Lo scorso 11 luglio su OnePeter5 è apparsa una lunga intervista rilasciata dal card. Caffarra alla studiosa tedesco-americana Maike Hickson sull’Amoris Laetitia anche a seguito dell'interpretazione recente del cardinale Christof Schönborn su La Civiltà Cattolica [qui]. Ne riprendiamo il testo integrale pubblicato da La nuova Bussola [qui]. Stiamo preparando l'indice di tutti gli interventi più significativi sull'argomento, che cominciano ad essere molti.
In una recente intervista Lei ha parlato dell'esortazione Amoris Laetitia, e ha detto che in particolare il capitolo 8 non è chiaro e ha già causato confusione anche tra i vescovi. Se avesse la possibilità di parlare con Papa Francesco su questo argomento, cosa vorreste dirgli? Quale sarebbe la vostra raccomandazione su ciò che Papa Francesco potrebbe o dovrebbe fare, dato che c'è tanta confusione?
«In Amoris Laetitia [308] il Santo Padre Francesco scrive: “capisco coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione”. Da queste parole deduco che anche Sua Santità si rendeva conto che l'insegnamento dell'Esortazione poteva dare origine a confusioni nella Chiesa. Personalmente, e così pensano tanti miei fratelli in Cristo cardinali, vescovi, e fedeli laici, desidero che la confusione sia tolta, ma non perché preferisco una pastorale più rigida, ma semplicemente preferisco una pastorale più chiara, meno ambigua. Ciò premesso, con tutto il rispetto, l'affetto, e la devozione che sento per il Santo Padre gli direi: “Santità, chiarisca, per favore, questi punti:
- quanto Vostra Santità dice alla nota 351 del n°305, è applicabile anche ai divorziati risposati che intendono comunque continuare a vivere more uxorio; e pertanto quanto insegnato da Familiaris consortio n°84, da Reconciliatio et poenitentia n°34, da Sacramentum caritatis n°29, dal Catechismo della Chiesa Cattolica n°1650, dalla comune dottrina teologica, è da ritenersi abrogato?
- l'insegnamento costante della Chiesa e ultimamente rinnovato da Veritatis splendor n°79, che esistono norme morali negative, che non ammettono eccezioni, in quanto proibiscono atti, quale per es. l'adulterio, intrinsecamente disonesti, è da ritenersi valido anche dopo Amoris Laetitia? Ecco questo direi al Santo Padre.Se poi il S. Padre, nel suo sovrano giudizio, avesse intenzione di intervenire pubblicamente per togliere confusione, ha a disposizione molti modi».
Lei è anche un teologo morale. Qual è il Suo consiglio per i cattolici confusi per quanto riguarda l'insegnamento morale della Chiesa cattolica sul matrimonio e la famiglia? Che cosa è una coscienza autorevole, ben formata, quando si tratta di questioni come la contraccezione, il divorzio e le seconde nozze, così come l'omosessualità?
«La condizione in cui versa oggi in Occidente il matrimonio, è semplicemente tragica. Le leggi civili ne hanno cambiato la definizione, poiché lo hanno sradicato dalla dimensione biologica della persona umana. Hanno separato la biologia della generazione dalla genealogia della persona. Ma di questo parlerò dopo. Ai fedeli cattolici così confusi circa la dottrina della fede riguardo al matrimonio dico semplicemente: “leggete e meditate il Catechismo della Chiesa Cattolica nn.1601-1666. E quando sentite qualche discorso sul matrimonio, anche se fatto da sacerdoti, vescovi, cardinali, e verificate che non è conforme al Catechismo, non ascoltateli. Sono ciechi che conducono altri ciechi”».
Potrebbe spiegare, in questo contesto, il concetto morale che nulla di ciò che è ambiguo vincola la coscienza cattolica, e in modo particolare quando è dimostrato essere intenzionalmente ambiguo?
«I logici ci insegnano che una proposizione è ambigua quando può essere interpretata in due significati diversi e/o contrari. È ovvio che una tale proposizione non può avere il nostro assenso teorico e/o pratico, perché non ha un significato certo».
Al fine di aiutare i cattolici in questo periodo di grande confusione, ci sarebbe qualcosa che Papa Pio XII potrebbe ancora insegnare a noi, per quanto riguarda le questioni del matrimonio e del divorzio, la formazione dei bambini alla Vita Eterna, dal momento che ha così ampiamente scritto su queste cose?
