Ricevo e volentieri pubblico l'intervento che segue di un nostro caro lettore, Andrea Mondinelli, sulla relazione del presidente Pera [qui], integrato per completezza, nella nota in calce, dal commento di Historicus ‒ a proposito della separazione tra Stato e Chiesa ‒ nella discussione relativa sul blog, consultabile dal link.
Andrea Mondinelli. Commento all'intervento del presidente Pera
Ho letto con molto interesse la relazione del presidente Pera [qui], che evidenzia le aporie del concetto di laicità. Mi pare, però di arguire, che Pera non abbia compreso la contraddizione di partenza che inficia il discorso, anzi l’abbia considerata una conquista della modernità. Si tratta della dottrina che Cavour chiamò “il gran principio del libero Stato in libera Chiesa”.
Il vero nodo della questione, che non è citato nella sua relazione, è da chi provenga non solo l’autorità dello Stato, ma qualsiasi autorità. La risposta della dottrina cattolica è chiara: « Ogni autorità viene da Dio ». Pertanto, lo Stato può essere indipendente dalla Chiesa, ma non autonomo. Questo perché l’autorità della Chiesa, che è spirituale e riguarda la salvezza eterna delle anime, è superiore a quella dello Stato, che riguarda il bene comune materiale della società umana. Questo bene comune di competenza dello Stato non può mai essere in conflitto con il bene primario della salute delle anime.
Facciamo, come Pera, un esperimento. Supponiamo che il Concilio Vaticano II non sia mai avvenuto, affrontando la questione dal punto di vista della dottrina preconciliare.
L’insegnamento di papa Pio XI nell’enciclica Quas Primas è chiarissimo:
Il dominio del nostro Redentore abbraccia tutti gli uomini, come affermano queste parole del Nostro Predecessore di immortale memoria Leone XIII, che Noi qui facciamo Nostre: «L'impero di Cristo non si estende soltanto sui popoli cattolici, o a coloro che, rigenerati nel fonte battesimale, appartengono, a rigore di diritto, alla Chiesa, sebbene le errate opinioni Ce li allontanino o il dissenso li divida dalla carità; ma abbraccia anche quanti sono privi di fede cristiana, di modo che tutto il genere umano è sotto la potestà di Gesù Cristo».Né v'è differenza fra gli individui e il consorzio domestico e civile, poiché gli uomini, uniti in società, non sono meno sotto la potestà di Cristo di quello che lo siano gli uomini singoli. È lui solo la fonte della salute privata e pubblica: «Né in alcun altro è salute, né sotto il cielo altro nome è stato dato agli uomini, mediante il quale abbiamo da essere salvati», è lui solo l'autore della prosperità e della vera felicità sia per i singoli sia per gli Stati: «poiché il benessere della società non ha origine diversa da quello dell'uomo, la società non essendo altro che una concorde moltitudine di uomini».Non rifiutino, dunque, i capi delle nazioni di prestare pubblica testimonianza di riverenza e di obbedienza all'impero di Cristo insieme coi loro popoli, se vogliono, con l'incolumità del loro potere, l'incremento e il progresso della patria. Difatti sono quanto mai adatte e opportune al momento attuale quelle parole che all'inizio del Nostro pontificato Noi scrivemmo circa il venir meno del principio di autorità e del rispetto alla pubblica potestà: «Allontanato, infatti — così lamentavamo — Gesù Cristo dalle leggi e dalla società, l'autorità appare senz'altro come derivata non da Dio ma dagli uomini, in maniera che anche il fondamento della medesima vacilla: tolta la causa prima, non v'è ragione per cui uno debba comandare e l'altro obbedire. Dal che è derivato un generale turbamento della società, la quale non poggia più sui suoi cardini naturali».
Cosa succede se l’autorità degli Stati deriva dal popolo? Cristo re deve essere detronizzato. Lo spiega bene don Barthe :
La natura del nuovo Stato, fondato su quel che Leone XIII qualifica nell’Immortale Dei come «nuovo diritto», per il quale «l’autorità pubblica non è che la volontà del popolo, il quale, non dipendendo che da sé medesimo, è anche il solo a comandare sé stesso». Questo «nuovo diritto» è a tal punto sovversivo rispetto al diritto naturale che la categoria classica della tirannia, che descrive il governo pronto a sostituire un bene particolare al bene comune, non è davvero adatta a tale situazione completamente nuova creata dalla Rivoluzione, situazione in cui le nozioni di «bene comune» e di «legittimità», nel loro senso classico, non sono più adeguate. [qui]
Pertanto, il rimedio allo sfascio non può certo essere la giustapposizione delle radici cristiane a popoli e Stati che hanno rinnegato la regalità di Nostro Signore Gesù Cristo, perché tali radici sono secche come i tralci staccati dalla vite.
A questo punto si potrebbe obbiettare che quelli senza la fede cattolica verrebbero privati della loro libertà religiosa, che possa instaurarsi l’assolutismo e la teocrazia.
Infatti, Pera prosegue citando Jefferson: “noi oggi continuiamo a pensare che lo Stato tornerebbe ad essere teocratico, rinascerebbe l’assolutismo, riesploderebbero le guerre di religione, si perderebbe la libertà individuale, perché questa verrebbe sacrificata a verità superiori e indiscutibili, amministrata e somministrata da autorità assolute incontrollabili”.
