Rileggiamo la Lettera di Mario Palmaro al Direttore della Nuova Bussola Quotidiana, del gennaio 2014, sul dilagare della “lobby gay” e della corruzione dei costumi nel silenzio colpevole della Chiesa - Estratto e nota introduttiva a cura di Paolo Pasqualucci e Maria Guarini.
* * *A nove anni dalla prematura scomparsa per malattia del compianto Mario Palmaro (9 marzo 2014) – docente di filosofia del diritto, saggista cattolico impavido e lucidissimo difensore dei valori tradizionali, vero ed esemplare campione dell’impegno per la vita senza compromessi, alla cui opera è legata anche la diffusione della S. Messa antica in Italia – sempre attuale e meritevole di rilettura appare la nobile ed angosciata lettera, veramente e purtroppo “profetica”, da lui indirizzata poco prima della morte all’allora ed ancor oggi direttore del quotidiano on line ‘La Nuova Bussola Quotidiana’. La morte prematura gli ha impedito di vedere gli ulteriori sfasci della società italiana (con le ultime leggi contro la famiglia: divorzio breve e unioni civili - e la vita: testamento biologico - votate e approvate da Parlamento, Governo e Presidente nominalmente "cattolici") e della Chiesa (che purtroppo in questi anni tormentosi ha preferito il dialogo col 'mondo' rinunciando al suo triplice munus)... eterna memoria, e gratitudine!
Nella lettera Palmaro denunciava il dilagare “planetario” della lobby gay e della corruzione dei costumi nell’inconcepibile silenzio delle autorità della Chiesa, che anzi sembravano addirittura complici in certi loro atteggiamenti erroneamente tolleranti. Dopo nove anni la situazione, come tutti sappiamo, è enormemente peggiorata nelle società occidentali e nella Chiesa visibile, i cui vertici appaiono sempre più succubi della suddetta lobby.
Sia le classi dirigenti civili che quelle ecclesiastiche, con poche eccezioni, sembrano da troppi anni ormai in preda ad una proterva follia, intente come sono ad accogliere nelle loro leggi i desiderata della Rivoluzione Sessuale, che ci affligge e tormenta dall’inizio degli anni Sessanta del XX secolo, causa principale della dissoluzione della famiglia, della denatalità imperante e in definitiva della generale corruzione. Ora, come paventava Palmaro (e non ci dormiva la notte), sin dalle elementari si vuole insegnare e si insegna l’omosessualità ai bambini, incluso il mostruoso “transgenderismo” mentre si vogliono pervertire gli insegnamenti perenni della Chiesa sui rapporti tra i sessi. Questa follia si potrebbe considerare addirittura criminale, comportando essa una sorta di suicidio e comunque l’estinzione progressiva dei popoli governati, sottoposti per di più ad un’invasione incontrollata (ma in sostanza pilotata) di masse afroasiatiche e medioorientali in gran parte musulmane. La marea sembra inarrestabile, come già lamentava Palmaro, tuttavia NOI, a Dio piacendo, fedeli alla memoria e all’appello di Palmaro alla lotta, continueremo a combatterla, non desisteremo dal fare sino in fondo il nostro dovere di cattolici fedeli alla Tradizione della Chiesa.
No, caro direttore, il mio problema non è Matteo Renzi [al tempo presidente del Consiglio, cattolico di sinistra, il cui programma già includeva l’ulteriore dissoluzione dell’etica naturale e cristiana, concretatasi poi nella famigerata ‘Legge Cirinnà’, del 20 maggio 2016]. Il mio problema è la Chiesa cattolica. Il problema è che in questa vicenda, in questo scatenamento planetario della lobby gay, la Chiesa tace. Tace dal Papa fino all’ultimo cappellano di periferia. E se parla, il giorno dopo Padre Lombardi deve rettificare, precisare, chiarire, distinguere. Prego astenersi dal rispolverare lettere e dichiarazioni fatte dal Cardinale Mario Jorge Bergoglio dieci anni fa: se io oggi scopro mio figlio che si droga, cosa gli dico: “Vai a rileggerti la dichiarazione congiunta fatta da me e da tua madre sei anni fa in cui ti dicevamo di non drogarti”? O lo prendo di petto e cerco di scuoterlo, qui e ora, meglio che posso? […]
Capisci, caro direttore? Fra poco prenderanno mio figlio di sette anni e a scuola lo metteranno a giocare con i preservativi e i suoi genitali, e la Chiesa di che cosa mi parla? Dei barconi che affondano a Lampedusa, di Gesù che era un profugo, di un oscuro gesuita del Seicento appena beatificato. No, il mio problema non è Matteo Renzi. Caro direttore, dov’è in questa battaglia l’arcivescovo di Milano Angelo Scola? Fra poco ci impediranno di dire e di scrivere che l’omosessualità è contro natura, e Scola mi parla del meticciato e della necessità di comprendere e valorizzare la cultura Rom. È sempre l’arcivescovo di Milano che qualche settimana fa ha invitato nel nostro Duomo l’arcivescovo di Vienna Schoenborn: siccome in Austria la Chiesa sta scomparendo, gli hanno chiesto di venire a spiegare ai preti della nostra diocesi come si ottiene tale risultato, qual è il segreto. Del tipo: questo allenatore ha portato la sua squadra alla retrocessione, noi lo mettiamo in cattedra a Coverciano. E guarda la coincidenza, fra le altre cose: Schoenborn – che veste il saio che fu di san Domenico e di Tommaso d’Aquino – è venuto a spiegare ai preti ambrosiani che lui è personalmente intervenuto per proteggere la nomina in un consiglio parrocchiale di due conviventi omosessuali. Li ha incontrati e, dice Schoenborn, “ho visto due giovani puri, anche se la loro convivenza non è ciò che l’ordine dalla creazione ha previsto”. Ecco, caro direttore, questa è la purezza secondo un Principe della Chiesa all’alba del 2014.
