Tra i migliori commenti sugli eventi in Afghanistan, alcuni pensieri di Giuliano Guzzo e, a seguire, una storia a cui guardare.
"La cosa più spiazzante, guardando i talebani che si ripigliano Kabul, è pensare che cosa ha l'Occidente laico e secolarizzato, oggi, da opporre a quella tirannia: la critica indiavolata al razzismo degli avi, il linguaggio di genere e gli asterischi, il «ciascuno sia ciò che si sente», i sermoncini di Greta Thunberg, i nastri arcobaleno... Tolta la supremazia militare, stiamo praticamente in mutande.
"La cosa più spiazzante, guardando i talebani che si ripigliano Kabul, è pensare che cosa ha l'Occidente laico e secolarizzato, oggi, da opporre a quella tirannia: la critica indiavolata al razzismo degli avi, il linguaggio di genere e gli asterischi, il «ciascuno sia ciò che si sente», i sermoncini di Greta Thunberg, i nastri arcobaleno... Tolta la supremazia militare, stiamo praticamente in mutande.
La giusta indignazione per ciò che sta accadendo - e c'è da temere accadrà - alle donne afghane non deve far dimenticare che analoga condizione femminile, purtroppo, è propria di tanti Paesi, dove a prevalere è un certo fondamentalismo. Che da noi si preferisce non nominare. Viceversa, se in Occidente la donna gode di tutt'altra considerazione, più che a femminismi, battagliere paladine o a quote, ciò è dovuto all'eredità di un'altra religione. Che da noi si preferisce rinnegare".
P. Moretti: Le Piccole sorelle di Gesù, per 60 anni “afghane fra gli afghani”
Hanno vissuto 60 anni al servizio dei bisognosi. Sono rimaste a Kabul sotto l’occupazione sovietica, il controllo dei talebani e i bombardamenti Nato. Rispettate da tutti, anche dai talebani. Questo febbraio è finita la loro esperienza, secondo p. Moretti “una a cui guardare”.
Kabul (AsiaNews) – “Per tutti questi anni, non hanno mai lasciato Kabul: non durante l’occupazione sovietica, non sotto i talebani e neanche durante i bombardamenti.” Le Piccole sorelle di Gesù sono rimaste al fianco degli afghani fin quanto hanno potuto, e ora la loro esperienza finisce a causa della mancanza di vocazioni. Lo racconta ad AsiaNews padre Giuseppe Moretti, cappellano all’ambasciata italiana e responsabile della missio sui iuris dell'Afghanistan fino al 2015. A Kabul, la comunità cristiana è composta da poche decine di persone, soprattutto funzionari e militari delle ambasciate.
Fondata da Magdeleine Hutin e ispirata al messaggio di Charles de Foucauld, la congregazione è presente in 60 Paesi. La Madre generale, ora in processo di beatificazione, visitò Kabul per preparare l’arrivo delle sorelle. Esse si stabilirono nel 1956, servendo come infermiere negli ospedali statali.
P. Moretti racconta la loro dedizione: “Ricevevano tanti aiuti internazionali, e cercavano sempre di farli avere alle persone di cui avevano cura. Nel 2013, un generale della Nato inviava ogni domenica dei pacchi di viveri, ma le suore, pur vivendo nella povertà, se ne privavano per darli ai più bisognosi di loro”.
“Parlavano la lingua farsi, vivevano come afghane, dormendo su un tappeto a terra e indossando gli abiti tradizionali.” Per questo, le sorelle erano amate e stimate dalla comunità, tanto che negli ultimi anni avevano ottenuto la cittadinanza afghana: “Scherzavano dicendo che non è vero che non esiste più un afghano cristiano”.
Le consorelle erano rispettate anche dai talebani. “Nel 1993 andavano tutti i venerdì nella cappella dell’ambasciata a pregare, nonostante fosse chiusa per colpa della guerra civile. I talebani sapevano chi erano, ma le hanno sempre lasciate entrare. Sulla facciata della cappella c’è una croce ben visibile. La sede centrale della polizia religiosa era proprio lì vicino. Avrebbero potuto distruggere la cappella, ma non l’hanno fatto”.