«Il magistero di Pio XII sul matrimonio e sull'educazione dei figli è stato molto ricco e frequente. E infatti, dopo la Sacra Scrittura è l'autore più citato dal Vaticano II. Mi sembra che ci siano due discorsi particolarmente importanti per rispondere alla sua domanda. Il primo è il Radiomessaggio sulla coscienza cristiana che deve essere rettamente educata nei giovani del 23 marzo 1952 [qui], in AAS vol. 44, 270-278. Il secondo è il Discorso in occasione del Congresso della Féderation mondiale des Jeunesses Fèminines Catholique, ibid. 413-419. Questo secondo è di grande importanza magisteriale: tratta dell'etica della situazione».
Il gesuita tedesco, padre Klaus Mertes, ha appena detto in un'intervista a un giornale tedesco che la Chiesa cattolica «dovrebbe aiutare a stabilire un diritto umano di omosessualità». Quale dovrebbe essere la corretta risposta della Chiesa a tale proposta?
«Sinceramente non riesco a comprendere come un teologo cattolico possa pensare e scrivere di un diritto umano legato alla omosessualità. In senso preciso un diritto (soggettivo) è una facoltà moralmente legittimata e legalmente tutelata di compiere un'azione. L'esercizio dell'omosessualità è intrinsecamente irragionevole e quindi disonesta. Un teologo cattolico non può pensare che la Chiesa deve impegnarsi per “stabilire un diritto umano all'omosessualità”».
Più fondamentalmente, fino a che punto gli uomini possono avere un diritto umano, ad esempio, una richiesta di giustizia – per fare ciò che è sbagliato agli occhi di Dio, come, ad esempio, praticare la poligamia?
«Il tema dei diritti soggettivi ha ormai cambiato in modo sostanziale di senso. Si identifica il diritto con i propri desideri. Ma non abbiamo qui lo spazio per affrontare questa tematica dal punto di vista del legislatore umano».
L'intervistatrice pone al cardinale due domande con tre quesiti, tutti riguardano l'insegnamento tradizionale della Chiesa circa i fini a cui è ordinato il matrimonio e il primato della procreazione e dell'educazione dei figli per il Cielo, NdR]
«Il rapporto amore coniugale-procreazione/ educazione è una correlazione, direbbero i filosofi. Cioè: è un rapporto di interdipendenza fra due realtà distinte. L'amore coniugale sessualmente espresso quando i due coniugi diventano una sola carne, è l'unico luogo eticamente degno di dare origine ad una nuova persona umana. La capacità di dare origine ad una nuova persona umana è inscritta nell'esercizio della sessualità coniugale, la quale è il linguaggio sponsale della reciproca donazione fra gli sposi. In breve: coniugalità e dono della vita sono inscindibili. Che cosa è accaduto sopratutto dopo il Concilio? Contro l'insegnamento del Concilio stesso, si è talmente insistito sull'amore coniugale, da considerare la procreazione una semplice conseguenza collaterale dell'atto dell'amore coniugale. Il beato Paolo VI nell'Enciclica Humanae Vitae corresse questa visione, giudicandola contraria e alla retta ragione e alla fede della Chiesa. E San Giovanni Paolo II, nell'ultima parte delle sue stupende Catechesi sull'amore umano mostrò il fondamento antropologico dell'insegnamento del suo predecessore: l'atto della contraccezione è obbiettivamente una menzogna detta con il linguaggio sponsale del corpo. Quali le conseguenze di questo insegnamento? La prima e la più grave è stata la separazione tra sessualità e procreazione. Si è partiti dal sex without babies e si è arrivati al babies without sex: la separazione è completa. La biologia della generazione è separata dalla genealogia della persona. Si giunge così a “produrre” i bambini in laboratorio; e all'affermazione di un [supposto] diritto al figlio. Un non senso. Non esiste un diritto ad una persona, ma solo alle cose. A questo punto c'erano tutte le premesse per nobilitare la condotta omosessuale, perché non si vede più la sua intima irragionevolezza, e la grave intrinseca disonestà della congiunzione omosessuale. E così siamo giunti a cambiare la definizione di matrimonio, perché l'abbiamo sradicato dalla biologia della persona. Veramente Humanae Vitae è stata una grande profezia!
Che cos'è, nella sua essenza, il fine del matrimonio e della famiglia?
