Ripropongo per i nuovi lettori, ma anche per il nostro approfondimento, testi che appartengono alla vena aurea dei tesori che La Catholica ci ha tramandato e che noi disseppelliamo per rimeditarli e perché non siano consegnati all'oblìo e continuino a nutrire anche questa generazione e quelle che verranno. Di seguito trovate Dominica secunda adventus e La Pratica dell'Avvento.
Richiamo:
Dominica prima Adventus e La Mistica dell'Avvento, dom Prosper Guéranger [qui];
Dominica prima Adventus e La Storia dell'avvento [qui];
Altri precedenti: Tempore Adventus [qui]; Nell'Avvento viviamo l'innocenza e l’eterna infanzia di Dio [qui] ; È di nuovo Avvento [qui].
Intróitus
Is. 30, 30 - Pópulus Sion, ecce Dóminus véniet ad salvándas géntes: et audítam fáciet Dóminus glóriam vocis suæ in lætítia cordis vestri. Ps. 79, 2 - Qui regis Israël, inténde:qui dedúcis, velut ovem, Ioseph. Glória Patri…Is. 30, 30 - Pópulus Sion, ecce Dóminus… | Popolo di Sion, ecco il Signore verrà a salvare tutte le genti: il Signore farà udire la gloria della sua voce inondando di letizia i vostri cuori. Ascolta, tu che reggi Israele, tu che guidi Giuseppe come un gregge. Gloria al Padre… Popolo di Sion, ecco il Signore… |
L'Ufficio di questa Domenica è tutto pieno dei sentimenti di speranza e di gaudio che dà all'anima fedele il lieto annunzio del prossimo arrivo di colui che è il Salvatore e lo Sposo. La Venuta interiore, quella che si opera nelle anime, è l'oggetto quasi esclusivo delle preghiere della Chiesa in questo giorno: apriamo dunque i nostri cuori, prepariamo le nostre lampade, aspettiamo nella letizia quel grido che si farà sentire nel mezzo della notte: Gloria a Dio! Pace agli uomini!
La Chiesa Romana fa in questo giorno Stazione alla Basilica di S. Croce in Gerusalemme. In questa venerabile Chiesa, Costantino depose una parte considerevole della vera Croce, e il titolo che vi fu affisso per ordine di Pilato, e che proclamava la regalità del Salvatore degli uomini. Vi si conservano ancora quelle preziose reliquie; e, arricchita di sì glorioso deposito, la Basilica di S. Croce in Gerusalemme è considerata dalla Liturgia Romana, come Gerusalemme stessa, come si può vedere dalle allusioni che presentano le diverse Messe delle Stazioni che vi si celebrano. Nel linguaggio delle sacre Scritture e della Chiesa, Gerusalemme è il tipo dell'anima fedele; questo è anche il pensiero fondamentale che ha presieduto alla composizione dell'Ufficio e della Messa di questa Domenica. Ci dispiace di non poter svolgere qui tutto il magnifico argomento, e ci affrettiamo ad aprire il Profeta Isaia,e a leggervi, con la Chiesa, il passo da cui essa attinge oggi il motivo delle proprie speranze nel regno dolce e pacifico del Messia.
Lettura del Profeta Isaia
Il Messia sorge, animato dallo Spirito di Dio. Sua giustizia.
Spunterà un rampollo dal trono di Jesse,
e un pollone germoglierà dalle radici di lui.
Si poserà sopra di esso lo spirito del Signore,
spirito di saviezza e di discernimento,
spirito di consiglio e di fortezza,
spirito di conoscenza e timor di Dio
e nel timor del Signore è la sua ispirazione.
Non secondo l'apparenza farà giustizia,
né darà sentenza secondo che sente dire,
ma con equità farà giustizia ai miseri
e sentenzierà con rettitudine per gli umili del paese;
darà addosso al violento con la verga della sua bocca
e col soffio delle sue labbra darà morte al malvagio.
Avrà giustizia per cintura ai lombi
e lealtà per fascia ai fianchi.
Staranno insieme il lupo e l'agnello
e il pardo accanto al capretto si metterà a giacere;
il giovenco e il leoncello pascoleranno insieme
e un piccol fanciullo li menerà;
la vacca e l'orso si faranno compagnia
e insieme si accovacceranno i loro nati,
il leone e il bue del pari mangeranno paglia;
il lattante si trastullerà alla buca dell'aspide
e nel covo della vipera uno spoppato porrà la mano.
