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sabato 8 marzo 2025

Il 'Veni Sanctificator'

Nella nostra traduzione da New Liturgical Movement ancora una volta un magnifico commento per una preghiera sublime. Si riallaccia ai precedenti Il Suscipe Sancte Pater qui - qui e L'Offérimus tibi, Dómine qui.

Il 'Veni Sanctificator'

Dopo essersi inchinato per recitare l'In spiritu humilitatis, il sacerdote si alza, alza le mani in cerchio e alza gli occhi al cielo. Come nota Gregory DiPippo, "È lo stesso gesto che fa all'inizio del Gloria, del Credo e del Canone, a indicare l'importanza dell'azione".

Poi il sacerdote fa il segno della croce sul pane e sul vino mentre dice:
Veni, Sanctificátor, onnipotens aeterne Deus: et bénedic hoc sacrificium, tuo sancto nómini praeparátum.
Che traduco come:
Vieni, o Santificatore, Dio onnipotente ed eterno, e benedici questo sacrificio preparato nel Tuo santo nome.
Dopo essere apparso per la prima volta nel Messale irlandese di Stowe (inizio del IX secolo), il Veni Sanctificator trovò posto in vari Messali medievali in diversi punti durante l'Offertorio, mentre negli ordines italiani occupa il posto che ha ancora nel Messale Romano del 1570/1962. [1]
Da un punto di vista linguistico, ci sono due enigmi da risolvere. Il primo è l'invocazione di Dio come Santificatore. Don Claude Barthe non pensa che la preghiera di riferisca allo Spirito Santo [2] mentre il reverendo Nicholas Gihr insiste sul fatto che il referente "è al di là di ogni dubbio". [3] Versioni successive ampliate della preghiera supportano la fiducia di Gihr, come questa invocazione dal Messale di Montecassino (XI e XII secolo):
Veni, Sanctificator omnium, Sancte Spiritus, et sanctifica hoc praesens sacrificium ab indignis manibus praeparatum et descende in hanc hostiam invisibiliter, sicut in patrum hostias visibiliter descendisti. [4]
Che traduco come:
Vieni, o Santificatore di tutti, o Spirito Santo, e santifica il presente sacrificio preparato da mani indegne, e scendi invisibilmente su questa vittima, come sei disceso visibilmente sulle vittime dei Padri.
E se davvero il sacerdote prega lo Spirito Santo, emerge uno schema familiare: quello dello Spirito Santo che adombra qualcosa o qualcuno per benedirlo o dargli vita. Esempi includono lo Spirito che si muove sulla superficie delle acque quando Dio creò il Cielo e la terra, e lo Spirito che insuffla l'anima in Adamo quando Dio creò il primo essere umano. Ma il precedente biblico più rilevante è la Beata Vergine Maria che concepì per mezzo dello Spirito Santo quando Egli la adombra. (Luca 1, 35-38) Proprio come il Verbo si fece carne nel grembo nascosto della Madre di Dio, il sacerdote prega che il Verbo diventi carne nascosta sotto l'apparenza del pane e del vino. Come scrive Gihr, c'è un
analogia che la Consacrazione porta con l'Incarnazione. La grande somiglianza e la molteplice relazione tra il compimento dell'Eucaristia sull'altare e il mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio nel seno dell'Immacolata Vergine Maria sono spesso commentate dai Padri, e sono espresse anche nella liturgia. L'Incarnazione è, in un certo modo, rinnovata e ampliata nella Consacrazione eucaristica e ciò in ogni tempo e in innumerevoli luoghi. [5]
Poiché è molto probabile che sia lo Spirito Santo a essere invocato, il Veni Sanctificator è talvolta rappresentato come l'Epiclesi occidentale. Ma non abbiamo bisogno di entrare in questa controversia per apprezzare come la preghiera rafforzi la dimensione trinitaria del Santo Sacrificio della Messa, che è offerto al Padre, attraverso il Figlio e con lo Spirito Santo.
Il secondo enigma è il significato di "questo sacrificio". I critici del tradizionale rito dell'Offertorio pensano che il suo linguaggio sacrificale inventi falsamente un secondo sacrificio, diverso da quello che ha luogo durante il Canone. DiPippo ha ragione a concludere che si sbagliano. "L'Offertorio così come si presenta nel Messale di San Pio V", scrive, "... non costituisce un atto di offerta separato dal Canone della Messa, e tanto meno un'offerta di qualcosa di diverso da ciò che il Canone stesso offre". D'altra parte, il rito dell'Offertorio sembra essere più di una semplice "Preparazione dei Doni" nella misura in cui qualcosa di sacrificale sembra aver luogo dal momento in cui il velo del calice viene sollevato. (*)

