Pagine fisse in evidenza

martedì 3 settembre 2024

Ciò che il fuoco e la spada non possono disfare. Gli antenati classici della poesia medievale.

Nella nostra traduzione da Via Mediaevalis continuiamo la nostra esplorazione nell'arte poetica del tempo (precedenti qui - qui). Seguiamo l'appassionato Autore che prende in considerazione gli scrittori antichi non biblici che hanno ispirato i poeti medievali. Abbiamo una interessante dimostrazione di come la nostra civiltà europea ha fecondato tutto l'Occidente anche quello atlantico, da cui riceviamo elementi di ritorno in un momento di forte obnubilamento. quando non rinnegamento. in casa nostra...

Ciò che il fuoco e la spada non possono disfare 
Gli antenati classici della poesia medievale.
Robert Keim 1 settembre

Continuiamo la nostra introduzione alla poesia medievale e, dopo aver esplorato la natura dell'arte poetica e la preminenza dei Salmi, siamo pronti a prendere in considerazione gli scrittori antichi non biblici che hanno ispirato i poeti medievali. Questa discussione è un preludio essenziale allo studio della poesia medievale in sé, perché ci aiuta a ricordare qualcosa di cruciale: la poesia nel Medioevo non riguardava principalmente innovazione, originalità o sperimentazione. Questi non erano valori medievali di spicco in generale, ma si potrebbe pensare che la poesia fosse un'eccezione, poiché l'esperienza poetica nella cultura moderna e postmoderna sembra ruotare attorno a un nucleo amorfo composto in gran parte da innovazione, originalità e sperimentazione. Possiamo riflettere, come uno degli innumerevoli esempi, sulle tre strofe finali di "Morning Song" (pubblicato nel 1960):
Per tutta la notte il tuo respiro di falena
tremola fra le piatte rose rosa. Veglio per ascoltare:
un mare lontano si muove nel mio orecchio.

Un grido, e scendo dal letto incespicando, pesante come una mucca
e floreale nella mia camicia da notte vittoriana.
La tua bocca si apre pulita come quella di un gatto.

Il riquadro della finestra s’imbianca e inghiotte le sue opache stelle.
E ora tu provi la tua manciata di note;
le vocali chiare salgono come palloncini.
Questo è stato scritto da Sylvia Plath, che la Poetry Foundation descrive come "una delle poetesse più dinamiche e ammirate del XX secolo". Non esprimo alcun giudizio sui suoi versi o sul suo talento; la poveretta si è suicidata in modo inquietante all'età di 30 anni, quindi alla fine qualsiasi fama abbia potuto raggiungere è stata poco invidiabile. Inoltre, non lo sto evidenziando come un esempio di poesia moderna eccessivamente sperimentale. In effetti, secondo gli standard del XX secolo è piuttosto tradizionale, non è completamente incomprensibile e l'intera poesia mantiene uno schema piacevolmente regolare di strofe di tre versi. 

Possiamo trovare qualcosa di un po' più "originale" o "innovativo" nell'opera di Ezra Pound, un altro famoso poeta del XX secolo:
"Lo spettro di queste facce nella folla: petali sullo scuro ramo, bagnato."

I meriti e i demeriti della poesia modernista sono un argomento per un altra occasione. Il mio intento qui è sottolineare che l'ethos poetico moderno, preoccupato com'è di liberarsi delle tradizioni formali e tematiche della letteratura occidentale, era completamente estraneo alla cultura medievale. Ciò non significa che i poeti medievali evitassero la creatività; la stessa parola "poesia" (poema in latino) deriva dal greco poiein, che significa "fare" o "creare". Molto tempo fa, i poeti inglesi erano chiamati "makers" e persino la parola inglese antico per "poeta", scop, potrebbe essere correlata al verbo scieppan, che significa "modellare" o "fare".

Il poeta come “modellatore” è un'analogia appropriata per la poesia medievale; questo termine antiquato ma utile suggerisce non tanto la poesia in sé quanto l'arte di produrre poesia. Nelle parole di Ben Jonson, un drammaturgo del diciassettesimo secolo la cui fama era un tempo seconda solo a quella di Shakespeare, “Una poesia … è l'opera del poeta, il fine e il frutto del suo lavoro e studio. La poesia è la sua abilità o mestiere di creare”.

