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lunedì 20 ottobre 2025

Il “Novus Ordo latino” non è la soluzione

Nella nostra traduzione da Substack.com
Il “Novus Ordo latino” non è la soluzione
Per favore, smettetela di dire che questo è "uguale alla" Messa antica che ci state togliendo.
Peter Kwasniewski 16 ottobre

Sulla scia della Traditionis Custodes, sembra che non passi mese senza che qualche prelato o pastore, presumibilmente ben intenzionato, suggerisca che una sostituzione soddisfacente delle Messe tradizionali in latino cancellate sia "celebrare il Novus Ordo in latino". Più di recente, lo abbiamo visto proclamare in un'umiliante omelia dal pulpito di una basilica a Chattanooga. [Non ha mancato di dirlo neppure Leone XIV (qui) - ndT].

Benintenzionata o meno, questa idea è assolutamente irrealizzabile, per diverse ragioni.

I riti stessi sono profondamente diversi
In primo luogo, il vecchio e il nuovo messale presentano sorprendentemente poche sovrapposizioni. Basta confrontarli fianco a fianco per constatare che sia l'Ordinario della Messa che i Propri della Messa sono ampiamente divergenti. L'articolo classico in questo caso è quello di Matthew Hazell, che dimostra che solo il 13% delle orazioni del vecchio messale si ritrova intatto nel nuovo (e non il 17%, la cifra già bassa a cui era arrivato Padre Anthony Cekada, ma che a un esame più attento si rivela troppo generosa.(1)

Come dimostro in The Once and Future Roman Rite, non abbiamo a che fare qui con due versioni del rito romano, ma con due riti: il rito romano e qualunque sia il nome che si vuole dare all'altro: diciamo, il "rito moderno di Paolo VI". Se a qualcuno piace il rito moderno in latino, lasciatelo fare; ma non di tratta di un sostituto adeguato della Messa antica, e nessuno che abbia anche solo un po' di familiarità con essa sarebbe in grado di percepirlo come tale.

Una mia conoscente ha spiegato al figlio decenne, appassionato chierichetto, che il vescovo locale, quando ha annunciato la fine della Messa antica, si è offerto di sostituirla con un Novus Ordo in latino, ad orientem, con canti. Il ragazzo ha risposto: "Ohhhh, quindi stanno cercando di fingere!". È offensivo ricevere qualcosa che in un certo senso assomigli alla Messa tradizionale ma non lo sia, come se i partecipanti esperti ignorassero il fatto che la Messa tradizionale e il Novus Ordo sono due riti separati – come se a noi importasse solo ciò ch'è bello da vedere.

Un uomo virtuoso cerca una moglie che sia bella sia interiormente che esteriormente, valorizzando soprattutto il primo aspetto, il carattere interiore. Non è interessato solo all'aspetto esteriore, e nemmeno i cattolici tradizionali lo sono. Parlare e agire come se lo fossimo rappresenta un disprezzo tutt'altro che velato.

Allo stesso tempo, comprendiamo che l'aspetto esteriore dovrebbe corrispondere alla realtà interiore – Mosebach afferma che non c'è vergogna nell'essere "una di quelle persone ingenue che guardano la superficie, l'apparenza esteriore delle cose, per giudicarne la natura interiore, la verità o la falsità"(2) – e ci opponiamo a qualsiasi rito che le disconnetta, lasciando il loro rapporto al libero arbitrio, come se dovessimo affidarci all'incrocio casuale tra politica locale e buon gusto soggettivo. (Tornerò tra poco sulla questione dell'estetismo.)