Non faranno male né guasto alcuno
in tutto il mio santo monte
perché la conoscenza del Signore empierà la terra,
come le acque ricopriranno il mare.
In quel tempo al rampollo di Jesse, eretto a segnale per i popoli
si volgeranno ansiose le genti
e la sua sede sarà cinta di gloria. (Is 11,1-10)
Quante cose in queste magnifiche parole del Profeta! Il Ramo; il Fiore che ne spunta; lo Spirito che si posa su quel fiore; i sette doni dello Spirito; la pace e la sicurezza ristabilite sulla terra; una fraternità universale nell'impero del Messia. San Girolamo, dal quale la Chiesa attinge oggi le parole nelle Lezioni del secondo Notturno, ci dice "che questo Ramo senza alcun nodo che spunta dal tronco di Jesse è la Vergine Maria, e che il Fiore è lo stesso Salvatore, il quale ha detto nel Cantico: Io sono il fiore dei campi e il giglio delle valli". Tutti i secoli cristiani hanno celebrato con trasporto il Ramo meraviglioso e il suo Fiore divino. Nel Medioevo, l'Albero di Jesse copriva con i suoi profetici rami il portale delle Cattedrali, scintillava sulle vetrate, si spandeva in ricami sugli ornamenti del santuario e la voce melodiosa dei sacerdoti cantava il dolce Responsorio composto da Fulberto di Chartres e messo in canto gregoriano dal pio re Roberto:
R). Il tronco di Jesse ha prodotto un ramo, e il ramo un fiore; * E su questo fiore si è posato lo Spirito divino.
V). La Vergine Madre di Dio è il ramo, e il suo figlio il fiore; * E su questo fiore si è posato lo Spirito divino.
E il devoto san Bernardo, commentando tale Responsorio nella sua seconda Omelia sull'Avvento, diceva: "Il Figlio della Vergine è il fiore, fiore bianco e purpureo, scelto tra mille; fiore la cui vista allieta gli Angeli, e il cui odore ridona la vita ai morti; Fiore dei campi come lo chiama ella stessa, e non fiore dei giardini; perché il fiore dei campi sboccia da se stesso senza l'aiuto dell'uomo, senza i procedimenti dell'agricoltura. Così il seno della Vergine, come un campo eternamente verde, ha prodotto quel fiore divino la cui bellezza non si corrompe mai, e il cui splendore mai si oscurerà. O Vergine, ramo sublime, a quale altezza non sei tu salita? Tu arrivi fino a colui che è assiso sul Trono, fino al Signore della maestà. E io non ne stupisco; perché tu getti profondamente in terra le radici dell'umiltà. O pianta celeste, la più preziosa e la più santa di tutte! O vero albero di vita, che sei l'unica degna di portare il frutto della salvezza!".
Parleremo noi dello Spirito Santo e dei suoi doni, che si effondono sul Messia solo per scendere quindi su di noi, che siamo gli unici ad aver bisogno di Sapienza e di intelletto, di Consiglio e di Forza, di Scienza, di Pietà e di Timor di Dio? Imploriamo con insistenza questo divino Spirito per opera del quale Gesù è stato formato nel seno di Maria, e chiediamogli di formarlo anche nel nostro cuore. Ma consoliamoci ancora sulle meravigliose descrizioni che ci fa il Profeta, della felicità, della concordia, della dolcezza che regnano sulla Montagna santa. Da tanti secoli il mondo aspettava la pace: essa viene finalmente. Il peccato aveva tutto diviso; la grazia riunirà tutto. Un tenero fanciullo sarà il legame dell'alleanza universale. L'hanno annunciato i Profeti, l'ha dichiarato la Sibilla, e nella stessa Roma ancora immersa nelle ombre del paganesimo, il principe dei poeti latini, facendosi eco delle tradizioni antiche, ha intonato il famoso canto nel quale dice: "L'ultima età, l'età predetta dalla Sibilla di Cuma sta per aprirsi; una nuova stirpe di uomini discende dal cielo. I greggi non avranno più da temere il furore dei leoni. Il serpente perirà; e l'erba ingannatrice che dà il veleno sarà annientata".
