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sabato 25 dicembre 2021

Messaggio di Natale del Priore della Fraternità San Vincenzo Ferrer: In tema di Motu Proprio

Nella nostra traduzione da Rorate caeli una importante Dichiarazione del Superiore della Fraternità San Vincenzo Ferrer, che si affianca a quella della FSSP [qui] e dell'Istituto del Buon Pastore [qui]: «La Suprema Autorità della Chiesa non può retrocedere sulla parola data ai membri delle comunità Ecclesia Dei: è impossibile che i membri dei nostri istituti abbandonino i nostri usi liturgici". Qui l'indice degli articoli su Traditionis custodes e Responsa.

La Fraternità San Vincenzo Ferrer, dedita alla conservazione delle pratiche tradizionali (comprese quelle liturgiche) dei domenicani, è una delle più antiche delle comunità cosiddette "Ecclesia Dei" fondata sotto Giovanni Paolo II con il solenne impegno contrattuale della Santa Sede che potessero dedicarsi interamente ai libri liturgici tradizionali di rito romano.
Il loro fondatore e attuale superiore generale, padre Louis-Marie de Blignières, non dimentica che sono stati presi questi impegni solenni della Santa Sede e che migliaia di uomini e donne hanno dato la vita nel mondo a causa di questa promessa. Non è qualcosa che può essere semplicemente revocato da un giorno all'altro. Non è uno scherzo. Non è un capriccio. È un obbligo legale che non può essere cambiato da un papa all'altro, come è stato fatto dalla Santa Sede, non da Papa X, Y o Z.
Il suo messaggio di Natale ai fedeli è una dichiarazione importantissima:

* * *
Messaggio di Natale del Priore:
In tema di Motu Proprio


Oh Emmanuel!
23 dicembre 2021Cari amici,
In fervente attesa del Salvatore, sento il bisogno di parlarvi di un argomento che ci riguarda tutti. Lo farò con parole che vengono dal cuore di un sacerdote che da più di quarantaquattro anni celebra la Messa tradizionale con profonda gioia.

Il Motu proprio Traditionis custodes del 16 luglio 2021, e i Responsa ad dubia della Congregazione per il Culto Divino del 18 dicembre 2021, ci pongono una domanda: cosa succeserebbe se gli Istituti dell'Ecclesia Dei adottassero, come sono invitati a fare, la celebrazione della Messa e dei sacramenti secondo il messale e i riti di Paolo VI? In altre parole, questi Istituti dovrebbero iniziare un processo di abbandono dei libri liturgici anteriori alla riforma del 1969?

Come fondatore di uno di questi Istituti, rispondo senza esitazione: “La liturgia tradizionale è il nostro stesso essere! Chiederci di abbandonarla è proporci di uccidere ciò che ha plasmato il nostro essere spirituale per decenni. La liturgia latina tradizionale fa parte della ricchezza immemorabile della Chiesa, che non può scomparire, perché appartiene al suo patrimonio inalienabile. Volerla eliminare dall'“orizzonte visibile della Chiesa cattolica” (come diceva Jean Madiran) è un'impresa impossibile, perché contraddice l'essenza della Tradizione. Infine, per quelli di noi che hanno emesso i voti in istituti le cui Costituzioni sono intrise di liturgia tradizionale, significa invitarci a rifiutare «la forma in cui Dio vuole che siamo santi», come diceva santa Elisabetta della Trinità della sua Regola.

Rimanendo fedeli ai nostri voti, siamo in piena obbedienza alla Chiesa. La Costituzione Apostolica Pastor Bonus del 28 giugno 1988 afferma all'articolo 107: “La Congregazione da parte sua cura che gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica crescano e fioriscano secondo lo spirito dei loro fondatori e le sane tradizioni, seguano fedelmente il loro proprio scopo e vero giovamento alla missione salvifica della Chiesa”.

Ora, qual è lo spirito dei nostri fondatori e quali sono i nostri scopi peculiari? La nostra spiritualità, apostolato, liturgia e disciplina sono guidati dalla fedeltà alla Sede Apostolica intimamente unita all'attaccamento alla tradizione latina. Ciò include la facoltà di celebrare secondo i libri liturgici in uso nel 1962. Abbandonare questo aspetto della nostra vita religiosa nell'ambito cruciale della liturgia sarebbe per noi contrario all'obbedienza e allo spirito della Chiesa.

C'è un altro motivo per cui abbandonarla è impossibile: l'onore della Santa Sede. La Santa Sede ha assicurato a sacerdoti e fedeli rispettosi dell'autorità gerarchica, ma per i quali la riforma liturgica costituisce una vera difficoltà, che: «Saranno prese tutte le misure per garantire la loro identità nella piena comunione della Chiesa cattolica». Ha scritto queste disposizioni nei decreti di erezione dei nostri istituti e ha confermato le nostre costituzioni. Questi testi solenni esprimono chiaramente il nostro attaccamento agli insegnamenti tradizionali della fede, soprattutto in materia liturgica. Secondo il principio pacta sunt servanda, la Suprema Autorità della Chiesa non può retrocedere sulla parola data.