Gli architetti del nuovo rito volevano solo il volgare
In secondo luogo, la nuova liturgia non fu mai concepita dai suoi ideatori e realizzatori per essere recitata in latino. Papa Paolo VI congedò il latino (e con esso il canto gregoriano) nelle sue famigerate udienze generali del marzo 1965 e del novembre 1969, come spiego nel libro sopracitato.(3) Il 19 novembre 1969, dichiarò:
L'introduzione della lingua volgare sarà certamente un grande sacrificio per coloro che conoscono la bellezza, la potenza e la sacralità espressiva del latino. Stiamo abbandonando la lingua dei secoli cristiani; stiamo diventando come intrusi profani nella riserva letteraria della parola sacra. Perderemo gran parte di quella stupenda e incomparabile ricchezza artistica e spirituale che è il canto gregoriano. Abbiamo davvero motivo di rammarico, quasi di sconcerto. Cosa possiamo mettere al posto di quella lingua degli angeli? Stiamo rinunciando a qualcosa di inestimabile valore. Ma perché? Cosa c'è di più prezioso di questi valori più elevati della nostra Chiesa? La risposta sembrerà banale, prosaica. Eppure è una buona risposta, perché è umana, perché è apostolica. La comprensione della preghiera vale più delle vesti di seta con cui è regalmente rivestita. La partecipazione del popolo vale di più – in particolare la partecipazione della gente moderna, così amante di un linguaggio semplice, facilmente comprensibile e traducibile in linguaggio quotidiano.
Si tratta dello stesso papa che solo cinque anni dopo, in un'osservazione malinconica che metteva in discussione la caratteristica più evidente del nuovo rito, la sua verbosità volgare, annotava: «L'uomo moderno è sazio di chiacchiere; è evidentemente stanco di ascoltare e, quel che è peggio, impermeabile alle parole».(4)

Nel gigantesco voluminoso contenuto del libro Documenti sulla Liturgia 1963-1979, si possono trovare centinaia di riferimenti alla Messa in lingua volgare, e quasi nessun riferimento alla Messa in latino. L'editio typica latina del Missale Romanum di Paolo VI [ sic ] fu intesa da tutti, tranne forse dal clero dell'Opus Dei, come punto di partenza per le molteplici versioni in volgare. Lo si capisce perché la stessa latinità del nuovo messale, come mi hanno spiegato numerosi latinisti, è goffa e maldestra in tutto e per tutto; è un prodotto collegiale destinato a estrapolazioni pratiche.

Il nuovo rito è concepito per una facile comprensione verbale
In terzo luogo, e andando più in profondità nel cuore della questione, il Novus Ordo è in realtà costruito per un tipo di comprensione razionale immediata e di impegno attivo, estraneo alla liturgia tradizionale condotta in un linguaggio sacrale arcaico, dove molto di ciò che viene detto e fatto non viene detto e fatto per o verso l'Assemblea, e dove essere coinvolti nell'azione liturgica più ampia è il punto principale: la "creazione di una presenza", (5) o, con le parole di Newman, "non la semplice invocazione, ma... l'evocazione dell'Eterno".(6)

Nessuno ha analizzato le nette differenze tra i riti, per quanto riguarda il linguaggio, meglio di Joseph Shaw. In una magistrale serie in cinque parti pubblicata dal 23 al 27 febbraio 2014 sul suo blog LMS Chairman, Shaw spiega perché la "riforma della riforma" era morta sul nascere ancor prima di iniziare (e prima di essere soppressa con un'eutanasia positiva da Papa Francesco).(7) Vorrei qui riprendere alcuni dei punti principali da lui sollevati.

Nella prima parte, “La morte della riforma della riforma?”, Shaw introduce la sua argomentazione principale:
Pur essendo favorevole al latino, al culto ad orientem e praticamente a tutto ciò che i riformatori promuovono, mi è chiaro che la difficoltà di imporli al Novus Ordo non è solo una questione di abitudini parrocchiali. Il problema con i testi e le cerimonie, in termini di avvicinamento alla Messa Tradizionale, non è solo il fatto di quante modifiche siano necessarie. Il problema è che il Novus Ordo ha una sua etica, una sua logica e una sua spiritualità. Incapsula una sua distinta comprensione di cosa sia la partecipazione liturgica. È per promuovere questo tipo di partecipazione che i suoi vari testi e cerimonie sono stati realizzati così come sono. Se lo si mette in latino, ad orientem, e soprattutto se si iniziano ad avere elementi attualmente non consentiti, come il Canone silenzioso, allora si mina il tipo di partecipazione per cui il Novus Ordo è stato concepito. Ciò significa che, promuovendo qualcosa che equivale a un compromesso tra i due Messali, si corre il rischio di fallire entrambi gli obiettivi.
Nella seconda parte, "Il movimento liturgico", Shaw osserva che i promotori e gli innovatori del movimento liturgico erano frustrati dal fatto che, prima del Concilio, le persone non fossero più "dentro" la liturgia (secondo nozioni presumibilmente illuminate su come tale "dentro" dovesse apparire). I poveri non ne comprendevano il contenuto così bene come gli esperti stessi, capaci di comprendere fluentemente il latino, avendo molto tempo per studiare e così via. Essendo diventati impazienti verso gli approcci educativi, provarono un metodo più diretto:
Alcuni liturgisti fecero un ultimo sforzo per far giungere ai fedeli i meravigliosi testi dell'antica tradizione liturgica. Sperimentarono la messa rivolta verso il popolo, in modo che tutti potessero vedere cosa stava succedendo. Poi si resero conto che, se si voleva che le persone capissero i testi, era molto meglio farli leggere ad alta voce e in lingua volgare. Era ovvio! Ma le cose stavano cambiando. Anche ad alta voce e in inglese, i testi erano troppo lunghi e troppo complicati. Di fatto, tradurli in lingua volgare serviva solo a sottolineare che questi testi non erano adatti a un uso ripetitivo nella lingua madre dell'assemblea. Inoltre, l'ordine in cui si svolgevano le cose era confuso e (apparentemente) illogico. E poi c'erano altre mode teologiche che non gradivano l'enfasi sul peccato, la penitenza e i santi. Tutto doveva sparire.