«É l'unione legittima tra un solo uomo e una sola donna in vista della procreazione ed educazione dei figli. Se i due sono battezzati, questa stessa realtà – non un'altra – diviene il simbolo reale dell'unione Cristo-Chiesa. E li pone in uno stato di vita pubblico nella Chiesa, con un ministero loro proprio: la trasmissione della fede ai loro figli».
Nel contesto dell'attuale aumento di confusione morale: a che punto l'indifferentismo religioso può portare al relativismo morale (per esempio, l'affermazione che si può essere salvi in qualsiasi religione.)? Per essere più precisi, se una religione favorisce la poligamia, ma si afferma che è salvifica, non si arriva quindi alla conclusione che la poligamia, dopo tutto, non è illecita?
«Il relativismo è come una metastasi. Se accetti i suoi principi, ogni esperienza umana sia personale che sociale viene corrotta. L'insegnamento del beato J.H. Newman è al riguardo di grandissima attualità. Egli verso la fine della sua vita, disse che il germe patogeno che corrompe il senso religioso e la coscienza morale, è il “principio liberale”, così egli lo chiama. E cioè: la convinzione che in ordine al culto che dobbiamo a Dio, è indifferente ciò che pensiamo di Lui; la convinzione che tutte le religioni hanno lo stesso valore. Newman giudica il principio così inteso completamente contrario a ciò che chiama “il principio dogmatico”, il quale sta alla base della proposta cristiana. Dal relativismo religioso al relativismo morale il passo è breve. Non c'è nessun problema nel fatto che una religione giustifichi la poligamia, ed un altra la condanni. Non esiste infatti nessuna verità assoluta riguardo a ciò che è bene/male».
Come commenterebbe la recente asserzione del cardinale Christoph Schönborn secondo cui la Amoris Laetitia è una dottrina obbligante e tutti i precedenti documenti del magistero su matrimonio e famiglia devono ora essere letti alla luce di Amoris Laetitia?
«Rispondo con due semplici osservazioni. La prima. Non si deve solo leggere il precedente magistero sul matrimonio alla luce di Amoris Laetitia, ma si deve leggere anche Amoris Laetitia alla luce del magistero precedente. La logica della vivente tradizione della Chiesa è bipolare. Ha due direzioni, non una. La seconda è più importante. Il mio caro amico cardinale Schönborn nell’intervista a La Civiltà Cattolica non tiene conto di un fatto che sta accadendo nella Chiesa dopo la pubblicazione di Amoris Laetitia. Vescovi e molti teologi fedeli alla Chiesa e al magistero sostengono che su un punto specifico ma molto importante non esiste continuità, ma contrarietà tra Amoris Laetitia e il precedente magistero. Questi teologi e filosofi non dicono questo con spirito di contestazione al Santo Padre. Ed il punto è questo: Amoris Laetitia dice che, date alcune circostanze, il rapporto sessuale fra divorziati-risposati è lecito. Anzi applica a questi, a riguardo delle intimità sessuali, ciò che il Concilio Vaticano II dice degli sposi [cfr. nota 329]. Pertanto o è lecito un rapporto sessuale fuori del matrimonio: affermazione contraria alla dottrina della Chiesa sulla sessualità; o l’adulterio non è un atto intrinsecamente disonesto, e quindi possono darsi delle circostanze a causa delle quali esso non è disonesto: affermazione contraria alla tradizione e dottrina della Chiesa. E quindi in una situazione come questa il Santo Padre, come già scrissi, deve secondo me chiarire. Se dico “S è P” e poi dico “S non è P”, la seconda proposizione non è uno sviluppo della prima, ma la sua negazione. Né si risponda: la dottrina resta, si tratta di prendersi cura di alcuni casi. Rispondo: la norma morale “non commettere adulterio” è una norma negativa assoluta, che non ammette eccezioni. Ci sono molti modi fare il bene, ma c’è un solo modo di non fare il male: non fare il male».
In generale, qual è la sua raccomandazione di pastore per noi laici su ciò che dobbiamo fare ora, al fine di preservare la fede cattolica, tutta e intera, e in ordine al crescere i nostri figli per la vita eterna?
