Pagine fisse in evidenza

lunedì 19 dicembre 2022

Francesco e l'"indietrismo": una teoria unificata

L'"indietrismo" come sistema: se n'è giò parlato in più occasioni. Di seguito un interessante tentativo di analisi e sistematizzazione di questioni non solo liturgiche ma, come dice l'autore, politiche, nel senso ampio del termine, pubblicato su Crisis magazine. Ci chiediamo, salva reverentia, qual è il motivo di questa ormai annosa ossessione di papa Bergoglio sugli "indietristi/tradizionalisti/pelagiani pii". Qui l'indice di numerosi articoli dal versante liturgico e qui da quello più specificamente politico.

Una teoria unificata dell’ “indietrismo”
di Darrick Taylor su Crisis magazine, 30/11/2022

Papa Francesco ha presentato molte delle sue iniziative chiave da papa come sforzi per “far muovere la Chiesa in avanti”, come si suol dire. Come probabilmente saprete anche voi, egli si oppone con veemenza a tutto ciò che porta la Chiesa “indietro”.
Negli ultimi mesi ha iniziato a usare un neologismo italiano – “indietrismo” o “backwardism” [l’autore ha cercato di rendere in traduzione inglese, che qui lasciamo invariata, il neologismo italiano citato, n.d.t.]- per descrivere quei cattolici che si oppongono al progresso nella Chiesa. Il torrente di abusi e invettive di Francesco è stato piuttosto consistente e corrisponde sempre più alle sue azioni,
soprattutto da quando è iniziato il giro di vite sulla Messa in latino nel 2021.
Questo attacco verbale è rivolto a coloro che “rifiutano il Vaticano II”, anche se non chiarisce mai del tutto chi rifiuta cosa esattamente. Sicuramente intorno a Francesco c’è chi considera l’esistenza della vecchia liturgia come un simbolo della Chiesa pre-Vaticano II, che la Chiesa postconciliare si è lasciata alle spalle. Data la scelta delle nomine alla Pontificia Accademia per la Vita, è probabile che questo includa coloro che non vogliono che la dottrina della Chiesa sulla contraccezione si “sviluppi”. A quanto pare, egli vede le cose allo stesso modo, o almeno vuole dare l’impressione di farlo.

Ma la domanda rimane: Perché? Cosa c’era di così terribile nella Chiesa pre-Vaticano II da doverne cancellare la memoria e da dover etichettare come “rigidi” e psicologicamente danneggiati coloro che si attengono a dottrine di antica provenienza? Devo essere chiaro, non credo che ci siano buone ragioni per questo, e una parte di ciò deve essere attribuita a malumore da parte sua. Francesco vede chiaramente le persone che sono in qualche modo “indietro” come avversari, e vorrebbe chiaramente che se ne andassero.

Per quanto ingenuo possa essere, non sono disposto a lasciare le cose come stanno. Può darsi che non ci sia alcuna razionalità in questo attacco al passato cattolico, ma in qualche modo ne dubito. In parte, è perché questo attacco è selettivo. Solo alcune parti del passato vengono trattate in questo modo e non altre. Poiché ci sono così tante parti diverse dell’insegnamento e della tradizione cattolica che i cattolici “progressisti” mettono in discussione, è difficile individuare una serie di motivazioni; ma credo che la motivazione sia politica, nel senso più ampio del termine.

Il clero che ha partecipato al Concilio Vaticano II è cresciuto negli anni ’30 e ’40, quando il fascismo e il comunismo erano in ascesa. In Italia, la battaglia tra cristiani democratici come Alcide De Gasperi (1881-1954) e fascisti italiani era particolarmente acuta per ovvie ragioni. Molti giovani cattolici dell’epoca erano sconcertati dalla diplomazia del Vaticano con i regimi fascisti in Italia e nella Germania nazista, con i quali aveva firmato dei concordati.

Tra loro c’era Giovanni Montini, il futuro Paolo VI. Molti di questi ecclesiastici devono aver visto la lotta contro il fascismo come la questione politica più importante del loro tempo e che la Chiesa era apparentemente dalla parte sbagliata.