Ciò che ottenemmo invece fu un Messale che i fedeli potevano seguire parola per parola, senza bisogno (dopo un po') di messali manuali. Le preghiere erano semplici, le cerimonie brevi e ridotte all'osso, e (a quanto pare) logiche. Era in lingua volgare. Era rivolto al popolo. La traduzione usava parole monosillabiche ove possibile. Tutto combaciava.
Quando i responsabili della Riforma osservano il risultato di questo processo, avvertono, giustamente, che c'è una grande mancanza:
Manca qualcosa alla Messa, la sacralità è scomparsa. Quindi vogliono ripristinare un po' di sacralità. Vedono gli elementi che sembrano più associati ad essa nella Messa tradizionale e vogliono ripristinarli. Quindi propongono, e di fatto praticano, l'uso del latino, la celebrazione ad orientem, il canto gregoriano e così via. Sono tutte cose positive. Ma quando i riformatori affermarono che dovevano essere sacrificate in nome della comprensibilità, non avevano tutti i torti. Pensando alla comprensione parola per parola, alla comunicazione verbale, è perfettamente vero che, a meno che non siate degli eccelsi latinisti, è più difficile seguire il Canone in latino che in inglese. A meno che non siate dei lettori labiali, è ancora più difficile se è silenzioso. A meno che non abbiate la vista a raggi X, è ancora più difficile se il sacerdote vi dà le spalle. Papa Paolo VI disse notoriamente, usando una frase di Jungmann, che il latino era una "tenda" che oscurava la liturgia, e che doveva essere tirata via. Sì: se si ha una concezione molto ristretta della partecipazione.(8) Ma questa è la concezione della partecipazione su cui si basa l'intera riforma.
Nella terza parte, “Fallire entrambi gli obiettivi”, Shaw esplicita i presupposti dei riformatori e spiega perché sono sbagliati:
Ho descritto il processo storico attraverso il quale siamo arrivati a una liturgia da cui dramma, gesto, mistero, stupore e bellezza sono stati sistematicamente rimossi. Ne rimane ancora qualcosa, ma meno di prima; il punto è che la loro rimozione non è stata accidentale, bensì deliberata e sistematica. C'era un principio in atto: la Messa dovrebbe essere facilmente comprensibile. Dramma, poesia, tutto ciò che è nascosto alla vista o in una lingua straniera: sono inevitabilmente più difficili da comprendere. E chi può contestare questo principio? Ciò che i riformatori davano per scontato era il presupposto che si trattasse di comunicazione verbale. Quindi, mettiamolo in chiaro: la Messa dovrebbe essere facilmente comprensibile a livello di comunicazione verbale.

Improvvisamente, tutto sembra meno ovvio. È possibile che ciò che è più facilmente comprensibile a livello verbale sia in realtà meno facilmente comprensibile, o, per usare un altro termine preferito dai liturgisti, significativo, considerando insieme le forme di comunicazione verbale e non verbale? Ascoltate cosa ha osservato Padre Aidan Nichols OP ( Looking at the Liturgy, 59): "Per il sociologo, non è affatto ovvio che riti brevi e chiari abbiano un potenziale trasformativo maggiore di riti complessi, abbondanti, sontuosi, ricchi e lunghi, dotati di un cerimoniale elaborato".

