Adoración y Liberación qualche tempo fa, nella persona di Vicente Montesinos, ha scritto una lettera aperta all’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che ora risponde. Un'altra provvidenziale occasione per approfondire il vitale dibattito innescato dalla sua coraggiosa presa di posizione, importante anche per ribadire i principi salienti sul «Cosa dobbiamo fare?» . [Precedenti qui - qui]
ho letto con grande attenzione e partecipazione ai vostri sentimenti, la lettera aperta che Ella ha voluto indirizzarmi, pubblicata su Stilum Curiae (qui). Vorrà scusare il ritardo della mia risposta.
Alcune delle domande che mi pone hanno in sé la propria risposta, ma è bene ribadire che «bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (At 5, 29). Ma proprio perché bisogna obbedire a Dio, non dobbiamo nemmeno cercare negli uomini quella speranza di salvezza che viene solo dal Signore: «È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nell’uomo» (Sal 117, 8). Riconosco la vostra buonafede e il vostro zelo ardente, nel desiderio di essere guidati da Pastori fedeli, ma sentirmi chiamato «vicario del Vicario» mi mette in un certo imbarazzo. Il fatto di ribadire quello che la Chiesa ha sempre insegnato, denunciando la deriva attuale, non è un motivo sufficiente perché mi si attribuisca un’autorità che non ho e che non posso avere.
Ciò non significa che l’esercizio dell’obbedienza deva essere acritico. La ragione per prima ci permette di comprendere se un ordine impartito dall’Autorità legittima è coerente con il fine al quale essa è ordinata, e questo vale in particolar modo per le questioni concernenti la Fede. In altri casi – come ad esempio l’obbedienza dovuta dai monaci al loro Abate – anche il piantar rape capovolte può esser strumento di santificazione; ma qui siamo nel campo della perfezione cristiana, dell’ascesi.
Ogni nostra azione ci pone dinanzi ad una scelta e comporta delle conseguenze: essa ci permette di meritare dinanzi a Dio, di esercitare il nostro libero arbitrio nell’aderire al bene o al male, nel lasciarci conquistare dalla Grazia o nel cedere alla tentazione. L’obbedienza non fa eccezione: anche nello scegliere se obbedire o no ci troviamo messi alla prova, posti davanti a un bivio. Il cristiano posto davanti all’alternativa di bruciare incenso all’idolo o affrontare il martirio, non disobbedisce all’autorità dell’Imperatore, ma obbedisce all’autorità superiore di Dio. Il sacerdote al quale il magistrato intima di violare il sigillo della Confessione, disobbedendo all’ordine illegittimo obbedisce al comando di Dio. Il fedele che si rifiuta di ricevere la Comunione in mano non disobbedisce al Superiore ecclesiastico, perché quell’ordine è un abuso sacrilego.
Ma questa nostra disobbedienza – che tale non è, poiché riafferma l’obbedienza ad un ordine superiore, violato abusivamente da chi è costituito in autorità – non ci autorizza a creare un ordine parallelo, un’utopia in cui il gregge si dà un pastore e si costruisce un ovile: questo rappresenterebbe un’usurpazione dell’autorità di Dio. A ben vedere, è proprio quello che hanno cercato di fare tutti gli eresiarchi, che nella vera Chiesa additavano la meretrice di Babilonia solo per avere un alibi che consentisse loro di farne una grottesca imitazione amputata nei Sacramenti, nella Sacra Scrittura, nella Dottrina, nella Morale e nella Liturgia. E nella Gerarchia.
Ultimi di questa lunga serie di autoproclamatisi liberatori dal giogo romano, i Modernisti e i loro epigoni. Essi hanno escogitato uno stratagemma ancora più subdolo, pretendendo di oscurare la Sposa di Cristo, col sovrapporle un’entità spuria che ne rivendicasse il nome, abiurandone però la Fede. Non un’altra chiesa, ma una sorta di monstrum che con la vera Chiesa condividesse quasi l’intera Gerarchia e potesse così ingannare Clero e fedeli. Così l’obbedienza ai Sacri Pastori si trova oggi a scontrarsi, sovente nella stessa persona, con la doverosa disobbedienza ai mercenari. L’essere questi nominalmente riconosciuti come cattolici non impedisce loro di espellere dal sacro recinto i cattolici veri, accusandoli di scisma. Questa situazione di bipolarismo implica per chi rimane fedele al depositum fidei l’ossequio ad un’autorità sacra cui tuttavia occorre resistere con la disobbedienza, quando essa è esercitata per scopi che contrastano con il fine per cui essa è stata istituita da Nostro Signore.
