La scelta compiuta da Vescovi italiani di alterare anche il testo liturgico della Oratio Dominica, dunque, non corrisponde ad alcuna logica né esegetica né teologica. È frutto, invece, di un relativismo materialista e mondano applicato alla stessa liturgia cattolica che, invece, “è essenzialmente actio Dei, che ci coinvolge in Gesù per mezzo dello Spirito
L’Oratio Dominica è un testo di Gian Battista Bodoni, pubblicato nel 1806 a Parma, per celebrare il viaggio di Papa Pio VII a Parigi in occasione dell’incoronazione imperiale di Napoleone Bonaparte.
In realtà, per la necessità di usare quasi duecento diversi tipi di caratteri, il testo della preghiera appare riprodotto ben 215 volte.
Un buon numero di queste traduzioni è servito per realizzare le pregevoli maioliche che ancor oggi adornano il chiostro della Chiesa del Pater, sul Monte degli Ulivi, a Gerusalemme.
Nel Vangelo di San Matteo, Gesù introduce la preghiera con un vero e proprio comando: Οὕτως οὖν προσεύχεσθε ὑμεῖς (oùtos oùn proseùkesthe umeìs), “Voi dunque pregate così!” (Matteo 6, 9).
Nel testo secondo San Luca, invece, la preghiera è insegnata dal Maestro ai discepoli a seguito di una precisa richiesta: Κύριε, δίδαξον ἡμᾶς προσεύχεσθαι (Kùrye, dìdazon emàs proseùkesthai), “Signore, insegnaci a pregare” (Luca 11, 1).
Imperativo e insegnamento sono ben sintetizzati dalla tradizionale monizione liturgica, che precede la recita del Pater Noster all’inizio dei riti di comunione: Praeceptis salutaribus moniti et divina istituzione formati, audemus dicere (Ammoniti dai salutari precetti e formati dal divino insegnamento, osiamo dire).
Il testo greco della preghiera, oltre che dai due Evangelisti, ci è giunto anche da un’altra fonte coeva ai Vangeli e sempre in greco.
Un breve documento di legislazione canonica del primo secolo, in uso fra le prime comunità cristiane della Palestina e della Siria, intitolato Διδαχή, Didaché.
Il più antico manoscritto greco di quest’ultimo testo è riportato nel Codex Hierosolymitanus, che ne riporta il titolo esteso di Διδαχὴ τῶν δώδεκα ἀποστόλων (didaché tòn dòdeka apostòlon): “Insegnamento dei dodici apostoli”.
Sappiamo che in Matteo 6, 9-13 il testo della preghiera, così come oggi lo recitiamo, è completo del titolo (Πάτερ ἡμῶν ὁ ἐν τοῖς οὐρανοῖς (Páter hemòn, ho en toìs ouranoìs), “Padre nostro che sei nei cieli” e delle sei petizioni che seguono.
In Luca 1, 2-4, invece, il titolo è solo Padre (Πάτερ, Pàter), e il testo lucano non riporta la terza petizione presente invece in Matteo: “sia fatta la tua volontà come in cielo e così in terra”; e tralascia anche la parte conclusiva dell’ultima petizione “ma liberaci dal male”.
Il testo del Padre Nostro che ci è tramandato dalla Didaché 8, 2 è perfettamente identico a quello di Matteo 6, 9-13, ma è completato al termine dall’eucologia: Ὅτι σοῦ ἐστιν ἡ βασιλεία καὶ ἡ δύναμις καὶ ἡ δόξα εἰς τοὺς αἰῶνας - Così di te è il regno, e la potenza e la gloria per i secoli”.
L’uso di questa formula eucologica al termine della preghiera è stato mantenuto ininterrotto nella tradizione ortodossa della Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo; mentre nella liturgia romana damaso-gregoriana (Vetus Ordo) se ne ritrova l’eco nella grande dossologia che conclude il Canone Romano.
Nella riforma post-conciliare della Santa Messa (Novus Ordo), l’eucologia della Didaché è stata introdotta non come immediata conclusione del Padre Nostro, ma dopo l’embolismo (Liberaci, Signore, da tutti i mali), che segue la recita della preghiera.
Sia il testo del Vangelo di Matteo sia quello di Luca come infine la Didaché riportano, tuttavia, coerentemente e testualmente la prima parte della sesta petizione: καὶ μὴ εἰσενέγκῃς ἡμᾶς εἰς πειρασμόν (kaì mé eisenénkeis hemàs eís peirasmón).