«Le dirò molto sinceramente che non vedo altro luogo in cui possa trasmettersi la fede che si deve credere e vivere, all'infuori della famiglia. Ciò che in Europa durante il crollo dell'impero romano e le invasioni barbariche hanno fatto i monasteri benedettini, oggi nell'impero della nuova barbarie spirituale-antropologica lo possono fare le famiglie credenti. E grazie a Dio esistono ancora. A questa riflessione mi stimola un piccolo poema di Chesterton, scritto all'inizio del XX secolo: La ballata del cavallo bianco. È una grande meditazione poetica su un fatto storico. È l'anno 878. Il re d'Inghilterra Alfredo il Grande aveva appena sconfitto il re di Danimarca Guthrum, che aveva invaso l'Inghilterra. È dunque un momento di pace e serenità. Ma durante la notte dopo la vittoria, il re Alfredo ha un terribile sogno: vede l'Inghilterra invasa da un altro esercito, così descritto. “...arriveranno con carta e penna [uno strano esercito che non ha armi, ma carta e penna]/ e avranno l'aspetto serio e pulito dei chierici,/ da questo segno li riconoscerete,/ dalla rovina e dal buio che portano;/ da masse di uomini devoti al Nulla/...riconoscerete gli antichi barbari,/ saprete che i barbari sono tornati”. Le famiglie credenti saranno le vere fortezze. E il futuro è nella mani di Dio».
Purtroppo la lineare chiarezza di pensiero del card. Caffarra è cosa incomprensibile a Bergoglio. Sono due mondi estranei
RispondiEliminaCaffarra ragiona, Bergoglio parla per slogan, preoccupato solo del "pastorale" che per lui significa svendere la fede alla mentalità del mondo.
Perfettamente ragione anonimo dell 8.02!! Purtroppo è cosi', Bergoglio, o chi per lui, lascerà queste domande senza risposta. Teresa
RispondiEliminaNon tutto va a catafascio.
RispondiEliminaLa Giunta del Comune di Trieste ha oggi approvato all’unanimità il ritiro, con effetto immediato, del “gioco del rispetto”
.....dobbiamo occuparci dell’aspetto più preoccupante, che riguarda tutte le scuole, di ogni ordine e grado: l’esclusione, o il tentativo di questa, di tutte le famiglie dall’educazione dei propri figli. Ed il problema sta molte volte nelle famiglie stesse, troppo leggere nel delegare l’educazione a terzi.
RispondiEliminaIn conclusione quindi non possiamo dire “pericolo passato”?
Assolutamente no! Il pericolo più grosso, purtroppo, sono proprio quei tanti genitori che, per diversi motivi, non riescono a seguire i loro figli con l’attenzione necessaria; costa fatica ed è un impegno anche molto pesante, ma oggi non ci si può più fidare e delegare a scatola chiusa.....
RispondiElimina@ Un solo appunto alle ineccepibile dichiarazioni del card. Caffarra, riguardante il Concilio
Sua Eminenza non sembra essersi accorto del fatto che il prevalere della comunione tra gli sposi a scapito della procreazione (quale fine primario del matrimonio) si trova gia' in radice nell'art. 48 della costituzione conciliare Gaudium et Spes, par. 2 tr. it. Testo:
"Per la sua stessa natura, l'istituto del matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento" [Indole autem sua naturali, ipsum institutum matrimonii amorque coniugalis ad procreationem et educationem prolis ordinatur iisque veluti suo fastigio coronantur].
Qui l'amore coniugale ha nella procreazione ed educazione della prole non cio' che lo fa venire in essere (in quanto rapporto matrimoniale) ossia la sua intrinseca causa finale, bensi' il suo "coronamento", in latino "fastigium", da intendersi qui come "altezza, culmine". Insomma, il suo punto piu' alto, che possiamo intendere anche come "perfezionamento". Perfezionamento frutto di un esser-ordinato-a ossia di un tendere, che, come tale, non incide pero' sulla natura del rapporto amoroso (giustificandone la forma matrimoniale), se esso perfezionamento, tendere-a rappresenta solo un "coronamento" di tale rapporto. Si voglia o no tale "coronamento" - questo e' il senso che si puo' trarre e che molti hanno tratto - il rapporto matrimoniale come rapporto d'amore (psichico-carnale) tra il maschio e la femmina resta intatto e valido. Cio' che conta e' la comunione (psichico-carnale o solo carnale, a questo punto) tra gli sposi, questa e' ora la base del matrimonio cattolico. Su questa base fradicia, come ha sottolineato il Cardinale, si e' staccata la procreazione dal matrimonio ed ora si sta tentando di giustificare ogni tipo di comunione cosiddetta d'amore tra due persone, quale che sia il loro sesso.