Come ho già scritto più volte, una rivoluzione in senso tradizionale non è e non potrà mai essere la risposta alla rivoluzione conciliare. Al contrario, è nell’obbedienza vera, gerarchicamente ordinata, che si trova l’arma invincibile contro la ribellione, anche quando essa è compiuta dai Superiori. È nella vera umiltà che si combatte, da un lato, la superbia dell’eretico o del fornicatore e, dall’altra, il servilismo del pusillanime o del cortigiano. È nell’amorevole fedeltà alla Verità di Cristo che si vince il dogmatismo fanatico degli eretici. È nella pratica della virtù e nella vita della Grazia che si estirpa la radice del vizio e del peccato che denunciamo in certi Prelati, ma dal quale non possiamo dirci infallibilmente esenti, non fosse che per la nostra connaturale inclinazione al male ereditata da Adamo. «Chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere» (1Cor 10, 12).
È vero: la Chiesa sta attraversando una crisi tremenda, iniziata prima del Concilio e oggi giunta ad un punto che pare umanamente irreversibile. È vero: abbiamo udito parole e visto azioni, anche dal più alto Soglio, che destano scandalo nei fedeli e sono in palese contraddizione con il Magistero dei Romani Pontefici. È vero: la maggioranza dei fedeli e dei chierici è plasmata all’errore dottrinale e morale, mentre chi rimane saldo nella Fede è accusato di essere nemico della Chiesa e del Papa. Se così non fosse, non vi sarebbe una crisi. Ma se la Provvidenza ci ha voluto oggi mettere alla prova – punire per decenni di traviamenti dottrinali e morali – dandoci come padre un Noè ebbro (Gn 9, 20-27), è purtuttavia nostro dovere coprire le sue nudità con pietà filiale, senza però negare l’ebbrezza del vegliardo discinto. Egli, una volta ritrovata la sobrietà, benedirà quanti hanno deposto il mantello della Verità e della Carità sulle sue vergogne.
Chi ha la grazia di non essere traviato nella Fede o nella Morale non deve inorgoglirsi per un presunto stato di purezza, ma rendersi conto della grandissima responsabilità che egli ha dinanzi a Dio, alla Chiesa e ai fratelli. Questo vale per i semplici fedeli e massimamente per i Pastori. Anzitutto, l’obbedienza all’insegnamento di Cristo non è un merito, ma un dovere di ciascuno di noi. In secondo luogo, il nostro aderire a quello che ci è stato insegnato dal divin Maestro per il tramite di Santa Madre Chiesa non ci pone in una condizione di privilegio umano, poiché «a chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più» (Lc 32, 48). Il timor di Dio ci faccia comprendere quanto sia importante che quello che noi crediamo e professiamo con la bocca, sia creduto dal cuore, e quel che crediamo con il cuore sia compreso dall’intelletto.
Caro Vicente, se come afferma, «noi siamo dove siamo sempre stati, e non ci siamo mossi: siamo con la Sacra Scrittura, la buona dottrina, la santa Tradizione e il Magistero di duemila anni», abbiamo nondimeno il dovere di implorare dal Cielo la conversione di quanti il mondo, la carne o il diavolo hanno sedotto. Non conosciamo le vicissitudini della loro vita e gli abissi insondabili della loro anima. Ricordiamoci anzi che molti di noi, solo qualche anno fa, non eravamo ancora consapevoli dell’inganno perpetrato ai danni del popolo santo di Dio. Il nostro accecamento di allora e la mancata comprensione dell’apostasia strisciante non sono molto dissimili dalla situazione in cui si trovano ancora oggi molte anime, specialmente tra i semplici. Il Sacramento della Confessione – al quale ricorrono il sacerdote e il laico, il fanciullo e l’anziano, il ricco e il povero – ci ricorda la nostra natura corrotta e la necessità di riporre la nostra totale fiducia in Dio, datore di tutte le Grazie. «Senza di Me non potete fare nulla», ha detto Nostro Signore (Gv 15, 8).
