"L'abito non fa il monaco ma un buon monaco ama il suo abito". Da notare, a proposito del velo paragonato a quello delle donne islamiche che il "velo" delle suore cattoliche indica sottomissione; ma è sottomissione a Dio non ad un uomo... Così come le donne cattoliche portavano, in Chiesa (alcune lo portano ancora) il velo, che simboleggia la sottomissione di tutta la comunità a Dio. La donna, nella comunità liturgica, rappresenta la sottomissione della natura umana a Dio.
Il velo, segno visibile di sottomissione a Dio
Quando uno si espone, crea sempre reazione.
Il velo è visibile, quindi crea una reazione.
Tu vai avanti tranquilla.
E’ un segno, e come tale è visibile.
Il segno rimanda ad altro: dice a tutti che sei alla presenza del Signore.
Certo, è solo un segno, ma guarda caso il maligno detesta proprio i segni.
Il velo è visibile, quindi crea una reazione.
Se lo mette una donna musulmana, niente da dire, anzi, c’è ammirazione magari per il rispetto della cultura che ella rappresenta.
Ma se lo mette una donna cristiana per amore di Cristo e della Chiesa, apriti cielo: ecco una fanatica che si vuole mettere in mostra.
Il fondamento è scritturistico: nella Lettera ai Corinzi san Paolo nel parla chiaramente e non si tratta di una cosa del tempo, perché la motivazione è teologica (e Dio non passa mai di moda).
Tu vai avanti tranquilla.
La settimana scorsa è venuto qui un giovane sacerdote consacrato nel ramo della nostra Comunità, di Bolzano.
Aveva la tonaca lunga, la talare.
Finora lo avevamo sempre visto con il clergyman, ora invece la veste lunga.
Uno dei nostri gli ha chiesto come mai questa scelta, e lui sorridendo: “Perché sono un prete, quindi mi vesto da prete”.
Ottima risposta, no? Tu puoi dire: sono cristiana, quindi mi vesto da cristiana. Il che vuole dire vestirsi decente quando sono a casa o al lavoro o nel mondo, e vestirsi liturgicamente quando sono in chiesa alla presenza della maestà infinita di Dio.
Ci sarà pure una differenza tra la chiesa e la casa, no? Tra la chiesa e l’ufficio, tra la chiesa e il supermercato.
Se ti dicono che non è di moda, rispondi che Dio non passa mai di moda, e se ti osservano che lo fai per farti notare, rispondi di sì, che lo fai per farti notare: ma prima di tutto dal Signore, poi da te stessa, e poi anche, se lo vogliono, dagli altri.
E’ un segno, e come tale è visibile.
Anche il prete con la tonaca si fa notare, anche il fratello sacerdote del IV ramo con il saio e lo scapolare nero si fa notare.
Il segno rimanda ad altro: dice a tutti che sei alla presenza del Signore.
Certo, è solo un segno, ma guarda caso il maligno detesta proprio i segni.
Non a caso la Madonna nell’apparizione delle Tre Fontane parla proprio dell’abito sacerdotale e deplora il fatto che i sacerdoti se lo siano tolto (ed eravamo nel 1947, figuriamoci oggi).
Padre Serafino Tognetti
13 Luglio 1917, terza apparizione, a Lucia e ai due cuginetti, Giacinta e Francesco, della Regina del Rosario alla Cova da Iria di Fatima. Alziamo lo sguardo ad incontrare quello purissimo e materno di Maria affinché ci accolga sotto il suo celeste manto e ci ottenga la pace da suo Figlio, nostro Signore Gesù Cristo: Re della Pace. Amen
RispondiEliminaLa parola sottomissione appartiene all’Islam, non al cristianesimo. Articolo discutibile e inopportuno.
RispondiEliminaNon mi soffermerei sulla foglia di fico del termine "sottomissione", comunque non inappropriato, anzi. È un segno di deferenza verso Dio.
RispondiEliminaArticolo opportuno, che richiama un'antica e sempre nuova tradizione, giustamente sottolineata con le parole di San Paolo.
Un invito alle donne a indossare anche oggi questo bellissimo e nobile ornamento in Chiesa (alcune, pochissime, lo indossano).
Gz
Per chi ha da ridire sul termine sottomissione.
