pensiero alla disputa sull’Amazzonia.
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SALVEZZA SÌ, MA DA CHE COSA?
di Joseph Ratzinger / Benedetto XVI
Il messaggero di Dio, che parla a Giuseppe nel sogno, chiarisce in che cosa consiste questa salvezza: “Egli salverà il suo popolo dai suoi peccati”.
Con ciò, da una parte, è dato un alto compito teologico, poiché solo Dio stesso può perdonare i peccati. Il bambino viene così messo in relazione immediata con Dio, viene collegato direttamente con il potere santo e salvifico di Dio. Dall’altra parte, però, questa definizione della missione del Messia potrebbe apparire anche deludente. L’attesa comune della salvezza è orientata soprattutto verso la concreta situazione penosa di Israele, verso la restaurazione del regno davidico, verso la libertà e l’indipendenza di Israele e con ciò, naturalmente, anche verso il benessere materiale di un popolo in gran parte impoverito. La promessa del perdono dei peccati appare troppo poco e insieme troppo. Troppo, perché si invade la sfera riservata a Dio stesso; troppo poco, perché sembra che non sia presa in considerazione la sofferenza concreta di Israele e il suo reale bisogno di salvezza.
In fondo, già in queste parole è anticipata tutta la controversia sulla messianicità di Gesù: ha veramente redento Israele o forse non è rimasto tutto come prima? È la missione, così come Egli l’ha vissuta, la risposta alla promessa o non lo è? Sicuramente non corrisponde all’attesa immediata della salvezza messianica da parte degli uomini, che si sentivano oppressi non tanto dai loro peccati, quanto piuttosto dalla loro sofferenza, dalla loro mancanza di libertà, dalla miseria della loro esistenza.
Gesù stesso ha sollevato in modo drastico la questione circa la priorità del bisogno umano di redenzione, quando i quattro uomini che, a causa della folla, non poterono far entrare il paralitico attraverso la porta, lo calarono giù dal tetto e glielo posero davanti. L’esistenza stessa del sofferente era una preghiera, un grido che chiedeva salvezza, un grido a cui Gesù, in pieno contrasto con l’attesa dei portatori e del malato stesso, rispose con le parole: “Figlio, ti sono perdonati i peccati” (Mc 2, 5). Proprio questo la gente non si aspettava. Proprio questo non rientrava nell’interesse della gente. Il paralitico doveva poter camminare, non essere liberato dai peccati. Gli scribi contestavano la presunzione teologica delle parole di Gesù; il malato e gli uomini intorno erano delusi, perché Gesù sembrava ignorare il vero bisogno di quest’uomo.
Io ritengo tutta la scena assolutamente significativa per la questione circa la messianicità di Gesù, così come viene descritta per la prima volta nella parola dell’angelo a Giuseppe. Qui viene accolta sia la critica degli scribi che l’attesa silenziosa della gente. Che Gesù sia in grado di perdonare i peccati, lo mostra adesso comandando al malato di prendere la sua barella per andare via guarito. Con questo, però, rimane salvaguardata la priorità del perdono dei peccati quale fondamento di ogni vera guarigione dell’uomo.
L’uomo è un essere relazionale. Se è disturbata la prima, la fondamentale relazione dell’uomo – la relazione con Dio –, allora non c’è più alcun’altra cosa che possa veramente essere in ordine. Di questa priorità si tratta nel messaggio e nell’operare di Gesù. Egli volle, in primo luogo, richiamare l’attenzione dell’uomo al nocciolo del suo male e mostrargli: se non sarai guarito in questo, allora, nonostante tutte le cose buone che potrai trovare, non sarai guarito veramente.