Un indizio di una possibile tertia via è rivisitare l'allusione biblica nella versione amplificata del Veni Sanctificator dal Messale di Montecassino, quando il sacerdote prega affinché lo Spirito venga invisibilmente proprio come una volta discese visibilmente sulle vittime dei Padri. L'esempio più chiaro di Dio che discende visibilmente su una vittima sacrificale è quando Elia sfida i falsi profeti di Baal a una gara di offerte di olocausto per vedere quale parte sta pregando il vero Dio. Dopo che i falsi profeti non riescono a far accendere il loro sacrificio da Baal, Elia bagna la sua offerta in acqua tre volte e poi chiede a Dio di accendere il fuoco.
Allora cadde il fuoco del Signore e consumò l'olocausto, la legna, le pietre e la polvere, e prosciugò l'acqua che era nel fosso. E tutto il popolo, vedendo questo, cadde con la faccia a terra e disse: «Il Signore è Dio, il Signore è Dio» (3 Re [1 Re] 18, 38-39).
Qui, il sacrificio fu consumato o completato quando il fuoco del Signore cadde sulla vittima dell'olocausto, ma il sacrificio iniziò quando Elia, dopo aver riparato le pietre dell'altare, preparò ritualmente la legna e la vittima. Allo stesso modo, il sacrificio della Messa inizia quando il sacerdote inizia l'Offertorio; egli può quindi riferirsi alle sue azioni come sacrificali anche se sa che il sacrificio non raggiungerà il suo apice finché non saranno pronunciate le Parole dell'Istituzione.
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[1] Josef Jungmann, Messa del rito romano, vol. 2, trad. di Francesco Brunner (Fratelli Benziger, 1995), 68.
[2] don Claude Barthe, Una foresta di simboli. La messa tradizionale e il suo significato, trad. G. De Luca (Franchetti, Torino 2008), 86.
[3] Gihr, Il Santo Sacrificio della Messa (Herder, 1902), 530.
[4] Jungmann, 68, nota 146.
[5] Gihr, 532.

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

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* Nota di Chiesa e post-concilio
Se durante la Santa Messa, che è il Sacrificio della Croce, l’offerta del Corpo e del Sangue di Gesù e la loro mistica immolazione, avvengono insieme al momento della Consacrazione, è tuttavia necessario che il Sacerdote e i fedeli uniscano l’offerta di se stessi all’unica offerta gradita a Dio, quella di Gesù.
Perciò, nel rito della Messa, esistono momenti precedenti e successivi alla consacrazione nei quali si esprime l’offerta di Gesù al Padre e quella dei cristiani con lui.
L’Offertorio, nella sua primitiva accezione, aveva ben presente il Sacrificio come prolessi, cioè come anticipazione del Sacrificio a venire. Le oblate (il pane e il vino offerti) sono intimamente legate al Sacrificio. L’offertorio fa parte integrante dell’Actio del Canone, nel cuore della Santa Messa [vedi. La parte successiva è l'unde et memores [vedi] -ndT.
Viene spontanea un'altra annotazione su questa epiclesi (invocazione allo Spirito Santo), che nel NO è stata così enfatizzata tanto da inserirla nel canone. La considerazione basilare, che annichilisce ogni ulteriore panegirico sulla dimensione pneumatologica dell'Eucaristia nel NO è la semplice considerazione che non è l'invocazione dell'Assemblea allo Spirito Santo che transustanzia il Pane nel Corpo di Cristo e il Vino nel Sangue Suo; ma sono le Parole della Consacrazione che il Signore ci ha consegnato e che il Sacerdote pronuncia in persona Christi. E quelle Parole sono performative, realizzano ciò che significano perché sono pronunciate dal Verbo Incarnato, Colui "per mezzo del quale tutte le cose sono state create", Colui nel quale sono consustanzialmente Presenti il Padre e lo Spirito Santo. Di cos'altro c'è bisogno? [-ndT]

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