Subito dopo la pubblicazione della “Lettera Aperta ai vescovi della Chiesa cattolica” sul presunto crimine di eresia di Papa Francesco, i critici del documento si sono affrettati a sfruttare i suoi pochi veri punti deboli ignorando però – o addirittura distorcendo – i suoi numerosi punti validi.
Il loro tentativo di liquidare la Lettera senza prendere in esame le legittime preoccupazioni che essa solleva rende un pessimo servizio ai fedeli, che hanno il diritto di aspettarsi di più dai teologi e dagli esperti cattolici, i quali hanno la responsabilità di proteggere e spiegare la fede cattolica.
La Lettera Aperta (vedi il testo completo qui), firmata da insigni accademici del calibro del Padre Aidan Nicholis, del Dr. Josef Seifert, del Professor John Rist e del Dr. Claudio Pierantoni, presenta senza dubbio un numero esiguo di elementi imprecisi o inappropriati che ne hanno in certo qual modo minato l'efficacia e hanno reso più facile ai critici cercare di evitare di rispondere ai suoi punti molto solidi sul comportamento sempre più distruttivo di Papa Francesco nel suo ufficio di papa.
Il loro tentativo di liquidare la Lettera senza prendere in esame le legittime preoccupazioni che essa solleva rende un pessimo servizio ai fedeli, che hanno il diritto di aspettarsi di più dai teologi e dagli esperti cattolici, i quali hanno la responsabilità di proteggere e spiegare la fede cattolica.
La Lettera Aperta (vedi il testo completo qui), firmata da insigni accademici del calibro del Padre Aidan Nicholis, del Dr. Josef Seifert, del Professor John Rist e del Dr. Claudio Pierantoni, presenta senza dubbio un numero esiguo di elementi imprecisi o inappropriati che ne hanno in certo qual modo minato l'efficacia e hanno reso più facile ai critici cercare di evitare di rispondere ai suoi punti molto solidi sul comportamento sempre più distruttivo di Papa Francesco nel suo ufficio di papa.
Per esempio, la Lettera presenta una lista di infrazioni di Papa Francesco che comprende la nomina ad alte cariche di uomini dalla personalità e dall’ortodossia dottrinale ambigue; il fatto che il pontefice non si prenda cura di pronunciarsi pubblicamente a favore di qualcuna delle campagne contro l’aborto; il suo uso di un bastone che la Lettera definisce “satanico”. I primi due punti sono troppo vaghi e deboli per provare un’accusa di eresia, e l’ultimo è semplicemente falso: il bastone usato da Francesco al Sinodo della Gioventù del 2018 gli è stato dato da un gruppo di giovani cattolici che volevano rappresentare la croce di Cristo.
Il documento è inoltre indebolito dall’aver rivolto ai singoli vescovi il suo appello a giudicare, ammonire e, se necessario, “dichiarare che Papa Francesco ha commesso il delitto canonico di eresia e che deve subire le conseguenze canoniche di tale crimine”, le quali potrebbero includere la cessazione del suo pontificato. Storicamente, i teologi che hanno preso in esame l’eventualità dell’eresia papale non hanno mai ritenuto che i singoli vescovi, o piccoli gruppi di vescovi, potessero fare un passo del genere; sarebbe necessario un concilio ecumenico o un quorum di cardinali per emettere un giudizio del genere. La ragione è abbastanza ovvia: senza una norma siffatta, non sarebbe possibile designare un successore né raggiungere un consenso sulla dichiarazione di vacanza del soglio. L’unico risultato sarebbe quello di generare un caos e una confusione ancor più grandi nella Chiesa.
Tuttavia, nessuno di questi difetti rende invalide le accuse assolutamente legittime inoltrate dalla Lettera, che contiene un contributo utile al dibattito sul comportamento assai problematico di Papa Francesco. Essa fornisce al lettore un’abbondanza di elementi necessari per arrivare alla conclusione che, come minimo, si deve affrontare il papa e lo si deve mettere di fronte alle sue dichiarazioni e ai suoi atti amministrativi pericolosi. Sono i cardinali e i vescovi, cui la lettera è rivolta, ad avere la responsabilità principale al riguardo. Sfortunatamente, invece di riconoscere le legittime preoccupazioni manifestate dalla lettera, i partigiani e i polli del regime di Francesco hanno fatto tutto quel che potevano per eludere i suoi punti principali e prendere di mira solo i suoi difetti. Agendo in questo modo sembra che si preoccupino di più di proteggere le loro carriere e il loro status istituzionale che di compiere il loro dovere di proteggere la fede dall’errore.
