Sant’Ambrogio, la lezione di un grande Vescovo
Aurelio Porfiri
Quando parliamo di Padri della Chiesa, parliamo di persone che provengono da ogni ambito della vita. Alcuni di loro hanno contribuito allo sviluppo della dottrina cristiana, altri hanno offerto un contributo più pastorale, altri sono stati grandi uomini di fede, tanto da essere canonizzati dalla Chiesa. Uno dei giganti del cristianesimo è certamente Sant'Ambrogio (337-397). Molte persone lo conoscono solo in riferimento a un altro altro gigante, Sant'Agostino, perché il vescovo Ambrogio è stato determinante nella conversione di Agostino. Ma in realtà c'è molto di più in lui da dire. Era, come Gregorio di Nazianzo, Gregorio di Nissa e Basilio, un forte oppositore dell'arianesimo, un'eresia che ha veramente sconvolto la Chiesa nei primi secoli.
Veniva da una ricca famiglia cristiana. La sua storia è piuttosto singolare perché all'inizio assunse una responsabilità politica, essendo il governatore di alcune regioni, ma alla morte del vescovo di Milano, che era a favore dell'arianesimo, la gente lo acclamò come il nuovo vescovo, e per questo motivo fu ordinato sacerdote e poi consacrato vescovo il 7 dicembre dell’anno 374.
Donò la maggior parte della sua ricchezza ai poveri. Con l'obiettivo di convertire più persone alla vera fede, ha anche studiato attentamente la Scrittura e i padri della Chiesa, così da poter conquistare il più possibile le persone alla verità (incluso Agostino), quando in precedenza le stesse erano in balia dell'errore. Scriverà molte opere, soprattutto testi esegetici.
È anche conosciuto come il padre dell'innodia latina, essendo attribuita a lui la creazione di alcuni inni per i fedeli che erano sotto forte persecuzione per il motivo di mantenere la loro fede ortodossa. Sarebbe bello anche oggi avere scrittori di inni che attraverso la composizione degli stessi possano aiutare le persone a non lasciarsi fuorviare dalla retta via. Uno dei suoi più famosi inni fu l'inno mattutino Splendor Paternae Gloriae. Comincia così:
"Splendor paternae gloriae, luce lucem proferens, lux lucis et fons luminis, diem dies illuminans" (O splendore della gloria radiante di Dio, O Tu che porti luce dalla luce, O Luce di Luce, la Fonte Vivente della luce, O giorno, che illumina tutti i giorni).
Benedetto XVI, nella sua udienza generale del 24 ottobre 2007, così aveva detto di questo grande santo:
"Cari fratelli e sorelle, vorrei proporvi ancora una sorta di «icona patristica» che, interpretata alla luce di quello che abbiamo detto, rappresenta efficacemente «il cuore» della dottrina ambrosiana. Nel sesto libro delle Confessioni Agostino racconta del suo incontro con Ambrogio, un incontro certamente di grande importanza nella storia della Chiesa. Egli scrive testualmente che, quando si recava dal Vescovo di Milano, lo trovava regolarmente impegnato con catervae di persone piene di problemi, per le cui necessità egli si prodigava. C’era sempre una lunga fila che aspettava di parlare con Ambrogio per trovare da lui consolazione e speranza. Quando Ambrogio non era con loro, con la gente (e questo accadeva per lo spazio di pochissimo tempo), o ristorava il corpo con il cibo necessario, o alimentava lo spirito con le letture. Qui Agostino fa le sue meraviglie, perché Ambrogio leggeva le Scritture a bocca chiusa, solo con gli occhi (cfr Confessioni 6,3). Di fatto, nei primi secoli cristiani la lettura era strettamente concepita ai fini della proclamazione, e il leggere ad alta voce facilitava la comprensione pure a chi leggeva. Che Ambrogio potesse scorrere le pagine con gli occhi soltanto, segnala ad Agostino ammirato una capacità singolare di lettura e di familiarità con le Scritture. Ebbene, in quella «lettura a fior di labbra», dove il cuore si impegna a raggiungere l’intelligenza della Parola di Dio – ecco «l’icona» di cui andiamo parlando –, si può intravedere il metodo della catechesi ambrosiana: è la Scrittura stessa, intimamente assimilata, a suggerire i contenuti da annunciare per condurre alla conversione dei cuori. Così, stando al magistero di Ambrogio e di Agostino, la catechesi è inseparabile dalla testimonianza di vita. Può servire anche per il catechista ciò che ho scritto nella Introduzione al cristianesimo, a proposito del teologo. Chi educa alla fede non può rischiare di apparire una specie di clown, che recita una parte «per mestiere». Piuttosto – per usare un’immagine cara a Origene, scrittore particolarmente apprezzato da Ambrogio – egli deve essere come il discepolo amato, che ha poggiato il capo sul cuore del Maestro, e lì ha appreso il modo di pensare, di parlare, di agire. Alla fine di tutto, il vero discepolo è colui che annuncia il Vangelo nel modo più credibile ed efficace".
