Si può parlare di una « Roma di tendenza neo-modernista » ?
don Jean-Michel Gleize - Giugno 2013
Recentemente lei ha proposto una spiegazione secondo cui l'espressione « Chiesa conciliare » non significherebbe una istituzione distinta dalla Chiesa Cattolica, ma piuttosto una « tendenza » in seno ad essa. La logica conseguenza di questa teoria sarebbe dunque che il movimento tradizionalista dovrebbe tornare nella struttura ufficiale della Chiesa al fine di combattere, dall'interno, la « tendenza » conciliare e così far trionfare la Tradizione ?Il Courrier de Rome n°365 di maggio 2013 pubblica la traduzione francese di un'intervista che don Jean-Michel Gleize ha rilasciato alla rivista del Distretto degli Stati Uniti, The Angelus. Questa intervista permette al professore di ecclesiologia del Seminario San Pio X di Ecône di precisare alcuni punti del suo studio «Si può parlare di una Chiesa conciliare».
[Rinvio alla lettura anche di questo testo]
Le chiedo a mia volta : cosa si intende per « struttura ufficiale » ? Logicamente, questa espressione fa la distinzione con una struttura che non sarebbe ufficiale : dov'è questa, secondo lei ? Da parte mia, credo che ci sia la Chiesa e la sua struttura visibile ; e nella struttura della Chiesa, c'è il buono e cattivo spirito, e che questo si sia impadronito degli spiriti dei dirigenti, infiltrandosi col pretesto del governo della gerarchia. Se c'è una struttura ufficiale alla quale noi non apparteniamo e nella quale bisognerebbe tornare, sia che si tratti della Chiesa cattolica e noi siamo scismatici, e in quanto tali fuori dalla Chiesa visibile e vogliamo rimanerlo ; sia che si tratti di una gerarchia visibile altra da quella della Chiesa cattolica e noi siamo la Chiesa cattolica in quando distinta dalla Chiesa conciliare; ma allora dov'è il nostro papa ? Il nostro Papa è il vescovo di Roma e chi è vescovo di Roma secondo noi?
Si sentono spesso le autorità della Fraternità dire che occorre « aiutare la Chiesa cattolica a riappropriarsi della sua tradizione ». Non crede che questo genere di dichiarazioni possa lasciare i fedeli perplessi? Perché la Chiesa Cattolica, senza la sua Tradizione, non potrebbe esistere ; essa non sarebbe più la Chiesa Cattolica.
Se lei pensa che la Chiesa è una persona, la sua domanda ha senso. Ma la Chiesa non è una persona come lei e me ; è una società e dunque le cose non sono così semplici. « Aiutare la Chiesa a riappropriarsi della sua Tradizione » è un'espressione in cui il tutto è preso per la parte, cioè per gli uomini che nella Chiesa sono infettati dal cattivo spirito. Questa immagine retorica è legittima e un uomo di buona volontà non vi si trae in inganno. Nel passato, i papi hanno parlato di « riformare la Chiesa ». Ora, la Chiesa in quanto tale non è da riformare. Dunque, i papi intendevano parlare non della Chiesa in quanto tale ma di alcune persone nella Chiesa.
Ma lei crede davvero che si possa parlare di « tendenza », per qualificare il modernismo che imperversa nella Chiesa, da quando le idee liberali e massoniche del Vaticano II si trovano per così dire istituzionalizzate da riforme che coprono tutti gli aspetti della vita ecclesiale : Liturgia, Catechismo, Rituale, Bibbia, Tribunali ecclesiastici, Insegnamento superiore, Magistero, e, soprattutto, il Diritto Canonico ?
Dice bene « per così dire »... È la prova (per lo meno inconscia) che qui ancora le cose non sono semplici. Non dimentichi, comunque, che non sono io il primo che parlo di « tendenze » per qualificare la situazione attuale della Chiesa occupata dal modernismo. Ricordi la Dichiarazione del 1974, di cui Mons. Lefebvre ha voluto fare la Charta della Fraternità : Mons. Lefebvre parla esattamente di una « Roma di tendenza neo-modernista, neo-protestante, che si è manifestata chiaramente nel concilio Vaticano II e dopo il Concilio in tutte le riforme che ne sono scaturite ». Mons. Lefebvre non vuol dire che ci sono due Rome o due Chiese diametralmente opposte come lo sarebbero due corpi mistici o due società. Egli intende dire che c'è Roma e la Chiesa, l’unico Corpo mistico di Cristo la cui testa visibile è il Papa, vescovo di Roma e vicario di Cristo. Ma ci sono anche tendenze cattive che si sono introdotte in questa Chiesa, a causa delle false idee che imperversano nello spirito di coloro che detengono il potere a Roma. Argomento ripreso dall'articolo del febbraio scorso del Courrier de Rome. Sì le riforme sono cattive ; ma hanno l'effetto di veicolare tendenze (che restano allo stato di tendenza) nelle cose riformate : dunque queste obbediscono a cattive tendenze che in esse più o meno si incrostano nella vita della Chiesa, senza che si possa dire che sempre e ovunque ci siano nuove istituzioni, completamente estranee alla Chiesa. In tutti gli esempi che lei evoca, si pone l'interrogativo su ciò che uomini di Chiesa hanno realizzato. Ma una cosa è il potere di cui si sono serviti (in maniera molto abusiva) per imporre queste novità, altra cosa è la gerarchia visibile della quale occupano i posti. Le idee liberali e massoniche del Vaticano II sono state istituzionalizzate, ma precisamente, sono idee nuove, che possono lanciare nuove tendenze. Esse non sono un'istituzione come può essere una intera Chiesa distinta.
Senza dubbio, ma queste tendenze non sono cattoliche ! Esse fanno perdere la fede alle persone e le separano dalla Chiesa. Non siamo noi che abbiamo lasciato la Chiesa cattolica, sono loro, anche se sono riusciti a prendere le redini della struttura ufficiale. Dunque ci troviamo di fronte a una struttura, ad una istituzione, diversa della Chiesa cattolica. Se così non fosse, noi ne saremmo membri !