*Il libro da cui è tratto il brano:
Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, “L’infanzia di Gesù”, Rizzoli – Libreria Editrice Vaticana, Milano, 2012
Si dimentica che in Amazzonia il peccato non esiste, che le popolazioni stanno bene così come stanno, tant'è che il vescovo non ha battezzato nessuno("... il vescovo Kräutler si sia vantato, dopo decenni di “missione” in Amazzonia, dicendo: “Non ho mai battezzato un indio, e neppure lo farò in futuro”..,) quindi il sinodo amazzonico non ha ragion d'essere. Facciamo dunque un sinodo paneuropeo dove il peccato va alla grande e la prima sede insegni qui un po'di teologia della liberazione dal peccato, vada a studiare, per un decennio, in Amazzonia e poi torni e relazioni su gli uomini di questa terra senza colpa e senza peccato. Nella speranza che gli studi in Amazzonia siano più proficui dei suoi in Germania (Wikipedia, voce Bergoglio, nota 25: "...in occasione di un soggiorno di studio in Germania alla metà degli anni ottanta, trascorse alcuni mesi a Sankt Georgen per consultarsi con singoli professori su un progetto di tesi di dottorato. Egli a Sankt Georgen non ha conseguito alcun diploma...").
RispondiEliminaIl card. Burke poche ore fa ha detto in tv (FoxNews) che i politici cattolici che sostengono l'aborto non possono presentarsi per ricevere la Comunione perché non sono in comunione con Cristo.
RispondiElimina"Abbiamo dovuto mettere fine al pontificato di Ratzinger perché stava destabilizzando l'ordine costituito. Bergoglio ha il compito principale di contrastare la crescita delle destre e convertire gli Italiani all'accoglienza degli immigrati". Jean Louis card. Tauran.
RispondiEliminaLa fonte???
Elimina"Abbiamo dovuto mettere fine al pontificato di Ratzinger perché stava destabilizzando l'ordine costituito. Bergoglio ha il compito principale di contrastare la crescita delle destre e convertire gli Italiani all'accoglienza degli immigrati". Jean Louis card. Tauran.
RispondiEliminaQuesta decisione squisitamente 'religiosa' i cardinali l'hanno presa spontaneamente, su indicazioni dei Sacri Testi, o spinti da potentati economici, politici legati ad un'attuazione di un piano 'pensato' da persone più avanti nello sviluppo mentale richiesto dai tempi 'nuovi'?
Dica pure, Jean Louis card. Tauran.!
Bergoglio ha il compito principale di contrastare la crescita delle destre e convertire gli Italiani all'accoglienza degli immigrati".
RispondiElimina... Se questo era il piano tattico, bisogna riconoscere che la squisita arte diplomatica di Bergoglio ha ottenuto una crescita inverosimile delle destre e una ferma riconversione degli Italiani a: 'mogli e buoi dei paesi tuoi' come mai prima.
Se il card Tauran dice che loro hanno dovuto far dimettere... E il loro li ha ascoltati...non sarà che sono stati concordi, come dire x necessità superiore di grado,diciamo?Quando Cristo avrebbe dovuto farsi da parte x esigenze superiori pontificali, non mi risulta che abbia ascoltato, al contrario.Tanto da salire in croce.
RispondiEliminaVedete, quando penso a Ratzinger non posso non pensare ad una figura tutto sommato patetica. Ha ammiccato verso la Tradizione e i tradizionalisti, ha fatto la sua carriera abbandonando la sinistra ecclesiastica radicale ma è rimasto con profonde venature di quest'ultima. Ha cercato di accontentare chi chiedeva stabilità ma poi, invece di tenere il timone nella tempesta, è scappato via. Questi sono dati oggettivi e storici sui quali non si può discutere. Eppoi non dimentichiamo che Ratzinger ha un concetto evolutivo di tradizione dove ciò che è importante non è tramandare identica l'oggettività del contenuto ma mantenere inalterata la presenza di chi tramanda (indipendentemente da COSA tramanda). Se questa è Tradizione io sono imperatore della Cina!
RispondiEliminaSe questi sono papi cattolici, allora il cavallo di Caligola era davvero un senatore!