Messa così, la cosa è abbastanza chiara. È perfettamente possibile che lo sforzo di rendere la Messa più significativa a livello verbale abbia avuto un effetto così deleterio sul suo aspetto non verbale che ci siamo ritrovati, tutto sommato,  con qualcosa di meno significativo.
Poi spiega cosa succede quando si cerca di "mescolare e abbinare":
Il Novus Ordo è orientato alla comprensione verbale. Potrebbe essere carente in altri aspetti – certamente la Riforma dei Riformatori ce lo dice – ma in termini di comprensione dei testi liturgici bisogna dire che è piuttosto efficace. Vengono letti in modo chiaro e evidente, solitamente amplificati, nella propria lingua madre (almeno per chi di noi ha una lingua madre importante e vive dove è lingua ufficiale); il vocabolario (almeno fino alla nuova traduzione [del 2011]) non è impegnativo. Sì, abbiamo recepito il messaggio, a livello intellettuale, parola per parola.
Affermare che il Vetus Ordo opera a un altro livello è un'ovvietà. Non si possono nemmeno sentire i passaggi più importanti: vengono pronunciati in silenzio. Se si potessero sentire, sarebbero in latino. Eppure, in qualche modo, ha i suoi sostenitori. Comunica qualcosa, non nonostante queste barriere alla comunicazione verbale, ma attraverso gli stessi elementi che sono chiaramente barriere alla comunicazione verbale. Il silenzio e il latino sono infatti tra i mezzi più efficaci che il Vetus Ordo impiega per comunicare ciò che comunica: il mysterium tremendum, la straordinaria realtà di Dio resa presente nella liturgia. Se si prende il Novus Ordo e lo si rende verbalmente incomprensibile, o si prende il Vetus Ordo e si eliminano il latino e il silenzio, non si sta creando la liturgia ideale. Si corre il grave rischio di creare qualcosa che non è né carne né pesce: questo non funziona a nessuno dei due livelli.

Nella Parte 4, “Novus Ordo in Latino?”, Shaw collega i suoi vari punti:
Un messale di compromesso, con "il meglio" della forma ordinaria e di quella straordinaria, potrebbe rivelarsi qualcosa che non permette ai fedeli di partecipare efficacemente né nel tipico stile tradizionale né in quello tipico del Novus Ordo. L'idea che si possa rendere più facile la partecipazione alla Messa latina tradizionale apportando varie modifiche – l'uso della lingua volgare, preghiere silenziose [precedentemente] recitate ad alta voce, il sacerdote rivolto verso il popolo – si basa sull'idea che esista un solo tipo di partecipazione significativa, ed è quella intellettuale e verbale: la comprensione della liturgia attraverso la comprensione dei testi liturgici parola per parola, così come vengono recitati. Ma, come ho sostenuto, non è così...

Ho anche avvertito che qualcosa di simile può accadere dall'altra parte. Se si prende il Novus Ordo e lo si traduce in latino, ad esempio, si elimina immediatamente gran parte del coinvolgimento intellettuale e verbale per cui era stato concepito il Messale del 1970. Si creerà un senso del sacro per compensare? Forse. Ma l'intero rito è stato impostato male, da questo punto di vista, e la maggior parte dei cattolici presenti non troverà affatto ovvio come permettersi di partecipare in modo appropriato, nel contesto dei segnali contrastanti che ricevono dalle cerimonie e dai testi...

