La Messa e il Sacrificio
L’eresia fondamentale della Riforma Protestante fu la separazione del sacrificio dal sacramento, o la trasformazione del sacrificio della Messa in «cerimonia della comunione», come se fosse possibile il dare la vita senza la morte. Forse che nell’Eucaristia non vi è anche una comunione con la morte oltre che una comunione con la vita? San Paolo non ha omesso questo aspetto: "Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga" (1Cor 11, 26).
Se noi, nella Messa, mangiamo e beviamo la Vita Divina senza incorporarci alla morte del Cristo mediante il sacrificio, meritiamo di essere considerati come parassiti nel Corpo Mistico di Cristo. Mangeremo il pane senza portare grano alla macina? Berremo il vino senza dare grappoli da pigiare? La condizione della nostra incorporazione alla Risurrezione, Ascensione e glorificazione di Cristo è l’incorporazione alla sua morte. "Ora quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri" (Gal 5, 24).
Nella Messa, noi offriamo il Cristo come Sacerdoti, ma ci offriamo con Lui come vittime? Separeremo ciò che Dio ha unito, vale a dire il Sacerdote e la vittima? L’intima connessione tra sacrificio e sacramento non ci dice del pari che non siamo soltanto Sacerdoti, ma anche vittime? Se tutto ciò che facciamo nella nostra vita sacerdotale è scolare calici e mangiare il Pane della Vita, come potrà la Chiesa, allora, supplire a "quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1, 24)?
Al momento dell’elevazione, non alziamo il Cristo in croce rimanendo presenti come meri spettatori di un dramma nel quale dovremmo sostenere la parte principale? È la Messa una vuota ripetizione del Calvario? Se così è, che ne facciamo della croce che ci fu comandato di portare quotidianamente? Come può il Cristo rinnovare la sua morte nel nostro corpo? Egli muore di nuovo in noi.
E che ne è del popolo di Dio? Insegniamo ai fedeli che non debbono limitarsi a «ricevere» la Comunione, ma che debbono anche offrire? Essi non possono ricevere la vita, senza compiere alcun sacrificio. La balaustra è un luogo di scambio. Essi danno del tempo e ricevono l’eternità, danno la rinuncia di sé e ricevono la vita, danno il nulla e ricevono il tutto. La Santa Comunione impegna ognuno a una più stretta unione non soltanto con la vita del Cristo, ma anche con la sua morte, impegna a un maggior distacco dal mondo, alla rinunzia allo spreco e al lusso per amore del povero, alla morte del vecchio Adamo per la rinascita, in Cristo, del nuovo Adamo.
(Fulton J. Sheen, da "Il Sacerdote non si appartiene")
La regola aurea della preghiera
RispondiElimina"Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto."
Gesù, enunciando questa verità ci indica una regola aurea da tenere presente anche nella preghiera.
Dio, infatti, pretende fedeltà alla Sua legge per accordarci certe grazie personali. Non può ambire a diventare un valido Generale chi non ha saputo essere un buon soldato semplice. Non può chiedere la grazia di un santo fidanzamento e matrimonio chi non si è prima liberato da certi vizi peccaminosi personali; non può sperare di correre e vincere medaglie chi zoppica anche camminando. La legge della gradualità è la legge di Dio.
Preghiamo di essere sempre fedeli nel poco, a qualsiasi costo, se desideriamo che ci venga dato da amministrare il molto. Nessun genitore farebbe mai montare un cavallo nevrile e impegnativo a un bambino che ha appena iniziato le lezioni di equitazione su di un pony.
"Fammi la grazia Signore che poi dirò il Rosario tutti i giorni!" Ecco un esempio di stoltezza... Di' bene e con devozione il santo Rosario tutti i giorni e la grazia arriverà, nei modi che Dio sa, perché tu sarai diventato, giorno dopo giorno, meno indegno di riceverla. Combattendo, Ave Maria dopo Ave Maria, fedele nel poco.
Roberto Bonaventura
Beata Vergine Maria Consolatrice
RispondiEliminaConsolatrice degli Afflitti. Questo il titolo attribuito a Maria, madre di Gesù, sin dai primi tempi del Cristianesimo. Ma da cosa deriva questa "natura consolatrice" di Maria? Il titolo in questione,...
continua
https://www.santodelgiorno.it/beata-vergine-maria-consolatrice/
Quando il Signore ci fa la grazia di contemplare il mistero cambia proprio tutto!
RispondiEliminaL'uomo spesso, anche quando è religioso, rischia di riportare ogni cosa a sé, e basta.
Invece l’Eucaristia è cosmica e abbraccia ogni realtà creata, riunificando nel sacramento l’intera creazione: non veniamo salvati per fuggirne, ma per salvarci in essa, salvandola! Questo corrisponde al “ricapitolare ogni cosa in Cristo”.
La lotta contro il male, la salvezza e soprattutto la gioia che vengono da un cuore unito al Signore non dipendono dall'uomo, ma da questa grazia. Che passa anche dalla croce, trasfigurandola. Altrimenti sarebbe sciocco dire che sono beati gli afflitti.
Il santissimo sacramento è sacrificio di chi, Creatore e Signore, si è offerto a questa via misteriosa per vincere il Male, la ribellione a Dio. E noi abbiamo questo sacramento per santificare l’intero creato, rioffrendolo a Dio insieme a noi stessi.
L’Eucaristia è un miracolo continuo a favore di tutti e di tutto: il cuore che ha imparato ad amare sente compassione per l’intera creazione. In questo mistero della croce, trasfigurato dall’amore, il dolore si apre alla gioia dei beati: infatti “dove non c’è dolore non c’è salvezza”, ma al contempo “lo Spirito Santo riempie di gioia ciò che tocca”.
Il fine della vita cristiana è precisamente l’acquisire lo Spirito Santo in modo che chi ne è abitato viva una pace interiore attraverso la quale migliaia intorno a lui troveranno la salvezza.
Invece l’inganno del padre della menzogna, che ci fa complici di un miraggio, un’illusione. Crediamo al suo “sarete come dei”, ma senza Dio l’uomo si trasforma in un piccolo dio a sé stesso, nel mondo e per il mondo… si fa re senza più bisogno di restare sacerdote offrendo sé stesso e il mondo in ringraziamento (eucaristia).
Dio non chiede innanzitutto che gli uomini si amino, ma di capire quanto Egli ama noi!
Da lì viene tutto il resto.