Volentieri pubblico, su segnalazione dell'Osservatorio Card. Van Thuân qui un intervento del prof. Gianfranco Battisti dell'Università di Trieste in cui incontriamo interessanti e originali osservazioni sul groviglio delle questioni politiche attuali.
Trump, Musk & gli altri. Le logiche nascoste della politica
Mi interrogava giorni fa una giovane collega su quale fosse la logica che muove i personaggi oggi al governo degli Stati Uniti. In particolare la incuriosisce la figura di Elon Musk, il miliardario che da un lato persegue un progresso tecnologico apparentemente senza limiti, puntando praticamente al superamento dell’uomo, e dall’altro sembra promuovere la natalità. Dovrebbe infatti essere chiaro a tutti che la digitalizzazione spinta di tutte le attività produttive comporterà una perdita di posti di lavoro quale mai si è registrato nella storia dell’umanità. Ora, questo cambiamento epocale dell’economia porrà rapidamente il problema di come provvedere al sostentamento di centinaia di milioni di disoccupati. Una sfida che appare insostenibile di fronte alla politica fiscale portata avanti dai capitalisti americani (indipendentemente dalla loro transeunte militanza politica), volta a ridurre al minimo il loro contributo alle casse pubbliche. Che senso avrebbe dunque incrementare una popolazione della quale non si intende comunque farsi carico? Abbiamo a che fare con delle farneticazioni oppure c’è qualcosa che ci sfugge?
Partiamo da un principio di ragionevolezza. I problemi, quando sono reali e non frutto dell’immaginazione, non si possono risolvere a colpi di slogan moralistici, peggio ancora se mutuati dalla politica. Definire pazzi, fascisti o peggio i nuovi governanti dell’America non ci porta da nessuna parte. Scatenare l’odio contro qualcuno serve solo ad inasprire i conflitti, con conseguenze che non si possono prevedere.
Piaccia o meno, si ritorna inevitabilmente al buon vecchio Shakespeare, che sulle stranezze dei potenti ne sapeva qualcosa. Tant’è che in relazione ad uno dei suoi personaggi più celebri se ne esce con queste auree parole: “C’è del metodo in questa follia”[1]. Chi non voglia limitarsi al chiacchiericcio da bar, deve allora abbassare i toni ed impegnarsi in una riflessione seria, che non si presenta né semplice né veloce
La mia prima risposta è stata che i politici, in ogni contingenza, perseguono consapevolmente degli obiettivi fra loro inconciliabili. Ciò risulta chiaro a chiunque legga con cognizione di causa i vari programmi elettorali, nessuno escluso. Lasciando da parte le scontate considerazioni circa la moralità della classe politica tout-court, indubbiamente chi si appresta a salire al governo conta di riuscire a distribuire nel tempo i vari nodi problematici, in modo da affrontarli uno alla volta. È il segreto della buona politica, che purtroppo non sempre riesce, spesso per delle cause oggettive. Vi è poi da considerare l’arco temporale proprio delle diverse strategie, le quali interferiscono l’una con l’altra e presentano urgenze diversificate, pur dovendo venir messe in moto più o meno negli stessi tempi. Tutti fattori che spesso ignorano quanti siano lontani dalla stanza dei bottoni.
Il fattore tempo agisce ad es. in vari modi a seconda del fenomeno considerato. Una obiezione che la gentile collega mi ha posto è la seguente: posto che l’amministrazione Trump intenda reindustrializzare l’America, e che a tal fine serva una cospicua forza lavoro, in ogni caso questa non sarà disponibile prima di vent’anni. E nel frattempo, cosa si fa? Più precisamente, chi paga i costi di una ripresa demografica?