E il mio problema dovrebbe essere Matteo Renzi e il PD? Prenderanno mio figlio di sette anni e gli faranno il lavaggio del cervello per fargli intendere che l’omosessualità è normale, e intanto il mio arcivescovo invita in duomo un vescovo che mi insegna che due gay conviventi sono esempi di purezza? […]
Intendiamoci: sarebbe da stolti imputare al Papa o alla Chiesa la colpa che gli stati di tutto il mondo stiano normalizzando l’omosessualità: questa marea montante è inarrestabile, non si può fermarla. La ragione è semplice: Londra e Parigi, New York e Roma, Bruxelles e Berlino sono diventate una gigantesca Sodoma e Gomorra. Il punto però è se questo noi lo vogliamo dire e lo vogliamo contrastare e lo vogliamo denunciare, oppure vogliamo fare i furbi e nasconderci dietro il “chi sono io per giudicare”. Il punto è se anche Sodoma e Gomorra planetari debbano essere trattati con il linguaggio della misericordia e della comprensione. Ma allora, mi chiedo, perché non riservare la stessa misericordia anche ai trafficanti di armi chimiche, agli schiavisti, agli speculatori finanziari? Sono poveri peccatori anche loro, o no? […]
Ecco, caro direttore, perché il mio problema e il problema tuo, dei cattolici e della gente semplice, non è Matteo Renzi. Il problema è nostra Madre la Chiesa, che ha deciso di mollarci nella giungla del Vietnam: gli elicotteri sono ripartiti e noi siamo rimasti giù, a farci infilzare uno dopo l’altro dai vietcong relativisti. Per me, non mi lamento, per le ragioni che sai. E poi perché preferisco mille volte esser rimasto qui ad aspettare i vietcong, piuttosto che salire su quegli elicotteri […]
Caro direttore, caro Riccardo, perché mai ti scrivo tutte queste cose? Perché questa notte non ci ho dormito. E perché io voglio capire – e lo chiedo ai lettori della Bussola – che cosa deve ancora accadere in questa Chiesa perché i cattolici si alzino, una buona volta, in piedi. Si alzino in piedi e si mettano a gridare dai tetti tutta la loro indignazione. Attenzione: io mi rivolgo ai singoli cattolici. Non alle associazioni, alle conventicole, ai movimenti, alle sette che da anni stanno cercando di amministrare conto terzi i cervelli dei fedeli, dettando la linea agli adepti. Che mi sembrano messi tutti sotto tutela come dei minus habens, eterodiretti da figure più o meno carismatiche e più o meno affidabili. No, no: qui io faccio appello alle coscienze dei singoli, al loro cuore, alla loro fede, alla loro virilità. Prima che sia troppo tardi.
[Da: Alessandro Gnocchi (a cura di), Mario Palmaro, il buon seme fiorirà, Fede & Cultura, Verona, 2015, pp. 59-60 – raccolta di saggi in memoriam]
Buona Festa del glorioso San Benedetto Abate!
RispondiElimina"Un prete, nel momento in cui sceglie il sacerdozio, dovrebbe agire per vocazione, sapendo che NON andrà a svolgere un lavoro come un altro: il celibato, come ha sempre sostenuto Benedetto XVI, non deve essere inteso come una rinuncia, bensì un dono, ovvero quello di servire unicamente al Signore e il gregge che gli viene affidato.".....