Che nessuno venga forzato ad agire contro la propria coscienza in materia religiosa non fa problema. Niente, in effetti, autorizza ad obbligare le coscienze ad accettare la fede divinamente rivelata, molto semplicemente in quanto un atto di fede non può essere che un atto proprio di un’anima elevata dalla grazia. La Chiesa ha sempre insegnato che nessuno può essere «condotto suo malgrado ad abbracciare la fede cattolica». La risposta di papa Pio XII è illuminante:
Ora relativamente agl'interessi religiosi e morali si pone una duplice questione: La prima concerne la verità oggettiva e l'obbligo della coscienza verso ciò che è oggettivamente vero e buono; la seconda riguarda l'effettivo contegno della Comunità dei popoli verso il singolo Stato sovrano e di questo verso la Comunità dei popoli nelle cose della religione e della moralità. […] Or ecco la via per rispondere rettamente alla seconda questione. Innanzi tutto occorre affermare chiaramente: che nessuna autorità umana, nessuno Stato, nessuna Comunità di Stati, qualunque sia il loro carattere religioso, possono dare un mandato positivo o una positiva autorizzazione d'insegnare o di fare ciò che sarebbe contrario alla verità religiosa o al bene morale. Un mandato o una autorizzazione di questo genere non avrebbero forza obbligatoria e resterebbero inefficaci. Nessuna autorità potrebbe darli, perché è contro natura di obbligare lo spirito e la volontà dell'uomo all'errore ed al male o a considerare l'uno e l'altro come indifferenti. Neppure Dio potrebbe dare un tale positivo mandato o una tale positiva autorizzazione, perché sarebbero in contraddizione con la Sua assoluta veridicità e santità.Un'altra questione essenzialmente diversa è: se in una comunità di Stati possa, almeno in determinate circostanze, essere stabilita la norma che il libero esercizio di una credenza e di una prassi religiosa o morale, le quali hanno valore in uno degli Stati-membri, non sia impedito nell'intero territorio della Comunità per mezzo di leggi o provvedimenti coercitivi statali. In altri termini, si chiede se il « non impedire », ossia il tollerare, sia in quelle circostanze permesso, e perciò la positiva repressione non sia sempre un dovere.[…] Uno sguardo alla realtà dà una risposta affermativa. Essa mostra che l'errore e il peccato si trovano nel mondo in ampia misura. Iddio li riprova; eppure li lascia esistere. Quindi l'affermazione: Il traviamento religioso e morale deve essere sempre impedito, quando è possibile, perché la sua tolleranza è in sé stessa immorale — non può valere nella sua incondizionata assolutezza. D'altra parte, Dio non ha dato nemmeno all'autorità umana un siffatto precetto assoluto e universale, né nel campo della fede né in quello della morale. Non conoscono un tale precetto né la comune convinzione degli uomini, né la coscienza cristiana, né le fonti della rivelazione, né la prassi della Chiesa. Per omettere qui altri testi della Sacra Scrittura che si riferiscono a questo argomento, Cristo nella parabola della zizzania diede il seguente ammonimento: Lasciate che nel campo del mondo la zizzania cresca insieme al buon seme a causa del frumento (cfr. Matth. 13, 24-30). Il dovere di reprimere le deviazioni morali e religiose non può quindi essere una ultima norma di azione. Esso deve essere subordinato a più alte e più generali norme, le quali in alcune circostanze permettono, ed anzi fanno forse apparire come il partito migliore il non impedire l'errore, per promuovere un bene maggiore.Con questo sono chiariti i due principi, dai quali bisogna ricavare nei casi concreti la risposta alla gravissima questione circa l'atteggiamento del giurista, dell'uomo politico e dello Stato sovrano cattolico riguardo ad una formula di tolleranza religiosa e morale del contenuto sopra indicato, da prendersi in considerazione per la Comunità degli Stati. Primo: ciò che non risponde alla verità e alla norma morale, non ha oggettivamente alcun diritto né all'esistenza, né alla propaganda, né all'azione. Secondo : il non impedirlo per mezzo di leggi statali e di disposizioni coercitive può nondimeno essere giustificato nell'interesse di un bene superiore e più vasto.
In sintesi, il diritto alla libertà religiosa riguarda solo la religione vera, quindi il diritto si configura come atto di giustizia. Invece, la libertà riguardo alle false religioni è tollerata come atto di carità nei confronti dell’errante.