Se seguo fino in fondo la sua logica, devo dunque concludere che la Chiesa conciliare esisterebbe come una setta scismatica, formalmente altra dalla Chiesa cattolica. Quindi: tutti i suoi membri sarebbero almeno materialmente scismatici, ivi compresi tutti coloro che si sono allineati ; essi sarebbero fuori dalla Chiesa ; non si potrebbero loro dare i sacramenti prima che avessero pubblicamente abiurato ; i papi conciliari sarebbero antipapi ; se noi siamo la Chiesa Cattolica, o non abbiamo papa e allora dov'è la nostra visibilità ? Oppure ne abbiamo uno e allora qual è, è il vescovo di Roma ?
Per quanto riguarda il ruolo del papa in tutto questo, bisogna convenire che qui c'è un mistero, un mistero d'iniquità.
Senza dubbio, ma il mistero è una verità che oltrepassa la ragione ; che la Chiesa sia abitualmente privata del suo capo è assurdo e contrario alle promesse d'indefettibilità. Una delle ragioni sulle quali si è potuto appoggiare il fondatore della Fraternità San Pio X per rifiutare l'ipotesi sedevacantista era che « la questione della visibilità della Chiesa è troppo necessaria alla sua esistenza perché Dio possa dimenticarla per decenni ; il ragionamento di coloro che affermano l'inesistenza del papa mette la Chiesa in una situazione inestricabile » (Conferenza a Ecône, 5 ottobre 1978). Di fatto, il suo ragionamento equivale più o meno al sedevacantismo. Ciò non è nuovo ; ma è un vecchio errore già condannato dal fondatore della Fraternità San Pio X. Perdoni se la deludo, ma non mi arrischierei mai a voler esser più saggio di Salomone !… I quarant'anni di episcopato di Mons. Lefebvre, questo conta, se non agli occhi degli uomini, per lo meno a quelli di Dio. Mons. Lefebvre è stato un grand'uomo, perché è stato un uomo di Chiesa.
Commento
L’argomentazione logica di don Gleize che s'appoggia sul principio di non-contraddizione, s’inscrive nella linea degli studi apologetici tradizionali. Ci si potrà anche riferire a Iota unum di Romano Amerio, il cui sotto titolo « Storia delle variazioni della Chiesa cattolica nel XX secolo » rinvia alla Storia delle variazioni delle Chiese protestanti di Bossuet. Ecco due estratti dalla Prefazione dell'opera di Bossuet che permettono di cogliere la pertinenza e l'efficacia di questa argomentazione sempre attuale:
- Sullo studio dei cambiamenti nel credo protestante : « Non è stato fatto alcun cambiamento tra i protestanti che non segni un inconveniente nella loro dottrina e che non ne sia l'effetto inevitabile : le loro variazioni, come quelle degli ariani, dimostrano ciò ch'essi hanno voluto espungere, ciò che hanno voluto aggiungere, ciò che hanno voluto mascherare nel loro credere »
- Perciò in ordine alla visibilità della Chiesa prima della Riforma, i protestanti hanno proposto differenti stati della Chiesa « dicendo che la Chiesa non è sempre stata nello splendore, ma che in ogni tempo ci fosse almeno qualche piccola assemblea nella quale la verità si faceva intendere. Alla fine, quando ci si è resi conto che questa non poteva mostrarsi nella storia né piccola né grande, né oscura né strepitosa del 'credo' protestante, si è presentato molto a proposito il rifugio della Chiesa invisibile ».
_______________________________Fonte : The Angelus/Courrier de Rome – DICI n°276 del 7 giugno 2013
(Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio)
E' una riflessione utile perchè aiuta a non cadere, proprio a causa delle delusione e del disorientamento, nella tentazione di rifugiarsi in una idea di "Chiesa invisibile"...
RispondiEliminaUn conto è la Chiesa-mistero, che comprende sia quella visibile che quella invisibile (non solo terrena, ma anche celeste) di ogni tempo. Un altro conto è una Chiesa che non è più Sacramento e Annuncio visibile e riconoscibile della Verità, cioè del Signore di cui è portatrice fino alla fine dei tempi.
Romano Amerio, citato nel commento finale, fu tra gli assertori dell'impossibilità di mutamenti sostanziali nella conoscenza della verità e anche nella trasmissione della Verità Rivelata. Ciò che muta è accidentale, mai sostanziale; mutano gli accidenti, non le essenze.
Dunque, nonostante le rivoluzioni, non potranno avvenire mutamenti sostanziali nella verità e nella vita della Chiesa.
Voglio crederci perché è il pensiero di un uomo di scienza e di fede, confido nel Signore e vado avanti.
Mi pare, cara Mic, una petitio principii. Ho apprezzato molto, di Don Gleize, la sua critica all'ermeneutica della continuità di Ratzinger, che mi ha permesso di capire molte cose, ma bisogna stare ai fatti. Mutamenti sostanziali, e mi costa molto ammetterlo, ci sono stati: si pensi, come esempio eclatante ma non certo unico, alla nuova messa (che, ovviamente, è fondata su una nuova dottrina).
RispondiEliminasi pensi, come esempio eclatante ma non certo unico, alla nuova messa (che, ovviamente, è fondata su una nuova dottrina
RispondiEliminaIn senso stretto è vero (prevale la mensa sull'Altare, il convivio sul Sacrifico, l'Assemblea che celebra: quindi non più Actio del Signore).
Se mi mandi la tua mail su maria.guarini@gmail.com ti mando un mio lavoro proprio su questo.
Però la transustanziazione c'è e molti sacerdoti celebrano rettamente e dunque molti fedeli, pur con grande diminutio, idem
Non voglio soffermarmi sui molti orribile e generalizzati abusi, anche per non ignorare il positivo. (Conosco diversi sacerdoti NO secondo il cuore del Signore).
E, poi, c'è da dire che la contestuale presenza della Santa Messa di sempre non ha reso questo 'mutamento' operante fino in fondo nel corpo ecclesiale.