Una bella domanda, non c’è che dire. Alla risposta ci si può avvicinare quando si prenda in considerazione la meravigliosa poliedricità dell’essere umano. Il quale non è soltanto homo faber, ma anche, e soprattutto negli USA, un consumatore. Se c’è un’industria – meglio, una filiera di prodotti e servizi – che si è andata inaridendo negli States è quella della produzione di esseri umani. I quali cominciano a consumare ancor prima della nascita, richiedendo non solo prodotti ma servizi alla persona che coinvolgono una significativa forza lavoro. Per non parlare del sistema di istruzione, che oggi dovunque nell’Occidente risulta sovradimensionato e quindi costretto ad attirare studenti dall’estero se non vuole chiudere per mancanza di utenti.
Bella risposta, mi direbbe la mia interlocutrice. Ma resta sempre aperto l’interrogativo sulle risorse. Qui, se si va a guardare, una via d’uscita ci sarebbe. Per quanto riguarda le risorse umane, vale a dire la forza lavoro, il deficit si può colmare da un lato adottando l’automazione spinta sulla quale punta la Silicon Valley, dall’altro ristrutturando radicalmente il sistema d’istruzione superiore. Quest’ultimo inghiotte ogni anno decine di migliaia di giovani sottraendoli alle attività produttive, senza fornire loro né una formazione idonea a renderli lavoratori efficienti, né ad inserirli quali elementi positivi nel corpo sociale. Donald Trump sta perseguendo una rivoluzione epocale che punta a rivoltare gli Stati Uniti come un calzino, possiamo stare certi che nessun settore per quanto importante rimarrà intoccato.
Quanto ai soldi, posto che non si voglia toccare i “paperoni”, questi possono saltare fuori mettendo sotto controllo il mostruoso bilancio del Pentagono, il cui ammontare corrisponde praticamente al deficit dell’intero bilancio federale. Tra le mille iniziative che Trump sta lanciando a dritta e a manca con la grazia di un ragazzaccio che tira i sassi contro le finestre del vicinato, c’è anche il tentativo di negoziare sia con Putin che con Xi Jinpin, entrambi in affanno nella gestione delle rispettive economie, una significativa riduzione degli armamenti. Questo servirebbe in primo luogo a salvare il bilancio federale dal tracollo, ma è evidente che rappresenta la premessa per una ristrutturazione radicale della spesa pubblica.
Come si vede, negli ambienti “che contano” dietro ogni atteggiamento, anche il più bizzarro, emergono delle motivazioni non banali. Il punto è che dobbiamo staccarci dall’idea che le politiche economiche e sociali siano il prodotto della mente degli uomini che vediamo in televisione. I politici, ce lo ha dimostrato ampiamente Ronald Reagan, solo raramente sono dei pensatori. Nella maggior parte dei casi sono esattamente quello che vengono definiti ufficialmente: dei rappresentanti, vale a dire delle persone che curano interessi altrui. Sono sostanzialmente degli “avvocati”, del popolo in teoria, delle classi dominanti nella realtà. Come gli avvocati, le loro doti principali sono la dialettica e l’attitudine a dissimulare, due caratteristiche che li accomuna agli attori. Il politico come attore, capace di interpretare oggi una parte e domani un’altra, è quello che abbiamo davanti agli occhi, ma dietro di lui, ci sono delle menti pensanti. Menti pagate per pensare, inserite in determinate posizioni lungo la catena di trasmissione del potere.
Benché giudicato scadente secondo i canoni di Hollywood, Reagan è risultato perfetto per le esigenze della casa Bianca, tant’è che ancor oggi molti lo rimpiangono. C’è sempre – in ogni nazione ed in ogni epoca – una classe dirigente “ombra” che dirige i destini dei popoli, più o meno nascosta dietro ai governanti di facciata, e lo fa a ragion veduta, soppesando i pro ed i contro di ogni atto[2]. Lo fa naturalmente in funzione dei propri interessi, ma come il pastore omerico essa tiene sempre in vista l’esigenza di tutelare la sopravvivenza del suo gregge.