Cosa succede se, in nome dei diritti umani, s’introduce il diritto alla libertà religiosa per tutti? Non essendoci più distinzione tra vero e falso, lo Stato deve diventare necessariamente neutrale . Secondo logica, Cristo re deve essere detronizzato, ma ricordiamo le parole del nostro Salvatore: “Senza di me, non potete far nulla” , che valgono anche per la società e per lo Stato. Oggi, i risultati di questa apostasia sono sotto i nostri occhi, ma erano prevedibili e già previsti. Pio XI nella Quas primas:
I pessimi frutti, che questo allontanamento da Cristo da parte degli individui e delle nazioni produsse tanto frequentemente e tanto a lungo, Noi lamentammo nella Enciclica Ubi arcano Dei e anche oggi lamentiamo: i semi cioè della discordia sparsi dappertutto; accesi quegli odii e quelle rivalità tra i popoli, che tanto indugio ancora frappongono al ristabilimento della pace; l’intemperanza delle passioni che così spesso si nascondono sotto le apparenze del pubblico bene e dell’amor patrio; le discordie civili che ne derivarono, insieme a quel cieco e smoderato egoismo sì largamente diffuso, il quale, tendendo solo al bene privato ed al proprio comodo, tutto misura alla stregua di questo; la pace domestica profondamente turbata dalla dimenticanza e dalla trascuratezza dei doveri familiari; l’unione e la stabilità delle famiglie infrante, infine la stessa società scossa e spinta verso la rovina.
Pera propone una fondazione cristiana dello Stato liberaldemocratico, rivolgendosi a Locke. Sembra una buona idea, le parole sono suadenti. Questo il ragionamento:
(1) Dio è nostro creatore, noi siamo sua proprietà;
(2) Dio ha diritti sugli uomini e gli uomini hanno doveri verso Dio. Essere creati implica essere obbligati;
(3) I doveri degli uomini verso gli altri uomini sono fissati da “una legge di natura che è per tutti vincolante”;
(4) I diritti dell’uomo seguono ai doveri verso Dio. Se X e Y sono entrambi figli di Dio, allora X ha il dovere verso Dio di rispettare Y e Y ha il diritto conseguente di essere rispettato da X.
La conclusione dell’argomento è:
(5) Senza la legge naturale, senza Dio creatore, padrone e legislatore, senza i doveri verso Dio, si disgrega la società e la moralità. Come dice Locke, “se abolisci fra loro la legge di natura, distruggi al tempo stesso ogni ordinamento politico fra gli uomini, ogni autorità, ordine e convivenza sociale” (Saggi sulla legge naturale, VI, p. 68). Oppure: “supponendo che questa forza obbligante [della legge naturale] venisse a cessare in qualche luogo, non vi sarebbe né religione, né società, né fede, né moltissime altre cose di questo genere” (ivi, VII, p. 78).
A dispetto delle belle parole, l’argomento di Locke è insufficiente, senza il riferimento all’unica e vera fede che Dio ci ha rivelato e la santa Chiesa ci propone a credere.
John Locke in che Dio crede? Cos’è, per lui, la Chiesa? Cos’è la tolleranza? Questo è fondamentale per capire quali sono i doveri verso di Lui. Cerchiamo di capirlo leggendo alcuni brani della sua Lettera sulla tolleranza del 1685:
Consideriamo ora cos'è una chiesa. Considero, dunque, una chiesa una società volontaria di uomini, riuniti insieme di loro accordo al fine di esercitare il culto pubblico di Dio, nel modo che ritengono essergli gradito, ed efficace per la salvezza delle loro anime.Nessun membro di una società religiosa può essere costretto da un legame diverso da quello che deriva dall'aspettativa certa della vita eterna. Una chiesa dunque è una società di membri che si uniscono volontariamente con questo fine.
La definizione di chiesa come società volontaria di uomini è un’affermazione molto forte: possono esserci varie chiese, oppure nessuna, a cui iscriversi per cercare di ottenere la salvezza, ma la cosa essenziale è la negazione della chiesa come istituzione divina. Infatti:
Alcuni diranno, forse, che nessuna società può essere una vera chiesa se non ha un presbiterio o un vescovo con un'autorità di governo che gli deriva direttamente dagli apostoli, per successione continua e ininterrotta fino ad oggi.A costoro rispondo, in primo luogo, che mi mostrino l'editto con il quale Cristo ha imposto quella legge alla sua chiesa. E non mi si ritenga impertinente se, in una cosa così importante, chiedo che i termini di quell'editto siano espliciti e inequivocabili, dal momento che la promessa che egli ci ha fatto che «ovunque due o tre persone si riuniscono insieme nel suo nome, egli si troverà in mezzo a loro» (Matteo XVIII, 20) sembra implicare il contrario. Vi prego di considerare se ad una tale assemblea manchi qualcosa di necessario per essere una vera chiesa. Sono certo che niente può mancarvi per la salvezza dell'anima, il che è sufficiente al nostro fine.
Sembra incredibile che un uomo intelligente come Locke possa chiedere i termini dell’editto di Nostro Signore Gesù Cristo, visto che sono nello stesso Vangelo di Matteo (16, 15-19):
«E voi», chiese loro «chi dite che io sia?». 16 Simon Pietro rispose: «Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivente». 17 Gesù gli replicò: «Tu sei beato, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'han rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. 18 Ed io ti dico che tu sei Pietro e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa. 19 Io ti darò le chiavi del regno de' cieli, e tutto ciò che tu legherai sulla terra sarà legato ne' cieli e tutto ciò che tu scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
In queste parole di Gesù emerge chiarissima l’istituzione divina della Chiesa cattolica. Se la chiesa è istituzione umana allora è un diritto che ciascuna chiesa possa celebrare le sue funzioni pubblicamente, ma se è di istituzione divina vi è un solo atto pubblico gradito a Dio ed è un atto divino che si rende a Dio Padre, ossia il culto integrale del Corpo mistico di Gesù Cristo, cioè del Capo e delle sue membra.