Jimmy Akin cerca di salvare il papa coi cavilli ma non ci riesce
La risposta che ha riscosso le maggiori attenzioni e che meglio riassume gli argomenti banali utilizzati per liquidare la Lettera Aperta è forse quella scritta dall’apologeta di professione Jimmy Akin, un collaboratore di Catholic Answers. La presuntuosa e sprezzante risposta di Akin rappresenta un esempio utile – sia pur estremo – dell’approccio adottato da quanti vogliono eludere un dibattito autentico su Francesco.
Senza alcun accenno di ironia, Akin comincia col sostenere che i firmatari della Lettera Aperta non avrebbero le competenze necessarie per analizzare criticamente il papato di Francesco perché non hanno dottorati in teologia, in ecclesiologia o in diritto canonico – dimenticandosi evidentemente del fatto che lui stesso non ha nessun dottorato. Questa accusa è fuorviante e debole, dato che il Padre Aidan Nichols ha scritto una tesi di dottorato sull’ecclesiologia e ha pubblicato due libri sul tema, e che lo stesso Akin ammette che altri firmatari hanno la licenza in teologia. Dopo la pubblicazione della critica di Akin, una persona col dottorato in diritto canonico, il Padre Gabriele Rossi, ha firmato la Lettera Aperta, indebolendo ulteriormente le obiezioni di Akin. [In ogni caso spostare l'attenzione sulle competenze elude l'essenziale, cioè i contenuti - n.d.T.]
Akin crede di poter confutare la Lettera Aperta e salvare Papa Francesco dall’accusa di eresia per mezzo di cavilli, sottolineando che l’“eresia” è definita all’interno del Diritto Canonico come il rifiuto ostinato di un dogma definito dalla Chiesa come divinamente rivelato, ossia, facente parte del deposito della fede dato alla Chiesa da Cristo e dagli apostoli. Akin continua poi con l’osservare che nessuno dei testi che la Lettera Aperta cita tra quelli contraddetti da Papa Francesco rientra in questa categoria, e quindi non si può dimostrare nessuna eresia.
Sembra che Akin proprio non si accorga del fatto che se ha bisogno di ricorrere ad argomenti così deboli in realtà quel che sta facendo è indebolire atrocemente la posizione di Papa Francesco e far emergere in modo lampante che la Lettera Aperta prende in considerazione preoccupazioni legittime. Akin non contesta in modo diretto l’accusa secondo cui il papa avrebbe contraddetto le Sacre Scritture o i canoni dogmatici solenni dei concili ecumenici, e non nega nemmeno che i canoni in questione definiscano dogmi che vertono su temi inerenti alla verità rivelata. L’unica risposta che è capace di dare in proposito è che il documento non presenta citazioni o bibliografie che lo provino.
Akin avrebbe potuto risolvere molto rapidamente il problema per sé stesso e per i suoi lettori se solo avesse consultato i testi menzionati dalla Lettera Aperta, in particolare i canoni sulla Giustificazione approvati nella sesta sessione del Concilio di Trento. Questi canoni fanno seguito a un Decreto esplicativo sulla Giustificazione che dichiara esplicitamente che i canoni concernono verità divinamente rivelate, affermando che “il Concilio santo, ecumenico e generale di Trento […] intende […] esporre a tutti i fedeli di Cristo la vera e salutare dottrina della giustificazione, che il Sole della giustizia, Gesù Cristo, autore e perfezionatore della nostra fede, ha insegnato, che gli Apostoli hanno tramandato e che la Chiesa Cattolica, su ispirazione dello Spirito Santo, ha sempre sostenuto; proibendo severamente che d’ora in poi qualcuno abbia l’audacia di credere, predicare o insegnare qualcosa di diverso da quanto è definito e dichiarato nel presente decreto”.
Inoltre, per determinare se la definizione dei dogmi del Concilio di Trento sulla Giustificazione sia stata storicamente considerata rivelazione divina si può consultare un manuale di teologia dogmatica, come il sommamente rispettato Sacrae Theologiae Summa (STS), che – nel terzo volume sulla grazia – tratta le dichiarazioni dogmatiche di Trento sulla Giustificazione come temi di verità rivelata, che appartengono pertanto alla categoria teologica della “Fede Divina e Cattolica” (vedi per esempio 4ª edizione, vol. 3, par. 253).