(L'interpretazione qui proposta dell'art. 48, gia' avanzata in passato da mons. Marcel Lefebvre e da altri, appare confermata dal periodo immediatamente successivo a quello da me citato, dove si dice che i due coniugi "esperimentano il senso della propria unita'" con il prestarsi "mutuo aiuto e servizio con l'intima unione delle persone e dell'attivita'". Ma come si fa a "sperimentare il senso della propria unita'" senza i figli, escludendo cioe' il fine della procreazione quale effettiva causa finale di questa unita'?).
PARVUS
Ottima notizia, Vitanuova Trieste; questo ci induce a pensare che se vogliamo evitare il pervertimento dei fanciulli ad opera degli amministratori comunali dobbiamo votare compatti per il centrodestra e star lontani da PD ed altri simili formazioni politiche (che purtroppo includono anche i pentastellati). Salviamo i fanciulli innocenti, salviamo il futuro della nostra civiltà, sottraiamolo ai perfidi e velenosi politici di sinistra, esecutori dei piani diabolici della massoneria (fuori e, purtroppo, anche dentro la Chiesa). Sbrighiamoci a mandare a casa la Serracchiani ed il suo degno compare, il fiorentino chiacchierone.
RispondiEliminaChi ricarica la nostra fede ?
RispondiEliminaChi ci richiama , chi ci riprende , chi non insegna piu' quello che il Signore dice e non quello che mi piace :
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2016/07/come-pio-xi-avrebbe-riposto-a-kasper-forte-spadaro-sul-matrimonio/
Ma il punctum dolens è che conosciamo bene l'insegnamento costante della Chiesa ribadito anche da Pio XI. Ma, oggi, se la nuova "tradizione vivente" può oltrepassare persino Giovanni Paolo II e Benedetto XVI è perfettamente inutile che ritiriamo in ballo Pio XI...
RispondiEliminaFinché non avremo preso atto del focus del problema e sciolto il nodo scorsoio del concilio come nuovo superdogma indiscutibile non ne verremo fuori.
È inutile moltiplicare le chiacchiere se non si diventa consapevoli di questo.
PREGHIERA PER LA FAMIGLIA
RispondiElimina(Testo del Servo di Dio Don Dolindo Ruotolo)
Guarda, o Gesù, lo sfacelo delle famiglie,
guarda la profanazione
dei sacri vincoli dell’amore coniugale
e la sacrilega manomissione
dell’innocenza dei figli;
guarda lo stato miserando delle famiglie,
dissacrate dal libertinaggio
o ridotte una bolgia infernale
per la mancanza della tua grazia,
ed abbi pietà dell’umanità!
Ascolta la voce della tua Chiesa
che festeggia la tua Sacra Famiglia
proprio per restaurare le famiglie cristiane
in Te e per Te,
e donaci santi genitori
che formino famiglie integralmente cristiane,
modellate sulla Tua!
Dissipa il male che straripa come torbido torrente
e sommerge la santità del focolare domestico;
annienta le mente degli scellerati
che hanno avvilita la convivenza umana
al disotto del livello delle bestie;
insegnaci novellamente le tue vie,
e fa’ che camminiamo nel compimento della tua Volontà
e nella pace del tuo santo amore!
Amen.
Grande uomo e cardinale.
RispondiEliminaIl sesto comandamento non è più o meno importante degli altri: ma è uno dei dieci.
RispondiEliminaA volte ci sono delle riflessioni che squarciano le nubi più fitte.
Vi propongo quella che debbo a un monaco vissuto tra X e XI secolo, san Simeone, teologo e mistico.
Capita di prendere parte a discussioni sui comandamenti e a qualcuno può sembrare di “difenderli” dalle interpretazioni di chi è più aperto alle concessioni. Per contro
c'è anche chi rifiuta una religione che dia troppa enfasi ai comandamenti.
San Simeone spiega che nessuno di noi difende i comandamenti di Dio, ma che al contrario sono proprio i comandamenti di Dio a difendere noi!
Dio ci ha dato i comandamenti, come tutti i suoi doni, per il nostro bene, non per un bisogno Suo!