La proposta di Locke esclude paradossalmente l’unica chiesa vera, che la Chiesa di Cristo, che è la Chiesa cattolica , abbraccia l’errore per scacciare la verità. Esclude Cristo re, senza alcun dubbio, dalla società. La liberal democrazia inglese di Locke, è in perfetta linea con il Test Act del 1673 con cui si vietava ai cattolici inglesi di esercitare alcun incarico politico; nel 1678 l'Act fu esteso con un altro che obbligava i membri di entrambe le camere, Lord e Comuni, a fare una dichiarazione contro la transustanziazione, l'invocazione ai santi e il sacrificio della messa:
«Io, (nome), solennemente e sinceramente in presenza di Dio professo, attesto e dichiaro di credere che nel sacramento dell'eucaristia non c'è alcuna transustanziazione degli elementi del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo al momento o dopo la consacrazione da parte di qualsiasi persona: e che l'invocazione o l'adorazione della Vergine Maria o qualsiasi altro Santo, e il Sacrificio della Messa, come sono praticati adesso nella Chiesa di Roma, sono superstiziosi e idolatrici...»Il seguente passaggio del presidente Pera è fondamentale:
Sui princìpi di Locke, la Gran Bretagna è diventata un paese liberaldemocratico e si è vaccinata contro le rivoluzioni giacobine del tipo francese. […] Si sono scritte le carte dei diritti dell’uomo del Dopoguerra. Si è costruita una comunità internazionale nutrita di valori cristiani, anche quando non espressamente dichiarati o richiamati. La storia dice che la modernità politica è nata cristiana e ha sconfitto i nemici della società aperta con princìpi cristiani, anche quando ha preferito non dirlo esplicitamente, come accadde agli estensori della Carta di San Francisco che in tanto potettero scrivere quel testo in quanto smisero di discuterne le radici.E poi?
Poi è successo il cataclisma. È successo che, prima, i princìpi sono stati “staccati” dal cristianesimo su cui Locke li aveva fondati, e si è cercato di goderne i frutti senza più curarsi della pianta.
Il cataclisma descritto da Pera è avvenuto prima non poi: è il peccato originale della liberal democrazia, non fondata sul cristianesimo ma su un’eresia che ne è la sua contraffazione. I tralci erano già staccati dalla vite.
Torniamo a Popper, il quale sosteneva che sarebbe pleonastico fondare la liberal democrazia sul cristianesimo, perché
io penso che il liberalismo possa vivere senza la religione, ma deve cooperare, ovviamente, con tutti (La lezione di questo secolo, a cura di G. Bosetti, Marsilio, Venezia 1992, 42-43).
In realtà, il liberalismo può cooperare con tutti, ma non può convivere con l’unica religione vera, perché in aperta contraddizione con essa.
La convinzione di von Hayek è vera: non c’è alcuna speranza per la rinascita delle forze liberali, perché la frattura fra il vero liberalismo e la religione vera non potrà mai essere sanata, essendo un’impossibile quadratura del cerchio.
In conclusione, l’arma del suicidio dell’occidente è la laicità, ma la corda ed il sapone per l’impiccagione sono stati gentilmente forniti dal liberalismo, figlio dell’eresia protestante.
Andrea Mondinelli
Andrea Mondinelli
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1. https://vanthuanobservatory.com/2024/02/06/larma-del-suicidio-delloccidente-la-laicita/
2. Rm 13,13. http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2024/02/la-liberta-religiosa-spina-nella-carne.html
4. Il cardinale Ernesto Ruffini (1888-1967) sottolineò che se uno Stato non avesse il diritto di concedere trattamenti particolari a nessuna religione, allora gli accordi pontifici con Italia, Portogallo, Spagna e Repubblica Dominicana avrebbero richiesto una revisione [“Il Reno si getta nel Tevere” Raplh M. Wiltgen pag.188]. Così avvenne in Italia con la revisione del Concordato del 1984: In relazione all'Art. 1 Si considera non più in vigore il principio, originariamente richiamato dai Patti lateranensi, della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano.
5. 4 Restate in me, ed io resterò in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se medesimo, se non rimane nella vite, così neppure voi se non rimanete in me. 5 Io sono la vite, e voi i tralci. Colui che rimane in me e io in lui, porta abbondanti frutti, perché, senza di me, non potete far nulla. 6 Chi non rimane in me, è gettato via come tralcio che inaridisce, e viene poi raccolto e gettato ad ardere nel fuoco. [Giovanni, 15,4-6]
6. La sacra Liturgia è pertanto il culto pubblico che il nostro Redentore rende al Padre, come Capo della Chiesa, ed è il culto che la società dei fedeli rende al suo Capo e, per mezzo di Lui, all'Eterno Padre: è, per dirla in breve, il culto integrale del Corpo mistico di Gesù Cristo, cioè del Capo e delle sue membra. L'azione liturgica ha inizio con la fondazione stessa della Chiesa [Enciclica Mediator Dei – Pio XII, 1947].
7. Tornando alla parabola della nota 4, ricordiamo che Gesù è la vite e la Chiesa cattolica è il Corpo mistico di Cristo.