“Inoltre – continua il padre – nei primi anni del 2000, la polizia religiosa era andata e cercare le Piccole sorelle a casa. Al tempo, esse abitavano in un casermone costruito dai sovietici. Il responsabile dell’edificio, un mullah, fermò la polizia religiosa dicendo loro ‘le suore non si toccano. Queste donne vanno rispettate’. I talebani si limitarono ad entrare nell’appartamento per poi andare via, lasciandole in pace”.
Per p. Moretti, a colpire era il loro modo di stare vicine ai bisognosi, “nel silenzio”: “Anche con l’arrivo della Nato nel 2002, hanno sempre rifiutato con gentilezza tutte le interviste. Non solo per non essere prese di mira o considerate spie, ma proprio per via della loro dedizione e riserbo. Tante donne si sono rivolte loro, in cerca di appoggio, consolazione e forza, e hanno sempre tenuto riservate le loro storie”.
L’esperienza delle Piccole sorelle di Gesù è finita lo scorso febbraio con la partenza delle ultime due sorelle, Marianne e Catherine. Erano a Kabul da 40 anni. “Il mio aiutante afghano mi ha detto ‘le sorelle partono’ in lacrime”.
Adesso in Afghanistan ci sono le suore di Madre Teresa e di un gruppo formato da più congregazioni che si occupa, insieme a delle maestre afghane, di bambini con disabilità. Secondo p. Moretti, la storia delle Piccole sorelle ha facilitato queste nuove esperienze.
“Le Piccole sorelle di Gesù erano afghane fra gli afghani – conclude p. Moretti – Chi le vedeva non poteva che ammirarle. La loro è una storia a cui dobbiamo guardare”.
Il movimento che ha supportato il presidente Biden durante le elezioni politiche statunitensi, tace su quanto accade e accadrà alle donne afghane. Sul loro buio futuro. L'ennesimo esempio, di quanta ipocrisia, ci sia in determinati ambienti liberal e radical chic, europei ed americani.
RispondiEliminaPadre Giovanni Scalese, barnabita e superiore della Missione sui juris a Kabul, è rimasto nell'inferno dell'Afghanistan, Paese ormai pienamente nelle mani dei risorti talebani.
RispondiEliminaRicordo ai lettori che p. Scalese, uomo di profonda cultura e sacerdote di perfetta obbedienza, per anni ha gestito il suo interessantissimo Blog "Querculanus" dove manifestava le sue profonde riflessioni e amplissime riserve sulla spaventosa confusione inferta alla Chiesa dall'attuale (albi)celeste pontificato.
Preghiamo per lui, per le suore di Madre Teresa e per la piccola comunità cattolica afghana.
Cari amici, gli antichi romani dicevano «Nomen omen», che significa «Il nome è un presagio», nella convinzione che nel nome fosse indicato il destino della persona. Oggi si dice che una persona è tale «di nome e di fatto». Che cosa dobbiamo aspettarci di buono dal portavoce ufficiale dei terroristi islamici dei Taliban, che di nome fa Zabihullah, «Sgozzatore di Allah»? È vero che le persone vanno rispettate nella loro individualità e valutate sulla base dei loro fatti. Ma è altrettanto vero che ci troviamo di fronte a dei terroristi islamici che ottemperano letteralmente e integralmente a ciò che Allah prescrive nel Corano e a ciò che ha detto e ha fatto Maometto. Il ritorno dei Taliban al potere in Afghanistan, concordato con gli Stati Uniti, ci fa toccare con mano la tragica realtà della resa dell'Occidente all'islam.
RispondiEliminaMagdi Cristiano Allam
Mi chiamo Luca Barisonzi, sono un militare dell’Esercito Italiano ed ho prestato servizio in Afghanistan dove, nel gennaio del 2011, sono rimasto ferito in un attentato.
RispondiEliminaIn questi giorni mi è stato più volte richiesto di rilasciare interviste ma, dopo avere riflettuto, ho ritenuto che il modo migliore per dire ciò che penso sia quello di affidarmi ai social ed ecco il perché di queste righe.