Dobbiamo parimenti considerare la nostra appartenenza al Corpo Mistico come la prova dell’infinita Misericordia di Dio, che con divina magnificenza ha accolto al banchetto «buoni e cattivi» (Mt 22, 10), degnandosi di offrire loro anche la veste nuziale, ossia la giustificazione per mezzo del Battesimo. Dinanzi a questo dono regale, la nostra umiltà risiede nell’accettare di indossare la veste preziosa della Grazia, che cancella le nostre miserie e ci rende degni di sedere alla tavola del Re. Pretendere di partecipare al banchetto con i nostri stracci non sarebbe umiltà, ma presunzione; credere che quella veste ci sia dovuta, ci renderebbe degni delle tenebre esteriori. Vediamo piuttosto di essere come servi del Re, inviati ai crocicchi a chiamare al banchetto «poveri, storpi, ciechi e zoppi» (Lc 14, 21).
Comprensibilmente, oltre alla consapevolezza di quanto avviene e all’analisi delle cause, occorre anche individuare un’azione concreta. Alla domanda «Cosa dobbiamo fare?» che sacerdoti e laici mi pongono e si pongono, io rispondo con una similitudine.
Quando il sacerdote è all’altare, egli è rivolto a Dio e intercede per il popolo santo. Vi sono giorni in cui pochi fedeli si uniscono al Santo Sacrificio, altri in cui la chiesa è gremita; giorni in cui lo strepito della strada e il rumore del traffico echeggiano nella navata, altri in cui il silenzio sacro e il raccoglimento sono accompagnati solo dal canto dei passeri o dai rintocchi di una campana; giorni in cui il celebrante ascende l’altare con la serenità e la gioia nel cuore, altri in cui l’anima è oppressa dal dolore e dallo sconforto. Ma egli è lì: in piedi, sempre rivolto alla Croce, sempre fedele al mandato di rinnovare il Sacrificio di Cristo per impetrare alla divina Maestà grazie e benedizioni per la Chiesa, per adorare la Santissima Trinità, per espiare i peccati degli uomini. Questo dev’essere il nostro atteggiamento dinanzi alla crisi: rimanere dove dobbiamo essere, come quel sacerdote rivestito dei paramenti sacri. Non dobbiamo scendere quei gradini così come Cristo non è sceso dalla Croce, né cercare altrove quella salvezza che ci viene solo dall’altare, dalla Vittima immacolata, dalla Croce di Cristo. Dobbiamo fare quello che «semper, ubique, et ab omnibus» è stato fatto per duemila anni: immolarci con Fede e Carità, con umiltà e costanza, con timor di Dio e zelo per le anime. Passeranno i Papi e i Principi della Chiesa, passeranno i potenti della terra e la scena di questo mondo: ma la Messa e il Sacerdozio rimarranno fino al giorno del Giudizio.
Scrive Peter Kwasniewski: «La nostra opera di santificazione, voluta per noi da Dio nella sua eterna Provvidenza, consiste nel rimanere fedeli alla Tradizione e alla preghiera, qualunque cosa accada; aspettare il nostro tempo, mantenere la nostra salute mentale, restare saldi e aspettare il Signore. È ancora e sempre in mezzo a noi, non lontano in pascoli utopici» (qui).