8. Tutti i Test Act sono stati aboliti solamente negli anni 20 del XIX secolo.
9. Sono convinto che, se la frattura fra il vero liberalismo e le convinzioni religiose non sarà sanata, non ci sarà alcuna speranza per la rinascita delle forze liberali (Friederich von Hayek, 1947).
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Nota di Chiesa e post-concilio
(vedi anche, per completezza, l'intervento di Historicus nella discussione sulla pagina del blog su cui è stato pubblicato l'intervento di Marcello Pera)
A proposito della separazione tra Stato e Chiesa.
(vedi anche, per completezza, l'intervento di Historicus nella discussione sulla pagina del blog su cui è stato pubblicato l'intervento di Marcello Pera)
A proposito della separazione tra Stato e Chiesa.
1. L'articolo di Res Novae sulla libertà religiosa e il presente intervento del Sen. Marcello Pera, ripropongono il problema del rapporto tra Stato e Chiesa. Di fatto, nella nostra laica democrazia, è diventata prevalente la separazione, approvata, in nome di una supposta "sana laicità", anche da parte della Chiesa "riformata" dal Concilio. La rappresentazione comune intende pertanto che il cavourriano "libera Chiesa in libero Stato" sia stato sempre prevalente in Italia a partire dalla costituzione dello Stato liberale unitario, che aveva abolito il potere temporale dei Papi.
Andando a rivedere le patrie storie, tuttavia, si nota che le cose sono un po' più complicate.
L'Italia sabauda era uno Stato retto dallo Statuto Albertino, la costituzione concessa da re Carlo Alberto l'8.2.1848. L'art. 1 recitava: "La religione cattolica apostolica romana è la sola religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi". Lo Stato era dunque confessionale. La tesi liberale di Cavour, "libera Chiesa in libero Stato", istituente la separazione, contraddiceva questa confessionalità. La contraddizione si approfondì quando andò la Sinistra al potere, nel 1876. Essa cercò di trasformare il contrasto con la Chiesa per le questioni temporali in una lotta contro la religione cattolica in quanto tale. Così si introdusse il matrimonio civile quale unico riconosciuto dalla legge dello Stato mentre fallì il tentativo di introdurre il divorzio, anche per l'opposizione del re. Si creò inoltre un clima culturale fortemente anticlericale, anche della più bassa lega, tanto da provocare reazioni anche da parte laica, in particolare contro la massoneria, considerata la maggior responsabile di questo clima.
Ma con il fascismo al potere le cose cambiarono nel senso che Mussolini negò validità alla "separazione", nell'ambito della sua politica di riconciliazione con la Chiesa. In tal modo, lo Stato monarchico ora fascista (uno strano ibrido, a ben vedere, che tuttavia funzionò sino al '37-38) ricondusse lo Stato unitario ai suoi fondamenti confessionali, ridando effettivo valore all'art. 1 dello Statuto Albertino, sempre in vigore. Unica differenza: i culti "tollerati" venivano ora chiamati "ammessi".
Mussolini lo proclamò più volte, che lo Stato fascista era e voleva essere cattolico, sia pure, ovviamente, cattolico a modo suo, professante cioè un cattolicesimo del tutto ortodosso ma integrante il (bellicoso) culto della Patria caratterizzante il regime.
Credo pertanto sia di un certo interesse rileggere gli argomenti contro la separazione tra Stato e Chiesa esposti da Mussolini quando alla Camera replicò alle critiche all'appena avvenuta Conciliazione.
2. La separazione tra Stato e Chiesa - sua negazione da parte di
Mussolini alla Camera, nel discorso del 13 maggio 1929.
"Ho molto riflettuto su questa formula ["libera Chiesa in libero Stato"]; ma io credo che lo stesso Cavour non si rendesse conto che cosa, in realtà, questa formula potesse significare. Libera Chiesa in libero Stato: Ma è possibile? Nelle nazioni cattoliche, no. Le nazioni protestanti hanno risolto il problema, facendo in modo che il Capo dello Stato sia anche il Capo della loro religione, e hanno costituito la Chiesa nazionale. V'è un solo paese tra quelli di razza bianca, dove la formula cavouriana sembra aver trovato la sua applicazione: gli Stati Uniti. Là veramente lo Stato è libero e sovrano e le Chiese sono libere, ma perché? Perché, come ha detto uno studioso di questi problemi, negli Stati Uniti c'è un polverìo di religoni per cui lo Stato non ne può scegliere nessuna, né proteggerne alcuna. Io credo, invece, che Cavour volesse intendere che lo Stato dovesse essere libero completamente e sovrano in quelle che sono le proprie attribuzioni, non soltanto però di ordine materiale pratico, come si vorrebbe dare ad intendere - e su ciò torneremo tra poco - e che la Chiesa dovesse essere libera per il suo magistero e per la sua missione pastorale e spirituale.