Siamo segnati da una natura ferita e decaduta a causa del peccato. Siamo raggiunti dall’immensa grazia di Dio che con il battesimo ci eleva a propri figli adottivi. Colmati di questo dono, siamo esposti agli attacchi del nemico invidioso e avido di tanta grazia. Nessuno di noi da solo potrebbe uscire dal proprio stato di malattia e povertà; ma anche nella nuova condizione, ogni perdita delle ricchezze donateci senza alcun nostro merito ci vedrebbe debitori di valori che non potremmo mai restituire con le sole nostre forze.
Siamo stati redenti al prezzo del sangue di Gesù!
I comandamenti costituiscono il baluardo che ci protegge dal nemico, il ladro della grazia. E’ lui il ladro del paradiso, fin dall’origine. E’ lui il signore di un mondo terreno che vorrebbe senza Dio, anticamera dell’inferno eterno.
Basta che venga meno anche soltanto uno dei comandamenti e la breccia prodottasi nel muro di cinta del castello interiore è sufficiente a perdere tutto: non ha alcun senso essere “d’accordo” o “zelanti” su nove e poi essere “aperti” su uno…
La fragile anfora che contiene le grazie di Dio si svuota anche per un solo foro e non soltanto mandandola in mille pezzi.
Già succede di "cedere" perchè vinti dalla tentazione. Ma è grave smontare pezzi della cinta difensiva, aprendo al nemico che vuole divorarci! Ancor più grave che a farsi paladini di un simile modo di ragionare siano dei "pastori di anime"!
I comandamenti sono la nostra difesa dal male. Una difesa tanto più resistente, quanto maggiore è la catechesi che riceviamo nel riconoscerli meritevoli di questa considerazione. Beato chi incontra pastori zelanti che sappiano insegnarlo e non dei semplici addetti, che si limitano a dire di essere credenti e confessano una fede senza farsi troppi nemici e problemi, evitando di cacciarsela più di tanto nel detestare il peccato. Quanti pastori oggi sono solo dei “credenti" nel "far ponti".
Il sacramento del perdono muove dalla Volontà di Dio di salvarci dal male, ma abbisogna della giusta disposizione di chi chiede perdono e di chi amministra il sacramento. Altrimenti è una “recita giuridica”, l’illusione di un rito magico che non trasforma il cuore del peccatore e non ripristina la muraglia sgretolata dal peccato, una spiritualità pura di cuore che “vede Dio”, facendoci più forti contro le “potenze invisibili” che attentano al nostro vero bene, nell'anima e nel corpo.
Ma come ha recentemente scritto Camillo Langone, come fai a "integrare" se sei disintegrato tu? E che senso ha integrare chi non ha proprio nulla da ammirare nella nostra disintegrazione? La Bibbia è piena di accoglienza, proprio perchè è forte di una tradizione con la quale accolgo. Ma chi apre a tutto, al massimo accoglierà in un centro commerciale. Che non è una casa. Tanto meno l'abitazione dello Spirito Santo.
Mettendo il card. Schoenborn al posto del card. Mueller all'ex sant'Uffizio, pare che il papa abbia dato la sua risposta al card.Caffarra.
RispondiEliminaEsemplare articolo di Alessandro Gnocchi http://www.riscossacristiana.it/fuori-moda-la-posta-di-alessandro-gnocchi-190716/. Consiglio vivamente la lettura
RispondiElimina"«In Amoris Laetitia [308] il Santo Padre Francesco scrive: “capisco coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione”".
RispondiEliminaCredo che Bergoglio al dire questo aveva in mente la sua pastorale con i FFI. Tanta rigità non ha lasciato di produrre confusione, perchè il problema è veramente quello che ha detto il card. Cafarra: manca chiarezza. Parlare di pastorale rigida o flessibile me ricorda il "Convegno di Roma sul Vaticano II. Intervento di Mons. Brunero Gherardini" dove comincia:
"C’era una volta l’Araba Fenice. Tutti ne parlavano, ma nessuno l’aveva mai vista. E c’è oggi una sua versione aggiornata, di cui pure tutti parlano e nessuno sa dire di che cosa si tratti: si chiama Pastorale". http://chiesaepostconcilio.blogspot.com.br/2011/01/convegno-di-roma-sul-vaticano-ii.html
Parvus ha detto:
"Sua Eminenza non sembra essersi accorto del fatto che il prevalere della comunione tra gli sposi a scapito della procreazione (quale fine primario del matrimonio) si trova gia' in radice nell'art. 48 della costituzione conciliare Gaudium et Spes, par. 2 tr".