RispondiEliminaCito Costanza Miriano: autrice del libro , Sposati e sii sottomessa : «... Quanto all’inferiorità o superiorità maschile, chi fa questa obiezione non parla il linguaggio cristiano. Nella logica cristiana il capo, che è il marito secondo san Paolo, è un capo come Cristo, che muore per la sua sposa, la Chiesa. Un capo che ha come trono la croce. L’uomo che fa il marito come Cristo comanda è un uomo pronto a morire per la moglie. La sposa secondo la Chiesa è quindi una sposa docile nei confronti di un uomo nobile, generoso. La sposa con la sua dolcezza risveglia i migliori sentimenti nell’uomo, come nell’amore cortese. Evita che si metta in moto quella sorta Mister Hyde che è dentro ogni uomo, la sua parte animale. Questa è la logica cristiana. Fare a gara nello stimarsi a vicenda, avere un pregiudizio positivo nei confronti dell’altro, dirgli: io sto dalla tua parte, mettiamo insieme la nostra siderale diversità, e cerchiamo di donarci la nostra reciproca povertà. Gridare i propri diritti non serve a niente, riconoscere che siamo peccatori, poveri, limitati, fa funzionare l’amore...».
RispondiElimina#
Commento inopportuno perché il concetto della sottomissione sarebbe mussulmano e non cristiano? Errato.
Andiamo a controllare cosa insegna san Paolo, 1 Cor 14, 33 ss.
"Come in tutte le chiese dei Santi, le donne nelle riunioni tacciano perché non è stata affidata a loro la missione di parlare ma stiano sottomesse, come dice anche la Legge. Se vogliono essere istruite in qualcosa interroghino i loro mariti a casa poiché è indecoroso che una donna parli in un'assemblea".
Sante parole. Nel punto che ci interessa: "stiano sottomesse" è traduzione letterale -- lat. "sed subditas esse, sicut et lex dicit".
Greco: "allà hypotassésthosan" - Il verbo è hypo - tasso, seriore. Nell'uso attico - hypotatto. Usato appunto nel Nuovo Testamento. Senso: collocare sotto - subordinare - sottomettere, assoggettare. Nel medio: assoggettarsi, obbedire, a qualcuno (tiní).
Stiano sottomesse traduce bene il senso del testo paolino.
Fonti: S. Bibbia, ediz. paoline prma del Concilio; Nestle-Aland; Gemoll (vocab. greco).
San Paolo ribadisce qui ciò che la Legge giudaica stabiliva per il comportamento delle donne in pubblico, in quel pubblico che era la ecclesía, l'assemblea, la Chiesa primigenia.
Perché le (non molte) donne che ancora vanno in chiesa oggi non si mettono il velo, gesto liturgico che resta sempre raccomandato anche nel Novus Ordo, credo? Per superbia e vanità, questo è il motivo. Gli stessi peccati che spinsero Eva a disubbidire.
Si sono tolte il velo in chiesa e per punizione Dio lascia che adesso vandano in giro mezze nude, cosa più che indecorosa.
T.
L'ABBANDONO DELLA TALARE E' UNA VILTA'.
RispondiEliminaIn una lettera datata 11 febbraio 1963, Mons. Lefebvre tratta dell'uso della Talare. Eccone qualche estratto:
“In sé l'uso della talare non ha significato se non nella misura in cui questo abito segna una distinzione rispetto all'abito laico. Si tratta dunque di una designazione del chierico o del religioso per mezzo del suo abito. E' bene insistere soprattutto sul primo carattere che è quello di specificare il chierico, il prete, il religioso, nello stesso modo come si specifica il militare, l'agente di polizia. In tutte le religioni, il capo religioso è facilmente riconoscibile per il suo abito. I fedeli danno una grande importanza a questi segni distintivi...Il sentimento molto legittimo del popolo fedele e soprattutto il rispetto del sacro ein più di ricevere le benedizioni del cielo da parte di coloro che ne sono i ministri...Praticamente la misura che è stata presa in molte diocesi è stata l'occasione di abbandonare ogni segno distintivo del chiericato.
E' dunque importante porre la questione: è o non è desiderabile che il prete sia distinto, riconosciuto tra i fedeli e i laici, o al contrario è oggi auspicabile in vista dell'efficacia dell'apostolato che il prete non si distingua più dai laici?