Così come molti cattolici in Francia, come Jacques Maritain, che da membro antimodernista de L’Action Francaise (un’organizzazione fascista e nazionalista) divenne un “umanista integrale” che voleva riconciliare il cattolicesimo con la modernità. Più significativamente, un certo numero di ecclesiastici francesi trascorse del tempo a prestare servizio ai soldati nei campi di prigionia o a combattere nella Resistenza francese. Tra questi, alcuni membri chiave della Nouvelle Théologie, che furono cruciali nel rovesciare la vecchia teologia Scolastica dopo il Concilio Vaticano II. Yves Congar (1904-1995) ha trascorso un periodo in un campo di prigionia, mentre Henri de Lubac (1896-1991) ha combattuto con la resistenza francese durante la guerra, riportando ferite a vita per i suoi problemi.

Alcuni di questi teologi sono stati sospettati da Roma o dai loro stessi ordini religiosi negli anni ’30 e ’40, e diversi sono stati anche puniti da questi ultimi. Non solo Roma, ma anche i vescovi in generale potevano essere piuttosto autoritari (possono esserlo ancora, ovviamente) nel modo in cui trattavano il clero prima del Vaticano II. Si sospetta che questo sia il motivo per cui molti ecclesiastici si sono impegnati a gettare via le vecchie usanze dopo il Concilio o, in alcuni casi, a distruggerle del tutto. Ad alcuni deve essere sembrato che stessero distruggendo i simboli di un regime corrotto. Dico questo perché molti dei teologi puniti prima della guerra associavano questo approccio autoritario al governo con il fascismo o con altre forme di tirannia. Nelle sue memorie del Concilio, Congar si riferisce a Pietro Parente, il capo del Sant’Uffizio che condannò il lavoro di Marie-Dominique Chenu, suo mentore, come “il facista, il monofisita”, e scrisse nel suo diario, dopo il voto sulla collegialità durante il Vaticano II, che “la Chiesa ha attraversato pacificamente la sua rivoluzione d'ottobre”.

Il cardinale belga Suenens espresse sentimenti simili dopo il Concilio in un’intervista del 1969 in cui spiegava il caos postconciliare nella Chiesa paragonando il Vaticano II alle rivoluzioni russa e francese: “nessuno può capire le rivoluzioni francese o russa senza conoscere il tipo di vecchi regimi che stavano distruggendo...allo stesso modo nella Chiesa una reazione può essere giudicata solo in relazione allo stato di cose che l’ha preceduta”.

Questa identificazione della gerarchia ecclesiastica con i regimi totalitari ha senza dubbio portato a confondere il governo autoritario della Chiesa preconciliare con la sua teologia ufficiale. Chenu, anziano statista della Nouvelle Théologie e maestro di Alberto Melloni, fondatore della cosiddetta Scuola di Bologna (storici che interpretano il Vaticano II come una rottura radicale con il passato), considerava il Neotomismo dominante nella Chiesa pre-Vaticano II uno “strumento di questo autoritarismo”, cioè del Sant’Uffizio che lo disciplinava.

che ne è l’analogo, quella che si gloria della grandezza del passato, come il fascismo, naturalmente.

L’articolo del 2017 di p. Antonio Spadaro su L’Osservatore Romano, che denunciava un presunto “ecumenismo dell’odio” praticato dagli evangelici e dagli “integralisti cattolici” in America e proclamava che “Francesco vuole rompere il legame organico tra cultura, politica, istituzioni e Chiesa”, è un'eco di questo modo di pensare.

Francesco e i suoi sostenitori parlano e agiscono come se qualsiasi tipo di riverenza o devozione al passato nella sfera religiosa sia in qualche modo un contagio che minaccia la libertà del regno politico. Spadaro lo ha ammesso quando ha affermato che il “fondamentalismo” religioso equivale a “una sfida virtuale diretta alla laicità dello Stato”. P. Spadaro e altri come lui hanno assorbito la tendenza dei progressisti laici a confondere tutte le idee non liberali con il totalitarismo, come se l’unica scelta da fare fosse quella tra la marcia in avanti della storia come interpretata dai progressisti (teologici o politici) e una sorta di incubo totalitario.

