Ogni civiltà è animata e sorretta da una visione del mondo. I tedeschi la chiamano Weltanschauung, è una concezione della vita in relazione al cosmo e alle cose visibili e invisibili, concrete e spirituali. Proviene dalla religione, attinge dall’arte e dal pensiero, si lega ai caratteri, i costumi e le tradizioni, si riconosce in una storia. Una visione del mondo funge da modello e da idea fondativa, da riferimento comunitario e da orientamento per la vita; è stato il punto di coesione di ogni civiltà. Per la prima volta nella storia la nostra società si connota invece per l’assenza di una visione del mondo, anzi per il suo rovesciamento: la globalizzazione è infatti il mondo come fatto, senza visione. Il suo principio metafisico è la libertà da ogni visione, il suo orizzonte è la tecnica, il suo paradigma è l’economia, la sua sovranità è l’individuo, a prescindere dalla comunità in cui è situato. Tutto è revocabile rispetto alla natura, tutto è inarrestabile rispetto alla tecnica. Questa è la prima società che rifiuta di riconoscersi in una visione del mondo; la prima senza un modello di riferimento. Volta le spalle a Platone, respinge un’idea del mondo che vede destituito d’ogni fondamento; o se preferite, rigetta un pater, cioè un paradigma di riferimento. Il pater, o il canone, puoi anche confutarlo e perfino ribellarti, ma è necessario.
Critichiamo il Pensiero Unico ma cambia secondo i punti di vista: chi lo vede nel liberal-liberismo, chi nel conformismo radical-progressista, chi nel politically correct o nel tecnoscientismo. Ma a ben vedere non c’è pensiero, c’è solo un processo teso a uniformare le differenze e a spegnere idee, pensieri e visioni. Per altri versi si tratta dell’elevazione dei mezzi a scopi di vita, la tecnica che da strumento diventa fine a se stessa, l’economia che si costituisce da serva in regina. È il dominio della ragione strumentale, direbbe Max Horkheimer; la tecnica ha come unico scopo l’accrescimento della sua potenza, aggiunge Emanuele Severino. La storia va fuori corso, il processo è automatico.
Nella società cieca, priva di visione del mondo, la prospettiva di ciascuno è nella sua feritoia o nel suo campo d’accesso alla rete; non ha più senso avere una visione generale delle cose, in rapporto alla nascita e alla morte, all’anima e al corpo, all’essere e al divenire, alla comunità e alla tradizione, ai padri e ai figli, al ciclo cosmico e a quello biologico, al senso religioso e al legame patrio. E se qualcuno si ostina a coltivare questa pretesa, deve renderla introversa, legata alla sua dimensione privata, riducendo visioni del mondo a hobbies, altarini privati o intime convinzioni. Ciascuno ha le sue collezioni di farfalle…
Ogni estensione dei diritti e delle libertà individuali viene salutata come una liberazione da una visione del mondo: ciascuno sceglie la sua strada, non impedirglielo, tu farai la tua, non c’è un modello generale a cui attenersi. Così una società non ha più un mondo comune, eccetto quello dello scambio economico e tecnologico. Chi vuol avere visioni del mondo, diceva Max Weber, vada al cinema; oggi diremmo accenda il video, la tv, il pc, lo smartphone o l’i-pad. Solo nella dimensione della fiction e dell’hobby, ai margini della vita o nelle pieghe del privato, è possibile coltivare visioni provvisorie. Mille visioni del mondo, private e cangianti, a cui votare la propria infedeltà di utente; rispetto a cui siamo in minima misura agenti e in larga misura spettatori e ricettori. Il mito si fa icona o game sul display, la visione si riduce a figura, o figurina. Il mondo sono io, il selfie lo certifica. Si perde di vista l’intero.
Lascio ad altri il compito di giudicare se sia un progresso o un regresso, se sia un segno d’emancipazione o di degrado. A me basta sapere che questa svolta sta trasformando radicalmente l’umano, lo rende geneticamente modificato. Gli ogm postumani seguiranno la loro strada; ma chi appartiene come noi alla genia precedente preferisce vivere alla luce di una visione del mondo. Non è detto che l’avvenire sarà esclusivamente abitato dagli ogm senza visione, si può perfino figurare una divaricazione radicale; la mutazione antropologica potrà produrre due o più tipi, magari anche intermedi, polivalenti o anche solo ambivalenti. Ma da umano quale sono, reputo una grave riduzione delle mie facoltà intellettive, spirituali e morali, la perdita della visione del mondo e la sua sostituzione con un automatismo digitalizzato. È come se si spegnessero o si staccassero i nessi che legano il corpo alla mente, gli uomini tra loro e al mondo stesso, l’anima all’apparato biologico, gli stati d’animo al paesaggio, colto tramite i sensi e l’intelletto.