I valenti traduttori della CEI, nel palese tentativo di rendere pastoralmente potabile e religiosamente corretta la preghiera di Gesù, si sono soffermati sul verbo reggente di questa proposizione che è composto dalla negazione μὴ (non) e dal congiuntivo aoristo εἰσενέγκῃς (eisenénkeis), così da formare un imperativo negativo.
Ora, comunque, la si voglia girare εἰσενέγκῃς è la seconda persona singolare del congiuntivo aoristo di εισ-φέρω (eís-fero) che significa letteralmente “indurre”, “portare verso” o “portare dentro”, in senso spaziale ma anche metaforico (Cfr. F. Zorell, Lexicon graecum Novi Testamenti, Parisiis, 1932, p. 384; e M. Zerwick, Analysis philologica Novi Testamenti graeci, Roma 1960, p. 14).
La traduzione latina della vulgata di San Gerolamo (ne nos inducas) e quella italiana (non indurci) si attengono strettamente e fedelmente al testo originale greco; mentre il nuovo “non abbandonarci” non solo introduce un verbo che non esiste nel testo originale ma rischia di distorcere il significato intrinseco dell’espressione e di deviare essenzialmente il senso teologico del testo stesso.
Il testo greco, come abbiamo visto, usa il congiuntivo negativo nella forma verbale dell’aoristo, e inoltre ripete poi due volte il suffisso εισ (eís) sia per introdurre il verbo φέρω (féro) sia per introdurre il moto a luogo εἰς πειρασμόν (eís peirasmón).
Il testo latino della vulgata e quello tradizionale italiano rispettano rigorosamente tale struttura originaria, infatti recitano: “ne nos in-ducere in tentationem” e “non in-durci in tentazione”.
Un’ultima considerazione merita ancora il verbo εἰσενέγκῃς che all’aoristo appunto indica un’azione, temporalmente non determinata, concepita nella sua globalità, e non vincolata a un prima o a un dopo.
Il “non abbandonarci” sembra, al contrario, affermare che Dio ora - se volesse - potrebbe tranquillamente abbandonare il credente alla tentazione.
Così, per chi ritiene inaccettabile pensare che Dio possa “indurci” alla tentazione, dovrebbe parimenti ritenere che è cosa del tutto teologicamente fuorviante che Dio “ci abbandoni” nella tentazione!
Ora, la vera problematicità non sta nel verbo ma nel sostantivo del complemento di moto a luogo εἰς πειρασμόν (eís peirasmón), che San Girolamo traduce come tentatio e l’italiano come tentazione.
Il sostantivo πειρασμός (peirasmòs) ricorre 21 volte nel Nuovo Testamento, con una gamma di significati che vanno da una connotazione assolutamente negativa (tentazione, peccato, calamità, afflizione) a una del tutto neutra (prova, esame, tentativo).
Ad esempio, in Matteo 26, 41 quando Gesù nel Getzemani invita gli Apostoli a vegliare e pregare “per non entrare nella prova”: “vegliate e pregate affinché non entriate nella prova” (εἰς πειρασμόν). E qui, evidentemente, Gesù si riferiva a quella prova suprema che, lui stesso stava affrontando nell’ora della sua Passione.
Nella Prima Lettera di Pietro 1,6: “Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po' di tempo, afflitti da varie prove (ἐν ποικίλοις πειρασμοῖς). E qui il riferimento è alla prima grande persecuzione, che ha investito l'intero impero romano sotto Domiziano (81-96 d.C.). Un riferimento questo che, tuttavia, è inserito in una benedizione (euloghia) rivolta a Dio Padre per il progetto di salvezza attuato per mezzo della risurrezione di Cristo.
Anche il verbo, corrispondente al sostantivo peirasmòs, πειράζω (peiràzo) ricorre 39 volte nel Nuovo Testamento e anch’esso ha lo stesso spettro di significati.
Lo troviamo in Matteo 4,1: “Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo” (πειρασθῆναι ὑπὸ τοῦ διαβόλου). O, nel versetto, 4,3 dove il diavolo è definito come il “tentatore” (ὁ πειράζων).
Dunque, in questo caso, si tratta di una vera e propria tentazione che proviene dallo stesso che “è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna» (Giovanni 8, 44).
Lo stesso verbo, tuttavia, è usato anche nel senso di testare e mettere alla prova in senso negativo, come in Matteo 16,1: “I farisei e i sadducei si avvicinarono per metterlo alla prova (πειράζοντες). E così anche in Matteo 19,3 “Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova (πειράζοντες αὐτὸν)”.