Interessante ossservazione, in questo senso dobbiamo anche ricordare che prima del concilio la Chiesa insegnava che uno dei fini del matrimonio era quello di essere un rimedio contro peccati della carne. Parlando in astratto: chi lascia il matrimonio per vivere con'altra persona lascia anche il rimedio per la sua natura caduta nel peccato. La Chiesa con il Concilio ha abbandonato questa importante parte dell'insegnamento dei fini del matrimonio.
"È chiaro che un pensiero rigorosamente matematico come quello di Machiavelli ignora le nozioni di bene e di male. In matematica, non c'è ne bene ne male, non c'è neppure vero o falso nel senso proprio del termine, ma soltanto esatto o inesatto. Per questo Machiavelli è il pensatore contemporaneo per eccellenza, in un mondo in mano alla tecnica: il suo pensiero non può non suscitare scandalo, ed è dal nome di Nicolò Machiavelli che gli inglesi hanno tratto l'appellativo che danno al diavolo: "old Nick".
RispondiEliminaÈ naturale che questa rigorosa meccanizzazione dell'uomo e del mondo sotto il governo d'una intelligenza puramente quantitativa appaia satanica al cristiano. Eppure, il satanico di Machiavelli non è in questo, ma piuttosto nella sua concezione dissonantistica dell'uomo e del mondo, che i suoi calcoli metodici si sforzano di ridurre e mascherare sotto rapporti di forza. Satana è in realtà l'essere disgregato per eccellenza, perché deriva il suo essere da Dio, e da Dio si è allontanato: non ha più unità interiore, è lacerato fin nel profondo. De Vigny gli ha fatto dire:
Tanto grande è la distanza fra me e me,
che non capisco più quel che dice l'innocenza.
Satana comprende soltanto più il peccato, separazione da sé e separazione da Dio, dal quale dipende tutto l'essere. Secondo i Padri della Chiesa, la definizione stessa del peccato originale è lo scegliere arbitrariamente una parte del proprio essere a danno delle altre, e sottrarla al dominio divino: "Con il primo peccato", scrive uno di essi, "Adamo si è separato da se stesso e dagli altri". Adamo ha rotto i legami che lo uniscono come creatura a tutte le altre e al resto della creazione nell'amore per il Creatore". MACHIAVELLI: ESPRESSIONE DELL'UOMO MODERNO di Marcel de Corte -http://www.totustuustools.net/pvalori/decorte_machiavelli.htm
https://www.lifesitenews.com/news/45-catholic-academics-urge-cardinals-to-ask-pope-francis-to-fix-exhortation?utm_source=LifePetitions+petition+signers&utm_campaign=b9d339dc76-Catholic_7_197_19_2016&utm_medium=email&utm_term=0_c5c75ce940-b9d339dc76-397771289
RispondiEliminaLo abbiamo già tradotto e pubblicato qui dal New Catholic Register
RispondiEliminahttp://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2016/07/studiosi-cattolici-rivolgono-un-appello.html
Libro Sei parole talismaniche: Nel tempo post-conciliare la parola "Pastorale" è divenuta quasi onnipresente. Più recentemente, a essa si sono aggiunte "Misericordia", "Ascolto", "Discernimento", "Accompagnamento" e "Integrazione". Questi sei termini sembrano spesso usati come parole talismaniche di una neolingua che veicola un "trasbordo ideologico inavvertito", cioè un cambiamento di mentalità e di sensibilità tale da insinuare una nuova teologia.
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http://www.totustuus.it/modules.php?name=Downloads&d_op=viewdownload&cid=3
Fuori tema (bioetica...)
RispondiEliminaSembra una barzelletta, ma le edizioni Marcianum, nate con grandi ambizioni (la rivista OASIS, le Ephemerides Iuris Canonici...) e grandi crisi finanziarie oggi ci presentano il prof. Veronesi, favorevole all'aborto e all'eutanasia come esponente di una medicina in cui "si tratta di rimettere al centro la persona" (sic),
http://www.marcianumpress.it/libri/curare-gli-ammalati
e Nichi Vendola, che si è appena "rifornito" di un figlio in un laboratorio americano,ci insegna a «svestirsi del proprio egocentrismo» (SIC)
http://www.marcianumpress.it/libri/vestire-gli-ignudi-seppellire-i-morti
Antonio V.