Non si può pensare una separazione nettissima tra questi due enti, perché il cittadino è cattolico e il cattolico è cittadino. Bisogna dunque determinare i confini tra quelle che sono le materie miste. D'alra parte la lotta tra la Chiesa e lo Stato è millenaria: o è l'Imperatore che domina il Papa o è il Papa che domina l'Imperatore. Negli Stati moderni, negli Stati a solida organizzazione costituzionale moderna, dato lo sviluppo dei tempi, si preferisce vivere in regime di Concordato. Io credo che Cavour volesse appunto pensare a una siffatta soluzione del problema dei rapporti tra la Chiesa e lo Stato". (B. Mussolini, Discorsi, scelti da B. Giuliano, Zanichelli, Bologna, 1937, pp. 178-9).
Non è certo che Cavour la pensasse proprio così, questo è comunque un punto secondario. Regolando le "materie miste", nel Concordato lo Stato italiano (fascista) riconobbe il matrimonio religioso alla pari di quello civile e conferì al sacerdote celebrante la funzione di ufficiale dello Stato civile per la registrazione dello stesso. Una concessione enorme per la mentalità laica, che mandò in bestia l'antifascismo: si gridava che ora si tornava allo Stato confessionale, al peggior Medio Evo etc., morte al "clerico-fascismo". Inoltre, lo Stato fascista riconobbe la scuola privata cattolica e l'Università Cattolica di MIlano (già nel 1924) e fece altre importanti concessioni alla Chiesa e alla religione (sarebbe troppo lungo elencarle qui). Il tentativo laico e in particolare massonico di cacciare la religione cattolica dalla società negando innanzitutto riconoscimento al matrimonio cattolico e tentando di introdurre il divorzio fallì completamente grazie a Mussolini (che poi sposò anche in chiesa la moglie Rachele), al carattere "confessionale" ovvero cattolico del suo Stato.
Questo è stato un passaggio storicamente vitale per il popolo italiano, la cui importanza resta. Nonostante la disgraziata alleanza con Hitler, che dipese anche da una serie di circostanze esterne, il "totalitarismo" fascista, innanzitutto con la sua politica religiosa, si conferma nettamente diverso da quello nazista.
Si attende la gradita costruttiva replica del presidente Pera.
RispondiEliminaGrazie
Spero che qualcuno risponda perchè le mie sono due semplici deduzioni... da ex studente di Giurisprudenza (il mio mestiere di assicuratore non c'entra).
RispondiElimina1) Se la sovranità non deve appartenere al popolo e deve scendere dall'alto, ovviamente la forma di stato che risponde a tale requisito è una monarchia, forse non assoluta (mi viene in mente quella "costituzionale pura", in cui il governo risponde al Sovrano pur essendoci un parlamento che discute le leggi) ma sempre con il potere che discende da uno verso molti.
2) A meggior ragione, visto che "la Chiesa non fa politica" (ma è affermazione postconciliare o precedente?), i governanti devono essere guidati da essa, quindi vi deve essere una gerarchia.
Non è un caso che la restaurazione dello stato confessionale cattolico sia stata compiuta dal fascismo: già il suo organo ufficiale si chiamava Gerarchia (non ho mai potuto leggere cosa ci fosse dentro perchè le copie in possesso delle biblioteche pubbliche a Trieste e Gorizia furono distrutte dai titini o dai loro simpatizzanti nel 1945, la raccolta completa più vicina è a Padova), il fascismo credeva in questo principio.
Diversi giuristi (anche alcuni che ho avuto docenti) sostengono che oggi l'Italia non sia più uno stato confessionale propriamente detto ma al massimo uno stato "confessionista", che dà cioè preminenza a una religione ma non la professa ufficialmente nè men che meno obbliga i suoi dirigenti a professarla; p.es. il ministro Gianni Demichelis era metodista, il ministro Valdo Spini valdese, nè lo fa con i semplici cittadini, nè ancor meno discrimina chi non la professa.
Purtroppo devo oscillare fra due finestre perchè quella dei commenti è separata da quella del post, può essermi sfuggito qualcosa d'altro.
La democrazia e' una forma di governo accettata dalla Chiesa, per quanto meno perfetta, purche' si intenda che l' elezione e' solo una designazione , e che l'autorita' non viene dal basso, da chi designa, ma da Dio. Del resto anche i Cardinali designano il futuro Papa( se accetta) , ma l' Autorita' non viene certo da loro. Per quanto riguarda l'altra questione, la dottrina prevalente e' ( o almeno era 20 anni fa, quando ho scritto la tesi, ) per la laicita' dello Stato.
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RispondiEliminaCirca l'elogio del sen. Pera alla democrazia parlamentare britannica per aver attuato (a partire dalla rivoluzione "gloriosa" perché non violenta del 1688-89) un valido compromesso con la realtà in modo da evitare cadute di tipo giacobino, elogio peraltro tradizionale da parte del pensiero politico di tipo "liberale" in senso lato, - sarà opportuno ricordare un rilievo di Leone Trotsky, che cito a memoria.
Belli e giusti tutti questi omaggi al parlamentarismo borghese del Regno Unito, con le sue regole di fair play, la sua capacità di trovare soluzioni parlamentari ai conflitti sociali etc. Ma si dimentica, sottolineava Trotsky, che per arrivare a questo "equilibrio" un monarca è stato decapitato ad un crocicchio.
Si riferiva all'esecuzione di Carlo I Stuart, sconfitto dai parlamentari nella guerra civile (1645-1648) e condannato a morte da un Parlamento settario, condizionato dai Puritani di Cromwell.