Vieni dunque, o Messia, a ristabilire la primitiva armonia; ma degnati di ricordarti che tale armonia è stata spezzata soprattutto nel cuore dell'uomo; vieni a guarire questo cuore, a possedere questa Gerusalemme, indegno oggetto della tua predilezione. Troppo a lungo è stata nella cattività di Babilonia; riconducila via dalla terra straniera. Ricostruisci il suo tempio; e la gloria di questo secondo tempio sia maggiore di quella del primo, per l'onore che gli farai di abitarlo tu stesso, non più in figura, ma personalmente. L'angelo l'ha detto a Maria: Il Signore Dio tuo darà al tuo figliuolo il trono di Davide suo padre: ed egli regnerà per sempre nella casa di Giacobbe, e il suo regno non avrà mai fine. Che altro possiamo fare, o Gesù, se non dire come il tuo discepolo prediletto, Giovanni, al termine della sua Profezia: Amen! Così sia! Vieni, Signore Gesù?
Messa
EPISTOLA (Rm 15,4-13). - Fratelli: Tutto ciò che è stato scritto, per nostro ammaestramento è stato scritto, affinché mediante la pazienza e la consolazione donata dalle scritture conserviamo la speranza. Il Dio della pazienza e della consolazione vi conceda d'aver il medesimo sentimento secondo Gesù Cristo: affinché d'un sol cuore, con una sola voce glorifichiate Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo. Accoglietevi dunque gli uni gli altri come Cristo ha accolto voi, per la gloria di Dio. Dico infatti che Gesù Cristo è stato ministro dei circoncisi per dimostrare la veracità di Dio e adempire le promesse fatte ai padri.
I Gentili invece glorificano Dio a causa della sua misericordia, come sta scritto: Per questo ti loderò tra i Gentili, o Signore, e canterò al tuo nome. Dice ancora: Rallegratevi, o Gentili, col suo popolo. E ancora: Gentili, lodate tutti il Signore; o popoli tutti, celebratelo.
E anche Isaia dice: Apparirà la radice di Iesse, Colui che sorgerà a governare i Gentili; in lui i Gentili spereranno.
Il Dio della speranza vi ricolmi adunque di tutta la gioia e di tutta la pace che è nella fede, affinché abbondiate nella speranza e nella virtù dello Spirito Santo.
Abbiate dunque pazienza, o Cristiani; crescete nella speranza, e gusterete il Dio di pace che sta per venire in voi. Ma siate cordialmente uniti gli uni agli altri, poiché questo è il segno distintivo dei figli di Dio. Il Profeta ci annuncia che il Messia farà abitare insieme il lupo e l'agnello, ed ecco che l'Apostolo ce lo mostra nell'atto di riunire in una stessa famiglia l'Ebreo e il Gentile. Gloria a questo supremo Re, potente rampollo del tronco di Jesse, che ci ordina di sperare in lui!
VANGELO (Mt 11,2-10). - In quel tempo: Giovanni, avendo udite nella prigione le opere di Cristo, mandò due dei suoi discepoli a dirgli: Sei tu quello che ha da venire, o dobbiamo aspettare un altro? E Gesù rispose loro: Andate a riferire a Giovanni quel che udite e vedete: i ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la buona novella; ed è beato chi non si sarà scandalizzato di me.
Partiti quelli, Gesù incominciò a parlare alle turbe di Giovanni e a dire: Che siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? Ma che siete andati a vedere? Un uomo vestito mollemente? Ecco, quelli che portano quelle morbide vesti stanno nei palazzi dei re. Ma che siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, e più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: Ecco io mando innanzi a te il mio angelo per preparare la tua via dinanzi a te.
Sei proprio tu, o Signore, che devi venire, e non dobbiamo aspettare un altro. Noi eravamo ciechi, e tu ci hai illuminati; camminavamo barcollando, e ci hai ristabiliti; la lebbra del peccato ci copriva, e ci hai guariti; eravamo sordi alla tua voce, e ci hai ridato l'udito; eravamo morti per le nostre iniquità, e ci hai tratti fuori dal sepolcro; eravamo infine poveri e abbandonati, e sei venuto a consolarci. Questi sono stati e questi saranno sempre i frutti della tua visita nelle nostre anime, o Gesù; della tua visita silenziosa, ma potente, di cui la carne e il sangue non conoscono il segreto, ma che si compie in un cuore commosso. Vieni così in me. o Salvatore! Il tuo abbassamento, la tua familiarità non mi scandalizzeranno, perché quello che operi nelle anime dimostra chiaramente che sei un Dio. Appunto perché le hai create, tu puoi anche guarirle.