Questo tipo di pensiero “o l’uno o l’altro” è assurdo, ma loro sembrano crederci. Questa è l’unica spiegazione che riesco a concepire per il fatto che sia meglio chiudere le parrocchie sane se l’unico modo per salvarle è riempirle di cattolici che frequentano la Messa in latino, o lasciare morire i seminari e gli ordini religiosi se l’unico modo per perpetuarli è ripristinare le pratiche teologiche o liturgiche tradizionali. È meglio lasciare che la Chiesa muoia, apparentemente, piuttosto che farla cadere nelle mani di persone che ritenete fondamentalmente malvagie.

Questo, almeno, è il massimo senso che riesco a dare a questa tendenza altrimenti inspiegabile. Potrebbero esserci motivazioni di principio molto meno valide dietro le parole e le azioni di Papa Francesco e dei suoi sostenitori progressisti, ma anche se ciò fosse vero, dubito che spiegherebbero interamente questa tendenza. Ognuno agisce in base a una visione complessiva del mondo - che dia un senso al caos che spesso è la nostra vita in questa valle di lacrime - e non solo per interesse personale o per passione.

Non voglio lasciare i lettori nello sconforto, e quindi dovrei ricordare loro che non tutti o addirittura moltissimi uomini di Chiesa “liberali” o progressisti vedono le cose in questo modo. Lo si vede dal modo in cui è stato attuato Traditionis Custodes. Diversi vescovi, anche stretti alleati del Papa come il cardinale Marx, si sono rifiutati di applicarla; e il cardinale Zuppi di Bologna, capo della Conferenza Episcopale Italiana (e collaboratore di p. James Martin), ha celebrato recentemente i vespri con i tradizionalisti a Roma.

Non tutti vedono il mondo in termini così manichei. E per una buona ragione: questa ideologia dell’“avantismo” è palesemente falsa e nessuna credenza, per quanto coerente, può durare per sempre se si basa su una visione così distorta del mondo. (Fonte Crisis Magazine by Mil)

9 commenti:

  1. La cosa curiosa è che per fare una riforma bisogna tornare indietro. In questo senso mi ricordo che alcuni membri (teologi e prelati) della Nouvelle Théologie hanno affermato che il Vaticano II, in particolare la Gaudium et Spes, ha rappresentato la fine dell'era (o della Chiesa) costantiniana. Tutti i nuovi teologi credevano in questa falsa tesi dell'era (o Chiesa) costantiniana. Mi ricordo una specie di mappa del Cammino Neocatecumenale, dove c'è stato un taglio nella storia della Chiesa che inizia con il Concilio di Nicea e arriva fino al Concilio Vaticano II.

    La tesi di un'era costantiniana della Chiesa rappresenta un grosso errore, affermare la sua fine rappresenta alcuni sviluppi disastrosi, come:

    1 - Il rifiuto di ogni progresso teologico dal IV secolo alla metà del XX secolo;
    2 - L'elevazione della Chiesa Primitiva a modello unico di Chiesa (Protestantesimo);
    3 - La fine dell'Impero Romano Spirituale (secondo i Padri greci e latini, l'ostacolo che frenava, l'Anticristo, era l'Impero Romano, che secondo S. Tommaso era diventato spirituale nella Chiesa);
    4 - La perdita di importanza o riduzione del periodo patristico al periodo di Costantino;
    5 - Il ritorno del manicheismo dove lo Stato al fare delle leggi contrarie alle leggi di Dio, si fa un altro Dio.