In realtà, anche la rivoluzione inglese, la prima rivoluzione borghese, ebbe la sua fase "giacobina", rappresentata al culmine dall'esecuzione del re. La guerra civile inglese, che coronava decenni di torbidi e agitazioni sociali, durante i quali il settarismo protestante letteralmente si scatenò (il mondo sembrava "messo sottosopra", innanzitutto sul piano spirituale) fu feroce e sanguinosa, come quasi tutte le guerre civili. Si calcola che sia perito quasi il 10% della popolazione maschile inglese, una cifra molto alta, fra combattimenti e massacri.
Le leggi degli avvenimenti storici sembrano ferree, nel senso che si ripetono con deprimente regolarità.
È vero che gli inglesi trovarono poi una soluzione di compromesso nei conflitti sociali grazie al predominio dell'istituto parlamentare ma a questo giovò anche la scoperta dell'America, ossia la possibilità di far emigrare gli elementi estremisti nel Nuovo Mondo. Infatti, le colonie americane del Nord-Est del Paese furono fondate dai settari che se ne fuggivano dall'INghilterra (e anche dall'Olanda), praticamente calvinisti della spcecie più fanatica.
H.
“Poiché l'idea di nazione non è ciò che essa pensa di sé nel tempo, ma ciò che Dio pensa di lei nell'eternità (...) dobbiamo considerare l'umanità nella sua interezza, come un grande essere collettivo o organismo sociale, i cui membri viventi rappresentano le varie nazioni. Da questo punto di vista, è evidente che nessun popolo può vivere in se stesso, attraverso se stesso e per se stesso, ma la vita di ogni popolo rappresenta solo una certa partecipazione alla vita comune dell'umanità. La funzione organica, che è affidata a questa o quella nazione nella vita universale, è la sua vera idea nazionale, eternamente stabilita nel piano di Dio.”
RispondiEliminaVladimir Solov'ëv (1853-1900), L'idea russa, 1888
In sintesi, il diritto alla libertà religiosa riguarda solo la religione vera, quindi il diritto si configura come atto di giustizia. Invece, la libertà riguardo alle false religioni è tollerata come atto di carità nei confronti dell’errante.
RispondiEliminaMi ha colpito questo concetto. Sarebbe una giusta soluzione se chi aderisce ad un'altra religione fosse liberale nell'anima. Però noi siamo invasi da genti che professano una religione aggressiva e pertanto chiedo all'autore come pensa di convincerli che essa è falsa. Nel frattempo ritengo utile attenerci alla libertà di confessione religiosa. Il liberalismo sarà pure destinato alla sconfitta, ma ci permette di vivere con qualche comodità prima di soccombere.
RispondiEliminaL'Italia democratica non più Stato confessionale ma "confessionista"?
O non piuttosto uno Stato "ateo"?
Lo Stato fascista rivitalizzando il principio della confessionalità dello Stato (che non era però più lo Stato ottocentesco) eliminò la contraddizione che si era venuta a creare con l'unità d'Italia ossia la lotta tra Stato e Chiesa per le note questioni temporali, lotta che l'ala sinistra del movimento risorgimentale cercò di tramutare in un attacco alla religione cattolica in quanto tale. L'eliminò in questo senso: soluzione della Questione Romana e reintegrazione della Chiesa nella società (matrimonio concordatario, scuola e università cattoliche etc). Lasciamo stare il fatto che Mussolini abbia inizialmente agito per motivi soprattutto politici e la sua successiva involuzione a partire dalle fisime imperiali e razziali de noantri, per così dire.
Il rapporto Chiesa-Stato nella nostra democrazia è invece ambiguo, da quando, con la revisione degli Accordi Lateranensi del 1985, lo Stato italiano non pone più la religione cattolica come religione di Stato, in posizione di supremazia rispetto alle altre, pur riconosciute. Nella Costituzione, all'art. 7, si dice che i rapporti tra Stato e Chiesa sono regolati dai Patti Lateranensi, ma la modifica del 1985 ha tolto un tassello fondamentale alla costruzione dei Patti, anche se nell'insieme essi ancora reggono il tutto.
Grazie a questa modifica si può dire che lo Stato italiano democratico sia "confessionista", nel senso sopra visto? Direi piuttosto che lo Stato italiano è "aconfessionale" per non dire neutrale dal punto di vista religioso e quindi in sostanza a t e o , non riconoscendosi in alcuna religione e ponendosi al di fuori di ognuna.
La nostra democrazia rifiuta dal 1985 di affidarsi alla Provvidenza divina per esser protetta dai mali del Secolo.
Si dirà che questa democrazia deve esser chiamata "laica" più che "atea". Ma il laicismo rigoroso e coerente, che si traduce appunto nel rifiuto dell'avita religione cattolica quale religione dello Stato, nonché di ogni altra religione, che altro è se non ateismo?
Dio è scomparso dall'orizzonte politico-istituzionale di questo Stato.
H .
Oggi il termine "confessionista" è usato come sinonimo di "confessionale", ma una trentina d'anni fa e un po' più era usato per indicare un atteggiamento meno spinto di "confessionale", ossia uno stato che concede alcuni privilegi ad una religione ma senza imporla.