Io cerco di basarmi su questo e, ti ripeto, mi affido e vado avanti.
... in attesa, come dice sempre Amerio, del ripareggiamento della verità, che avverrà di sicuro da parte di un Papa...
Me sembra che la situazione attuale è um mistero e veramente in quanto tale questo oltrepassa la ragione. Per me il cuore della questione è la questione della tradizione, “perchè la Chiesa Cattolica, senza la sua Tradizione, non potrebbe esistere ; essa non sarebbe più la Chiesa Cattolica”. Don Gleize risponde la questione dicendo che la Chiesa non è una persona, ma uma società e lascia a intendere che i problemi sono gli uomini infettati da uno cattivo spirito e conclude dicendo che la Chiesa in quanto tale non è da riformare e che gli papi che hanno parlato di riformare la Chiesa parlavano di alcune persone della Chiesa. In questo senso Don Gleize ignora in linea di principio e non considera che Giovanni XXIII ha convocatto il Concilio non per riformare “alcune persone” della Chiesa, ma per riformare la Chiesa stessa, atraverso una riforma di suo depositum fidei. Allora la questione è che de iure la Chiesa non può essere riformata, ma de facto il Concilio Vaticano II ha tentato fare questa “riforma” (che è stata um disastro). Ma nella risposta sembra per Don Gleize che il Vaticano II è stato de facto convocato per riformare “alcune persone”, per questo insiste in parlare in uno cattivo spirito che lascia a intendere che non vi è nessuno problema nella lettera di questo concilio. Così sembra che la FSSPX ha accettato la soluzione dell’ermeneutica della continuità de Benedetto XVI. E in quello che riguarda la visibilità della Chiesa Don Gleize non considera l’escatologia della Chiesa dove al meno se parla che la Chiesa se trovaria per due volte in uno deserto e Nostro Signore ha detto che prima che venga suo giorno il sole si oscurerà (Il contenuto del messagio di La Salette è stato anche aprovatto per la Chiesa).
RispondiEliminaPer me il problema è che de iure la Chiesa mai perderà la sua tradizione, ma de facto con il Concilio e la Dei Verbum, non se può dire e identificare quello che questo documento del Concilio e che gli autorità capiscono per tradizione, con quello che è la tradizione della Chiesa. Anche non se può ignorare che lo spirito cattivo che infetta l’autorità trova sua forza nella lettera del Concilio e questo Don Gleize ignora in sua risposta...
Ma nella risposta sembra per Don Gleize che il Vaticano II è stato de facto convocato per riformare “alcune persone”, per questo insiste in parlare in uno cattivo spirito che lascia a intendere che non vi è nessuno problema nella lettera di questo concilio
RispondiEliminaNon credo che don Gleize intenda questo.
1. quanto alla riforma, essa effettivamente può riguardare le persone e non la Chiesa
2. quanto alla lettera del concilio, non ne parla; ma non è cambiato nulla nella posizione della FSSPX al riguardo (così come nulla può cambiare neppure per noi). Così come non può cambiare nulla, perché le ambiguità e i punti controversi purtroppo sono stati individuati: ci sono e tali restano.
RispondiEliminahttp://www.repubblica.it/ultimora/cronaca/papa-non-partecipa-a-concerto-per-l-anno-della-fede/news-dettaglio/4363052
Papa non partecipa a concerto per l'Anno della Fede
RispondiEliminaCdV, 22 giu. - Papa Francesco ha scelto di non partecipare quasta sera la Concerto in Vaticano in occasione dell'Anno della Fede per 'impegni improrogabili'. Ne ha dato notizia monsignor Rino Fisichella, presdidente del dicastero per la Nuova Evangelizzazione, sottolinenando pero' che 'per domani si dara' seguito a tutti gli eventi in calendario per l'anno della fede'. L'assenza di Francesco al Concerto viene spiegata con il fatto che il nuovo Papa non ama presenziare ad un certo tipo di occasioni e appuntamenti - come i Concerti - che non gli sono congeniali. Alcune voci parlano anche di tensioni tra personalita' della Curia in attesa di nomine e trasferimenti fuori dal Vaticano che avrebbero dovuto riguardare eccelsiastici di primo piano e avrebbero dovuto essere pubblicati oggi ma sono stati rinviati, anche se sembra difficile che il Pontefice possa essersi lasciato influenzare da queste situazioni.
Ho passato la notizia postata poco fa.
RispondiEliminaLimitiamoci a registrarla senza lasciarci sommergere dalla cronaca.
Mic,
RispondiEliminaQuesto dice il primo punto dice il proprio Don Gleize:
"Ora, la Chiesa in quanto tale non è da riformare. Dunque, i papi intendevano parlare non della Chiesa in quanto tale ma di alcune persone nella Chiesa".
In questo senso Don Gleize sta correto perchè la Chiesa è una società perfetta, non ha bisogno di riforma, sono i suoi membri che hanno bisogno di essere riformati e sono questi che le riforme della Chiesa hanno per l'oggeto (Guarda l'aticolo "Il modernismo riformista" 1908 della rivista La Civiltà cattolica: http://progettobarruel.zxq.net/novita/11/modernismo_riformista.html).
Per quanto riguarda al secondo punto, veramente lui non ne parla, ma fa la riduzione di tutti problemi a uno spirito cattivo senza dire molto di questo spirito. Così lascia a intendere che il problema non è più il Concilio, ma questo spirito cattivo che non vienne presentato di forma chiara.
Un saluto dal Brasile
Per quanto riguarda al secondo punto, veramente lui non ne parla, ma fa la riduzione di tutti problemi a uno spirito cattivo senza dire molto di questo spirito. Così lascia a intendere che il problema non è più il Concilio, ma questo spirito cattivo che non vienne presentato di forma chiara.
RispondiEliminaNon lo presenta in forma chiara qui. Ma sono nodi dai quali non si può sfuggire.
Non credo che con questo voglia sminuire i problemi del concilio.