Per comprendere il significato delle diverse politiche è indispensabile anzitutto ricostruire il quadro complessivo nel quale si collocano le strategie in atto. La prospettiva di un mondo multipolare è incompatibile con l’ambiente globalizzato verso il quale il mondo ha viaggiato dalla fine della II guerra mondiale. Nella prospettiva multipolare, le aree economiche che sino a ieri si stavano reciprocamente aprendo sino a tendere all’unificazione, dovranno nuovamente allontanarsi. Ciò significa richiudersi vero l’esterno e ricercare internamente la propria autosufficienza. In questo contesto, il fattore chiave dell’economia, quello che comanda l’organizzazione delle imprese – vale a dire il mercato – subisce una trasformazione radicale. Invece di un unico mercato globale assisteremo al ritorno ad una pluralità di mercati nazionali o pseudo tali.
Di fatto, le singole economie nazionali, che dagli anni ‘’90 avevano modulato la loro capacità produttiva in funzione del “grande mercato” (Pollio Salimbeni), dovranno riadattarla alle esigenze dei mercati plurinazionali nei quali i diversi Paesi si troveranno ad interagire. Si registrerà cioè un generale abbassamento dei volumi massimi di produzione, compatibilmente alle capacità di assorbimento del mercato in questione. All’interno dei singoli mercati si riproporrà allora il problema delle economie di scala, che dipendono dalle caratteristiche tecniche dei diversi settori produttivi. Ciò significa che nella nuova configurazione del mondo potranno sopravvivere soltanto le economie in grado di assicurare al loro interno la vendita dei prodotti essenziali al funzionamento del sistema, od almeno una quota largamente maggioritaria degli stessi. Il concetto di sostenibilità – uno slogan buono per tutte le stagioni, che nel recente passato si è preteso di applicare ad ogni ambito, al di là di ogni ragionevolezza e talvolta in spregio alle evidenze scientifiche – rientra adesso in gioco con una sua ineludibile urgenza.
Se si guarda alla carta geopolitica in questa prospettiva è facile rendersi conto di come gli Stati Uniti, che sono divenuti il più ricco (se non esattamente il più grande) mercato mondiale, risulteranno pericolosamente piccoli di fronte a concorrenti non diciamo della taglia della Cina e dell’India, ma anche e soprattutto dell’Europa. Con oltre 500 milioni di abitanti a redditi medio-alti, questa sopravanza di molto un’America che non arriva a 350 milioni. Gli USA, per capirci, stanno avvicinandosi al medesimo problema che assilla Putin e l’intera dirigenza russa dopo la caduta del sistema sovietico. Quello di un paese – in questo caso con poco più di 140 milioni di abitanti – che non può avere alcun futuro se non riesce a riportare rapidamente il suo mercato interno ad una dimensione vicina quanto meno a quella dell’ex Unione Sovietica, se non addirittura dell’ex Patto di Varsavia.
Giova notare che a porre la Russia nelle drammatiche condizioni attuali sono stati proprio gli USA, e lo strumento ultimo che essi hanno impiegato per strangolare l’antagonista della “guerra fredda” è stato l’Ucraina. Il golpe di Maidan, architettato dall’Occidente, ha infatti decretato il fallimento dell’Unione Eurasiatica, il progetto di Putin per assicurare la stabilità economica alla Federazione russa di concerto con gli Stati confinanti. Un aspetto questo che i commentatori politici dell’una e dell’altra parte si sono ben guardati dal menzionare, mentre in Occidente si plaudeva all’ennesima “rivoluzione colorata”. Per la storia, l’Unione Eurasiatica doveva inaugurarsi proprio nel 2014, data di partenza della catastrofe ucraina. Ecco cosa si cela dietro al nobile intento di diffondere la “democrazia” nel mondo. La lotta sorda e inesausta volta a dissolvere i Paesi indipendenti al fine di assorbirli all’interno dell’impero economico che si stende ai due lati dell’Atlantico.