La visione del mondo è il tentativo dell’uomo di costituirsi dei fini e non solo dei mezzi di sussistenza. O di riconoscere finalità superiori al puro procedere del tempo, dei corpi e delle macchine. Ma è anche la possibilità di trascendere lo stato di cose presenti, di non accontentarsi degli assetti vigenti, e dunque cimentarsi in imprese, proiettarsi in scenari futuri. Dalla visione del mondo sorge lo spirito visionario di chi sa vedere oltre e realizzare quel che ancora non c’è. L’utopista parte dall’abolizione della realtà, dall’opposizione radicale tra la città presente e la città futura. Il visionario invece è legato profondamente alla realtà dalla visione del mondo e nel nome di quella intende realizzare l’opera. Riconosce una vita potenziale in quel che già c’è, si sente maieuta, ostetrico teso a far divenire ciò che è, non ad abolirlo. Il visionario non cerca l’uomo nuovo, ha uno sguardo meta-fisico, non anti-fisico, va oltre e non contro la realtà e gli umani, vede l’idea come il compimento della realtà e non come la sua negazione. È il fiore che dà frutti, è l’acerbo che matura, è la potenza che si fa atto. Ogni visione del mondo ci collega alla vita, al passato e al futuro. Non separa uomini e fatti, non li isola nel loro accadere o nei loro impulsi momentanei, ma li coglie in un contesto, all’interno di un mondo e una continuità. Viceversa domina la barbarie dello specialismo, diceva Ortega y Gasset, che perde di vista l’intero e si fissa sul particolare.
La visione del mondo è connessione e relazione, come logos, polis e religio; genera attività spirituale, suscita il pensare e l’agire che connota la nostra umanità. È intelligenza del reale. Dalla visione del mondo sorge la linea di confine che tracciò Dante tra i bruti e chi segue virtù e conoscenza. Anche la brutalità evolve col tempo. Si può viver come bruti anche navigando in borsa e maneggiando lo smartphone…
Marcello Veneziani - Fonte
E' e sarà una questione squisitamente personale; per il momento non siamo ancora completamente utopisti, nè siamo più completamente visionari. Il grande dolore e la grande contraddizione oggi è questa, se vogliamo servirci di questi due concetti per intenderci.
RispondiEliminaPer il cristiano cattolico il fine è la santità, è l'imitazione di Gesù Cristo, è il progresso interiore in nome dell'amore a NSGC, è la Sua visione del mondo, cattolica. E' il cattolico oggi a star consapevolmente male perché la sua visione del mondo ha perduto la lente, NSGC, che gli consentiva di vedere, guardare, comprendere il mondo per dargli poi, con la sua opera, il giusto sapore e per elevarlo con il lievito di NSGC. Lente perduta o meglio consapevolmente, infranta in nome di un generico aggiornamento al mondo, al mondo ritenuto avanti, senza mai averlo esplicitato questo 'avanti'; forse era un avanti tecnologico, forse un avanti erotomane, forse un avanti ipocrita, forse era l'avanti del tradimento; bisognerebbe chiedere a Francesco primo che va avanti correndo, tutto travolgendo, temendo di restare indietro rispetto all'avanti del mondo; mondo che Francesco ritiene avanti e che bisogna imitare e che bisogna adorare per se stesso, fingendo poi di riprendere i giovani, rimasti con le mani vuote e, diabolicamente riempite dal mondo con la tecnologia, imitazione tecnica della Vita, e con teste e cuori lasciati vuoti, senza sentiero da percorrere, senza verità come guida; teste e cuori riempiti dal mondo con lo sballo, con il non pensiero, con l'iper/amore di sé e col tacito disperante disprezzo di sè e del mondo che ne consegue.
La guerra contro i bambini
RispondiEliminaOmofobia, xenofobia, islamofobia… E se l’emergenza dei nostri giorni fosse invece la puerofobia? Non sopportiamo più i bambini, li maltrattiamo, li usiamo e li abusiamo, calpestiamo i loro affetti primari, la loro natura e la loro indole infantile. Meglio i cani o i gatti che avere bambini tra i piedi. Siamo alla guerra civile contro l’infanzia. (Marcrllo Veneziani)
http://www.marcelloveneziani.com/articoli/la-guerra-contro-i-bambini/
"Certo, è meglio vivere in società avare di bambini e piene di fobie, come la nostra, che in società in cui i bambini muoiono di fame o sono mandati a morire in guerra. Meglio vivere in una società come la nostra, dove vedi bambini confinati nei recinti dell’idiozia, squallida o lussuosa che sia, piuttosto che in paesi dove li usano come agnelli sacrificali, sgozzati o mandati a morire nel nome di Allah. Nei paesi islamici ho visto il sangue e il dolore dei bambini portati al piccolo macello rituale, per l’infibulazione o più frequentemente la circoncisione; li ho visti avvolti in panni di sangue, tra le lacrime; e ho pensato al sereno rituale dei nostri battesimi cristiani, prime comunioni e cresime, dove il massimo era un po’ d’acqua in faccia alla creatura in fasce o il buffetto rituale per diventare soldati di Cristo. Ma per il catechismo dominante, il male principale da rimuovere è la nostra religione coi suoi simboli e riti. Per questa ragione ai nostri bambini si preferisce negare pure il presepe e i canti di Natale, visti come segni di xenofobia…"
RispondiEliminaStare di vedetta all'inizio del Tuo giorno,
RispondiEliminaCome rinnovare consapevolmente l'attesa.