Mentre in tv scorrono le immagini di Kabul, e del suo aeroporto preso d’assalto da migliaia di Afgani alla ricerca di un volo che consenta loro di fuggire, sento un nodo salirmi alla gola ed un peso sul petto.
Ho visto le immagini di una donna e di tre bambini, probabilmente i suoi figli, seduti lungo la linea di una delle piste di atterraggio. Dal volto della donna traspariva la sua disperazione, mista però alla compostezza di chi tenta di non far preoccupare i propri figli.
Ho così ripensato ai bambini incontrati durante quel periodo, ed ho rivisto quelli il cui volto mi era diventato familiare a Bala Morghab.
Mi è ritornato alla mente come, nei mesi della missione, più l’area veniva posta in sicurezza e più le persone potevano fare ritorno alle proprie abitazioni ed i bambini riprendere a giocare, persino sotto le nostre postazioni.
Penso a quella generazione cresciuta laggiù in questi 20 anni, a tutti coloro che hanno potuto conoscere, studiare e sognare il proprio futuro. Quante ragazzine, diventate ormai donne, si sono potute sentire più libere, conquistando finalmente diritti che sono scontati per noi occidentali.
Tutto questo è potuto accadere anche grazie all’impegno di noi Italiani, che abbiamo compiuto il nostro dovere, sovente fino al sacrificio della propria vita.
Per anni ci siamo stretti gli anfibi ed allacciati gli elmetti, pronti ad uscire in difesa dei diritti del popolo Afgano, pur sapendo che da molti, anche in Italia venivamo criticati. Quelle stesse persone oggi, esperte di geopolitica homemade che riempiono i social di hashtag, su di una realtà di cui non conoscono niente, comodamente seduti sul divano di casa propria.
Ho combattuto ed ho servito il mio Paese, prestando fede ad un giuramento che, potendo ritornare indietro, rifarei nonostante tutto.
Non posso negare però quanto sia per me doloroso assistere, impotente, a questo triste epilogo.
Questo è il mio stato d’animo attuale, non chiedetemi di esprimere ulteriori opinioni, perché forse sono altri a dover fornire a noi tutti, le risposte che riteniamo ci siano dovute.
Giulio Meotti:
RispondiElimina"E' già iniziata la caccia ai cristiani". Esuli, religiosi e ong raccontano il terrore dei cristiani nascosti a Kabul dopo la nascita dell'Emirato Islamico. I pochi che parlano raccontano: "I Talebani ci telefonano: 'Sappiamo chi siete e stiamo venendo a prendervi'. Ci daranno tre giorni per pentirci, poi nessuna pietà. Ci uccideranno come fa la mafia, senza neanche rivendicarlo..."
Andrea Sandri:
RispondiEliminaCon un evidente contorcimento la propaganda progressista mondiale sta cercando di attribuire a Trump la situazione catastrofica in Afghanistan. In realtà gli accordi di Doha, da quel che si capisce, prevedevano un processo graduale d'integrazione dei talebani (leggi: l'etnia pashtun, non un gruppo trascurabile) nell'unità politica afghana, processo interrotto senza preavvisi dalla decisione di Biden per la gioia di Pechino. Intanto il giornale di De Benedetti intitola: «Accogliamoli tutti!». La zampata è sempre la stessa.
RispondiEliminaL'avvocato del diavolo :
- L'Afghanistan è il più grande produttore mondiale di oppio. Il contadino afgano coltiva oppio, tutti i tentativi fatti dagli Occidentali di finanziare colture alternative sono falliti. Adesso ci inonderà ancora di più l'Afghanistan di profughi e di oppio. Tra i profughi ci saranno come infiltrati i maomettani estremisti, i terroristi. (Questo non c'entra con il dovere morale di accogliere quei pochi che hanno combattuto con noi, in pericolo di vita).