Tutto ciò spiega l’innamoramento “natalista” di personaggi che sembrano usciti da un romanzo di fantascienza: l’esigenza assoluta di assicurare la sopravvivenza delle loro imprese – anche quelle tecnologicamente avanzate – attraverso una crescita demografica adeguata del mercato di casa. In questa luce si comprende come mai un agnostico tendenzialmente antinatalista come Elon Musk concordi con un palazzinaro come Donald Trump nell’abbracciare il nazionalismo a stelle e strisce e financo l’anima profonda della Bible Belt, quanto all’obiettivo di invertire la tendenza demografica degli States. Primum vivere, deinde philosophari. Stando così le cose, la politica antinatalista imperante in Europa, “alla scuola di Macron”, dimostra quanto il “vecchio continente” meriti oggi questo appellativo. Esso presenta infatti tutti i sintomi del degrado mentale normalmente associato all’età avanzata. In particolare, un pensiero nichilista sclerotizzato, fermo alle strategie elaborate dalle élite dominanti a livello mondiale nel tentativo di fronteggiare la contestazione del ’68. Le élite dominanti, arroccate nella difesa del potere che sta loro sfuggendo.
Gianfranco Battisti______________________________
[1] G. Giorello, “Il metodo di Amleto”, Journal of Science Communication, 2(01), C03
[2] Non va trascurata una differenza fondamentale tra Occidente e Oriente nella formazione della classe dirigente. I nostri politici vengono generalmente dall’avvocatura e dalle banche, in Russia o (meglio: nell’ex URSS) e in Cina sono arruolati tra gli ingegneri.
Bisogna ricreare una classe operaia, artigianato compreso. Occorre quindi ridurre gli accessi all'università, che spesso sforna oggi disoccupati pieni di frustrazioni. La metà se non la maggioranza degli studenti universitari sono donne, in Occidente. Pensano tutte a prendere una laurea per trovarsi un lavoro ben pagato. Stop. Famiglia, figli niente. E difatti ne fanno sempre meno, volendo vivere come uomini. Bisogna quindi cominciare con l'abolire le c.d. "quote rosa" e con l'escludere le donne da tante attività, a cominciare dalle forze armate e dall'Università, tanto più che questo massiccio afflusso di donne comporta una impressionante corruzione dei costumi, habitat naturale del femminismo cui tutte o quasi servono felici e gaudenti.
RispondiEliminaSvuotando le università si potrebbe cominciare a ristabilire nelle stesse e nella scuola in generale la disciplina e a trovare i numeri per un aumento della popolazione.
Interessante.
RispondiEliminaUn appunto: come dice in chiusura lo studioso, le élites dominanti "hanno cercato di fronteggiare le rivendicazioni sorte dai movimenti rivoluzionari degli anni sessanta" oppure tali movimenti sono stati stimolati, sobillati e sostenuti dalle élites?
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Leggo ora che è stato firmato l'accordo per le terre rare Trump/Zelensky. Questo Zelensky è proprio un incapace. Forse neanche sospetta di essere stato raggirato per ben due volte. Tragicamente.
RispondiEliminaForse ha qualche disfunzione. Che Dio lo aiuti. Deve farsi curare. Ma gli amici suoi? La sua famiglia? La sua gente? Impazziti tutti quanti? Una tragedia difficile da dimenticare. Questo è un dramma di fine di un mondo.
Veramene l'accordo sulle terre rare è stato ponderato da tutta l'attuale classe dirigente ucraina e trovato buono. Quindi? Non si tratta solo di "terre rare" ma di un vero e proprio partenariato economico tra Ucraina e USA, vantaggioso per tutti e due. Non si parla ovviamente di garanzie militari ma di un impegno USA a mantenere un'Ucraina libera, sovrana, sicura. In ogni caso, rappresenta l'accordo un bastone fra le ruote dei russi nella misura in cui essi mirino a far crollare l'intero Stato ucraino (il sospetto è legittimo). Dopo l'accordo, se lo facessero si scontrerebbero con importanti interessi economici americani.
RispondiEliminaL'accordo non incide sulle proposte di pace, nel senso che l'opzione americana è sempre a favore di un esito realistico, che lasci andare i territori ormai occupati militarmente dai russi, a cominciare dalla Crimea.
