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giovedì 12 marzo 2020

Quel bambino di 80 anni che non cammina ma sa correre

Avevo nove anni quando mio padre mi ha portato qui, ora ne ho ottantadue. Così comincia il suo racconto Felice Mangiarano storpio dalla nascita, immobilizzato da una vita nella carrozzella. E intorno a lui si fa silenzio. Parla con difficoltà e con affanno, e agita nell’aria le sue mani contorte quasi a pescare nello spazio le parole che non trova nella sua bocca deformata. Siamo dentro le mura di un ricovero per infermi gravi in cui Felice entrò settantatré anni fa e da cui non è più uscito. Fu un mattino d’inverno, racconta, per la precisione era il 5 febbraio del 1938, che suo padre lo portò in bicicletta dal suo paese natale, Monopoli, all’ospedale ortofrenico di Bisceglie, più di settanta chilometri percorsi al freddo su una statale che costeggia il mare.
E tu lo immagini quel bambino paralizzato, appollaiato sulla bicicletta di suo padre, avvinghiato a lui con le sue manine deformi e le gambe penzolanti, che non capisce dove stiano andando. Dove mi porti, chiede il bambino handicappato al padre. Ti porto da un dottore che ti farà camminare, gli rispose il padre. Una bugia pietosa ma necessaria. Una famiglia modesta, una scuola che non accoglie handicappati gravi come Felice; fuori un mondo aspro, povero e inclemente.

Allora suo padre decide di portarlo nella Casa della Divina Provvidenza, dove vengono accolti da un parroco misericordioso, come in un Cottolengo del sud, tutti gli infermi più disperati che hanno perduto l’uso del corpo o della mente o non l’hanno mai avuto. Il bambino non lo sa, spera davvero nel medico miracoloso che lo farà correre e giocare come gli altri bambini. Ma da quel giorno fu lasciato lì, tra le suore, gli infermi e gli infermieri, e non è più tornato a casa sua. Ci è entrato da bambino tra queste mura e non ha conosciuto altro mondo che quello di un ospedale per dementi e deformi. Qui è cresciuto nella sua immobilità, qui ha vissuto tutta la sua vita, se può dirsi vita, diremmo noi scontenti.

Ma oggi che fa il bilancio della sua vita, Felice difende la memoria di suo padre e dice che suo padre fu di parola, perché lui in effetti qui ha imparato a camminare. E tu lo guardi sprofondato nella sua carrozzella e pensi che stia pietosamente vaneggiando. Ma lui, dopo una pausa che ha riempito di indicibile intensità le sue parole, dopo un sospiro carico di pianti stagionati e trattenuti, dice che davvero qui, in mezzo agli altri infermi, ha imparato a camminare anche senza le gambe; perché, dice, si può camminare con il cuore, si può camminare con l’anima, e così io ho camminato in tutti questi anni. Noi che siamo intorno restiamo muti, immobili, commossi, con un brivido che ci attraversa la schiena.

Le nostre parole diventano superflue davanti alle sue, a quel corpo e allo spettacolo della sua vita offerta a noi passanti in questa sintesi folgorante. Con inerme ospitalità. Pensiamo allora alle nostre vite ricche e movimentate, pensiamo ai nostri mille viaggi, ai nostri corpi sani, alle nostre famiglie e alle nostre vaste conoscenze, eppure ci sembra che non abbiamo camminato come lui. Noi abbiamo avuto sette vite o settanta, lui una sola, dolorosa e autentica.

Felice benedice la sua vita inferma, benedice suo padre che lo lasciò per sempre in quell’ospizio per deformi, benedice il prete, don Uva, che lo accolse con le suore, benedice Dio che non è stato generoso con lui, benedice la provvidenza che gli ha dato una vita in una carrozzella recluso dentro un ospedale. Benedice chi gli ha dato la possibilità di vivere una vita ulteriore e un cammino spirituale tramite il suo corpo deformato. Davanti a lui, Felice non solo di nome, minuscolo nella sua carrozzina come una vigna dai rami contorti, ci vergogniamo delle nostre vite piene di ogni bene e di ogni cammino; vite libere, leggere, mobili, vissute in compagnie d’amore, che pure si protestano infelici o carenti di qualcosa.