Preghiamo
Scuoti, o Signore, i nostri cuori a preparare le vie del tuo Unigenito; affinché per la sua venuta meritiamo di servirti con animo purificato.
(da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 47-51) Jerusalem surge, et sta in excelso, et vide jucunditatem quae veniet tibi a Deo tuo.
(Alzati, o Gerusalemme, sta’ in alto, e guarda la gioia che ti viene dal tuo Dio!)
* * *
Pratica dell'Avvento
Vigilanza.
Se la santa Chiesa, madre nostra, passa il tempo dell'Avvento in questa solenne preparazione alla triplice Venuta di Gesù Cristo; se, sull'esempio delle vergini savie, tiene la lampada accesa per l'arrivo dello Sposo, noi che siamo le sue membra e i suoi figli, dobbiamo partecipare ai sentimenti che la animano, e prendere per noi quell'avvertimento del Salvatore: "Siano i vostri lombi precinti come quelli dei viandanti; nelle vostre mani brillino fiaccole accese; e siate simili a servi che aspettano il loro padrone" (Lc 12,35). Infatti, i destini della Chiesa sono anche i nostri; ciascuna delle anime è, da parte di Dio, l'oggetto d'una misericordia e d'un'attenzione simili a quelle che egli usa nei riguardi della Chiesa stessa. Essa è il tempio di Dio perché composta di pietre vive; è la Sposa perché è formata da tutte le anime che sono chiamate all'eterna unione. Se è scritto che il Salvatore ha acquistato la Chiesa con il suo sangue (At 20,28), ognuno di noi può dire parlando di se stesso, come san Paolo: Cristo mi ha amato e si è sacrificato per me (Gal 2,20). Essendo dunque uguali i destini, dobbiamo sforzarci, durante l'Avvento, di entrare nei sentimenti di preparazione di cui abbiamo visto ripiena la Chiesa.
Preghiera.
E innanzitutto, è per noi un dovere di unirci ai Santi dell'Antica Legge per implorare il Messia, e soddisfare così quel debito di tutto il genere umano verso la divina misericordia. Onde animarci a compiere questo dovere, trasportiamoci con il pensiero nel corso di quelle migliaia di anni rappresentate dalle quattro settimane dell'Avvento, e pensiamo a quelle tenebre, a quei delitti di ogni genere in mezzo ai quali si agitava il vecchio mondo. Che il nostro cuore senta viva la riconoscenza che deve a Colui che ha salvato la sua creatura dalla morte, e che è disceso per vedere più da vicino e condividere tutte le nostre miserie, fuorché il peccato! Che esso gridi, con l'accento dell'angoscia e della fiducia, verso Colui che volle salvare l'opera delle sue mani, ma che vuole pure che l'uomo chieda ed implori la propria salvezza! Che i nostri desideri e la nostra speranza si effondano dunque in quelle ardenti suppliche degli antichi Profeti che la Chiesa ci mette sulle labbra in questi giorni di attesa. Disponiamo i nostri cuori, nella più larga misura possibile, ai sentimenti che essi esprimono.
Conversione.
Compiuto questo primo dovere, penseremo alla Venuta che il Salvatore vuol fare nel nostro cuore: Venuta, come abbiamo visto piena di dolcezza e di mistero, e che è la conseguenza della prima, poiché il buon Pastore non viene soltanto a visitare il suo gregge in generale, ma estende la sua sollecitudine a ciascuna delle pecore anche alla centesima che si era smarrita. Ora, per ben comprendere tutto questo ineffabile mistero, bisogna ricordare che, siccome non possiamo essere accetti al nostro Padre celeste se non in quanto egli vede in noi Gesù Cristo, suo Figlio, questo Salvatore pieno di bontà si degna di venire in ciascuno di noi, e, se noi lo vogliamo, di trasformarci in lui, di modo che non viviamo più della vita nostra ma della sua. Il fine di tutto il Cristianesimo è appunto di divinizzare l'uomo attraverso Gesù Cristo: questo è il compito sublime imposto alla Chiesa. Essa dice ai Fedeli con san Paolo: "Voi siete i miei figlioletti; poiché io vi do una seconda nascita, affinché si formi in voi Gesù Cristo" (Gal 4,19).