Se vogliamo parlare del futuro, di ciò che ha una qualche possibilità di funzionare davvero con la maggior parte dei cattolici comuni, la Riforma della Riforma si basa su un terribile errore. L'errore è presumere di poter preservare ciò che è attraente in una Forma, combinandolo con ciò che è attraente nell'altra. Non è possibile, perché sono incompatibili. Nella Forma di Fede sono proprio gli elementi che impediscono la comunicazione verbale a facilitare la comunicazione non verbale: il latino, il silenzio, il culto ad orientem e così via. Un tentativo di intensificare la comunicazione verbale nella Forma di Fede distruggerà ciò che la rende attraente. Allo stesso modo, un tentativo di introdurre più "senso del sacro" nella Forma di Fede ne ridurrà radicalmente il principale punto di forza: la facilità della comunicazione verbale.
Shaw ha acutamente riconosciuto che non è possibile avere tutti i vantaggi possibili simultaneamente, e che alcuni ne escludono altri. È bene tenerlo a mente, perché vale anche per i difensori dei riti orientali, che nel loro lodevole entusiasmo per le proprie tradizioni si dimostrano spesso ciechi e sordi alle perfezioni che contraddistinguono la tradizione occidentale.(9)

Il rimprovero dell'estetismo 
In quarto e ultimo luogo, i devoti della Messa tradizionale vengono spesso rimproverati di avere una visione troppo “estetica” della liturgia e di pensare troppo in termini di “devozione” e “riverenza” (come se questi atteggiamenti potessero mai essere un problema di cui preoccuparsi!).(10)

Ma la verità è che la Messa Latina è intrinsecamente estetica e devozionale, e la lingua latina è una componente importante del suo corredo genetico. Victor Hugo ha una meravigliosa osservazione: "La forma è la sostanza che emerge in superficie". Questo è ciò che si vede nella Messa in latino: la forma esteriore in tutta la sua complessità che emerge dalle profondità della sua intrinseca teologia.

Coloro, d'altra parte, che, pur sapendo che Paolo VI (e altri) intendeva che il Novus Ordo fosse in lingua volgare, ora lo vogliono in latino, commettono una sorta di estetismo. Perché, in questo scenario, il latino diventa una decorazione e una mistificazione, come altri "odori e suoni" che danno l'illusione di continuità nel nostro culto liturgico e offuscano le profonde differenze di contenuto tra antico e nuovo.

Andrew Shivone osserva acutamente che nel nuovo rito è insita una logica spietata che contrasta con le forme tradizionali:
La Forma Ordinaria... comunica perpetuamente la disunità tra intento spirituale e gesto esteriore. La pletora di opzioni per laici e sacerdoti nella liturgia contribuisce a far credere che gesti e simboli fisici siano meri ornamenti sentimentali di un vero culto interiore. Sebbene si possa celebrarla con grande riverenza con i canti del Proprio, recitando il Canone Romano e in latino, il fatto stesso che tutte queste forme siano facoltative suggerisce che si tratti di inutili ornamenti estetici per elitisti retrogradi, piuttosto che di parti integranti di un tutto.(11)
È quel drago dellla mania delle "possibilità di scelta" che rialza ancora una volta la sua brutta testa. La Messa tradizionale deve essere fondamentalmente in latino: la lingua è ossa delle sue ossa, carne della sua carne. È scritto sul suo certificato di nascita e sul suo passaporto.(12) Sì, lo so: gli Irochesi finirono per ricevere parte della vecchia liturgia nella loro lingua, e c'è una Messa glagolitica [slavica -ndT], e gli anglicani della Chiesa alta crearono un Messale Romano Cranmerizzato, ecc. Ma il 99,9% delle volte, l'antica liturgia romana veniva offerta in latino – e lo stesso vale oggi in migliaia di luoghi di messa in un centinaio di paesi.

Nel Novus Ordo, tuttavia, anche la lingua usata è un'opzione, come tante altre. Di conseguenza, qualcuno deve scegliere di celebrare la nuova Messa in latino. Questa scelta, come altre, crea immediatamente una polarizzazione, in un modo che qualcosa di inevitabile, qualcosa di semplicemente dato, non crea. Inoltre, ogni volta che si fa qualcosa di tradizionale ma facoltativo nel Novus Ordo, questo diventa un risultato personale postulato dalla discrezione pastorale, dalla convinzione intellettuale e dal buon gusto del celebrante, e quindi riflettente della sua personalità o "ars celebrandi". Questa è la mia critica principale al "reverente Novus Ordo" e alla Riforma della riforma (come discusso nel mio articolo "Perché la riforma della riforma è destinata a fallire").