Tra l'altro dice:
"Sì le riforme sono cattive ; ma hanno l'effetto di veicolare tendenze (che restano allo stato di tendenza) nelle cose riformate : dunque queste obbediscono a cattive tendenze che in esse più o meno si incrostano nella vita della Chiesa, senza che si possa dire che sempre e ovunque ci siano nuove istituzioni, completamente estranee alla Chiesa."
Come dire è tutto molto inquinato, ma non completamente perduto. Non a caso, alla fine viene richiamato Romano Amerio.
Quel che mi inquieta di più, invece è la citazione di Bossuet, quando sulle "variazioni dei protestanti", parla di "ciò ch'essi hanno voluto espungere, ciò che hanno voluto aggiungere, ciò che hanno voluto mascherare nel loro credere"... Beh, credo che assomiglia molto a quello che abbiamo subito negli ultimi 50 anni. Ed è impossibile ignorarne gli effetti.
E' questo che mi inquieta.
" Ho passato la notizia postata poco fa.
RispondiEliminaLimitiamoci a registrarla senza lasciarci sommergere dalla cronaca."
È un OT, in questo hai ragione, mic, ma non è un dettaglio insignificante se è vero che papa Bergoglio si è limitato a dire ai suoi collaboratori:
"Non sono un principe rinascimentale che ascolta musica invece di lavorare"."
Se davvero lo ha detto, piomba ancora un giudizio alla Bergoglio, ma che abbia il coraggio e la correttezza di dire che non ama la bella musica invece di trovare scuse che non stanno né in cielo né in terra, e che sono insultanti per chi non ha i suoi stessi gusti!
Leggo anche che:
"L'udienza a 108 nunzi in servizio e 40 emeriti, nella Sala Clementina, è un appuntamento in calendario per l'Anno della fede, ereditato da papa Francesco, che però ne approfitta per dare la sua impronta all'incontro: dona a tutti una croce pettorale d'argento, per cui è presumibile che d'ora in poi tutti i rappresentanti pontifici nel mondo non indosseranno più quella d'oro, allineandosi allo standard di sobrietà del papa latinoamericano."
Standard di sobrieta?
O dittatura del pauperismo e-o rifiuto del simbolismo della croce pettorale in oro?
MAH!
Non sono un principe rinascimentale che ascolta musica invece di lavorare
RispondiEliminaQuesto papa, lo abbiamo capito bene ormai, è un gran cazzaro, come buona parte della sua stirpe senza storia nè cultura. Ti ringrazio, Mic, ti scriverò al più presto.
Ciao
Mic,
RispondiEliminaPer me l’insistenza in questo spirito cattivo senza dire che cosa sia questo spirito è veramente una cosa stranea. È um vuoto se tiene in testa il passato della FSSPX dove non se parlava in spirito ma chiaramente nel Concilio.
Si, le riforme sono cattive, ma nel brano che lei ha postato, solo se conferma quello che ho detto: Don Gleize veramente pensa che il Concilio ha avuto per fine riformare solo le persone, non la Chiesa stessa. Così, lui già non riconosce nella Colegialità, nell’Ecumenismo e nella libertà religiosa nuovi istituzioni completamente stranee alla Chiesa (questo senza considerare il “subisist in” e il mutamento nel concetto de tradizione). Quello che voglio dire è che vi è una differenza sostanziali tra considerare l’oggeto delle riforma la Chiesa stessa per considerare l’oggeto delle riforme dell’ultimo Concilio alcune persone. In questo articolo lui solleva questa questione, ma la sua risposta sembra tendere a ignorare tutti i testi di Giovanni XXIII e quello che è statto fatto nel Concilio per ridurre tutto a una riforma di alcune persone. Se dice ancora nell’articolo che le legge del Concilio hanno delle tendenze, ma quello che sono questa legge non vienne chiariato. Sarà che una legge può essere cattolica ed avere delle tendenze liberale o massoniche? Questa è una questione che non se poteva rispondere ha venti anni indietro, ma adesso non se ha più risposta?
Per quanto riguarda le citazione di Bossuet, per me lei è fuori di luogo. Il modernismo non ha voluto spungere una doutrina e aggiungere um’altra come gli ariani o per di più come gli protestanti, secondo S. Pio X nella Pascendi, loro avevano il desiderio di spungere una Chiesa e aggiungere un'altra "chiesa", cioè non solo una o l’altra doutrina ma tutto corpo doutrinario della Chiesa. Così la domanda che me ha lasciato il testo de Don Gleize – e che lui non risponde – è:
Il Concilio ha voluto riformare la Chiesa e o alcune persone?
Se il Concilio ha valuto riformare le persone, la risposta de Don Gleize è perfetta, ma se lui há voluto riformare la Chiesa – como sembra che ha tentato da fare – il testo di Don Gleize, che como ha detto Angelo, è una una petitio principii. È strano che la FSSPX há combattuto per 40 anni la Collegialità, l’Ecumenismo e la libertà religiosa come nuovi istituizioni del Concilio e adesso Don Gleize dice che non vi sono degli nuovi istituizioni.
Per fine, S. Pio X há detto nella Pascendi che l’accetazione di solo um punto dottrinario del modernismo sarebbe accettazione di tutto il sistema modernista. Adesso questo punto non saranno le tendenze moderniste?
Sul questo tema volleva leggere quello che Mons. Gherardini pensa, perchè per me la sua posizione è migliore che della FSSPX attuale...
Per capire meglio quello che dice Don Gleize:
RispondiEliminaNella Chiesa se distingue la tradizione ecclesiastica della tradizione apostolica. La prima è di diritto umano è può essere riformata (con molta prudenza in alcune casi cambiata) e è stata l’oggeto di riforma di tutti Concili precedente. Ma la tradizione apostolica è di diritto divino, e per questa raggione, lei non può essere riformata. Così quando dice Don Gleize che la Chiesa non è da riformare, ma che gli papi quando hanno parlato di riforma avevano in mente alcune persone, lui fa riferimento alla tradizione ecclesiastica. In questo senso è perfetto. Il problema è fare la aplicazione di questo nel Concilio Vaticano II che in tantissimi punti sembra avere toccato nelle sue riforme la tradizione apostolica della Chiesa. Al meno non me sembra che il concetto di Chiesa, di tradizione, il papato, la libertà religiosa, l’ecumenismo (tal come quello della Mortalium Animos) e altri cose, fanno parte della tradizione ecclesiastica. Qui risiede il problema...