I poeti del Medioevo non tentarono di creare ex nihilo, come fece Dio. Né si abbandonarono a esperimenti letterari che hanno più probabilità di produrre un mostro che un capolavoro. Né crearono versi smantellando i manufatti del passato e riassemblandoli in qualcosa di "diverso da qualsiasi cosa il mondo abbia mai visto", per prendere in prestito uno dei riconoscimenti abusati della modernità. Piuttosto, accolsero le opere del passato e le rimodellarono in poesie che risuonavano con l'estetica, le lingue, gli ideali, le esperienze e la spiritualità di una civiltà completamente feudale e cristiana. La poesia medievale era un matrimonio di creatività e rispetto per la tradizione. Equilibrava i poteri dell'immaginazione con la riverenza per le realtà storiche dell'antichità. Era "simile a un capofamiglia che tira fuori dal suo tesoro cose nuove e vecchie".
Quello è Omero, Poeta sovrano;
Il successivo è Orazio, il satirico;
Il terzo è Ovidio e l'ultimo è Lucano.
Questa strofa del quarto canto dell'Inferno di Dante è un buon riassunto dell'influenza classica sulla poesia medievale, con due avvertenze: in primo luogo, l'autore più importante di questo gruppo, Virgilio, non è menzionato, perché è Virgilio a pronunciare i versi. In secondo luogo, l'influenza di Omero è stata forte ma indiretta. I testi greci antichi sono quasi del tutto scomparsi dalla scena letteraria dell'Europa occidentale durante il Medioevo. Dante conosceva Omero ma non sapeva leggere le sue opere, che erano scritte in una lingua che non capiva e non erano disponibili in traduzione.(1) Ma la competenza in latino era diffusa tra la classe colta, e questo ha portato il venerabile corpus della poesia romana, letto e apprezzato nella sua lingua originale, nientemeno, a stretto contatto con la cultura medievale.

Dante e Virgilio incontrano i quattro poeti pagani, da un manoscritto italiano del XIV secolo che per qualche motivo ha perso molta vernice.

In questo saggio ci concentreremo su Virgilio e Ovidio, e più specificamente, sui loro più importanti successi letterari: l' Eneide e le Metamorfosi. Se dovessimo scegliere i due testi classici che hanno lasciato l'impronta più profonda sulla poetica medievale, ritengo che dovrebbero essere questi.

Virgilio scrisse l' Eneide nel primo secolo a.C. Racconta il viaggio del suo eroe Enea fuori dalla sconfitta Troia, verso la Sicilia e Cartagine, di nuovo in Sicilia e infine verso nord, nell'Italia occidentale, dove fondò una città che non era Roma stessa, ma era un'antenata della civiltà romana. Sant'Agostino, la cui vita e il cui pensiero furono fecondi per la cultura medievale, conosceva bene l' Eneide e la usò come cornice allegorica per il viaggio spirituale che lo portò al cristianesimo:
Fui costretto a imparare i vagabondaggi di Enea, e tuttavia ero dimentico dei miei stessi vagabondaggi. Imparai a piangere per la morte di Didone, perché si uccise per amore, mentre in mezzo a queste cose ero infelice e morente, separato da Te, mio Dio e mia Vita, e non versavo lacrime per me stesso.(2)
L' Eneide univa l'eccellenza dello stile alla profondità e toccante efficacia del contenuto. Virgilio era il rinomato maestro del verso latino finemente elaborato e il suo eroe era il romano per eccellenza, un uomo di suprema pietas, che significava molto più della pietà religiosa. La pietas romana era lealtà, fedeltà al proprio dovere, gratitudine ai propri genitori, amore per la propria patria. L'Eneide ha dato agli scrittori del Medioevo un esempio memorabile e avvincente di poesia nella sua migliore espressione: una scrittura fantasiosa ma tradizionale in cui buone azioni e vere idee sono arricchite da un bel linguaggio. La sua centralità nella letteratura medievale difficilmente può essere sopravvalutata; come ha espresso il medievalista e professore Justin Haynes,
Virgilio è un punto focale ideale per esplorare l'immaginario medievale perché la sua opera... ha plasmato ogni mente colta dalla tarda antichità al Rinascimento.
L'Eneide non ha perso validità e interesse di lettura, come un viaggio epico attraverso le origini leggendarie di Roma e della romanitas, come approfondimento della civiltà medievale o anche solo per divertimento. Una delle migliori traduzioni in inglese mai realizzate (e ne ho provate parecchie) è disponibile gratuitamente su Google Books.