In realtà, c'è un livello ancora più profondo da considerare. La liturgia romana tradizionale si basa sulla liturgia pontificale nella sua forma solenne. Ogni altra versione – Messa solenne, Messa cantata e Messa letta – è una riduzione pragmatica per esigenze pastorali. È come se, in teoria, si desiderasse sempre una Messa pontificale (dato che il vescovo è Cristo per eccellenza, come affermano con insistenza i Padri della Chiesa, e la Messa primordiale è l'intera Chiesa riunita attorno al suo vescovo), ma poiché ciò è impossibile, si passa al livello immediatamente successivo.(13)

Questo paradigma fu rifiutato dalla riforma liturgica, che assunse la liturgia del singolo sacerdote come forma fondamentale e rese qualsiasi altra cosa una questione di aggiunte al modello della Messa parrocchiale.(14) Questa è una profonda inversione di tendenza nello sviluppo organico della liturgia. Spiega perché, ogni volta che un sacerdote celebra la liturgia in linea con le nostre tradizioni romane, sia considerato un "esteta", poiché tutte quelle aggiunte sono, nella prospettiva di Bugnini, aggiunte inutili. I riformatori, almeno in questo senso, erano intrappolati nella cultura della Messa bassa e nell'eccessiva priorità data alla validità, a discapito dell'autenticità e della convenienza.(15)

In breve, il Novus Ordo latino non è una soluzione ai nostri mali. È un'incongruenza imbarazzante che confonderà alcuni, deluderà altri e non ispirerà nessuno. L'unica soluzione, sia a breve che a lungo termine, è un'adesione inflessibile e di principio alla grande tradizione liturgica latina, che nessuno al mondo ha l'autorità di mettere al bando, e alla quale sarebbe un suicidio spirituale rinunciare.
Peter Kwasniewski, 16 ottobre
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1 Matthew Hazell, “'Tutti gli elementi del rito romano'?
2 Mosebach, Eresia dell'informe qui e precedenti, 2. Questo autore ha certamente ragione nell'affermare che la bellezza esteriore deve essere ricercata e che la sua voluta assenza è un male: "La dottrina dei presunti 'valori interiori' nascosti sotto un guscio sporco e decrepito è qualcosa che trovo altamente sospetta. Credevo già che l'anima impartisse una forma, un volto, una superficie al corpo, ancor prima di apprendere che si trattava di una verità definita dall'autorità magisteriale della Chiesa. Consideratemi un primitivo mediterraneo, ma non credo che un linguaggio falso, pieno di inganno e privo di sentimento possa contenere idee di alcun valore. Ciò che vale nell'arte deve valere a un grado molto più elevato nella preghiera pubblica della Chiesa; se, nella vita ordinaria, la bruttezza ci mostra la presenza della falsità, nell'ambito della religione può indicare qualcosa di peggio" (ibid.).
3 Vedi “Rivisitazione dell'Apologia di Paolo VI per la nuova messa” in Kwasniewski, Once and Future Roman Rite, 109–43.
4 Paolo VI, Esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi, n. 42.
5 Mosebach (Heresy of Formlessness qui e precedenti, 186) ha utilizzato questa frase per descrivere il cerimoniale tradizionale per la lettura del Vangelo, ma si presta facilmente al modo in cui funziona l'intera liturgia classica, come spiega Joseph Shaw in Sacred and Great: A Brief Introduction to the Traditional Latin Mass (Os Justi Press, 2023).
6 Kwasniewski, a cura di, Newman on Worship, 386.
7 Vedi il mio articolo “Perché limitare la Messa tradizionale danneggia ogni messa parrocchiale”, Crisis Magazine, 13 agosto 2021; cfr. capitolo 7.
8 Per un'analisi più approfondita di questo argomento da parte di Shaw, vedere "Understanding Liturgical Participation" in Joseph Shaw, The Liturgy, the Family, and the Crisis of Modernity: Essays of a Traditional Catholic (Os Justi, 2023), 57–85.
9 L'ultimo articolo di Shaw della serie, "Parte 5: 1965?", esula dall'attuale discussione. Torno al messale provvisorio del 1965 nel capitolo 13.
10 Vedi Dietrich von Hildebrand, Liturgia e personalità (The Hildebrand Project, 2016).
11 Andrew Shivone, “ La forma gloriosa della liturgia ”, Humanum Review, Lingua: Numero due.
12 Per una difesa di questa affermazione in relazione al passaggio della liturgia romana dal greco al latino, vedere “Was Liturgical Latin Introduced As— and Because It Was— the Vernacular?”, in Kwasniewski, a cura di, Illusions of Reform, 114–22.
13 Questo, tra l'altro, dimostra che la Missa cantata dovrebbe essere privilegiata negli ambienti tradizionali molto più di quanto non tenda ad essere. La Messa letta (Missa lecta) o Messa bassa è comprensibile per motivi di devozione e comodità, ma la sua prevalenza nelle parrocchie è in parte il risultato di una sottile forma di minimalismo liturgico occidentale che considera molti degli "esteriori" normativi del rito romano superflui o addirittura distraenti/sminuitori della spiritualità – un atteggiamento pericolosamente affine all'iconoclastia protestante. In realtà, i gesti, le posture, i paramenti, la musica e l'architettura sono icone del banchetto nuziale dell'Agnello. In Oriente c'è una domenica celebrata ogni anno come il "Trionfo dell'Ortodossia", che commemora la vittoria degli iconofili ed esalta le icone sacre. In Occidente, stiamo ancora lottando per il nostro trionfo sull'iconoclastia.
14 Bugnini ( Riforma della Liturgia , 340) è esplicito al riguardo: «Il punto di partenza della riforma non dovrebbe essere la Messa 'privata', ma la 'Messa con il popolo'; non la Messa letta, ma la Messa con il canto. Ma quale Messa con il canto: la Messa pontificale, quella solenne o quella cantata? Data la situazione concreta delle chiese, la risposta non può che essere: Messa celebrata da un sacerdote, con lettore, ministranti, coro o cantore e popolo. Tutte le altre forme, come la Messa pontificale, la Messa solenne, la Messa con il diacono, saranno ampliamenti o ulteriori semplificazioni di questa Messa fondamentale, che è perciò detta 'normativa'».
15 Vedi il mio articolo “ Le quattro qualità della liturgia: validità, liceità, adeguatezza e autenticità ”, NLM, 9 novembre 2020.