È strano che la FSSPX há combattuto per 40 anni la Collegialità, l’Ecumenismo e la libertà religiosa come nuovi istituizioni del Concilio e adesso Don Gleize dice che non vi sono degli nuovi istituizioni.
RispondiEliminaGhederson,
credo che col termine "istituzioni" Gleize intende riferirsi a " nuove strutture". E' impensabile che la FSSPX possa fare marcia indietro su questioni come queste, a meno che non si siano bevuti il cervello...
Mic,
RispondiEliminaLa Collegialità è una "nuova strutura", e lo stesso se può dire dell'ecumenismo e della libertà religiosa di quale l'encontro di Assisi è la immagine di una nuova strutura ecclesiale o di come la Chiesa doppo il Concilio se relaziona con gli altri religione. Adesso per Don Gleize, questo non era strano per la Chiesa prima del Concilio...
Non è impensabile che la FSSPX possa fare marcia indietro: la risposta di Don Fellay nella lettera ai tre vescovi, è una marcia indietro. Impensabile sarebbe mons. Lefebvre diferendere che la libertà religiosa era stata una cosa minima e che se tiene una esagerazione dei problemi del Concilio, come mons. Fellay ha scritto in quello testo.
Anche era impensabile uma marcia indietro di Campos e Don Rífan lo diceva... Adesso, dove se trova Campos?
La Collegialità è una "nuova strutura"
RispondiEliminaAdesso che mi ci fai pensare anche il "consiglio della corona" è una nuova struttura che sa molto, troppo di collegialità.
Glielo dobbiamo ricordare noi alla FSSPX nel Vangelo non esiste la parola "collegio" in riferimento agli Apostoli?
Trascrivo un piccolo paragrafo del mio libro:
"Non mancano perplessità, nelle posizioni più tradizioniste, se si pensa che il termine “collegio” per designare l'episcopato non ricorre né nella Sacra Scrittura né nella Tradizione della Chiesa antica. Apostoli vuol dire ‘mandati’: il Signore li manda due a due non in "collegio"... C’è anche da osservare che il “collegio” si fonda su una potestà giuridica e morale, mentre si diviene vescovi per via sacramentale, ovvero mediante un quid che è nel contempo fisico e mistico come l'unità della Chiesa."
Però su questa affermazione di Gleize e anche su cambiamenti nella loro posizione possiamo sbagliare. Sarebbe importante che intervenisse qualcuno di loro.
Al nuovo papa piace la collegialità ma non la musica classica.
RispondiEliminaDon't cry for me, Palestrina...
Mi spiace ma sono molto deconcentrata stasera.
RispondiEliminaDomani spero di far meglio mente locale e dare un contributo migliore, magari con qualche assist da parte della Fraternità :)
Nel frattempo, Anonimo delle 21:39
RispondiEliminaSei stato fortissimo! Quasi quanto un bel peperoncino all'aceto... :)))
Da Vatican Insider: Il Papa non va al concerto in suo onore: "Non sono un principe rinascimentale"
RispondiEliminaParole che si commentano da sole....
Qualcuno gli spieghi che assumere un incarico comporta onori ed oneri e quindi anche fare cio' che se fossimo un privato cittadino non ci sogneremmo ai di fare perche' fuori dai nostri interessi.
Buona domenica nei limiti del possibile....
Don't cry for me, Palestrina...
RispondiEliminaMorselli aveva capito tutto.
Nec rubricat nec cantat.
RispondiElimina"Però su questa affermazione di Gleize e anche su cambiamenti nella loro posizione possiamo sbagliare. Sarebbe importante che intervenisse qualcuno di loro".
RispondiEliminaMic,
Sembra che può essere interessante l'analise fatta per lo Sisi Nono nel testo "PUNTI FERMI - LA CHIESA E LA CRISI NEO-MODERNISTA
Se sia lecito parlare teologicamente e in senso stretto di “Chiesa conciliare” sostanzialmente diversa da quella cattolica" che ce un branno disponibile nel sito del giornale nell'indirizzo:
http://www.sisinono.org/component/content/article/48-anno-2011/168-anno-xxxvii-nd-18
E se può scaricare il testo completo in sua versione PDF nell'indirizzo:
http://www.sisinono.org/anno-2011/file/42-nd-18-31-ottobre
Guarda quello che dice il giornale:
"Quando si parla di Vaticano II come dogmaticamente inaccettabile, non si intende racchiudere in tale constatazione di “rottura oggettiva con la Tradizione apostolica”[1] la responsabilità soggettiva di chi lo ha accolto in buona fede, pensando di obbedire all’Autorità né tanto meno si vuole disprezzare nessuno: “Solo Dio scruta il cuore e le reni”. Così come, quando si constata la nocività oggettiva del Novus Ordo Missae, non si vuole minimamente offendere chi pensa di celebrarlo – in buona fede – in obbedienza all’Autorità, per ignoranza incolpevole delle carenze dottrinali del Nuovo Rito. Queste carenze furono subito messe in luce nel “Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae” con la “Lettera di presentazione” dei cardinali Antonio Bacci e Alfredo Ottaviani, ove si trovano considerazioni severe sulla non ortodossia oggettiva del nuovo rito (“si allontana impressionantemente dalla dottrina cattolica sul Sacrificio della Messa qual è stata definita dal Concilio di Trento”) e si chiede al Papa di abrogarlo quale “legge nociva”.
Più recentemente monsignor Mario Oliveri, Vescovo titolare della Diocesi di Albenga, ha scritto su Studi Cattolici del giugno 2009 un articolo su “La riscoperta di Romano Amerio” in cui afferma che non è solo lo spirito o l’interpretazione data da alcuni teologi super-progressisti del Concilio a contenere equivoci, ma è la lettera stessa del Concilio ad essere oggettivamente in contraddizione con i Concili dogmatici della Chiesa.