Voglia il Cielo che, se oggi volgendosi per il Dominus vobiscum, il sacerdote scorge pochi fedeli inginocchiati, domani egli veda raccolti intorno all’altare tutti coloro che la Grazia di Dio si sarà degnata di toccare. Non ci è chiesto altro, come Ministri di Dio e come semplici fedeli: rimanere saldi, resistere forti nella Fede (1Pt 5, 9), pregando Nostro Signore e la Sua Santissima Madre che abbrevino questi tempi di prova che umanamente sembrano destinati a perdurare in eterno. Verrà il giorno in cui la nostra fermezza, radicata «in Colui che mi dà forza» (Fil 4, 13), sarà benedetta da quanti oggi ci deridono e ci disprezzano. Verrà il giorno in cui essi ringrazieranno Dio per l’apparente disobbedienza di chi, nella latitanza dell’Autorità, è rimasto fedele.
Rispondo alla Sua ultima domanda citando san Paolo: «Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: «Io sono di Paolo», «Io invece sono di Apollo», «E io di Cefa», «E io di Cristo!». Cristo è stato forse diviso? Forse Paolo è stato crocifisso per voi, o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati?» (1Cor 1, 12-13). Non guardiamo a chi annuncia la Parola di Dio, ma cerchiamo piuttosto di conformarci alla volontà di Nostro Signore, per essere di esempio e di edificazione per i nostri fratelli. «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli» (Mt 5, 16).
A Lei, caro Vicente, e a tutti i sodali di Adoración y Liberación, di cuore mando la mia Benedizione.
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo
13 Ottobre 2020
Anniversario dell’ultima apparizione di Fatima
versione audio, da apprezzare come una sinfonia
RispondiEliminahttps://www.marcotosatti.com/2020/10/16/mons-vigano-risponde-alla-lettera-di-vicente-montesinos/
Una splendida risposta dell'Arcivescovo davvero illuminante...
RispondiEliminaIl Vescovo Viganò è semplice, intelligente, schietto. Dio, Uno e Trino, ce lo conservi. Grazie di cuore!
RispondiElimina"Egli, una volta ritrovata la sobrietà, benedirà quanti hanno deposto il mantello della Verità e della Carità sulle sue vergogne".
RispondiEliminaLa vedo molto dura, direi impossibile.
Chi è cresciuto indurendo nell'egoismo e nella vanagloria assai difficilmente cambia. So del caso di un chierico, pieno di sé, arricchito, che approfittò pure della moglie di un altro dalla quale ebbe un figlio (che chiamò col suo nome!), che stornava i soldi della chiesa per i suoi affari privati, il quale recentemente è morto.
Pare che nei momenti di lucidità precedenti la sua morte non si preoccupasse neppure di pregare: si sentiva a posto così.
Questi non sono dei peccatori, sono degli anticristi perché, andando contro la volontà di Dio, si sentono comunque a posto.
Sarebbe ora, finalmente, che ci si rendesse conto: nella Chiesa non ci sono solo peccatori ma pure anticristi.
Penso che con "egli" si riferisca alla figura del Papa come istituzione perenne, non tanto a Bergoglio.
Elimina"Egli" non è il papato in generale, ma effettivamente il papa in carica, il quale deve e dovrà rispondere personalmente davanti a Dio del suo operato.
EliminaNoi non possiamo e non dobbiamo sostituirci all'Onnipotente nel suo giudizio dichiarando ciò noi che non ci compete...
I neosedevacantisti devono farsene una ragione.
Egli non è papa, giacché l’elezione di un eretico è invalida.
EliminaInoltre la sua eresia non è occulta e materiale, bensì formale e manifesta. Ergo qualunque battezzato può giudicarlo tale. Se uno nega che Cristo è Dio, non occorre una commissione per capire che si tratta di eresia.
EliminaGrazie a tutti coloro che per Amore di Cristo hanno reso possibile farci avere queste parole. Iddio vi benedica.
RispondiEliminaDobbiamo obbedire a ciò che chiede Bergoglio in Fratelli Tutti?
RispondiEliminaQuando nel 1991, con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, si concluse la Guerra Fredda, il mondo riconobbe che ciò era avvenuto grazie ad una alleanza di fatto tra il mondo Occidentale libero e democratico, che aveva gli Stati Uniti quale leader, e la Chiesa Cattolica apostolica romana guidata da Papa Giovanni Paolo II.