2 commenti:

  1. A mio parere è tutta una questione di educazione che inizia da bambini e piano piano si completa. E parimenti se uno non è stato educato da bambino, a qualsiasi età entra nella Chiesa, come un bambino si prepara ad imparare piano piano. È come se uno che nasce in una capanna di poverissimi e diventato adulto trova lavoro in una reggia, allora deve imparare un nuovo linguaggio, un nuovo modo di comportarsi, finanche un nuovo modo di pensare, cioè deve nel tempo affinarsi, rieducarsi. Nei fatti qualsiasi religione, qualsiasi filosofia, qualsiasi sapienza richiede un cambiamento interiore ed esteriore per chiunque voglia in esse approfondirsi o farsi loro seguace. Tanto più per il Cattolicesimo che dovrebbe insegnare lo stile di vita dell'essere uomini e donne in tensione tra il tempo e l'eternità sulle orme del Signore Gesù Cristo. Non ultimo il bene che la sintassi latina reca al pensiero di chiunque.

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  2. “Oggi dobbiamo chiedere a Cristo perdono e aiuto per la nostra convivenza che, se non parte dalla intelligenza, non è umana, non sarebbe umana, sarebbe un greggismo devoto, una “piosità” da schiavi, direbbe Péguy, non degna di Dio né dello spirito di ognuno di noi”.
    (L. Giussani, da “Attraverso la compagnia dei credenti”)

    Così mi aiutasti, don Gius, a dar valore a tutto l’umano,
    nell’uomo.

    A intuire dentro le cose, i legami intellegibili,
    che schiariscono senza turbare il Mistero.

    A partire dall’intelligenza.

    Che è leggere dentro, per quel che possiamo,
    per quel che sappiamo.

    A riconoscere la nostra statura, per maturare
    una obbedienza consapevole.

    Alla realtà. Agli altri. Al Dio che è Logos,
    parola
    che assume le nostre, e le trasfigura.

    A fidarmi, munita di ragioni, della testimonianza di un altro.

    Una lezione che pare abbiamo scordato.

    E a cui tornare.

    In tempi di fideismo cieco, o di razionalismo supponente.

    Così che l’intelligenza della fede torni a farsi intelligenza
    della realtà.

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