È molto importante riflettere su queste parole di Benedetto XVI, che ci chiamano, come per Ambrogio, ad essere coerenti con la nostra fede, almeno riconoscendo le nostre indegnità. Il Papa continuava:
"Come l’apostolo Giovanni, il Vescovo Ambrogio – che mai si stancava di ripetere: «Omnia Christus est nobis! – Cristo è tutto per noi!» – rimane un autentico testimone del Signore. Con le sue stesse parole, piene d’amore per Gesù, concludiamo così la nostra catechesi: «Omnia Christus est nobis! Se vuoi curare una ferita, Egli è il medico; se sei riarso dalla febbre, Egli è la fonte; se sei oppresso dall’iniquità, Egli è la giustizia; se hai bisogno di aiuto, Egli è la forza; se temi la morte, Egli è la vita; se desideri il cielo, Egli è la via; se sei nelle tenebre, Egli è la luce ... Gustate e vedete come è buono il Signore: beato è l’uomo che spera in Lui!» (La verginità 16,99). Speriamo anche noi in Cristo. Saremo così beati e vivremo nella pace".
Sì, questa è la grande lezione di questo santo: mettiamo nelle mani del Signore le nostre preoccupazioni e problemi e lui saprà come renderle più leggere.
Raccogli l'acqua di Cristo, quell'acqua che loda il Signore. Raccogli da più luoghi l'acqua che lasciano cadere le nubi dei profeti. Chi raccoglie acqua dalle montagne e la convoglia verso di sé, o attinge alle sorgenti, lui pure, come le nubi, la riversa su altri. Riempine dunque il fondo della tua anima, perché il tuo terreno sia innaffiato e irrigato da proprie sorgenti. Si riempie chi legge molto e penetra il senso di ciò che legge; e chi si è riempito può irrigare altri. La Scrittura dice: "Se le nubi sono piene di acqua, la rovesciano sopra la terra" (Qo 11,3).
RispondiEliminaI tuoi sermoni siano fluenti, puri, cristallini, sì che il tuo insegnamento morale suoni dolce alle orecchie della gente e la grazia delle tue parole conquisti gli ascoltatori perché ti seguano docilmente dove tu li conduci. Il tuo dire sia pieno di sapienza. Anche Salomone afferma: Le labbra del sapiente sono le armi della Sapienza, e altrove: Le tue labbra siano ben aderenti all'idea: vale a dire, l'esposizione dei tuoi discorsi sia lucida, splenda chiaro il senso senza bisogno di spiegazioni aggiunte; il tuo discorso si sappia sostenere e difendere da se stesso e non esca da te parola vana o priva di senso.
Sant’Ambrogio
Voi pensate: i tempi sono pesanti, i tempi sono cattivi, i tempi sono difficili. Vivete bene. Cambierete i tempi.
RispondiEliminaSan Ambrogio
Perché la verità non è un concetto, un'idea, una filosofia. La verità è una persona. È Gesù Cristo il figlio di Dio.
RispondiEliminaS. AMBROGIO ad Agostino
Dedicato ai modernisti.
Provate a immaginare oggi l'arcivescovo di Milano che chieda penitenza e conversione al sindaco di Milano o a qualche leader politico di prima grandezza, scrive Mons. Viganò bella sua bella omelia per la festività di Sant'Ambrogio.
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