- Degne di rispetto le riflessioni del soldato italiano pubblicate qui sopra da Fb. Però non condivisibili, con tutto il rispetto. Mostrano un atteggiamento sentimentale, come di chi è vittima di una cattiva ideologia, quella odierna dei finti buoni sentimenti, dei fasulli "diritti umani", da applicare e anche imporre a tutto il mondo. I nostri soldati sono stati mandati in A. a fare i poliziotti, i costruttori di scuole e ospedali, i puericultori per così dire. Insomma a far tutto tranne che i soldati. Perché la nostra Costituzione ci proibisce di fare la guerra anche per difenderci (art. 11), perché siamo dominati da una perversa ideologia pacifista, quella che copre e giustifica tutti i vizi.
Abbiamo avuto circa 60 caduti e si calcola che, nei combattimenti intercorsi, grazie anche all'appoggio degli elicotteri, abbiamo ucciso circa 2500 talebani. Meno male. I nostri sono riusciti anche a combattere, da soldati. Però non si può dire perché agire da soldati è peccato ed anche reato, per certi giudici.
- Dal terrorismo islamico le nostre città le difendevamo anche occupando l'Afghanistan, una delle centrali del terrorismo globale, pur essendo impossibile sconfiggere i Talebani, poiché la loro etnia è estesa anche in Pakistan ed è appoggiata da quest'ultimo.
- Le donne afghane: l'islam rigido applicato nei loro confronti dai Talebani è l'esatto contrario della dissolutezza imperante in Occidente. Sono due estremi, due forme opposte di barbarie. Il soldato di cui sopra, parlando della difesa della libertà delle donne afghane, sul tipo di quella delle donne occidentali di oggi, dimentica che questa libertà è ormai degenerata in mostruosa licenza. L'Islam rigido rinchiude le donne in casa, a far figli, le esclude dalla sfera pubblica, le considera anche giuridicamene inferiori, tollera pratiche barbare come quella delle "spose bambine" e le mutilazioni genitali femminili, nei Paesi africani islamizzati. Nello spazio domestico comunque mogli e concubine hanno una loro sfera di influenza, da sempre.
Noi, in fatto di mutilazioni sessuali non è che possiamo far la morale ai mussulmani, con quello che si vede a proposito di chirurgia in materia di c.d. "cambiamento di sesso",che si vuole applicare per via ormonale anche ai bambini dai quattro anni in su!
E dell'aborto legalizzato da tanti anni che dobbiamo dire? Allora: chi è più vicino alla barbarie, tra noi e i Talebani?
-- Se i Talebani riusciranno a liberare lo spazio pubblico dalla pervasiva, distorsiva e sempre più isterica presenza femminile, come in Occidente, l'islam diventerà ancor più simpatico in Occidente. IN molti cominceranno a convertirsi ad una religione e stile di vita che consente di rimettere finalmente le donne sotto controllo, ristabilendo l'autorità del marito sopra di loro.
à°°°°°°18 agosto 2021 09:40
RispondiEliminaPraticamente perfetto.
Capuozzo:
RispondiEliminaSotto il manto d'agnello indossato dai leader talebani per le conferenze stampa internazionali, spuntano gli artigli.
Le ambasciate rimaste aperte in Afghanistan sono quella della Cina del Pakistan e della Russia.
Anonimo 9:40 dice cose giuste anche se arriva a conclusioni estreme... Dalla successiva approvazione indiscriminata, scopro che in ogni uomo può nascondersi un talebano ;-)
RispondiElimina
RispondiEliminaL'Avvocato del Diavolo, due
L'Avvocato del Diavolo giunge sempre a conclusione estreme, è il suo ruolo. Bisogna saper leggere nelle sue provocazioni.
O meglio, nelle provocazioni racchiuse nelle sue conclusioni.
Che devono scuotere ma nello stesso tempo contenere un elemento di verità.
Che un talebano possa nascondersi in ciascun uomo è una buona battuta,
che però ha il torto di sviare l'attenzione dal problema principale,
costituito in Occidente dalle donne ormai partite per la tangente,
che non vogliono fare più figli, voglono vivere come se fossero uomini,
uomini libertini (non sono quelli per ben il loro modello),
non credono più in nulla se non nel proprio mostruoso ego.