In Ebrei 11,17, invece, lo stesso verbo è usato col significato di mettere alla prova in senso positivo: Per fede, Abramo, messo alla prova (πειραζόμενος), offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio”.
O nell’Apocalisse, dove la prova è intesa come via per smascherare la falsità: “Hai messo alla prova (ἐπείρασας) quelli che si dicono apostoli e non lo sono, e li hai trovati bugiardi” (2, 2).
La tentazione - è questo vale anche per l’Antico Testamento - nel linguaggio biblico esprime la pedagogia propria di Dio Padre nei confronti degli uomini: “Dio li ha provati (ὁ θεὸς ἐπείρασεν αὐτοὺς) e li ha trovati degni di sé: li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come un olocausto. Nel giorno del loro giudizio risplenderanno; come scintille nella stoppia, correranno qua e là” (Sapienza 3, 5-7).
Nel libro del Siracide, infine, la prova (tentazione) suprema che il credente deve affrontare è proprio quando si presenta al cospetto di Dio per rendergli culto: “Fili, accedens ad servitutem Dei sta in iustitia et timore et praepara animam tuam ad tentationem”; “Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione” (2, 1).
La traduzione corrente di questo versetto del celebre libro sapienziale, la cui prima traduzione in greco dall’originale ebraico risale al 132 a.C., tralascia un dettaglio essenziale del testo greco che si chiude con questa esortazione: “ἑτοίμασον τὴν ψυχήν σου εἰς πειρασμόν”.
Ecco, figlio se ti presenti per rendere culto a Dio “prepara la tua vita (τὴν ψυχήν - ten psukén) verso la prova (eís peirasmón)”.
La prova, la tentazione, l’esame che hanno come corrispettivo la correzione, il ravvedimento, il voto negativo - in caso di fallimento - e il compiacimento, il premio e il voto positivo - in caso di successo - sono gli elementi costitutivi del rapporto Padre-figli e Dio-credenti.
“Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non è corretto dal padre? Se siete senza correzione, mentre tutti ne hanno avuto la loro parte, siete bastardi, non figli! Del resto, noi abbiamo avuto come correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo perciò molto di più al Padre degli spiriti, per avere la vita? (Ebrei 12, 7-9).
Ecco il Dio cristiano ci tratta come figli e come figli che possono comprendere; non come bastardi e dementi!
La scelta compiuta da Vescovi italiani di alterare anche il testo liturgico della Oratio Dominica, dunque, non corrisponde ad alcuna logica né esegetica né teologica.
È frutto, invece, di un relativismo materialista e mondano applicato alla stessa liturgia cattolica che, invece, “è essenzialmente actio Dei, che ci coinvolge in Gesù per mezzo dello Spirito (Benedetto XVI, Esortazione Apostolica Postsinodale, Sacramentum caritatis, 37).
Considerato, poi, chi è stato il principale promotore di questa infausta scelta, i Vescovi italiani hanno agito mossi da un vero e proprio bieco clericalismo, che consiste nel non dispiacere a chi non si può che compiacere per non alterarne i sempre incerti e instabili umori.
A chi sommessamente continuerà a pregare “ne nos induca in tentationem”, possano essere di conforto le parole di Sant’Agostino che dell’Oratio Dominica così scriveva: “Essa ha un significato larghissimo. Perciò, in qualunque tribolazione si trovi il cristiano, con essa esprima i suoi gemiti, con essa accompagni le sue lacrime, da essa inizi la sua preghiera, in essa la prolunghi e con essa la termini […] Chiunque prega con parole che non hanno alcun rapporto con questa preghiera evangelica, forse non fa una preghiera mal fatta, ma certo troppo umana e terrestre” (Lettera a Proba, Lett. 130, 22).
CONOSCIAMO IL SANTO DEL GIORNO: IMMACOLATA CONCEZIONE DI MARIA
RispondiEliminaMARTIROLOGIO ROMANO SECONDO IL CALENDARIO DEL VETUS ORDO
Oggi 8 dicembre 2020 si festeggia l'Immacolata Concezione della gloriosa sempre Vergine Maria, Madre di Dio, che il Sommo Pontefice Pio nono, in questo stesso giorno, solennemente definì essere stata, per singolare privilegio di Dio, preservata immune da ogni macchia di colpa originale.