RispondiElimina"E non è neanche vero che consentire ai preti di sposarsi favorirebbe un incremento delle vocazioni, "...
"E allora la domanda di fondo non dovrebbe essere se sia o meno giusto mantenere il celibato obbligatorio, ma cosa se ne fa la Chiesa di preti e vescovi che sentono così impellente il bisogno di prendere moglie. Hanno capito realmente il senso della loro vocazione, o forse si sono fatti sacerdoti soltanto perché non avevano di meglio da fare? "
https://www.stilumcuriae.com/preti-sposati-l-ossessione-del-sinodo-tedesco-mascarucci
Sarebbe il colpo finale, ben assestato, per far diventare la "scelta" del prete una professione come un'altra.
Parole validissime forse piu' oggi che nel momento in cui Palmaro le ha scritte.
RispondiEliminaQuesto pezzo costituisce un appello a . ciascuno di noi a fare la sua parte : gli insegnsnti debbono ricordarsi che esiste la liberta' d'insegnamento , per cui possono opporsi aglì ordini dall"alto, i genitori possono verificare quanto viene insegnato ai piccoli e avere il coraggio di alzare la voce.
https://www.radiospada.org/2023/03/don-tullio-rotondo-e-stato-sospeso-a-divinis/
RispondiEliminaSicuramente un saggio che dovrebbe essere affisso alle porte delle Chiese.
RispondiEliminaIl passaggio centrale è la chiamata all'appello delle singole coscienze di ogni cattolico. È ciò che continua a mancare anche oggi.
Questo torpore delle coscienze cattoliche, timorose, indecise, dubbiose, indolenti.
Bisogna agire.
L'ho già detto e lo ribadisco: se Bergoglio ha assentito alle benedizioni di coppie gay da parte dei vescovi belgi, ha superato la linea rossa e occorre trarne le conseguenze prima che la Casa crolli.
È ora di uscire dal torpore e agire, non limitarsi a scambiare opinioni e commenti nei vari blog.
Abbiamo qualche lucido pastore, qualche profondo intellettuale (penso a Radaelli), dobbiamo farci carico noi fedeli di restaurare la fede cattolica che ampie schiere di chierici hanno smarrito.
Gz
La borghesia francese entrò nella Rivoluzione quando prese coscienza di sé, noi sia come cattolici sia come italiani questa coscienza di noi stessi non l abbiamo ancora o l abbiamo persa o siamo impermeabili o abbiamo bisogno di essere portati qui e là da qualche potere umano, non riusciamo ad essere UNI. Tragico destino che non riusciamo a modificare.
RispondiEliminaLa nostra aristocrazia e la nostra borghesia imprenditrice si sono sempre intese con lo straniero, non ho memoria di un amore per il popolo, per la terra d Italia. Se chi legge ha da portare esempi, ringrazio di cuore fin d ora.
RispondiElimina
RispondiEliminaARistocrazia e borghesia traditrici del popolo.
Mattei, presidente dell'ENI, tentò di fare una politica energetica nazionale, nell'interesse dell'Italia: morì in un incidente aereo apparso sempre sospetto. La sua politica infastidiva assai le c.d.
Sette Sorelle anglo-duch-american che dominavano al tempo il mercato mondiale.
Si potrebbero portare altri esempi, anche per il passato, ma adesso mi manca il tempo di documentarmi.
La tradizione di tradimento dei nostri ceti dirigenti è antica, si può dire che inizi con i longobardi. I vari duchi si sentivano sempre molto indipendenti dal loro re. Quando Carlo Magno invase l'Italia chiamato dal papa per abbattere il regno longobardo, i duchi preferirono accordarsi con l'invasore che prometteva di lasciar loro l'autonomia di cui fin allora godevano. Una parte dei longobardi combattè, un'altra tradì. La campagna fu per Carlo abbastanza facile.
Il papa sperava di ottenere grossi ampiamenti territoriali da Carlo ma restò deluso. Ottenne poco. Carlo si fece Re d'Italia e i ducati di Spoleto e Benevento, abbastanza ampi, sui quali mirava il papa, furono da Carlo lasciati ai loro duchi longobardi, con una relativa autonomia.
Alla battaglia di Benevento, nel feb del 1266, lo schieramento di riserva composto dai nobili locali che doveva intervenire per soccorrere la difficile situazione del re, Manfredi, accerchiato dagli angioini, si dileguò. Ci fu il sospetto di tradimento.
La mancanza di coesione sociale e militare dipendeva in Italia da varie cause, tra le quali la politica del papato politico, che incitava alla disobbedienza e al tradimento i sudditi di sovrani che stessero attentando al dominio temporale del papa stesso o tali ritenuti dal papa.
H