Bisogna quindi cercare di conformare il nostro intelletto alla realtà, anche se scomoda (“il vero è ciò che è, non ciò che piace” dice Aristotele), e tentare di far fronte al problema, salva restando la riverenza alla legittima Autorità e la vera carità fraterna “non ficta” tra sacerdoti, la quale non esclude uno scambio di vedute diverse fatto però in maniera corretta: In certis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas (Sant’Agostino).
Per quanto me ricordo della conclusione, anche Sisi Nono dice che non se può parlare in una Chiesa conciliare in senso stretto, ma in evidenza non abbiamo cose che sono contrarie a quello che dice Don Gleize?
Scusa Mic, come si intitola il libro che hai scritto? Dove lo si può recuperare?
RispondiEliminaMicus
Interessante la notizia (grazie Mic!) della decisione del Regnante Pontefice di non partecipare al Concerto in Vaticano, probabilmente pianificato da mesi, in occasione dell'Anno della Fede. Che la sensibilità estetica di Papa Francesco fosse, diciamo così, piuttosto deficitaria, l'avevamo capito da tempo. Però, Santo Cielo, da lui che si sdilinquisce e si autocompiace in così piccolo-borghesi "buongiorno", "buona sera", "buon pranzo", un po' più di bon ton istituzionale avevamo il diritto di aspettarcelo.
RispondiEliminaPoi la scusa trovata: non è un principe rinascimentale (purtroppo avevamo capito anche questo, ahinoi) e deve lavorare, poverino. Una scusa che manco un qualsiasi dirigente di banca per evitare la cena con la suocera...
Ho usato "Don't cry for me Palestrina" stasera per primo (e come anonimo) , e poi qui mi hanno copiato. Me ne rallegro, anche se avevo semplicemente riproposto un gioco di parole che già avevo usato nella blogosfera trad già più di due mesi fa..
RispondiEliminaLaterano dice:
RispondiEliminaL'espressione "Chiesa conciliare" è stata coniata da Paolo VI per significare proprio la Chiesa come serva e sogetta dal Concilio Vaticano II.
Sono d'accordo che l'interpretazione di Don Glieze è poco attendibile quando si lege i documenti del Concilio e i documenti post conciliari..
è meglio distinguere in un altro modo:
prima, dobbiamo ricononoscere che ci sono due diversi modo di parlare e di esprimersi...quello cattolico usato da tutti i Concilii Ecumenici prima che Vaticano II e quello del Vaticano II...
Perchè nei Concilii precedenti si trova un linguaggio dogmatico (cfr. Radaelli) ma nel Concilio Vaticano II non si trova questo: il perchè è il fatto storico che al Concilio Vaticano II c'erano due campi: Cattolici e neomodernisti...per scrivere un documento insieme era impossibile usare il linguaggio dogmatico: da un catto i cattolici avrebbero voluto usarlo per esprimere le verità cattolici ma avendo visto che i neomodernisti regevano le commissioni hanno pensato meglio di non usarlo per ridurre l'autorità dei testi e così ridure l'effetto dannegiante di essi nella Chiesa...per i neomodernisti non hanno voluto un linguaggio dogmatico per erano ribelliosi a tutte le forme preconciliari che puzzavano di ordine e di verità..
Secondo: quindi i documenti del Concilio anche se sono di un concilio generale ecumenico autentico, non contengono un espressione di dottrine in forma precisa o dogmatica, e quindi si può dire in tuttà onestà che il Concilio Vaticano II non ha pronunciato niente in forma obbilgatoria per intelletti cattolici...
Per questa ragione, qualsiasi lettori che cerca i documenti del Concilio, presumendo di trovare un linguaggio precisio dogmatico, cade necessariamente in affermare sia negazioni della Fede sia negazioni della esistenza visibile della Chiesa nei nostri giorni...
è un mistero di iniquità, ma non è un mistero teologico quando si vede la problemma sotto queste distinzioni..
Communque, il partito che regge la Chiesa odierna è più come una mafia infiltrata tra la polizia e i tribunali e il parlimento di una nazione che una Chiesa dentro la vera Chiesa...
Sarebbe bello di elencare i loro modus operandi, cioè come hanno perseguitato i cattolici cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi e laici in tutti questi anni, usando metodi che si trovano tra i massoni, i communisti, e i nazisti per ostracizzarli dalla Chiesa attuali...
La battaglia è invisibile e sconosciuta alla massa dei fideli e quasi nessuno ne parla...
Ma perche' la Chiesa non puo' essere riformata? Ecclesia semper reformanda, nel senso che e' sempre necessario cercare di ridarle la forma originaria, forma che il tempo e l'agire dei suoi membri le hanno fatto perdere. Gregorio VII ha riformato la Chiesa, il Concilio di Trento anche. Il Concilio Vaticano II non lo ha fatto, non ha operato ridando la forma originaria ad alcuni aspetti della vita ecclesiale che l'avessero perduta, ma ha operato inserendo elementi di novita' che non aveva diritto di aggiungere, deformando anziche' riformando il corpo mistico di Cristo. Ricordiamoci che diciamo che la Chiesa e' corpo di Cristo solo come analogia. La Chiesa nel suo vivere patisce il peccato dei cristiani (cosa che al corpo glorificato di Cristo non accade) e quindi ha sempre bisogno che i suoi membri operino, ciascuno per la parte che gli compete, per cercare di mantenerla il piu' possibile fedele a come e' stata voluta dal suo Fondatore. Felice
RispondiEliminaScusate. In realtà volevo dire che "Don't cry for me Palestrina" l'ho usato per primo ieri sul Blog di Raffaella, poi l'hanno usato qui.. Ma una delle prime volte che l'ho scritto in rete è stato come nickname per commentare, il 13 aprile u.s., un post di Baronio su Mons. Marini Guido :"Odivi ecclesia malignantium."