Nel paradiso terrestre Iddio Padre, nell'atto di scacciare Eva, preannunzió la nascita di una donna che avrebbe schiacciato la testa al serpente e colla sua concezione senza macchia avrebbe riparato i danni del primo peccato.
Siccome gli avvenimenti dell'Antico Testamento erano figura di quanto doveva realizzarsi nel Nuovo, così in molti è adombrata l'Immacolata: nel roveto ardente che arde e non si consuma; nel vello di Gedeone, ma specialmente nella verga di Tesse da cui doveva germogliare il fiore nazareno.
Fin dai primi tempi della Chiesa si è sempre venerata l'Immacolata Concezione di Maria, ma non era ancora un dogma. Finalmente, il 2 febbraio 1849, il Pontefice Pio IX, ispirato da Dio e dalla Vergine, rispondendo alle insistenze dei vescovi e dei fedeli, inviò ai medesimi una lettera enciclica per domandare il parere di ciascuno riguardo all'Immacolata. La quasi totalità rispose esprimendo il desiderio vivissimo proprio e dei popoli, di veder presto proclamato quel dogma.
A questi voti Pio IX aggiunse la sua parola infallibile e l'8 dicembre 1854, alla presenza di tutta la corte pontificia e gran numero di vescovi e cardinali, definiva come dogma di fede la verità della Concezione Immacolata di Maria.
Questa proclamazione fu accolta con giubilo ed entusiasmo grandissimo da tutto il mondo, ed è senza dubbio una delle gemme più belle e fulgenti della corona di Maria. Se incomparabile è la sua divina maternità unita alla verginità più illibata, è tuttavia grazia e dono richiesto da quella dignità, l'essere concepita senza macchia originale. Era infatti necessario che per essere il Figlio di Maria senza macchia, senza macchia fosse anche la Madre.
In Ariano di Puglia nel 1823 due padri predicatori, esorcizzando un fanciullo illetterato di 12 anni, gli imposero di provare teologicamente il dogma dell'Immacolata con un sonetto a rima obbligata. L'ossesso prontamente improvvisò il sonetto di cui gli ultimi versi sono: “L'essere quasi è comune fra Madre e Figlio, perchè l'essere dal Figlio ebbe la Madre, e l'esser dalla Madre ebbe anche il Figlio. Or se l'esser dal Figlio ebbe la Madre, o s'ha a dir che fu macchiato il Figlio, o senza macchia s'ha da dir la Madre!”
Pio IX al leggere questi bei versi, pianse di commozione! A suggello poi di questo dogma, e per farci toccar mano l'importanza e la grazia di aver per madre una donna che mai conobbe peccato, la SS. Vergine stessa, l'11 febbraio 1858, appariva a Lourdes, a S. Bernadetta ed affermava: Io sono l'Immacolata Concezione!
L’IMPOTENZA DI DIO
RispondiElimina“E non vi poté operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì.”
Ero davvero piccino e molto mi colpì questa frase del vangelo di Marco. L’eroe di quel me bambino era diventato all’improvviso impotente, proprio a Nazareth, la sua terra.
“Com’è possibile?” mi chiesi. Ma tenni per me quella domanda. Fino a quando compresi: Dio è come neutralizzato quando l’uomo, nell’assenza della fede, non lascia passare e agire la Sua potenza. E dunque tutto passa attraverso l’uomo.
Ecco: se Maria avesse detto no all’angelo e non si fosse lasciata sorprendere da una scelta misteriosa e insondabile - «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» - l’opera della Redenzione non si sarebbe compiuta, Sì: tutto passa attraverso l’uomo e la sua libertà. Davanti alla quale Dio si ritira, come scriveva un mistico ebraico del XVI secolo, Isaac Ben Salomon Luria. Una rinuncia di Dio all’onnipotenza: lo Zimitzòun. Una chenosis che, insomma, non si è realizzata solo nell’Incarnazione ma che è costitutiva dell’azione di Dio, dalla Creazione in poi: Dio lascia spazio all’uomo.
E’ un peccato che questo tema non sia stato sviluppato propriamente nella teologia e segnatamente nell’ambito elle teodicea. Quanti fraintendimenti si sarebbero evitati. E quante anime non si sarebbero perse dinnanzi allo scandalo del male.
(Biagio Buonomo)
MARIA IMMACOLATA È IL PARADISO DELL'INCARNAZIONE.