Risponderemo con la concezione del prete secondo Nostro Signore...In San Giovanni (15 19) leggiamo: Si de mundo fuissetis...de mundo non estis...?”. Se voi foste del mondo, il mondo amerebbe il suo bene; ma poiché voi non siete del mondo, poiché la mia scelta vi ha portato fuori dal mondo, il mondo vi odia”.
E' chiaro che il prete è un uomo che viene scelto e distinto dagli altri. Di nostro Signore San Paolo dice che egli è segretatus a peccatoribus...”separato dai peccatori”. Così deve essere il prete che è stato atto da Dio oggetto di una scelta particolare.
Bisognerebbe aggiungere a questa considerazione quella della testimonianza di Dio, di Nostro Signore, che il prete deve rendere di fronte al mondo. El eritis mibi testes...”” Sarete allora miei testimoni (Act 1, 8).
La talare del prete provvede a questi due scopi in modo chiaro e senza equivoco: il prete è nel mondo senza essere nel mondo, se ne distingue pur vivendovi, ed è protetto dal male. “Io non chiedo che Voi li togliate dal mondo, ma che li preserviate dal male” (Giov 17, 15-16). La testimonianza della parola, che è certamente più essenziale per il prete della testimonianza dell'abito, è tuttavia grandemente facilitata da quella manifestazione chiarissima del sacerdozio che è l'uso della talare.
Quanto all'abito laico, esso sopprime ogni distinzione e rende molto più difficile la testimonianza e al tempo stesso meno efficace la preservazione dal male. Questa scomparsa di ogni testimonianza per mezzo dell'abito appare chiaramente come una mancanza di fede nel sacerdozio, una disistima del senso religioso nel prossimo e per di più una viltà, una mancanza di coraggio nelle convinzioni.
Davanti al laicismo e all'ateismo allinearsi completamente significa capitolare e togliere gli ultimi ostacoli al loro dilagare.
Mancanza di fede nel sacerdozio, disistima del senso religioso del prossimo, viltà. Queste tre constatazioni hanno conseguenze molto gravi nell'animo del prete che silaicizza, e trascinato verso una rapida laicizzazione le anime dei fedeli.
Il prete è il sale della terra. “ Se il sale diventa scipito, di quale utilità sarà, se non a essere gettato via per essere calpestato sotto i piedi dei passanti?” (Matteo, 5, 13).
Ahimè, non è ciò che aspetta al varco in ogni istante questi preti che non vogliono più essere tali? Il mondo non li amerà per questo, ma li disprezzerà. I fedeli, da parte loro, sono dolorosamente colpiti per non saper più con chi hanno a che fare. La talare è una garanzia d'autencità del Sacerdozio cattolico”.
L uomo signoreggia nel fisico e nello spirituale; la donna nel vitale e nel sentimentale, mi disse un amico esoterista. Konrand Lorenz scrisse qualcosa di simile per gli animali, il maschio è fisicamente più grande e bello della femmina, corpo da guerriero dai colori smaglianti atto a spaventare il nemico e la preda; la femmina è più piccola, facilmente si confonde con la natura intorno dove trova la sua tana, forte tanto da poter nutrire i suoi cuccioli per un lungo periodo di tempo, difenderli ed insegnare loro quello che devono sapere prima di andare per la loro strada. Corporeità e specifiche caratteristiche animico spirituali vanno insieme ed insieme, maschio e femmina, si completano. Oggi si pretende di ignorare quanto è inscritto nel nostro corpo di femmine e di maschi fin nelle cellule microscopiche di tutto nostro corpo.
RispondiEliminaD'accordissimo con mons. Lefevbre sulla talare. Sulla sottomissione cristiana vs quella islamica obietto che la differenza si vede. L'abito islamico cancella la donna in quanto essere inferiore e peccaminoso, mentre l'eleganza cristiana concilia modestia e buon gusto.
RispondiEliminaNon sono per niente d’accordo. Sono convenzioni che sono sempre cambiate, poi, dopo il disastroso concilio di Trento, tutto si è cristallizzato. Come se il tempo non scorresse più. E tante storture sono filtrate fino ai tradizionalisti odierni.
EliminaUna delle affermazioni apodittiche che denota pregiudizio e anche ignoranza. Devo darmi il tempo per una risposta ad hoc, se non arriva qualcuno prima di me.
EliminaÈ la tipica provocazione che non merita l’energia necessaria per leggerla.