Didone piange mentre Enea parte da Cartagine; XVI secolo. (immagine a lato)

Le Metamorfosi di Ovidio sono una raccolta di miti classici in cui molti racconti separati sono intrecciati insieme da un filo tematico che dà il nome al poema: metamorfosi, o ciò che più comunemente chiameremmo trasformazione. Vorrei andare oltre, tuttavia, e dire che la trasformazione è più di un semplice leitmotiv in questo poema: le Metamorfosi sono una vivida, notevolmente diversificata, retoricamente magnifica rappresentazione della vita umana come fondamentalmente una storia di trasformazione :
In tutto il mondo non esiste nulla che stia immobile.
Le cose vanno e vengono: e ogni forma è destinata a passare.(3)  /
[E nulla perisce nell'immenso universo, credete a me, ma ogni cosa cambia e assume un aspetto nuovo [traduzione più fedele -ndT]. 
Sebbene si trattasse di un poema appassionato e a volte audace, le Metamorfosi furono lette e studiate con entusiasmo da monaci medievali, insegnanti, studenti e cortigiani di tutta l'Europa occidentale. Fu un incantevole caso di studio sulla grammatica latina, un esempio di superbo stile poetico e un vasto tesoro di storie deliziose da moralizzare e spiritualizzare attraverso interpretazioni allegoriche.
Apollo e Dafne di Bernini. 
Questo mito è incluso nel primo libro delle Metamorfosi. La poesia, intesa in senso lato, era ovunque nell'Europa medievale, non solo nelle opere letterarie formali, ma anche nella preghiera, nel culto pubblico, nell'architettura, nelle arti visive, nella cultura popolare, nell'agricoltura, nel dramma religioso, negli incontri sociali e negli intrattenimenti di corte. 

Forse Ovidio contribuì a questa disposizione profondamente poetica; forse le Metamorfosi aiutarono lettori, artisti, studiosi e santi del Medioevo a credere che solo attraverso la poesia si possano condividere i momenti più nobili, i più grandi misteri, le verità più elevate e gli amori più profondi della vita umana. 
Perché alla fine dell'ultimo libro del poema, dopo quasi dodicimila versi in cui "ogni forma è fatta per passare", Ovidio ci rivela una cosa che non passa. È la poesia stessa :
E ora ho compiuto un grande lavoro,
che non l'ira di Giove, né il fuoco, né la spada,
né la divoratrice vecchiaia può disfare.
Quando sarà, lascia che quel giorno...
che solo su questo corpo ha potere—
lascia che quel giorno porti fine per me
all'incerta durata della vita.
Nella mia parte migliore, tuttavia, io, immortale,
sarò portato sopra le stelle in alto,
e il mio nome non morirà mai.
______________________
1. La cosa più vicina a una versione latina dei poemi epici di Omero era l'Iliade Latina. Non l'ho mai letta; ecco una descrizione di Eleanor Dickey, professoressa di classici all'Università di Reading: "Scritta probabilmente da un certo Baebius Italicus durante il regno di Nerone, questa breve traduzione latina dell'Iliade è essenzialmente di stile classico, con molti idiomi virgiliani e ovidiani. Una riduzione dell'intera Iliade [che era lunga oltre 15.000 versi] a 1070 versi inevitabilmente si legge come un riassunto e manca della maggior parte della profondità dell'originale... Poiché durante il Medioevo la versione di Baebius piuttosto che quella di Omero era l' Iliade conosciuta nell'Europa occidentale, le scelte di Baebius hanno avuto un impatto significativo sulla storia dei miti troiani" ( fonte ). 
2. Confessioni, I.13. 
3. Vedi Libro 15; traduzione adattata da quella di Arthur Golding, pubblicata nel 1567.

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
_____________________
A I U T A T E, anche con poco, l'impegno di Chiesa e Post-concilio anche per le traduzioni
(ora che sono sola ne ho più bisogno)
IBAN - Maria Guarini
IT66Z0200805134000103529621
Codice BIC SWIFT : UNCRITM1731

2 commenti:

  1. A proposito di medioevo03 settembre, 2024 20:20

    Tutto fu il Medioevo, tranne che "secoli bui"...
    Neppure ostile alla donna: i nomi e le storie di Matilde di Canossa, Eleonora d’Aquitania, Bianca di Castiglia o Ildegarda di Bingen lo dimostrano.
    Altro che la Ursula van der Leyen , Cristine Lagard , la Boldrini, la Cirinnà o la Bonini.

    Donna è Santa Giovanna D'Arco, che a QUATTORDICI ANNI GUIDA UN ESERCITO, La donna è Beatrice, Laura, Fiamma, la Donna è Santa Caterina da Siena, la Donna è Sant'Elena l'archeologa che trovò la Croce di Cristo, la Scala Santa, i Chiodi, la Corona di spine, la Donna è Santa Caterina di Svezia che salvò Roma, la Donna è Santa Brigida di Svezia, la donna è la regina Eleonora moglie di Federico III che fece costruire le chiese più belle d'europa.

    RispondiElimina
  2. Molto bello questo scorcio culturale. Bisognerebbe continuare nonostante la scarsa partecipazione nei commenti. Credo che interessi il contenuto e non sia semplice per tutti intervenire.

    RispondiElimina

I commenti vengono pubblicati solo dopo l'approvazione di uno dei moderatori del blog.