RispondiElimina(Fulton J. Sheen, da "Maria Primo Amore del Mondo")
Prima di fare l'uomo, Dio formò l'Eden, un giardino di delizie bello come solo Egli sa farlo. In quel Paradiso della Creazione si celebrarono le prime nozze dell'uomo e della donna. Ma l'uomo non volle altre benedizioni che quelle corrispondenti alla sua più bassa natura. Non soltanto perdette la sua Felicità, ma ferì persino la sua stessa mente e volontà. Allora Dio progettò la ricreazione o redenzione dell'uomo.
Ma prima, volle fare un altro Giardino. Questo nuovo Giardino non sarebbe stato di terra, ma di carne; sarebbe stato un Giardino sul cui ingresso non sarebbe mai stata scritta la parola "peccato", un Giardino in cui non sarebbero cresciute le erbacce della ribellione per soffocare i fiori della Grazia; un Giardino dal quale sarebbero sgorgati i quattro fiumi della Redenzione per i quattro angoli della terra, un Giardino così Puro che il Padre Celeste non si sarebbe vergognato di mandarvi il Figlio Suo, e questo "Paradiso recinto di carne che doveva essere coltivato da Cristo, il Nuovo Adamo" era Maria, la Nostra Madre Benedetta.
Come l'Eden fu il Paradiso della Creazione così Maria è il Paradiso dell'Incarnazione. In Lei come in un Giardino vennero celebrate le prime nozze tra Dio e l'uomo.
Quanto più ci si avvicina al fuoco, tanto più se ne sente il calore: quanto più ci si avvicina a Dio, tanto maggiore è la purezza. Ma siccome nessuno fu più vicino a Dio della Donna i cui portali umani Egli valicò per venire su questa terra, nessuno poteva essere più puro di Maria. Questa sua Speciale Purezza la chiamiamo "Immacolata Concezione".
(Fulton J. Sheen, da "Maria Primo Amore del Mondo")
Dio mai abbandona,persino dopo il peccato originale col noto albero che non doveva mangiare,tentazione che invece fece propria fuggendo poi da Dio,lui abbandonandolo nascondendosi,Dio lo cerca:Adamo dove sei?Chiaro dalla Bibbia fin da Genesi che non Dio abbandona ma l'uomo per scelta abbandona Dio.Quindi è bestemmia la nuova traduzione che rifiuta xx secoli di Chiesa con san Gerolamo e la sua traduzione unica approvata dal Magistero.Ma oggi il Magistero è negato dal magistero rivale.Oggi la prima lettura ci parlava della condanna:maledetto tu tra tutto il bestiame della terra, inimicizia porrò tra la stirpe tua o serpe e la stirpe della donna.Polvere mangerai .....dopo questo tuo istante di gloria rubata.
RispondiEliminaOGGI FESTA DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE DI MARIA
RispondiEliminaPer la cultura cinese, la donna è "l'altra metà del cielo".
Per la cultura cristiana invece, grazie a Maria concepita con l'anima immacolata dal peccato originale ("Sine labe originali concepta"), la donna è addirittura "la mèta del Cielo" poiché in essa, per opera dello Spirito Santo, il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi ("et Verbum caro factum est et habitavit in nobis") rivelandoci nel Figlio il volto del Padre.
Grazie a Maria si è così compiuta l'opera di Redenzione dell'umanità e solo tramite Lei, Madre della Chiesa e Madre di Dio ("Mater Ecclesiae et Mater Dei") possiamo entrare in comunione con Cristo e giungere alla salvezza eterna.
Molti confondono questa festa con l'Incarnazione di Cristo (25 marzo), mentre invece riguarda la dimensione spirituale della Madonna e, per analogia, di tutta la Chiesa.
“Signore, insegnaci a pregare” (Luca XI, 1).
RispondiEliminaQuesta invocazione era anche il titolo di un libro di preci e massime eterne, appartenuto a mia madre. Ed è anche una giaculatoria, la cui devota recita è arrichita da 300 giorni di indulgenza . Io la recito all'inizio della prima Corona del Rosario della giornata .
OT
RispondiEliminahttps://www.maurizioblondet.it/la-dittatura-dei-cacasotto-la-piu-feroce/
La dittatura dei cacasotto. La più feroce.
Maurizio Blondet 8 Dicembre 2020
Ormai sono gli stessi complici della dittatura sanitaria ad averne paura. Matteo Renzi per bocca di uno dei suoi caudatari, Davide Faraone: “Abbiamo impedito i pieni poteri a Salvini non per consegnarli nelle mani di Conte, a cui comunque è stata data la più grande libertà di azione mai vista da un premier in democrazia”...