Noi ci lamentiamo anche se ci manca il superfluo, lui non si lamenta anche se gli è mancato per una vita il necessario: le gambe, il corpo, la vita vissuta, una donna, una famiglia. Io non ho paura, annota Felice, soffro ma amo la vita dal profondo del cuore, e scrivo perché la scrittura salva dalla morte. Felice si è scritto pure la sua lapide: «Qui giace un cuore che ha tanto amato in vita e in solitudine guardando con gli occhi dell’anima tutte le bellezze del creato, glorificando il creatore».

Ma dove le ha viste lui le bellezze, lui che ha vissuto recluso tra i malati in un ospedale? Eppure le ha viste, Felice, le ha viste meglio di noi, con gli occhi dell’anima. Le sofferenze avvicinano a Cristo, ci dice, e poi avverte che le sofferenze non si possono eliminare dalla faccia della terra, dobbiamo caricarcele sulle spalle. Lo dice con una smorfia di sorriso soprannaturale venuto dall’infanzia. Del resto, il suo stentato parlare gli impedisce ogni finzione e ogni enfasi; dice l’essenziale, le parole escono scarne dalla sua bocca deformata. Con quel filo di voce non può offrire nient’altro che la verità. La nuda, cruda, essenziale verità. Anche vivere così è valsa la pena.

Mi scuso se vi ho raccontato una storia senza notizia, giornalisticamente irrilevante; a volte sono un po’ cretino, mi lascio prendere dalle inezie del cuore. Ma ascoltando Felice pensavo alla vita artificiale annunciata sui giornali con la scienza che prende il posto di Dio. Pensavo ai tentativi di eugenetica per avere solo vite sane e perfette, eliminando l’imperfezione e i suoi dolori dalla faccia della terra.

Poi pensavo a quanti invocano l’eutanasia per evitare sofferenze. Ed ho rivisto lui, Felice, in carrozzella da ottant’anni, aggrappato con amore a quel fil di vita, alla natura che pure gli fu matrigna, alla vita che gli fu così avara, amante delle sue sofferenze. E l’ho rivisto poi stanotte, in sogno, sulla bicicletta ereditata da suo padre, che pedalava col cuore, correva con l’anima e fendeva a tutta velocità le vie del cielo.

Marcello Veneziani, Il Giornale 28 agosto 2010

9 commenti:

  1. L'Unione europea si sveglia adesso che Germania e Francia non riescono più a contenere le notizie sulla diffusione del coronavirus e sulle relative conseguenze economiche. Così Ursula Von der Leyen, riconoscendo all'Italia un'elemosina per contrastare l'infezione, dichiara "Siamo tutti italiani". Falsona! L'Unione europea avrebbe dovuto imporre la quarantena a coloro che provengono dalla Cina. Non ha fatto niente. Adesso che gli Usa annunciano di voler bloccare i voli dall'Unione europea, la Von der Leyen si sveglia. Forse perché iene toccata anche la sua Germania?
    Mi fa impressione Giuseppi Conte che ha ringraziato l'Ue per averci dato il permesso di spendere 36 miliardi di euro nostri (a debito) in deficit.

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  2. https://www.youtube.com/watch?v=ENkE0_lau_I

    NONOSTANTE L'EMERGENZA LA BORSA NON CHIUDE: A CHI STANNO VENDENDO IL NOSTRO PAESE? - Amodeo

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  3. Questi evirati rivoltano lo stomaco. Servi sono nati, servi moriranno.

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  4. https://www.youtube.com/watch?v=oVu2E_4QKvk

    STIAMO CAMBIANDO EPOCA: PREPARATEVI! Giulietto Chiesa

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  5. Madame Lagarde pugnala l' Italia alla schiena