Inoltre, è impossibile per i membri dei nostri istituti abbandonare i nostri costumi liturgici. I religiosi, le religiose e i sacerdoti che ne fanno parte hanno emesso voti o impegni secondo le indicazioni dei decreti di erezione e delle costituzioni che li legano alle forme liturgiche della precedente tradizione latina. In questo modo, confidando nella parola del Sommo Pontefice, hanno donato la loro vita a Cristo per servire la Chiesa. Secondo il diritto naturale e la teologia classica dell'obbedienza, nulla di contrario a questa specificazione essenziale può quindi vincolarli. Infine, un tale processo di mutazione liturgica sarebbe gravemente dannoso per un numero significativo di fedeli. Già non comprendono le restrizioni poste alla celebrazione della Messa tradizionale. La loro angoscia per la perdita di una liturgia che alimenta la loro vita interiore sarebbe immensa. E come potrebbero stare a guardare centinaia di sacerdoti, religiosi e religiose e seminaristi che - con coscienza limpida e sulla base della parola dei precedenti pontefici - sono rimasti fedeli alla gerarchia cattolica per trentatré anni, a volte con grandi sacrifici, trattati in questo modo?

La fedeltà alla liturgia tradizionale è per noi un dovere e una modalità gioiosa di contribuire alla «missione salvifica della Chiesa».

Vi benedicano, carissimi, il Bambino del Presepe e la sua Madre Immacolata e vi custodiscano nella Speranza!
P. Louis-Marie de Blignières

9 commenti:

  1. Una Grande Battaglia teologico-bio-politica.
    Ecco: il problema non è medico ma politico, perciò teologico-politico-militare (ma le armi non sono quelle convenzionali) ... Chi vuole contrattaccare all'attacco del male, quindi, deve avere una adeguata visione storico-teologica, politica, culturale e militare della Battaglia in corso. rdv

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  2. Tutta questa triste storia mostra la grossolanità di gran parte della gerarchia cattolica che nei fatti si mostra pienamente materialista mancando in modo assoluto di senso spirituale, di tatto spirituale. Il capo di questa gerarchia si è palesato di giorno in giorno, di mese in mese, di anno in anno, sempre più e solo cieco alla dimensione spirituale, di cui non intuisce non presagisce né può riconoscere l'esistenza, uomo terra terra, grezzo rozzo grossolano, materialista.

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  3. Il papa deve rispettare il principio "pacta sunt servanda".
    Dovrebbe, ma non è obbligato.

    Lo deve sul piano morale ma non ha un obbligo giuridico in questo senso. Del resto, anche nel diritto internazionale, il principio vale "rebus sic stantibus", e una delle parti può sempre chiedere di uscire dal patto o modificarlo unilateralmente (se domina la controparte).

    La summa potestas che il papa possiede, di giurisdizione su tutta la Chiesa, di per se stessa non ha limite in una costituzione, come ce l'ha il potere civile.È un dominio assoluto. Provvedimenti suoi iniqui o eretici possono essere ritenuti invalidi e disobbediti, pagandone tutte le conseguenze. Nient'altro.
    Non esiste un'istanza superiore al papa che possa accogliere un ricorso contro una sua decisione. Se un papa decide di rovesciare un'impostazione precedente, data dal suo predecessore, nessuno può impugnare questa decisione.
    La materia di Traditionis Custodes è la liturgia ma si tratta di revocare le aperture concesse dai predecessori. Materia quindi di carattere pastorale. Questa materia ha ovviamente implicazioni teologiche. Ma cosa cambia? A mio avviso, nel dichiarare unica liturgia valida e praticabile quella del Novus Ordo, Bergoglio ha fatto un'affermazione dalle implicazioni eretiche, perché non può porre nel nulla la liturgia tradizionale, il cui canone risale ai tempi apostolici. Con quale giustificazione?
    Ma anche qui, non c'è difesa nel diritto canonico. Bergoglio ha legittimato di fatto le unioni adulterine dei divorziati risposati, concedendo loro di far ugualmente la Comunione + ha pubblicamente approvato l'eresia di Lutero sulla giustificazione + ha negato pubblicamente l'unicità del cristianesimo per la salvezza, affermando erroneamente che la pluralità dei culti è gradita a Dio (e secondo GP II era sgradita? glissons). Contro tutti questi gravi errori teologici innanzitutto si è forse cercata una qualche difesa nel diritto canonico? No. Il dibattito sul "papa eretico" è morto subito; è prevalsa una concezione piattamente positivistica, aggrappata alla formula del CIC secondo la quale "Romanus Pontifex a nemine iudicatur" (formula che, nel 1917, ha lasciato cadere la continuazione, ammessa per secoli : "nisi a fide devius").
    Bisogna rassegnarsi, pregare, aspettare il successore, sperando che sia un buon papa. Nel frattempo, non sappiamo per quanti anni ancora, Bergoglio può continuare indisturbato nella sua opera di distruzione della Chiesa sino alle fondamenta.
    Nemmeno la protesta puramente pratica viene ammessa, sul modello dello "incidente di Antiochia": gridare in faccia a Bergoglio i suoi gravissimi errori, suscitandoli contro un movimento cattolico di opinione, affinché possa ravvedersi. Nemmeno questo.
    La mancanza d'audacia tra i cattolici è impressionante.
    Vedremo se le Comunità Ecclesia Dei, prese adesso a calci nei denti, avranno il fegato di ribellarsi e con le giuste motivazioni.
    PP