RispondiEliminaSe allora forse era un pò una forzatura, ché sia Don Guido che Joannes Petraloisius (sub specie Palombellae, ok..) son rimasti in qualche modo, da quel giorno innanzi, devo dire che ieri però il gioco di parole ha assunto ahimé la pienezza del significato..
devo dire che ieri però il gioco di parole ha assunto ahimé la pienezza del significato..
RispondiEliminaSe ci aggiungi anche tutto il problema della musica sacra, la sua damnatio memoriae (alla quale c'è chi cerca di resistere), e poi i personaggi che hai nominato, il pauperismo non solo musicale (ma ovvio che la parte fa cogliere il tutto), purtroppo ecco che la pienezza del significato si manifesta in tutta la sua dolorosa e drammatica evidenza.
Ma non praevalebunt.
Senza contare che con questa affermazione, con il tatto e la gentilezza che spesso lo contraddistinguono, ha dato del principe rinascimentale a Ratzinger, che ai concerti in suo onore ci e' sempre andato. Felice
RispondiEliminaUna riflessione, sempre tratta dal mio libro, parlando della collegialità frutto della nuova ecclesiologia conciliare, che mi pare si riallacci al discorso di don Gleize.
RispondiEliminaVorrei tanto che ci fosse chi ci aiuta in un tanto difficile ed ostico, quanto ritengo ineludibile, approfondimento.
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[...] I novatori hanno voluto mettere in risalto della Chiesa preconciliare la Chiesa congregans (istituzione) e la Chiesa congregata (l’insieme delle persone), mettendone in risalto gli elementi istituzionali di Società Perfetta con accentuazione sulla storicità e sulla struttura, senza cogliere le immense ricchezze che il Magistero, i Padri e le esperienze dei Santi ci hanno lasciato e che costituiscono un patrimonio inalienabile dal quale si è voluto fare quasi un punto e accapo. E così si è partiti dalla critica all’istituzionalismo e alle sue istanze di centralizzazione, al giuridismo con l’attenzione alle leggi ed al clericalismo con le differenze ontologiche e sacrali di ministero. Il tutto visto come generante divisione tra fedeli e clero: i fedeli visti come la massa di persone che deve seguire i dogmi e la fede, le leggi e il diritto, in un gradino più basso rispetto al clero.[...]
Si pretende dunque che la visione Chiesa-comunione sia la scoperta del Vaticano II e vada a sostituirsi a quella di società perfetta ed oggi appare dominante come se più vicina alle assonanze bibliche specificamente neotestamentarie, come se potesse finalmente sintetizzare alla perfezione tutto il rapporto con Dio fino al concilio non esattamente compreso. Ma il rischio più grande è quello di ricondurre tutto ad un'interpretazione puramente psico-sociologica, ai bisogni e alle attese umane. Acquista valore la Chiesa locale, come se l’universalità della Chiesa e tutto il suo mistero prima del concilio non le appartenesse a pieno titolo.
[..]
A questo livello la comunione appare capace di contenere unite tutte le diversità che in essa sorgono e che essa assume, inoltre appare in grado di abbracciare la totalità delle sue manifestazioni senza con ciò contraddirsi. Ecco il germe dell’inclusivismo. Assistiamo ad una produzione notevole di materiale magmatico: molte parole e concetti elaborati, concepiti e redatti col linguaggio colloquiale, mai definitorio – ormai fatto proprio dalla cultura egemone – forieri di confusione e disorientamento risolvibili solo rimanendo agganciati alla Tradizione perenne.
Possibile che nessuno si sia mai detto che la Chiesa, fin dal suo nascere ad opera del Salvatore, se non fosse stata e rimasta “comunione” dei Suoi in Lui, non sarebbe mai stata la Chiesa?
MIC, è possibile avere qualche informazione in più sul tuo libro? Per favore...
RispondiEliminaMicus
Scusami, Micus,
RispondiEliminaavevo letto ieri, poi mi è sfuggito :(
Puoi avere tutti i riferimenti qui
quanto all'assenza ieri al concerto... Probabile che il papa abbia problemi interni relativi alle nomine rivoluzionarie "che non passano". Anche oggi ha chiesto nuovamente preghiere...
RispondiEliminasarebbe interessante pubblicare queste novità della chiesa conciliare:
RispondiEliminahttp://rorate-caeli.blogspot.com/2013/06/fiuv-pp-more-on-lectionary.html
nuova chiesa, nuova dottrina, nuova liturgia, nuovo.....vangelo!
mia madre mi ha detto che nella cheiesa di s.Clemente a roma le parole del padre nostro sono cambiate da circa un mese. ora sono "e non abbandonrci alla tentazione". ne sapete qualcosa?
RispondiEliminaRocco è la nuova traduzione della CEI. Di per sé non è sbagliata perché, mutuando l'espressione dal linguaggio semitico, che è quello usato da Gesù nell'insegnare la preghiera, il senso è: "fai in modo che non cadiamo nella tentazione", (in ebraico si usa spesso la costruzione verbale "fai in modo che"...) mentre il "non ci indurre in tentazione" sembra quasi che il Padre ci faccia cadere in tentazione. In realtà, invece, il Padre la permette perché è il nostro banco di prova e poi ci dà la grazia per resistere e vincere, attraverso il Signore Gesù. Ma non è che propriamente "ci induce"... tant'è che subito dopo gli chiediamo direttamente di liberarci dal maligno. A me ha sempre commossa questa richiesta così diretta, che ci rivela come sia un intervento diretto del Padre questa "liberazione"... Però c'è da considerare che tutte le invocazioni, compresa questa finale, partono dalla richiesta del nostro pane per ogni giorno, che è quello che i Padri chiamavano Panem supersubstantialem (quello che viene dal Cielo: cioè il Signore Gesù cui è concatenato e che rende possibile tutto il resto), non soltanto il pane materiale...
RispondiEliminaTuttavia, l'uso secolare dell'espressione l'aveva resa così familiare e, credo, anche chiarita nella comprensione autentica. Ma, in questo caso, non c'è da criticare la traduzione nuova.
non sarebbe meglio allora "non lasciarci cadere nella tentazione", piuttosto che attribuire il verbo abbandono a Dio? il verbo abbandonare , non mi sembra nemmeno esso adatto al senso della preghiera.