RispondiEliminaAlcuni ce ne sono ancora, adesso come adesso, che sono un po' stanco, mi vengono solo i cappellani militari, carcerari e ospedalieri solo cattolici, quantunque un pope, un rabbino, un pastore, un bramano, ecc. possano entrare liberamente in quelle istituzioni ove richiesti.
Quicquid delirant reges, plectuntur Achiui.
RispondiEliminaE d'ogni delirio di re,
gli Achei scontan la pena.
Orazio, seconda epistola del libro primo, verso 14.
"Il vero nodo della questione, che non è citato nella sua relazione, è da chi provenga non solo l’autorità dello Stato, ma qualsiasi autorità. La risposta della dottrina cattolica è chiara: « Ogni autorità viene da Dio ». Pertanto, lo Stato può essere indipendente dalla Chiesa, ma non autonomo".
RispondiEliminaLo Stato deve essere subordinato alla Chiesa, a dipendere dell'indipendenza, se cade nel manicheismo (nel caso dell'autonomia è certo), come diceva P. Matteo Liberatore, S.J.:
"«Certamente se altri è il creatore della Chiesa, altri il creatore dello Stato, e l’uomo riceve dall’un Principio l’ordinamento alla vita civile e dall’altro quello alla vita religiosa, niente di più naturale che i due fini siano disparati tra loro, e conseguentemente disparati i due poteri che ad essi muovono. Soltanto che, anche in tale ipotesi, identico sarebbe il soggetto sottoposto all’una e all’altra direzione, così, per evitare il contrasto di due opposti impulsi, che renderebbero impossibile il movimento, potrebbe introdursi un accordo, liberamente fatto tra i due motori, per mezzo di scambievoli concessioni; presso a poco nello stesso modo che nel Manicheismo alcuni opinarono essere intervenuto tra il Principio buono ed il Principio cattivo una specie di trattato, acciocché gli effetti dell’uno non distruggessero interamente gli effetti dell’altro.
All’opposto se uno è il Principio di tutto il creato, come c’insegna la ragione e la fede, Unus est altissimus Creator omnipotens, la posizione liberale, nonché quella moderata, non può sussistere. Se uno è Dio, uno è l'ordinamento dell’universo, uno il fine supremo della creazione. Questo fine non può essere altro che il più sublime, rispetto all’ordinante, il più benefico, rispetto agli ordinati; il che non può essere altro se non la glorificazione di Dio e la beatitudine eterna delle creature razionali. Questo appunto è il fine a cui guida la Chiesa. La Chiesa dunque non solamente è società perfetta (non potendo non essere perfetta quella società che guida al perfettissimo dei beni), ma ancora è società tra tutte suprema, perché il suo fine è supremo. Al detto fine conviene che sia subordinato ogni altro fine inferiore: se è vero che i beni secondarii, rispetto al sommo, han ragione di mezzi, e che i mezzi son subordinati al fine. Da ciò segue con irrepugnabile evidenza che ogni altra società, quale che sia, deve sottostare alla Chiesa, e da lei ricevere norma ed indirizzo. Per quanto dunque voglia magnificarsi lo Stato, per quanto se ne esageri l’eccellenza, la sua subordinazione alla Chiesa non può evitarsi: se pur non vogliasi trasformare esso Stato in Chiesa, ed elevare a Pontefice il governante politico. Ma per fare ciò, bisognerebbe accettare la storpiatura dell’eresia anglicana o dello scisma russo, e mostrare che nel Vangelo non a Pietro ma a Tiberio furon dirette quelle parole di Cristo: “Pasci le mie pecorelle” “Te costituisco fondamento della mia Chiesa”». (Padre Matteo Liberatore, S.J., Condizione della Chiesa rispetto allo Stato).
E:
"Nella quinta lettera torna sull'idea del doversi procurare il progresso sociale indipendentemente dalla Chiesa, e della riforma della Gerarchia. Calunnia la Chiesa di esser legata all'assolutismo ed obbliar la causa de' popoli; perchè la causa de' popoli, secondo lui, consiste nella libertà sconfinata e senza legge. Sottrae lo Stato da ogni subordinazione alla Chiesa, inducendo una specie di manicheismo sociale. Infine mostra di professare un cristianesimo vago, appoggiato alle grandi idee, definite dal suo privato cervello". IL MODERNISMO OSSIA LA RIVOLUZIONE, R.P. Matteo Liberatore d.C.d.G. - http://associazione-legittimista-italica.blogspot.com/2014/11/rp-matteo-liberatore-dcdg-il-modernismo.html
Ringrazio Gederson Falcometa per la precisazione che condivido in toto, come si può comprendere anche dal resto dello scritto.
RispondiEliminaQuello che intendevo dire in quella frase non troppo felice è che il governo dello Stato può essere affidato a uomini non appartenenti alla gerarchia ecclesiastica.
Grazie ancora
Andrea Mondinelli
L'atto di fede nell'insegnamento del CVII sulla libertà religiosa è metafisicamente impossibile, in quanto contraddice la Rivelazione. Non si può credere nell'unica vera religione rivelata, quella cristiana cattolica, e contemporaneamente credere nel principio della libertà religiosa.
RispondiEliminaGz