Sembra pertanto assai difficile, se non impossibile, esimere Papa Francesco dall’accusa di aver effettivamente negato un dogma definito come verità divinamente rivelata, dal momento che nell’Amoris Laetitia egli afferma: “Un soggetto, pur conoscendo bene la norma [contro l’adulterio], può avere grande difficoltà nel comprendere ‘valori insiti nella norma morale’ o si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa”. Si compari questa affermazione col canone 18 della sessione 6 del Concilio di Trento: “Se qualcuno dice che anche per l’uomo giustificato e costituito in grazia i comandamenti di Dio sono impossibili ad osservarsi, sia anatema”.
Nell’Amoris Laetitia ci sono molte altre affermazioni che sembrano eretiche, in particolare quelle che parlano della castità e dell’evitare l’adulterio come se fossero “ideali” e non fossero strettamente obbligatori invece di sostenere la perenne comprensione della castità – da parte della Chiesa – come obbligo assoluto della legge morale contenuta nei Dieci Comandamenti (“Non commettere adulterio”). La Lettera Aperta presenta esempi di questo tipo, oltre ad altre affermazioni di Francesco che sembrano sostenere posizioni incompatibili con quelle della fede cattolica, con un totale di dodici citazioni problematiche. Akin respinge le prove presentate nella lettera senza affrontarle in modo diretto, manifestando ancor di più la debolezza della sua posizione.
Lo standard proposto da Akin per provare l’eresia è improponibile
Akin innalza poi l’asticella da superare per provare l’eresia ad altezze impossibili da raggiungere, sostenendo che la Lettera Aperta non raggiungerebbe il suo scopo perché non dimostrerebbe che “le affermazioni o le azioni [di Papa Francesco] non possano essere interpretate in un altro senso”. In altre parole, i firmatari non avrebbero dimostrato ciò che è in sé stesso indimostrabile: cioè che sia impossibile interpretare le parole di Francesco in modo ortodosso. Akin non fa nulla per dimostrare che un criterio così assurdo per dimostrare l’eresia esista nella legge canonica o nella tradizione nella Chiesa, per il mero fatto che esiste solo nella sua mente.
Il principio di Akin annullerebbe ogni accusa di eresia contro chicchessia. Le parole sono meri segni convenzionali che non possono mai obbligare in modo assoluto ad essere interpretare in un modo specifico, e possono essere usate per significare qualsiasi cosa. In base allo standard di Akin nessuno potrebbe essere mai condannato per eresia, perché sarebbe sempre possibile attribuire un certo significato ortodosso alle parole usate. In realtà, è necessario che le azioni dell’accusato forniscano prove morali certe dell’intenzione di persistere ostinatamente nell’eresia, elemento che rappresenta la prova standard definita nel Codice di Diritto Canonico.
Altre persone hanno utilizzato una versione più morbida e ragionevole di questo approccio mettendo in discussione le dichiarazioni di Francesco ma definendo la Lettera Aperta eccessiva. Il canonista Edward Peters fa riferimento al “principio della benignità” a proposito dell’interpretazione delle dichiarazioni di Papa Francesco, argomentando che “se esiste un’interpretazione ortodossa di un’asserzione teologica ambigua, è quell’interpretazione benigna che dev’essere attribuita alle parole dell’accusato”. Altri, come il Padre Thomas Weinandy [qui] – teologo che ha pagato a caro prezzo lo spendersi per proteggere la fede durante il papato di Francesco – e il Vescovo Athanasius Schneider, prelato che si è adoperato per correggere la confusione provocata dalle dichiarazioni di Francesco, sostiene in modo analogo che le dichiarazioni del papa siano semplicemente ambigue e che debbano essere interpretate in senso ortodosso. Ma nessuno di costoro prende in esame gli esempi specifici di presunta eresia presentati nella Lettera Aperta per dimostrare che quelle dichiarazioni potrebbero essere interpretate in modo eretico. La Lettera fornisce argomenti solidi che loro non sono in grado di presentare.
È inoltre importante sottolineare che anche coloro che si adoperano per la diffusione dell'eresia – anche qualora non pronuncino dichiarazioni formalmente eretiche – sono considerati complici nel crimine, ragion per cui secondo i manuali tradizionali di legge canonica sono passibili delle stesse pene. Per esempio, Wernz e Vidal, in Ius Canonicum, vol. 7 (Roma, Università Gregoriana, 1937, p. 425), sostengono che tra costoro sono compresi i “sostenitori” (fautores) dell’eresia, che sono definiti come coloro che “dietro incarico o per omissione operano a favore degli eretici favorendo la promozione della dottrina eretica”. Chi commette un delitto del genere era giudicato in base al canone 2209 del Codice di Diritto Canonico del 1917, oggi condensato nel canone 1329. La Lettera Aperta perora la causa secondo cui le dichiarazioni di Papa Francesco e le sue nomine di personaggi controversi ad alti livelli della Curia sarebbero consone a questo supporto e a questa ricezione dell’eresia. Alcuni degli esempi offerti sono poco consistenti, ma altri sembrano essere molto forti, specialmente quando li si considera tutti insieme.