Si distingue tra loro una minoranza, e vi risplende certamente
la fondatrice di questo coraggioso blog, che sbaglierebbe
tuttavia se si risentisse di certe critiche alle donne attuali,
formulate in modo appunto provocatorio, per senso di solidarietà
femminile.
Non mi sono affatto risentita. Ho convenuto sul contenuto. Solo che forse, attraverso la battuta spontanea, è affiorato un pizzico di provocazione femminile.
RispondiEliminaL'argomento è molto serio e ben trattato, solo che come donna femmina ho vissuto sulla mia pelle molte discriminazioni e, soprattutto nella mia esperienza di lavoro, ho dovuto faticare il triplo per raggiungere traguardi che ai miei colleghi uomini maschi erano scodellati per default (ho presenti, ad esempio, promozioni dei miei capi grazie al mio lavoro che portava la loro firma).
Persino oggi devo centellinare molti interventi perché ci sono impegni prioritari che mi assorbono nella famiglia. Ne ringrazio comunque il Signore perché so quanto valore hanno, soprattutto in Lui... ma anche per la gioia semplice che mi danno.
Ma questo non mi impedisce di guardare in faccia la realtà attuale, frutto della degenerazione di una emancipazione per molti versi necessaria; degenerazione dovuta al fatto epocale di aver perso il contatto col Soprannaturale e aver messo l'uomo (in questo caso la donna) al centro. E parlo della necessità di sana emancipazione per averne sperimentato molte carenze che alla fine, se mi sono servite per rafforzare la mia caparbia determinazione, non sono state meno dure da subire.
Per quanto i talebani siano una banda di criminali che considero a metà strada tra le bestie di Satana ed esemplari ominidi saltati fuori direttamente dal Paleolitico pre-Neanderthal, stiamo ancora una volta sbagliando l'analisi sullo stato delle cose in Afghanistan.
RispondiEliminaTranne una quota di popolazione, scarna élite istruita e borghese in un Paese all'anno zero, corrispondente sì e no all'1-2% del totale, per tutti gli altri il corpo estraneo eravamo noi, non i taliban.
Persino le minoranze etniche che li detestano e li hanno sempre combattuti sono culturalmente più contigue ai taliban che a noi. Della cosiddetta democrazia non sanno che farsene, dei principi illuministi che tanto ci stanno a cuore men che meno.
Così quando hanno dovuto scegliere tra morire per i satrapi locali, già fuggiti alla volta delle sontuose penthouse di Dubai e Abu-Dhabi, oppure rassegnarsi a vivere sotto criminali con cui però avevano quasi tutto in comune, a partire dall'appartenenza religiosa, non hanno esitato un attimo.
Ora ci preoccupiamo che la Cina perseguirà i propri interessi in loco! Ben svegliata fiorellino! Già da vari anni fanno il bello e il cattivo tempo in quasi tutta l'Asia nonché in Africa. La Cina non ha sparato un colpo, ha assunto una posizione attendista e a poco a poco, ma inesorabilmente, allarga la sua sfera d'influenza. In particolare fa affari, accordi a proprio vantaggio, evitando eccessive ingerenze nella politica locale così come accoglienze petalose.
Che era poi lo stesso che aveva in mente di fare Trump.
Qualche uomo esiste ancora…
RispondiEliminaPadre Giovanni Scalese, barnabita e superiore della Missione a Kabul, è rimasto nell'inferno dell'Afghanistan, Paese ormai pienamente nelle mani dei talebani.
Scalese, uomo di profonda cultura e sacerdote di obbedienza, per anni ha gestito il suo interessantissimo Blog "Querculanus" dove manifestava le sue profonde riflessioni e le sue riserve sulla spaventosa confusione inferta alla Chiesa dall'attuale pontificato.
Preghiamo per lui, per le suore di Madre Teresa e per la piccola comunità cattolica afghana.
RispondiEliminaNota sulle discriminazioni subite sul luogo del lavoro
Solo dalle donne? Anche dagli uomini.