EliminaLascia perdere, non capiranno mai.
@anonimo 23,39 e altri
RispondiEliminaLei parla del concetto di sottomissione della donna all’uomo in San Paolo, al quale io NON mi riferivo. Io mi riferisco al concetto di sottomissione a Dio, che è quanto si dice nel titolo dell’articolo. È il concetto di sottomissione nel rapporto con Dio che è musulmano e non cristiano. Il cristianesimo è proprio il contrario di sottomissione a Dio, dove egli è padre, fratello e amico (in Gesù).
Per questo ho detto che l’articolo è inopportuno, perché attribuisce un concetto di rapporto con Dio che non è cristiano. Per giunta poi non si capisce perché solo le donne dovrebbero avere un segno (il velo) di sottomissione a Dio e l’uomo no. E infatti l’articolo è fuorviante perché il velo muliebre nel cristianesimo non è segno di sottomissione, ma di pudore.
Verissimo e Gesù si riferisce a chi lo ama (e quindi obbedisce a ciò che Egli comanda) con il termine amici. Ma nulla vieta che per me il Signore sia il mio padrone (che è vero in quanto mio Creatore e Salvatore), il mio generale in quanto Signore delle schiere celesti, etc... In India quanfo si parla dei 1008 nomi di Dio non si fa esercizio di dialettica ma si vuole dire che le qualità (che sono rappresentate dai nomi) di Dio sono innumerevoli (1008 è un numero molto grande e 1+8=9 che è segno di perfezione massima 3x3) e si potrebbe andare avanti all'infinito ad enumerarle senza mai esaurirle del tutto proprio per l'immensità di Dio stesso. Quindi non limitiamo Dio e la percezione parziale che possiamo avere di Lui. Per me Egli è mio Signore e Padrone, ciò mi dona più amore nei suoi confronti piuttosto che sia mio Amico. Sono io che sono limitato, non Dio.
EliminaIl rapporto dell'anima con Dio è un rapporto sponsale; dunque quanto di più intimo e profondo sia concepibile e ricco di tutta la ricchezza dell'immensa realtà del nostro Dio e Signore, nella misura in cui Egli voglia dispensarla all'anima-sposa. Cosa c'è di così scandaloso nella "sottomissione ", in senso paolino, della sposa a cotanto Sposo?
EliminaProprio anche nel senso cristiano del rapporto Chiesa-Cristo?
È evidente che non si tratta dello stesso concetto di sottomissione dei musulmani. E, quanto al segno del velo, oltre all'aspetto della pudicizia, rimando a quanto specificato nell'incipit...
Oremus ut clerici vestem talarem induant. Ad maiorem Dei gloriam.
RispondiElimina
RispondiEliminaRicordiamoci che in uno dei Vangeli NS Gesù Cristo ha detto che, anche dopo aver obbedito ai suoi Comandamenti, restiamo sempre dei "servi inutili".
E così o no? Al momento non ho il tempo di andare a ritrovare il passo.
"]sempre] servi inutili, siete!". Nonosante ci abbia chiamato amici.
Ma amici sono quelli che fanno la sua volontà, non gli altri, non il genere umano in generale, una parte del quale Egli, come Cristo Giudice, alla fine dei tempi condannerà all'eterna dannazione.
E chi è che fa la Sua volontà, obbedendo al Suo insegnamento, se non colui che è sottomesso a Lui?
Chi obbedisce si sottomette o no al comando al quale obbedisce?
RispondiElimina#Dopo il disastroso Concilio di Trento tutto si è cristallizzato"
È quello che insegnano oggi nei Seminari, credo. Per questo la Chiesa è ridotta nella condizione che sappiamo.
Apostasia. Quando un anziano prete irlandese ha ribadito mesi fa, in un sermone domenicale, che fornicazione, adulterio, concubinaggio, sodomia, omosessualità in generale, sono tutti vizi e peccati che conducono le anime all'Inferno se non ci sono pentimento e mutazione di vita, dopo il putiferio mediatico scatenatosi, un vescovo irlandese è subito intervenuto per dire pubblicamente: quello che dice questo prete n o n è l'insegnamento della Chiesa [!], questo prete, già in pensione, non sarà più chiamato a sostituire nessun officiante.