L’Occidente fondato su valori cristiani si sentì vincitore verso una cultura di potere perversa qual era il comunismo.
Ma questa vittoria che fine ha fatto? Le radici cristiane sono oggi fondamento costituzionale dell’Europa?
I principi etici non negoziabili sono incorporati nelle nostre leggi?
No.
I valori che si sono affermati sempre più, sostituendo progressivamente quelli cristiani, sono stati i valori illuministici (uguaglianza, fratellanza…) ben camuffati naturalmente, essendo valori utopistici ed irrealizzabili senza fede in Dio.
Senza i valori cristiani, il mondo post guerra fredda ha fatto scelte che hanno portato alla crisi economico-sociale in corso ed alla creazione di un nuovo mostro più pericoloso dell’Unione Sovietica, la Cina armata del suo pragmatismo morale.
Eppure proprio in questi ultimi tempi la chiesa di Bergoglio sposa questi valori illuministici e questa alleanza cinese, ponendo fine ai valori morali del cristianesimo e ripudiando l’occidente.
Bergoglio sta realizzando un catto-neoilluminismo, ambientalista e filocinese, destrutturando la Genesi e la dottrina sociale della Chiesa.
Cosa diventeranno i diritti umani, la libertà personale, la bioetica, la dignità dell’uomo il bene comune in un mondo dominato dalla cultura cinese-bergogliana?
Oggi il vero maggior dramma che stiamo vivendo non è economico o politico, è morale.
La mancanza di un’autorità e guida morale; anzi il suo tradimento, è il nostro dramma. Bergoglio ha innalzato lui un MURO, ma verso i cattolici.
La Chiesa non c’è più, c’è la “Rete “, le Ong e i loro barconi, Greta e BillGates. Non si propone più fede, ma si accetta il ricatto ambientalista centrato sull’igiene grazie al Covid, che per Bergoglio è dovuto alla violenza che facciamo alla natura.
Bergoglio confonde bene e male con una forma di dottrina catto-neoilluminista utopistica e pragmatica.
Come si può obbedire Eccellenza?
PezzoGrosso
(Da Stilum curiae)
Chi ha mai detto che dobbiamo obbedire?
RispondiEliminaCommento di uno stilumcuriale
RispondiEliminaMa come si fa ad obbedire ad un papa che persino sui carabinieri sbaglia ?
Stamattina ha fatto un discorso ai carabinieri italiani dicendo, fra l’altro :–Invoco su di voi e sul vostro lavoro quotidiano i doni dello Spirito Santo. Vi affido alla materna protezione della Madonna, che voi venerate con il titolo di Virgo fidelis. —
Ma la “fidelitas” dei carabinieri non c’entra nulla con le litanie della Madonna. “Nei secoli fedele” è (dal 1933 per legge di Sua Maestà Vittorio Emanuele III di Savoia) il motto dell’Arma dei carabinieri “usi ad obbedir tacendo e tacendo morir” .
Che papa, ragazzi, che papa!
Ma quale papa!??
EliminaQui ci sta il linguaggio della Chiesa ed una risposta chiara su quanto si ha da fare, che oggi può essere diverso da domani, come Gesù stesso evitò il Martirio finchè non venne la Sua Ora. La verità ed il bene della Chiesa sono i fari che illuminano il cammino. I commi 6,8,9,10,12,14,15 sono da ruminare in profondità. Quanto alla figura del papato oggi è comunque duplice,come ben dimostrano le immagini plurime di 2 vestiti in bianco appaiati, preghiamo ed agiamo sia per combattere l'eresia palese di uno e sia perchè si faccia chiarezza anche su questo: d'altronde sembra che a dar fastidio sia chi mette in dubbio Bergoglio e non viceversa, lo dimostra il caso don Minutella la cui scomunica personalmente ritengo nulla (pur rimettendomi al giudizio della Chiesa quando sarà). Quanto alla FSSPIO X la revoca della scomunica di Benedetto XVI di fatto li ha reintegrati, cioè ha dato loro il mandato papale che loro mancava, ed i Vescovi, riammessi, hanno di fatto pieno titolo oggi, mi sembra di capire. Ho sentito di un pestaggio in polizia di fra Alexis, di nuovo cioè di un esperto in diritto canonico che contesta l'elezione del secondo. Dio vince.