Il proprio lavoro firmato dal capo, che lo
presenta come suo.
Quante volte (anche se non sempre) nell'Accademia
l'ordinario di turno si è
servito del lavoro dell'assistente (maschio)
senza citarlo, sfruttandolo bellamente?
Era la dura regola della preponderanza
di tipo baronale, come si diceva,esistente non scritta da
sempre e non solo in Italia. Valeva per
gli uomini come per le donne.
Entrando come i maschi allo stesso titolo
nel mondo del lavoro qualificato
le donne hanno dovuto scoprire tutte le durezze,
ipocrisie e cattiverie (e a volte crudeltà) di
questo mondo. E anche le promozioni garantite
a certuni a danno di più meritevoli, questa era
un'altra regola non scritta che valeva contro
tutti, maschi e femmine.
Nei confronti delle donne ci potranno esser
state ulteriori sfumature, a volte,
particolarmente odiose, in quanto donne
(chiaro cosa intendo dire).
Ma non bisogna far passare per atteggiamento
misogino un malcostume che investiva tutti,
senza distinzione di sesso.
E non bisogna dimenticare che ci sono ancora
donne che fanno carriera non per le
qualità intellettuali ma per qualità
di altro tipo, salvo poi recitare la
parte delle vittime del "maschilismo"
dei capi. E che molte donne presenti
nelle amministrazioni pubbliche e
altrove, sono lì perché inserite nelle
reti femministe, operanti a livello
globale, dall'ONU in giù.
Conclusione: le angherie e le ingiustizie
subite dalle donne nell'ambito del lavoro
qualifiato non erano molto diverse da
quelle subite dai colleghi maschi che non
avessero santi in paradiso, a parte
gli eventuali approcci di tipo "bavoso",
per capirci.
In questo senso stavano peggio.
a parte gli eventuali approcci di tipo "bavoso", per capirci. In questo senso stavano peggio.
RispondiEliminamolto peggio...
KABUL – Con un messaggio inviatoci ieri (16 agosto) alle 18, padre Gianni Scalese, barnabita, responsabile della missione cattolica in Afghanistan, ci ha informato di essere ancora nella capitale afghana e chiede insistenti preghiere per il destino del paese.
RispondiEliminahttps://www.chiesadibologna.it/padre-gianni-scalese-e-ancora-a-kabul/
Giulio Meotti
RispondiElimina"Di fronte all'Islam, l'Occidente è una tigre di carta". Intervista esclusiva per la mia newsletter al grande scrittore algerino Boualem Sansal, l'autore di "2084". "L'America è debole. L'Europa non esiste. Siamo guidati da mercanti e chiacchieroni da poltrona, fuggiti come topi da una nave in fiamme..."
RispondiEliminaLa riscossa contro l'Islam dovrebbe guidarla la Chiesa, il Papato, come accadde ai tempi delle Crociate, provocate dalle prediche infuocate dei monaci, sostenute dal Papa...
Ma oggi i peggiori nemici della nostra civiltà non si trovano proprio tra il clero? Scolaretti di Martini appoggiano l'invasione musulmana e si augurano che la baracca tracolli, per realizzare l'unità del genere umano e la democrazia universale.
Le cose potrebbero migliorare solo se venisse un papa come si deve, capace di dare una inquartata violenta per raddrizzare la barca di Pietro e con essa tutti noi.
Ma di un Papa del genere, umanamente parlando, non si vede traccia. Il livello del
clero attuale appare pessimo, da tutti i punti di vista, fatta eccezione per una minoranza, che peraltro resta in pratica nascosta.
Nel campo laico, idem. Non c'è una figura di politico di razza capace di concretizzare l'esigenza di riscatto e rinascita.
Alle volte uno si chiede se non sia meglio che venga una rivoluzione, quella vera, che si cominci a sparare. Noi cattolici fedeli alla Tradizione della Chiesa verremmo rapidamente eliminati all'inizio ma almeno qualcuno degli infami che ci stanno rovinando, come individui e nazione, clerico o laico che sia, riusciremmo a farlo fuori, si spera.