L'insegnamento della Chiesa attuale è quello queer imposto e comunque tollerato dal presente e regnante, che Dio lo perdoni poiché non sembra che sappia quello che sta facendo.
E nemmeno devono saperlo, quelli che si esprimono al modo dell'anonimo contro il Concilio di Trento, che ha semplicemente ribadito e chiarificato la dottrina di sempre, violata e sconvolta in tutti i modi dai protestanti eretici dilaganti all'epoca.
Ma l'anonimo l'ha letti i testi del Concilio di Trento?
Spesso si ha l'impressione che questi ipercritici della Chiesa di sempre parlino senza cognizione di causa.
T.
Il presente è l’unico tempo in cui, per grazia divina, possiamo collaborare con Dio. Lo stratagemma del diavolo che imprigiona maggiormente le persone e impedisce loro di vivere il presente in unione con Dio è "l'avrebbe potuto essere e non è stato".
RispondiEliminaLasciamo il passato nelle mani della Misericordia di Dio e il futuro nelle mani della Sua Provvidenza. Il presente è nelle nostre mani unite alle mani di Dio.
Inutile rispondere a chi attacca un concilio dogmatico con tanto di canoni con anatemi connessi e, magari, esalta acriticamente un concilio volutamente ed erroneamente pastorale.
RispondiEliminaFilm già visto.
Piuttosto mi lascia perplesso l'interpretazione relativa al velo.
San Paolo si è espresso molto chiaramente, il problema sono le interpretazioni successive, anzi, recenti, alla GPII.
Opportune e giuste alcune precisazioni di T.
Quanto all'amicizia con Dio, che non è quella col compare, chiederei all'anonimo che critica l'insegnamento cristallizzato cosa direbbe a chi gli chiedesse di essere suo amico, a patto di rispettare i suoi comandi.
Ma, temo, che dia tempo perso.
“L'Europa dove solo le pietre parlano di Cristianesimo si estinguerà". Lo disse Ratzinger dove l'Islam ha già superato i Cattolici a scuola. Un libro clamoroso lo racconta. E come ha detto un Commissario europeo, "in questo caso la vittoria a Vienna sarà stata vana".
RispondiEliminahttps://meotti.substack.com/p/leuropa-dove-solo-le-pietre-parlano
In merito all'abito talare -che anche io preferirei che i sacerdoti indossassero sempre - sarei un po' meno drastica. La vita di oggi è talmente frenetica anche per i sacerdoti, data la penuria di preti di cui tutti siamo a conoscenza, che l'abito talare non sarebbe certo pratico per loro se devono guidare la macchina o servirsi degli affollati autobus. Per me andrebbe benissimo anche il clergyman con una ben visibile croce pettorale. Invece i preti moderni (compresi quelli della mia parrocchia) vestono in jeans e camicia a quadri e meno male (dico io ...) che ancora si ricordano di indossare la casula quando celebrano la Messa. Ma dati i tempi scristianizzati che stiamo vivendo, non mi stupirei se arrivassero anche ad amministrare i Sacramenti in quella tenuta.
RispondiEliminaA proposito di segni visibili :
RispondiEliminaDon V. in una recente predica in cui erano presenti molti seminaristi ha detto testuali parole : " Una volta indossata la talare, questa non si deve togliere piu' affinche' tutti sappiano, noi per primi, di Chi siamo. Il Santo Curato d'Ars la indossava giorno e notte ".
https://gloria.tv/post/xWP1bLCtrSHR1scM9eD2FN4yF
RispondiElimina# I sacerdoti della FSSPX portano sempre la talare.
Questo non impedisce loro di guidare la macchina, cosa
che fanno di frequente a causa dell'orgaanizzazione
sparsa delle loro chiese. Macinano molti
km per andare a dire la Messa. Sono sempre pochi rispetto alle esigenze, quindi si devono mettere in macchina.
Nessun problema con la talare.
Parlo per esperienza personale.
Il clergyman non va bene. È protestante, eretico. Cominci con il clergyman e finisce appunto in maglietta e blue jeans.
Si diceva "l'abito non fa il monaco". Ma il senso era: "non basta l'abito a fare il monaco". Ci vuole altro, però l'abito è indispensabile.
È una divisa, la talare. Il clergyman sembra un abito da passeggio.
Per distinti conferenzieri anglicani, con il loro bicchiere di Porto, giocatori di bridge - non per sacerdoti di Cristo.