    Infine, va notato che la teologia delle fonti è essa stessa un "indiettrismo". La “teologia delle fonti”, come la chiamavano, parcheggiava (e parcheggi) la Chiesa alle fonti (passato) e rifiutava il magistero vivo del loro tempo (presente). Il lavoro del magistero di allora, per questi teologi, era lo stesso di un'opinione. Non c'era nulla a cui si dovesse dare un assenso di fede divina e cattolica se non alle loro proprie tesi folli e irrazionali. Nella liturgia, ad esempio, Pio XII parlò addirittura di archeologismo liturgico. A parte le letture più irragionevoli e folli dei Padri della Chiesa, dal punto di vista della filosofia moderna. Quindi, penso che si possa dire che c'è un "indietrismo" accettato e praticato per Roma con il trionfo della Nouvelle Théologie con il Concilio Vaticano II. La conservazione e il vivere delle verità di fede non mi sembra un indietrismo. Mi sembra che questa accusa sia di qualcosa che loro stessi praticano (se non sbaglio, Lenin ha detto: accusali di ciò che tu stesso pratichi). Comunque, concedendo ma non ammettendo che si tratti di un indiettrismo, allora, ne abbiamo uno accettato e uno respinto. In un certo senso, per forza delle circonstanze, e soprattutto per omissione del magistero attuale (un magistero della Nouvelle Théologie), abbiamo dovuto anche noi tornare alle fonti. Allora perché la loro falsa "teologia delle fonti" è valida e la nostra no?

    RispondiElimina
  2. Combine col 'mondo'19 dicembre, 2022 14:02

    Avevo deciso di non lamentarmi più dei preti ma perché ogni domenica devo sorbirmi omelie a base di puttanate? Pensano di agganciarsi alla realtà e invece diffondono menzogne yankee ripetute in loop alla TV.
    Sembrano il palinsesto de La7.
    A furia di inseguire il mondo finiscono per fare da megafono al Principe di questo mondo.

    RispondiElimina
  3. Mons. Schneider va nel merito le critiche mosse, già nel 1969, dai cardinali Alfredo Ottaviani e Antonio Bacci nel loro Breve esame: "Senza dubbio il Novus Ordo di Paolo VI — ha affermato — indebolisce la chiarezza dottrinale relativa al carattere sacrificale della Messa e indebolisce notevolmente il carattere di sacralità e di mistero del culto stesso". Mentre la Messa tradizionale contiene e irradia "un’eminente integrità dottrinale e sublimità rituale".

    Ecco spiegata l'ostilità di quanti perseguitano la Messa tradizionale: "Lo splendore della verità, della sacralità e della soprannaturalità del rito tradizionale della Messa preoccupa quei chierici che occupano alte cariche della Chiesa in Vaticano e altri che hanno abbracciato una nuova posizione teologica rivoluzionaria, più vicina alla visione protestante dell’Eucaristia e del culto, caratterizzata dall’antropocentrismo e dal naturalismo."

    E insiste: Paolo VI è "il primo papa in duemila anni ad aver osato realizzare una rivoluzione dell’Ordo della Messa, un’autentica rivoluzione". Tale dichiarazione, nel periodo in cui mons. Schneider pubblica il suo libro La messa cattolica (Chorabooks), fa desiderare che scelga la celebrazione esclusiva della messa tradizionale, lui che per ora celebra anche la Messa di Paolo VI in determinate circostanze.

    Tanto più che, nel resto del suo intervento, invita con forza i sacerdoti e i fedeli legati alla Messa tradizionale a non temere una forma di "esilio liturgico", accolto come una persecuzione sofferta per Dio.

    RispondiElimina
  4. Sul libro citato nel commento precedente19 dicembre, 2022 14:30