RispondiEliminase prima poteva sembrare che Dio ci inducesse nella tentazione ora ci fa pensare che Dio ci abbandoni. e' solo una mia idea ma mi pare che questa traduzione possa lasciare dubbi tanto quanto la precedente. tra l'altro , credo giustamente,e' solo grazie a Dio e in Gesu' che noi troviamo la forza di resistere nella tentazione, quindi il senso ebraico e' veramente come dici tu piu' chiaro. ma il latino almeno nelle preghiere era tanto inutile?? e di tutte le imprecisioni proprio il padre nostro era cosi' deviante?
grazie mic , per le tue sempre puntuali e precise risposte!
e di tutte le imprecisioni proprio il padre nostro era cosi' deviante?
RispondiEliminaNon ti nascondo che ci ho pensato anch'io
La traduzione "non ci abbandonare alla tentazione", basandosi sul testo greco, in cui è usato il verbo "eisphérō" alla II persona singolare dell'aoristo II attivo, è scorretta. Tale verbo significa "portare dentro". Niente di strano se è stato tradotto in latino "in-ducere". Poi, è certo che l'autore del Vangelo usasse un greco ricco di semitismi e che quindi il senso della frase sia quello sopra ricordato da Mic. D'altra parte, è disonesto e scorretto tradurre come fa la CEI "non ci abbandonare alla tentazione". Dovrebbe essere compito della catechesi cattolica (e sottolineò tale aggettivo) spiegare il senso ai fedeli, senza apportare cambiamenti alla tradizione e alla traduzione!
RispondiEliminaChiedo scusa: dimenticavo di specificare che il testo del Vangelo usa la II persona singolare del CONGIUNTIVO aoristo II attivo.
RispondiEliminanon ho la dimestichezza di mic e di cinghiale con i testi latini e greci delle sacre scritture , e vorrei sottoporvi un ultima riflessione: due volte in italiano mi ricordo l'utilizzo del verbo abbandonare: "Dio mio , Dio mio , perche' mi hai abbandonato" e "Dio li ha abbandonati alle loro passioni". viene usato lo stesso verbo per tutti e tre i casi?
RispondiEliminaCinghiale,
RispondiEliminagrazie, perché non mi ero presa la briga di rispulciare il testo greco. Hai completato perfettamente la mia analisi, in questo punto carente perché approssimativa.
Piuttosto, io ho un testo greco che coincide, perché riporta eisenènkes e per oggi non posso consultare il Merk perché l'ho prestato a mia figlia.
Se il termine che tu citi è su un testo canonico, condivido la tua osservazione.
Sarà interessante verificare se il Merk riporta lo stesso verbo.
E non c'è purtroppo neppure da meravigliarsi. Del resto parlavamo giorni fa delle critiche di padre Scalese alle traduzioni CEI dei lezionari...
Mic,
RispondiEliminaMe sembra che alcune cose nel Concilio sono nuove istituizioni senza essere nuove strutture. In questo senso ricordo il culto dell'uomo di chi parla Paolo VI:
«…Noi, pure noi non piú di ogni altro, noi abbiamo il culto dell'uomo! …La religione del Dio che si è fatto uomo si è incontrata con la religione dell'uomo che si è fatto Dio.…»
«Una corrente d'amore e d'ammirazione ha debordato dal Concilio sul mondo umano moderno… I suoi valori sono stati non solo rispettati, ma onorati; i suoi sforzi sostenuti; le sue aspirazioni purificate e benedette.»
Anche se può dire che la nuova messa di Paolo VI è una nuova istituizioni, in quanto alcune uomini della Chiesa ammettono che questo rito è stato fabbricato. Ancora in ciò che riguarda la liturgia, abbiamo due rito nella Chiesa, cosa che mai ha successo nella Chiesa.
Se può ancora ricordade il "Pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani" e le Comissione teologica internazionale, come quella che ha fatto dialogui con gli luterani. Ci sono nuove istituzioni nella Chiesa Conciliare sì, mentre vecchie istituzioni non esistono più o sono cambiate radicalmente. Ancora la cosa più impressionante è che il Concilio ha adottato una teologia condannata per la Chiesa prima di lui: e questo non significa niente?
Vorrei aggiungere che le nuove istituzioni non sono necessariamente male o segnale di una rottura con il passato della Chiesa. Le conferenze episcopali sono state create nel pontificato di Pio XII (non sono male in sè), i cardinali non hanno sempre detenuto il potere che hanno (se non ricordo male, il Colegio dei Cardinali è stato creato nel medievo) e che il Sant'Uffizio (insieme all'Index) non è sempre esistito. Nella storia della Chiesa possiamo vedere che degli nuove istituizioni sono state creati per suo bene senza che questo sia male per la Chiesa. Così se può concludere che le nuove istituizioni non presentano problemi, il problema veramente é la dottrina che anima vecchie e nuove istituizioni. Napoleone diceva che "una cosa non lascia di esistere in quanto non è sostituita"...
Caro Rocco,
RispondiEliminala tua osservazione è pertinente, perché:
Se ti riferisci a Romani 1,26 (li ha abbandonati alle loro passioni) c'è il verbo parédoken che ha il senso di permettere.
Quello del Padre nostro esinénkes ha più il senso di indurre, o - in riferimento alla sfumatura semitica - lasciar entrare (dunque "abbandonare" sembra più l'interpretazione dei vescovi...)
Invece, il verbo del Salmo 22 esclamato da Gesù sulla Croce: sabactàni sia da Marco che da Matteo è riportato nelle parole aramaiche e significa proprio "abbandonare" (la i finale sta per mi= hai abbandonato me)
Ho consultato l'edizione di Nestle-Aland. Sia nel testo di S. Matteo sia in quello di S. Luca è scritto "eisenenkes" (scrivo da un telefono e non ho la possibilità di usare i caratteri greci, con spiriti, accenti e iota mutum).
RispondiEliminagrazie mic! si , mi riferivo ai passi che dici.
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