Intanto, sul piano dei simboli, ma forse non si tratta solo di simboli, la Russia di Putin sta ricadendo nel comunismo sovietico. Secondo ilGiornale Putin ha appena detto che, a richiesta dei veterani del fronte ucraino, intitolerà l'aeroporto di Volgograd Stalingrado. Per chi non lo sapesse, il nome Stalingrado era stato cambiato in Volgograd, città sul Volga. Adesso almeno l'aereoporto della stessa ritornerebbe a chiamarsi Stalingrado. Sulla spontaneità della richiesta dei "veterani" (ex-combattenti) qualche dubbio è lecito.
Inoltre, Putin ha elogiato il contributo dei Nordcoreani, ferreamente comunisti, alla riconquista della parte della regione di Kursk occupata dagli ucraini. A quanto pare, ha avuto bisogno della carne da cannone asiatica per riconquistare la regione, il che la dice lunga sulla situazione del soldato russo. Secondo gli ucraini, i nordcoreani sono stati impiegati nei tipici attacchi a ondate successive della fanteria russa, preceduta da formidabili cannoneggiamenti, che conquistavano gli obbiettivi solo dopo perdite enormi, soprattutto con la forza del numero.
A mio parere gli americani mettono saldamente i piedi in Ucraina con quello che ne seguirà e la Russia si ritrova gli americani nel cortile di casa con quello che ne seguirà. Auguri!
RispondiEliminaQual'è la somma totale dei giovani morti e/o rimasti invalidi, nei fatti, per questo combino di terre rare ? E l'attuale classe dirigente ucraina, che nasce dall'esportazione della democrazia del deep state americano, è verosimilmente quella che può decidere del futuro dell'Ucraina? E noi, che l'altro ieri abbiamo mandato altre armi per favorire la pace(???????) in Ucraina, ci stiamo leccando i baffi in vista della ricostruzione ucraina, dove andremo forse a scavare fosse. Si è perso il senno. Vergogna.
RispondiElimina# commento delle 21:40.
RispondiEliminaMi sembra un commento moralistico. È nostro interesse far finire questa sciagurata guerra ma è anche nostro interesse far sì che la Russia non occupi tutta l'Ucraina, un evento che avrebbe conseguenze disastrose.
Non bisognerebbe nemmeno dimenticare che la guerra su vasta scala l'ha iniziata Putin, senza dichiarazione di guerra e dopo aver mentito, col dire che le manovre delle sue truppe in corso da tempo erano solo esercitazioni.
La politica della Nato che si espande ad Est, imposta dagli americani, è stata un grave errore ed i russi sono stati provocati. Ci si dovrebbe chiedere tuttavia se Putin abbia fatto bene ad iniziare una campagna di quel calibro. Ma l'impressione è che lui abbia sottovalutato il nemico, credendo di liquidare la faccenda in poco tempo.
I cocci sono ormai rotti e Trump, guardando alla sostanza, sta cercando una soluzione di tipo economico-politico alla guerra, possibile se gli ucraini sapranno far buon viso a cattivo gioco, accettando di lasciare ai russi i territori che questi ultimi hanno occupato.
L' Ucraina comunque non è solo Zelensky o il movimento neonazista. Hanno anche dimostrato di avere una struttura militar-civile valida. Altrimenti, non avrebbero resistito per tre anni ai russi.
Putin ha iniziato perché 1) da anni la nato quatta quatta di avvicinava ai suoi confini, cosa che la nato stessa aveva assicurato che non avrebbe mai fatto; 2) le regioni russofone interne alla Ucraina venivano continuamente vessate dalla stessa. Nel mentre l'Occidente collettivo non manteneva mai la parola data alla Federazione russa e sotto sotto armava, addestrava e mandava milizie volontarie in Ucraina. La povera Ucraina è stata la marionetta con cui l'Occidente collettivo ha tessuto la sua storytelling del perfido Putin e della vergine Ucraina violentata. Politica non significa mentire, mentire, non mantenere mai la parola data, tanto meno usare il prossimo, l'Ucraina, per derubare la Russia del suo. Non scordiamoci che quasi subito fu allestito un tavolo di dialogo tra Russia ed Ucraina e il rappresentante ucraino favorevole alla pace presto morì in un incidente automobilistico. Guarda un po'! E Boris Johnson volò in Ucraina per spingere a continuare la guerra assicurando aiuti ed armi. Lei i miei commenti moralisti non li legga e si faccia ninnare dallo storytelling dell'Occidente collettivo che da secoli sbava per smembrare la Russia per farne un suo boccone prelibato.