    Nella prima conferenza stampa della distinta signora ha destato impressione il fatto, rilevato persino dalla Agenzia Reuters e con toni indignati da commentatori anche non italiani (vedi CdSera di oggi), che essa abbia dichiarato non esser, nel presente drammatico frangente, politica della BCE quella di tener basso lo spread, tagliando (ulteriormente) i tassi di interesse. Tutti hanno rilevato che questa dichiarazione colpiva, in questo particolare momento, proprio l'Italia, più di tutti. Merci, Madame. Non cercare più di tener basso lo spread era proprio quello che volevano i tedeschi, inferociti contro Draghi, che ha fatto proprio questa politica, per salvare l' Euro e difendere a suo tempo la Spagna e l'Italia, sotto attacco speculativo in questo settore.
    E' vero che Madame Lagarde promuove una immissione di liquidità a favore delle banche e che insomma ci consentono di spendere 36 o quanti sono miliardi per far fronte alla terribile situazione economica che si è venuta a creare. Ma l'annuncio che, proprio in questo particolare momento, non si continuerà a cercare di contenere lo spread nei confronti della Germania, ha creato grande sfiducia e fatto subito schizzare il nostro spread verso i 250 punti.
    Errore di calcolo della signora o servilismo nei confronti di abbastanza noti gruppi finanziari e politici, da tempo interessati a mettere le mani sui nostri (pingui) conti correnti e le parti migliori della nostra economia? Forse tutte e due le cose.
    Noi finora abbiamo onorato tutti gli impegni perché siamo sempre riusciti a pagare gli interessi sul debito (credo più di 80 miliardi di euro l'anno). Adesso, con le industrie ferme e il Paese in quarantena, con quali ricavi li paghiamo gli interessi?
    Bisogna a questo punto votare contro il c.d. Fondo Salva Stati o comunque attuare il rinvio del voto. IL Parlamento è in pratica chiuso, causa epidemia. Non votiamo, dunque, aggiorniamo il Parlamento a dopo la fine dell' epidemia. Ci sarebbero rappresaglie contro di noi? Ma quali rappresaglie, peggio di così!
    Bisogna resistere. Tra poco quasi tutti gli Stati europei dovranno sforare il tetto del famigerato 3% per far fronte all' epidemia, questo troppo rigido schema salterà da solo.
    Dobbiamo resistere e mantenere la nostra libertà d'azione, senza farci imporre questo pericoloso Fondo Salva Stati.
    Z.

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  6. https://www.youtube.com/watch?v=aODZvcMQtRI

    IN MANO A UNA BANDA DI VENDUTI E DI SERVI - Alberto Micalizzi

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  7. Vediamo se questa sarà la volta buona che prenderemo coscienza collettiva del fatto che l'Europa non è una famiglia, è un'associazione a delinquere.
    La stessa Von Der Layen ha detto che ci aiuterà, ma come?
    Con 25 miliardi ( nostri, visto quanto versiamo all'Europa ) che dovremo poi restituire con gli interessi, mentre ci diranno che l'approvazione del MES è l'unica salvezza, quando invece sarà l'ultimo passo verso la Grecia.

    E che dire della bordata di oggi? In una conferenza stampa che ha mostrato tutti i limiti dell’avvocato francese in materia economica non è passata in secondo piano il passaggio sullo spread: “Non siamo qui per chiuderli, se ne devono occupare altri attori” ha detto Lagarde. Come a dire: non è un nostro problema che l’Italia e i Paesi in prima fila contro il coronavirus siano allo stremo.

    E il 16 ci liquideranno col MES senza che il governo-zerbino reagisca?

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  8. Il Cardinal Bassetti: “L’Italia deve diventare la zona rossa della solidarietà”. Che i cattolici debbano trovare la “comunione” a Messa, è una questione metafisica di un passato superato.

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  9. "Avevo nove anni quando mio padre mi ha portato qui,..."

    Ho visitato il Cottolengo ho visto bambini deformi, come ho visitato altre istituzioni che si occupano di queste creature segnate nel corpo nei modi più disarmonici. Ho sempre riconosciuto in loro anime grandi che con la nascita entrano in una doppia clausura quella del corpo e quella della loro condizione di ospiti a vita in una istituzione di cura. E lo fanno per amor di Dio e per amor nostro. Non credo che ora questi bambini nascano ancora, saranno aborti terapeutici, li ammazzano smembrando il loro corpo. Siamo scientifici, tecnologici e post/umani noi. Cerchiamo la qualità della vita, loro disturbano la nostra fine sensibilità. E noi oggi li abortiamo, sbagliando e peccando, perché loro hanno un compito tra noi, che noi neanche riusciamo ad intravedere.

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