EliminaRatzinger sarebbe apparso schizofrenico a fare ciò che sta facendo il pontefice2_,era indispensabile cambiarlo, nulla di + innovativo e rivoluzionario che inventare 2 papi concordi, caso mai fosse troppo presto x il paganesimo si potrebbe ritornare protestanti in attesa del momento migliore x ritentare
RispondiEliminaSul concetto evolutivo di tradizione da parte di Ratzinger e sul ruolo fondamentale del soggetto che tramanda, al di là dell'oggettività di quanto è tramandato, è stata fatta una illuminante dissertazione da parte di Bernard Tissier de Mallerais nel libro "La strana teologia di Benedetto XVI" [in francese]. Riporto un passo (pp. 44-45) in traduzione. Vi si notano tutti i presupposti per cui ciò che è importante è l'Istituzione-Chiesa che tramanda e legge, indipendentemente dall'oggetto-Scrittura che può essere interpretato anche differentemente:
RispondiEliminaLo storicismo del concetto di Tradizione in Joseph Ratzinger presuppone il suo soggettivismo. Il mistero di Dio non è un oggetto, è una persona, è un Io che parla ad un Tu. L'Io che parla non è ascoltato che da un Tu. Questa relazione è inscritta nel concetto di Tradizione. La Tradizione, di conseguenza, non è altro che la lettura vivente della Scrittura:
"Non vi può essere un puro sola scriptura. Appartiene alla Scrittura il soggetto che la comprende, la Scrittura con la quale ci è già dato il senso essenziale della Tradizione" (J. Ratzinger, La mia vita, ricordi, 1927-1977).
Quest'affermazione dev'essere spiegata. Per il pensiero idealista è sconosciuta la cosa in se stessa, è l'oggetto (ossia la cosa pensata) che è conosciuta. Per Kant il soggetto fa parte dell'oggetto che gli impone le sue categorie a priori, i suoi colori. Per Husserl l'oggetto pensato non è che il semplice correlare del soggetto pensante, INDIPENDENTEMENTE DALLA COSA. Joseph Ratzinger avrebbe trovato una applicazione di questo idealismo nella Scrittura e nella Tradizione: la semplice Scrittura è inintelleggibile, essa deve essere compresa dal soggetto Chiesa che è il suo correlativo e che l'interpreta alla sua maniera; in tal caso, "non può esistere la sola Scriptura" come avrebbe preteso Lutero con il suo "sola Scriptura".
Effettivamente qui Joseph Ratzinger s'ispira a Marti Buber per il quale l'essenza del decalogo è una interpellazione: l'interpellazione del Tu umano dal Io divino [...]. In tal senso, on c'è un sola Scriptura perché esiste sempre l'interpellato, oggi la Chiesa.
Il vero è che è la Chiesa a dare l'autentica interpretazione della Bibbia. Ma NON perché essa è il soggetto comprendente ma perché essa è il giudice: "Le appartiene la facoltà di giudicare il vero senso dell'interpretazione delle sante Scritture". E per far tal giudizio la Chiesa utilizza un'altra fonte della fede: la Tradizione, ossia le verità di fede e di morale ricevute dagli Apostoli dalla stessa bocca di Cristo o dallo Spirito Santo e che sono state trasmesse da loro fino ai nostri giorni senza alterazione come da mano a mano". [...] Tutte queste voci si succedono ma la Tradizione nella sua essenza è immutabile. Essa NON E' dunque una lettura attuale della Bibbia differente da quella di ieri che farebbe subire alla Bibbia un "processo di rilettura e di amplificazione", come pretende Benedetto XVI (Benedetto XVI, Gesù di Nazareth).
Dal carcere: cardinale Pell interviene sul Sinodo per l'Amazzonia
RispondiEliminaIl cardinale martire George Pell, incarcerato da innocente, ha scritto una lettera di due pagine il 1º agosto.
La lettera manoscritta è indirizzata ai sostenitori del Cardinale George Pell ed è stata pubblicata sul loro account Twitter.
In essa, il cardinale riflette sul prossimo Sinodo per l'Amazzonia affermando che c'è "motivo di essere allarmati" fal documento Instrumentum Laboris: “Questo non è il primo documento di bassa qualità prodotto dala Segreteria del Sinodo."
Pell definisce la critica che il cardinale Müller ha fatto del Instrumentum “eccellente”.
È evidente per lui che, dovunque sia la Chiesa, "essa non può permettere alcuna confusione, men che meno alcun insegnamento sbagliato, che danneggi la Tradizione Apostolica."
Pell scrive anche che, in prigione, ha ricevuto 1500-2000 lettere di sostegno.
https://it.me/SanPioX/58 Il Pelagiano infuriato.
RispondiEliminaut in nómine Jesu omne genu flectatur
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