RispondiEliminaAppello urgente di un prete dalla Romania: Ascoltate
RispondiEliminaMI è STATO CHIESTO DI RILANCIARE QUESTO APPELLO DI QUALCHE MESE FA PERCHÈ DON REMO CONTINUA AD AVERE BISOGNO DI AIUTO PER CONTINUARE LA COSTRUZIONE DELLA CHIESA IN ROMANIA. DIO BENEDICA TUTTI I CUORI SENSIBILI A QUESTA RICHIESTA DI SOCCORSO…
https://gloria.tv/post/4tWS6J4GqCJg1bVhdTiPKK7af
Dove si chiudono ..dove si aprono...sia fatta la Sua Volonta'!
RispondiEliminaL'Unione Sovietica è crollata in seguito all'azione degli USA in armonia con quella di GPII?
E' una tesi molto diffusa. Ma fino a che punto è vera?
L'URSS è implosa soprattutto per cause interne. Viene un momento nelle costruzione statali di tipo imperiale, come era l'URSS, nel quale non si riesce più a reggere il peso dell'enorme apparato burocratico-militare-politico-economico. In Russia c'era la crisi morale nei confronti dei valori del comunismo e la crisi economica, ormai inarrestabile. L'occupazione militare dell'Europa Orientale, con il suo enorme apparato, non poteva più essere mantenuta al pari delle spese sempre notevoli per finanziare i partiti comunisti in tutto il mondo.
Ma la Russia che è rinata dalle rovine dell'URSS ha sempre mantenuto la medesima classe dirigente (ex)sovietica. Questo è stato un bene, nel senso di aver impedito disordini gravi (devastazioni, uccisioni, massacri, come nel 1917) quando il sistema è sprofondato.
Però al potere sono sempre gli ex-comunisti, diventati patrioti Russi da un giorno all'altro. Questo fa sorgere qualche dubbio, in qualcuno. Non nel senso che la crisi non ci fosse e che il cambiamento non ci sia stato. Ma nel senso che è stato diretto sempre dalla stessa classe dirigente marxista, che ha cambiato vestito, per così dire.
Ora, in Italia p.e., il comunismo ha cambiato nome, slogan etc ma nella sostanza è rimasto sempre lo stesso e fa la stessa politica distruttiva nei confronti della nazione.
In Russia no, c'è stata una svolta verso i valori nazional-patriottici, religione compresa, anche per ridare di nuovo un'etica alla nazione. Ma quanto autentica questa svolta?
Il fatto è che il comunismo, su scala mondiale, è tutt'altro che morto. Ha saputo trasformarsi ma la sua minaccia resta letale (Cina, Corea del Nord, alcuni Stati sudamericani con Cuba sempre centro di iniziative destabilizzanti, azione insidiosa dei comunisti in Europa Occ. sotto le bandiere del liberalismo radical, Africa). E la Corea del NOrd, senza l'appoggio segreto della Russia, sarebbe riuscita a crearsi l'arsenale atomico?
La revisione della storia recente in Russia è stata fatta ma è in gran parte già rientrata.
I crimini di Stalin sono stati conosciuti da tutti ma adesso, a quanto pare, si preferisce vedere i suoi aspetti positivi (l'avanzamento sociale delle masse, la grande potenza raggiunta dal Paese, la vittoria nella "Grande Guerra Patriottica", etc.) L'hanno imbalsamato di nuovo, come i Cinesi con Mao.
Del resto , non si può stare a rivangare il passato per sempre, come facciamo noi italiani, per tagliarci i panni addosso.
Preoccupa la debolezza militare della Nato, la nullità militare dell'Europa. Non dimentichiamo che, sin dai tempi di Caterina II, la Russia è diventata una potenza con una strategia offensiva, verso Occidente. L'esercito russo attuale si è rifondato ma nessuno conosce il suo effettivo potenziale.
Policratico