    Descrizione

    La liturgia è al centro della nostra vita di cattolici. Abbiamo ricevuto questo grande dono da Dio, il nostro Creatore, che ci dà l'opportunità di lodarlo in bei riti, preghiere e canti, durante le belle cerimonie che la Chiesa deve conservare per il bene dei suoi fedeli. Questo libro del Vescovo Athanasius Schneider, coadiuvato dal M° Aurelio Porfiri, è una grande risorsa per riscoprire la bellezza della Messa e per metterci in guardia dai tanti abusi che la liturgia della Chiesa deve subire in troppe chiese nel mondo. È un libro che ci fa pensare a ciò che possiamo avere e anche a ciò che potremmo aver perso.
    Card. Joseph Zen
    «La liturgia non riguarda noi, ma Dio», scriveva nel 2004 il cardinale Ratzinger. Questo non è ancora più vero per quello che riguarda al Santo Sacrificio della Messa: è opera di Dio, non nostra―anche se per grazia del Battesimo noi siamo partecipanti privilegiati alla sua azione salvifica. La profonda riverenza del vescovo Schneider per la Messa e la Santissima Eucaristia è nata dalla sua esperienza della loro privazione nella persecuzione. Se riusciremo ad assorbire anche un po' della fede e dell'amore da cui è emerso questo libro, non solo capiremo perché è essenziale restituire la centralità di Dio alla liturgia, ma ci occuperemo noi stessi di questo necessario lavoro senza ulteriori indugi.
    Card. Robert Sarah
    Con la Santa Eucaristia o Santa Messa è sempre con noi il Signore Gesù, Colui che sulla Croce ha trasformato l'atto di violenza compiuto dagli uomini contro di Lui in atto di donazione e di amore. Quello che gli uomini hanno fatto a Cristo è il culmine del male che si commette in ogni tempo: un male più grande non sarà mai commesso. Questo libro è un aiuto prezioso per entrare in un così grande Mistero.
    Mons. Nicola Bux
    Questo libro proclama un messaggio che tutti noi abbiamo bisogno di ascoltare. Ed è questo: vivere con la nostra vita centrata su Dio è l'unico modo sicuro di vivere. Lo facciamo nel modo più completo quando preghiamo la Messa con profonda riverenza, in cui ogni dettaglio proclama la grandezza e la misericordia di Dio. Il vescovo Athanasius Schneider attinge abbondantemente dalla Sacra Scrittura, dai santi e dai Dottori della Chiesa. Leggere e meditare su questo libro sarà trasformativo e unitivo.
    Scott Hahn
    Il vescovo Athanasius Schneider, che trascorse i primi anni nella Chiesa clandestina sovietica, presenta con grande chiarezza il nucleo della missione della Chiesa: permettere ai fedeli, in questo mondo, di prendere parte alla liturgia celeste. Ciò avviene principalmente attraverso i sacramenti della Chiesa e si manifesta in modo particolarmente espressivo attraverso la tradizionale liturgia della Santa Messa. Nella presente opera, Mons. Schneider sottolinea in modo convincente la forza di questa liturgia cristocentrica, che è in grado di superare ogni ostacolo in un ambiente fissato su questo mondo. La Chiesa del nostro tempo non può che essere grata per la voce di questa coraggiosa testimonianza.
    Martin Mosebach

    RispondiElimina
  5. Qualcuno ha seguito l'intervista trasmessa ieri sera su canale 5? Mi piacerebbe sentire qualche parere, io non l'ho ascoltata.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. È sempre meglio ascoltare direttamente piuttosto che chiedere pareri ad altri.
      In tanti anni mi sono accorto il male che possono fare le notizie di seconda mano.

      Elimina
  6. Mi spiace, santità, ma il suo discorso per la Giornata della pace assomiglia davvero troppo alle prediche dell’Anticristo umanista immaginato da Solovev.
    Aldo Maria Valli.

    RispondiElimina
  7. Una delle principali finalità di Francesco era e rimane quella di secolarizzare il papato. Lo dimostrano due fatti recenti: le sue parole sulle dimissioni per motivi svariati già firmate e chissà dove custodite, una banalizzazione che dà del papato l'immagine di un posto di lavoro interinale. E la gestione dello scandalo Rupnik, che cancella le esigenze di giustizia solo grazie a interventi dall'alto.
    Stefano Fontana

    RispondiElimina
  8. Mons. Schneider
    "Obbediamo ai papi di tutti i tempi che hanno promosso, difeso, protetto la purezza della fede cattolica, incondizionatamente, senza compromessi, e che hanno anche difeso la santità e l'immutabile liturgia della Santa Messa nel corso dei secoli."

    RispondiElimina

I commenti vengono pubblicati solo dopo l'approvazione di uno dei moderatori del blog.