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  4. Vedremo se le Comunità Ecclesia Dei, prese adesso a calci nei denti, avranno il fegato di ribellarsi e con le giuste motivazioni

    In particolare la FSSP che nacque in seguito alle consacrazioni del 1988 e grazie al motu proprio Ecclesia Dei Adflicta, dovrebbe aver chiaro che Bergoglio non intende rispettare le loro Costituzioni e che le garanzie che ricevettero nel 1988 non ci sono più. Il motu proprio Traditionis Custodes non dispone infatti alcuna eccezione per le comunità ex Ecclesia Dei.

    I suoi superiori dovebbero aver compreso che qualsiasi compromesso con Bergoglio è impossibile.

    Il suo fine è la distruzione del rito tridentino.

    Chi è fedele al rito tridentino deve essere posto fuori della Chiesa (ed ecco perché Bergoglio ha in simpatia la FSSPX, gli fa concessioni, e non ha nulla da eccepire circa il fatto che celebrano la messa di San Pio V).

    I superiori e i sacerdoti della FSSP, sull'esempio di Mons. Lefebvre, dovrebbero accettare di essere perseguitati, sospesi a divinis e cacciati dalle loro chiese, rinunciando alla (piena) comunione con Roma.

    La perdita del riconoscimento canonico sarà una dura prova (anche per le conseguenze materiali ed economiche), tuttavia consentirà loro di combattere apertamente la battaglia in difesa della Tradizione e di rifiutare finalmente gl'insegnamenti del Vaticano II. Concilio che dovettero accettare quale prezzo del loro riconoscimento canonico e per la concessione del rito tridentino.

    Se rinunceranno al riconscimento canonico, si porrà anche la necessità di avere un Vescovo che possa compiere le ordinazioni sacerdotali dei loro seminaristi.

    Se invece i superiori della FSSP decideranno di sottomettersi alle imposizioni di Bergoglio, verranno costretti a celebrare la messa di Paolo VI e ad allineare il loro istituto ai principi del modernismo e del Vaticano II, iniziando dall'insegnamento nei loro seminari. E per i sacerdoti che rifiuteranno di seguire i propri superiori in questo tradimento dei fedeli e della propria vocazione sacerdotale, si tratterà di trovare una nuova casa (la FSSPX?, costituendo un nuovo istituto?).

    E lo stesso vale per le altre comunità ex Ecclesia Dei.

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  5. E' giunto il tempo di resistere al malvagio.

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  6. Luigi Puddu
    Esemplare per forma e contenuto.

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  7. Fino a che non si amputera' alla radice il Concilio Vaticano secondo non se ne verrà fuori (è solo questione di tempo).
    Enormi sono le responsabilità, non di Bergoglio, ma di Montini -Paolo VI-, che ha intaccato la lex orandi dalle fondamenta e reso fertile il terreno su cui l'eresia è lentamente cresciuta.
    Bergoglio è colui che tutti noi cattolici ci meritiamo e che ci farà, si spera, aprire gli occhi e comprendere che la Chiesa si è infilata in una selva oscura da cui si uscirà con sacrificio, preghiera e coraggio.
    Il coraggio che solo la Fede può dare.

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  8. "Fino a che non si amputerà alla radice il Concilio Vaticano secondo..."

    Non sarà facile. Facile è buttare qualche libro nel fuoco, difficile farlo con persone e movimenti che intorno al CVII sono nati cresciuti e diffusisi nel mondo. Occorre un grande mutamento culturale, di mentalità, capace di riproporre la Tradizione in tutta la sua vitalità. A occhio occorreranno almeno settanta, cento anni di impegno serio- issimo. Radio Spada poggia su Cattolici giovani, colti che, se non si guasteranno nel tempo, potranno diventare un polo di attrazione per la loro generazione e per quelle seguenti.

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  9. Bergoglio non ha in simpatia nessuno, ama solo distruggere per farsi una chiesa a sua immagine e somiglianza, cialtronesca, amica di tutti purché non siano cattolici osservanti, forse ha ragione Mosenbach, tutto quello che fa è teso a cancellare il SP per una vendetta trasversale, ma mica poi tanto, nei confronti del predecessore che gli ha tagliato la strada col libro Des profondeurs de nos coeurs e ha messo un fermo al divorzio.......finché dura, peccato che il papa precedente sia ancora lì e la cosa pare lo faccia innervosire parecchio, forse anche più di parecchio, un'ultima nota, ho visto di sfuggita la benedizione di Natale a una p.zza S.Pietro squallidamente semi deserta e ripensando ai tanti Natali di anni addietro quando di gente ce n'era davvero tanta, mi è preso un acuto senso di malinconia e tristezza.

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