Ma, come nella sua apparizione in questo mondo il divino Salvatore si è dapprincipio mostrato sotto le sembianze d'un bambino prima di giungere alla pienezza dell'età perfetta che era necessaria perché nulla mancasse al suo sacrificio, egli intende prendere in noi gli stessi sviluppi. Ora è nella festa di Natale che si compiace di nascere nelle anime, e diffonde per tutta la sua Chiesa una grazia di Nascita alla quale, purtroppo, non tutti sono fedeli.
Ecco infatti la situazione delle anime all'avvicinarsi di quella ineffabile solennità. Alcune, ed è il numero minore, vivono pienamente della vita del Signore Gesù che è in esse, ed aspirano in ogni istante all'aumento di tale vita. Altre, in numero maggiore, sono vive, sì, per la presenza del Cristo, ma sono malate e languenti, non desiderando il progresso della vita divina, perché la loro carità si è raffreddata (Ap 2, 4). Il resto degli uomini non gode di questa vita, e si trova nella morte; poiché Cristo ha detto: Io sono la Vita (Gv 14,6).
Nei giorni dell'Avvento, il Salvatore va a bussare alla porta di tutte le anime, in una maniera ora sensibile, ora nascosta. Viene a chiedere se hanno posto per lui, affinché possa nascere in loro. Ma, benché la casa che egli chiede sia sua, poiché lui l'ha costruita e la conserva, si è lamentato che i suoi non l'hanno voluto ricevere (Gv 1,11), almeno il numero maggiore tra essi. "Quanto a quelli che l'hanno ricevuto, ha concesso loro di diventare figli di Dio, e non più figli della carne e del sangue " (Gv 1, 12-13).
Preparatevi dunque a vederlo nascere in voi più bello, più radioso, più forte di come l'avete conosciuto, o anime fedeli che lo custodite in voi stesse come un prezioso deposito, e che da lungo tempo, non avete altra vita che la sua, altro cuore che il suo, altre opere che le sue. Sappiate cogliere, nelle parole della sacra Liturgia, quelle che fanno per il vostro amore, e che commuoveranno il cuore dello Sposo.
Aprite le porte per riceverlo nella sua nuova venuta, voi che già l'avevate in voi, ma senza conoscerlo; che lo possedevate, ma senza gustarlo. Egli torna con una nuova tenerezza; ha dimenticato il vostro rifiuto; vuole rinnovare tutte le cose (Ap 21,5). Fate posto al celeste Bambino, che vuol crescere in voi. Il momento è vicino: che il vostro cuore dunque si desti; perché non vi abbia sorpreso il sonno quando egli passerà, vegliate e pregate. Le parole della Liturgia sono anche per voi, perché esse parlano di tenebre che Dio solo può dissipare, di piaghe che solo la sua bontà può risanare, di languori che cesseranno solo per sua virtù.
E voi, cristiani, per cui la buona novella è come se non ci fosse perché i vostri cuori sono morti per il peccato, sia che questa morte vi tenga stretti nei suoi lacci da lunghi anni, sia che la ferita che l'ha causata sia stata inferta più di recente alla vostra anima, ecco venire colui che è la vita. "Perché dunque vorreste morire? Egli non vuole la morte del peccatore, ma vuole che si converta e viva" (Ez 18,31). La grande Festa della sua Nascita sarà un giorno di misericordia universale per tutti quelli che vorranno lasciarlo entrare. Questi ricominceranno a vivere con lui; ogni altra vita precedente sarà abolita, e sovrabbonderà la grazia là dove prima aveva abbondato l'iniquità (Rm 5,29).
E se la tenerezza e la dolcezza di questa misteriosa Venuta non vi attraggono, perché il vostro cuore non potrebbe ancora comprendere la fiducia o perché avendo per lungo tempo ingoiato l'iniquità come l'acqua, non sapete che cosa significhi aspirare mediante l'amore alle carezze d'un padre di cui avevate disprezzato gli inviti, pensate alla Venuta piena di terrore che seguirà quella che si compie silenziosamente nelle anime. Sentite lo scricchiolio dell'universo all'avvicinarsi del terribile Giudice; osservate i cieli che fuggono davanti a lui, e si aprono come un libro alla sua vista (Ap 6,41); sostenete, se ne siete capaci, il suo aspetto, i suoi sguardi fiammeggianti; guardate senza fremere la spada a doppio taglio che esce dalla sua bocca (Ap 1,16); ascoltate infine quelle grida di lamento: o monti cadete su di noi; rocce, copriteci, toglieteci alla sua vista terrificante (Lc 23,30)! Sono le grida che faranno risuonare invano le anime sventurate che non hanno saputo conoscere il tempo della visita (Lc 19,44). Per aver chiuso il loro cuore a quell'Uomo-Dio che pianse su di esse – tanto le amava! – scenderanno vive nel fuoco eterno la cui fiamma è cosi bruciante che divora il germe della terra e le fondamenta più nascoste dei monti (Dt 32,22). Ivi si sente il verme eterno d'un rimorso che non muore mai (Mc 9,43).