RispondiEliminaChi è che non legge?
Eliminahttps://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2022/04/indice-articoli-sulla-guerra-in-ucraina.html?m=1
"lei i miei articoli moralisti non li legga"...
RispondiEliminaCerco di usare toni educati. Definisco "moralistico" un commento che nell'impostazione e nella replica sembra una velina dettata da qualche ufficio moscovita. Cerco anche di fare un'analisi razionale. Le colpe dell'Occidente, America in primis, sono state più volte sottolineate da interventi di vario tipo su questo blog. Esistono però anche responsabilità e colpe russe, che in molti si ostinano a non voler vedere. L'Ucraina ha vessato i russi del Bonbass ma è anche vero che Mosca li armava per opporsi a Kiev; Mosca in effetti vuole il Donbass, regione ricca di minerali e industrie, e Kiev ovviamente non la vuole perdere. Adesso l'ha persa quasi del tutto e se vuole la pace Kiev deve accettare il fatto compiuto, non avendo la forza militare per strappare la regione ai russi.
MA DAVVERO SERVONO ANCORA PROVE PER CAPIRE CHI MANOVRA L'UCRAINA?
RispondiElimina"Gli USA sono furiosi:
le truppe russe hanno catturato istruttori americani a Lugansk! (FOTO)
2 maggio 2025
Una notizia incredibile ha scosso i circoli militari in Occidente:
i combattenti russi nella regione di Luhansk hanno detenuto un gruppo di "consiglieri militari" internazionali che si ritengono generalmente istruttori speciali americani.
L'incidente ha provocato un completo silenzio nei media occidentali, anche se i filmati della scena stanno già circolando su Internet.
Secondo fonti russe, gli uomini catturati facevano parte di un gruppo segreto che addestrava i combattenti ucraini ad usare le armi occidentali.
Non avevano documenti ufficiali, ma durante una perquisizione hanno scoperto effetti personali e dispositivi mobili con corrispondenza inglese con contatti di numeri americani.
Uno dei prigionieri ha detto: "Nessuno ci ha detto che saremmo stati soli. Li abbiamo addestrati, e quando il fronte è crollato, si sono dimenticati di noi. "
I militari russi hanno confermato di essere trattati in conformità con le convenzioni internazionali, ma hanno sottolineato:
"Il mondo deve sapere chi è realmente responsabile di questa guerra. "
Ciò è avvenuto in un momento particolarmente scomodo per gli Stati Uniti, dopo che il Congresso ha approvato un nuovo pacchetto di aiuti militari per l'Ucraina.
Le prove delle truppe americane nella zona di conflitto minano la posizione ufficiale di Washington.
Si prevede che i prigionieri vengano interrogati, dopodiché la Russia potrà rilasciare un comunicato ufficiale.
Fino ad allora, il silenzio dell'Occidente non fa che accrescere la sensazione che questo conflitto sia molto più di un "conflitto interno. "
Francesco Neri
Gli ucraini ricevono da anni armi americane, anche piuttosto sofisticate. Che ci siano istruttori americani per addestrarli all'uso di queste armi è del tutto normale. Che in Ucraina ci fossero sin dall'inizio della guerra "istruttori" occidentali, special mente americani, era cosa nota e non si capisce lo stupore di certi commenti.
RispondiEliminaCommenti di gente che trova del tutto normale l'impiego, forse massiccio, dei nordcoreani nella battaglia per la riconquista di Kursk.