Raccogliere in un paniere di desiderio
I silenzi di una preghiera che non ha parola per dirsi.
Dentro il tempo che consuma,
Di fronte ad un oggi colmo di incognite e di attesa.
Riprendere il carico del dolore e dell'incompiuto
Per stare di sentinella in faccia al mistero.
E chiedere di vederTi, un attimo almeno, così che la ferita
divenga il varco della speranza.
(Franca Negri)
solite banalità da un esponente della vecchia destra tradizionalista non cattolica.
RispondiEliminaCosa ce ne facciamo di Severino, Gentile e compagnia bella?
Non abbiamo bisogno di nessuna visione del mondo, abbiamo già la Via, la Verità e la Vita.
Sono tutt'altro che banalità, visto ciò che c'è in circolazione... poi è ovvio che noi andiamo oltre Severino Gentile e compagnia bella! E non è detto che in Veneziani non ci sia anche dell'altro. In ogni caso è da apprezzare per la sua onestà intellettuale e per il suo stile brillante ed incisivo.
RispondiEliminaA proposito di puerofobia... Qualche giorno fa, in Germania, un immigrato ha spintonato madre e figlio (bambino) sotto un treno (il bimbo è morto, la madre si è salvata per poco). Poche ore fa un bimbo i sei anni è stato scaraventato da un adolescente (etnia non resa nota) dal sesto piano della Tate Modern gallery a Londra (è gravissimo all'ospedale). In entrambi i casi (il primo di sicuro, il secondo pare ma bisogna attendere conferme) l'aggressore non conosceva le vittime. Spero che non sia una nuova "moda", come quella di prendere a pugni il primo che passa per la strada.
RispondiEliminaAnonimo 13.28,
RispondiEliminase avessimo dato più retta a persone come Veneziani (che poi non sia cattolico, questo lo dice lei) l’Italia ed anche la Chiesa starebbero molto, ma molto meglio.
RispondiEliminaNoi abbiamo La Via, la Verità, la Vita, non abbiamo bisogno di una visione del mondo..
La Via, la Verità, la Vita ossia l'insegnamento di Cristo costituisce per noi la nostra
"visione del mondo", la concezione cristiana dell'esistenza, nella sua totalità, con particolare riguardo all'etica e alla religione.
Tale "visione" è oggi in crisi dall'interno per i noti motivi.
Oggi predomina in Occidente una visione del mondo che non vuol riconoscere alcuna visione del mondo, ossia alcuna visione fondata su dei valori positivi, implicanti un "dover essere", un regno dei valori e principi che devono prevalere sugli egoismi individuali, sulle spinte distruttive dell'io abbandonato a se stesso. Visione del mondo appunto "nichilistica" che ha stoltamente eletto l'istinto e il principio di piacere alla base di tutto, un materialismo crasso a dir poco, basato sul risentimento e sull'odio dell'individuo-massa senza più principi morali.
Questa visione sta promuovendo anche un'ignoranza di massa impressionante, avendo scambiato la vera scienza con la tecnica manipolatrice della natura, con un progresso tecnologico che crede di condensare il sapere in formulette applicabili come algoritmi.
Non ripetano però i cattolici (certi cattolici) l'errore di un tempo, quello di disprezzare la cultura e dichiarare inutile l'arduo lavoro del concetto, come si diceva una volta.
Considerino quale impressionante livello speculativo mostrano le Lettere di s. Paolo, tanto per fare un esempio, per l'appunto direttamente ispirate dal Signore.
L’altro Silvio, L’Altra Italia
RispondiEliminaMaestà Silvio I, perché inventarsi un’Altra Italia dopo che l’Italia reale le ha voltato le spalle? Perché non prendere atto che il suo tempo è scaduto e accettare il ruolo di Emerito, come già accade a Papi e Capi dello Stato? La sua Altra Italia ricorda una celebre battuta di Bertolt Brecht: se il popolo non è d’accordo con me, allora nomino un nuovo popolo. Così ha fatto lei: visto che l’Italia non è più con lei, allora s’inventa, d’insana pianta, un’altra Italia immaginaria, si costruisce una protesi d’Italia, un plastico d’Italia, siliconata, liftata, col riporto, fatta su misura per la sua corona. Italia due come Milano due, dopo Italia uno. E se quell’Italia è troppo corta, ci metto gli alzatacchi allo stivale. (L’altra Italia, in verità, la fondammo ad Ascoli Piceno il sindaco Guido Castelli ed io, ma era un ciclo d’incontri culturali, non un piano per clonare l’Italia).
Marcello Veneziani