Coloro dunque, i quali non si sentono commossi dalla dolce notizia dell'avvicinarsi del celeste Medico, del generoso Pastore che dà la vita per le sue pecorelle, meditino durante l'Avvento sul terribile eppure incontestabile mistero della Redenzione, resa inutile dal rifiuto che l'uomo oppone troppo spesso di associarsi alla propria salvezza. Misurino le loro forze, e se disprezzano il bambino che sta per nascere (Is 9,6), pensino se saranno in grado di lottare con il Dio forte, il giorno in cui verrà non più a salvare, ma a giudicare. Per conoscerlo più da vicino, questo Giudice davanti al quale tutto deve tremare, interroghino la sacra Liturgia: qui impareranno a temerlo.
Del resto, questo timore non è soltanto proprio dei peccatori; è un sentimento che ogni cristiano deve provare. Il timore, se è da solo, rende schiavi; se compensa l'amore, conviene al figlio colpevole, che cerca il perdono del padre adirato; anche quando l'amore lo spinge fuori (1Gv 4,18), esso ritorna talora come un subitaneo lampo, e il cuore fedele ne è felicemente scosso fin nelle fondamenta. Sente allora ridestarsi il ricordo della sua miseria e della misericordia gratuita dello Sposo. Nessuno deve dunque disperarsi, in questo sacro tempo dell'Avvento, dall'associarsi ai pii timori della Chiesa che, per quanto amata, dice spesso nei suoi Uffici: Trafiggi la mia carne, o Signore, con il pungolo del tuo timore! Ma questa parte della Liturgia sarà utile soprattutto a coloro che cominciano a consacrarsi al servizio di Dio.
Da tutto ciò, si deve concludere che l'Avvento è un tempo consacrato soprattutto agli esercizi della Vita Purgativa; come indicano quelle parole di san Giovanni Battista, che la Chiesa ci ripete così spesso in questo sacro periodo: Preparate le vie del Signore! Ciascuno dunque operi seriamente a spianare il sentiero attraverso il quale Gesù entrerà nella sua anima. I giusti, secondo la dottrina dell'apostolo dimentichino ciò che hanno fatto nel passato (Fil 3,13), e attendano a nuovi impegni. I peccatori cerchino di rompere subito i legami che li tengono stretti, di lasciare le abitudini che li fanno prigionieri castighino la carne, e diano inizio al duro lavoro di sottometterla allo spirito; preghino soprattutto con la Chiesa; e quando il Signore verrà, potranno sperare che non rimarrà sulla soglia della porta, ma entrerà, perché egli ha detto: "Ecco che io sono alla porta e busso; se qualcuno sente la mia voce e mi apre, entrerò da lui" (Ap 3,20).
(da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 31-35)
La Messa in rito romano antico, con la sua lingua latina,
RispondiEliminaè un fiume di preghiera che scorre silente,
ogni parola un eco che sussurra il divino,
ogni suono un ponte tra terra e cielo,
un atto di sacralità che unisce il cuore al mistero.
Nel rito antico, il sacro respiro si fa parola,
le mani del sacerdote alzano l’offerta,
il popolo in preghiera si raccoglie,
e l’odore dell’incenso sale verso l’alto,
come un incantesimo che purifica l’anima.
L’antica lingua, pur nel suo silenzio,
parla al cuore con la forza di un canto,
un linguaggio che trascende il tempo,
che ci ricorda che l’eterno è sempre presente,
che la Messa non è solo un rito, ma il cammino
verso la luce che illumina ogni ombra.
La Messa in Latino, simbolo di tradizione,
è la preghiera che affonda le radici nel passato,
ma che risuona viva, eterna,
nella ricerca di un incontro sacro,
tra il divino e l’umano, tra cielo e terra.