OT ma è importante. E se lo dice una Tv di regime...
RispondiEliminaRicorso del Texas alla Corte suprema Usa: "Bloccare il voto del collegio elettorale in 4 Stati" Si tratta di Georgia, Michigan, Pennsylvania e Wisconsin. Nel ricorso si chiede inoltre di rinviare la riunione del 14 dicembre in cui lo stesso collegio è chiamato ad eleggere formalmente il presidente. La richiesta, se
accolta, potrebbe consegnare la vittoria a Trump
http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Ricorso-del-Texas-alla-Corte-suprema-Usa-Bloccare-il-voto-del-collegio-elettorale-in-4-Stati-15a84ab5-2098-4006-b08f-50537ddb8a6f.html
Οὕτως οὖν προσεύχεσθε ὑμεῖς,(oùtos oùn proseùkesfe umeìs), “Voi dunque pregate così!” (Matteo 6, 9)
RispondiEliminaMa non era meglio traslitterare diversamente!?
Hùtos ùn prosèuchesthe humèìs
O no? Il testo è pieno di Greco, che faccio fatica a leggere nella traslitterazione in lingua italiana. Ditemi se sbaglio io o il dotto professore. Il contenuto dello scritto lo condivido in pieno.
Relativamente al mio precedente commento, più che "traslitterazione in lingua italiana" avrei dovuto scrivere "in alfabeto latino".
RispondiEliminaSi concede il dono di speciali Indulgenze in occasione dell’Anno di San Giuseppe, indetto da Papa Francesco per celebrare il 150° anniversario della proclamazione di San Giuseppe a Patrono della Chiesa universale.
RispondiEliminahttp://www.vatican.va/roman_curia/tribunals/apost_penit/documents/rc_trib_appen_pro_20201208_decreto-indulgenze-sangiuseppe_it.html
L'Anno di San Giuseppe. Leggiamo prima attentamente il decreto. Qui stanno correndo ai ripari in fretta e furia, non vorrei che nella fretta e nella furia uscissero fuori, senza parere, ulteriori cambi di direzione.
RispondiEliminaL'Anno di San Giuseppe. Leggiamo prima attentamente il decreto. Qui stanno correndo ai ripari in fretta e furia, non vorrei che nella fretta e nella furia uscissero fuori, senza parere, ulteriori cambi di direzione.
RispondiEliminaAtto di consacrazione al castissimo Cuore di San Giuseppe
RispondiEliminaA Te, al Tuo castissimo e paterno Cuore ci consacriamo,
o glorioso San Giuseppe,
ed intendiamo onorarti come sposo purissimo di Maria,
Capo della più santa Famiglia e Padre putativo di Gesù Cristo.
Penetrati di rispetto e di amore
alla vista delle tue grandezze e della tua santità,
ti offriamo e ti consacriamo i nostri cuori.
D'ora innanzi ti avremo come padre e protettore nostro;
degnati di riguardarci come tuoi figli,
facci sentire gli effetti del tuo potere presso Dio e della tua carità verso di noi.
Ottienici tutte le grazie che imploriamo dai Sacri Cuori di Gesù e Maria.
Prendi sotto la tua protezione i padri di famiglia,
perché educhino i loro figli nel santo timore di Dio
ed infondano nei loro cuori amore alla Chiesa di Gesù Cristo
affidata particolarmente al tuo potente patrocinio.
Finalmente ottienici, o grande Santo, una morte simile alla tua
tra le braccia di Gesù e Maria,
affinché, dopo averti venerato quaggiù sulla terra,
siamo fatti degni di benedirti ancora lassù nel Cielo. Amen
http://www.sacricuori.org/public/record_dettaglio/6/98/atto-di-consacrazione-al-castissimo-cuore-di-san-giuseppe.htm
Preghiera tratta da la Congregazione delle Vittime dei Sacri Cuori di Gesù, Giuseppe e Maria, oggi Religiose dei Sacri Cuori di Gesù e Maria .
il Padre Nostro in aramaico:
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=EvzNutnQAV8
OT news ultima ora
RispondiEliminaaltri 17 stati si sono uniti al Texas per ottenere il ri conteggio dei voti e constatare gli eventuali brogli elettorali, che ci sono stati eccome......
Se puoi "correggere" direttamente Cristo correggendo il Padre Nostro, poi puoi fare tutto... :(
RispondiEliminaDino Maverick Guglielminetti