Il caso di Papa Onorio fornisce un esempio storico utile a questo proposito. Onorio fu anatemizzato da tre concili ecumenici (il sesto, il settimo e l’ottavo) per aver fomentato l’eresia, nonostante le sue parole contenute nella famigerata lettera al Patriarca Sergio, che confermavano la sua politica di proibizione della dottrina delle due volontà di Cristo, potessero essere interpretate in senso non eretico e siano state persino difese da San Massimo il Confessore. Tuttavia, le azioni del papa avevano chiaramente favorito la causa dell’eresia. Per i Padri del Sesto Concilio Ecumenico (il Terzo Concilio di Costantinopoli), le dichiarazioni di Onorio erano “estranee ai dogmi apostolici, alle dichiarazioni dei santi concili e all’autorità di tutti i Padri riconosciuti” e seguivano “i falsi insegnamenti degli eretici; pertanto le respingiamo totalmente e le esecriamo in quanto nocive per le anime”. Essi dichiararono pertanto: “Decretiamo che Onorio, che per un certo periodo di tempo è stato papa di Roma, sia espulso dalla santa Chiesa di Dio e anatemizzato a causa di quanto abbiamo letto nelle sue lettere a Sergio, che dimostra come egli ha seguito in ogni aspetto le sue idee e ha confermato le sue empie dottrine”.
In una voce riportata anche dal sito di Catholic Answers, l’Enciclopedia Cattolica concorda sul fatto che Onorio “non fu condannato dal concilio in quanto monotelita, ma per aver approvato la politica contraddittoria di Sergio di includere frasi ortodosse ed eretiche [sulle due volontà, divina e umana, di Cristo] nella stessa censura”. Papa Leone II, che approvò la condanna di Onorio, spiegò che “non estinse sin dal principio, come l’autorità apostolica è tenuta a fare, le fiamme dell’insegnamento eretico, bensì le attizzò con la sua negligenza”. In altre parole, fu la sua negligenza a facilitare la diffusione dell’eresia, e ciò fu considerato sufficiente per dichiararlo colpevole di eresia.
I prelati cattolici che provano raccapriccio per le dichiarazioni fuorvianti di Francesco, ma che finora hanno preso le distanze dalle accuse di affermazione diretta dell’eresia, insistono molto su questo punto. Per esempio, il Cardinal Gerhard Müller, citato da Akin per difendere la sua affermazione secondo cui l’Amoris Laetitia sarebbe ortodossa, ha recentemente ammesso che alcune sue parti necessitano un “chiarimento” e ha esortato Papa Francesco a rispondere alle obiezioni sollevate nella Lettera Aperta. Anche il Padre Joseph Fessio, fondatore della Ignatius Press, ha invocato una risposta del papa ai firmatari della lettera, i quali, ha affermato, “mostrano in quali punti Papa Francesco ha fatto dichiarazioni che sembrano contraddire questi insegnamenti della Chiesa”. Egli ha poi aggiunto: “Il documento non può essere liquidato con la semplice accusa di essere estremista”, e ha anche offerto una difesa elaborata della Lettera Aperta nella recente intervista rilasciata a Raymond Arroyo.
I ripetuti tentativi di mettere in guardia il papa sui suoi errori e di ottenere da lui chiarimenti sulle sue dichiarazioni sconcertanti sono rimasti inascoltati. Nel frattempo Francesco ha approvato o permesso interpretazioni dell’Amoris Laetitia pubblicate da conferenze episcopali nazionali che sembrano confermare le interpretazioni eretiche. Mi riferisco in particolare alla Dichiarazione di Buenos Aires, che Francesco ha fatto inserire negli Atti della Sede Apostolica, e alla dichiarazione dei vescovi brasiliani, la quale afferma che possono esserci “giustificazioni” per commettere adulterio. Anche se ovviamente il papa merita il beneficio del dubbio a proposito della sua ortodossia, si richiede una dose sempre maggiore di credulità per continuare a supporre che Francesco abbia voluto dare un significato ortodosso alle sue dichiarazioni o che egli non sia consapevole di quale influsso esercitino sui fedeli.
Finché Papa Francesco non risponderà alle questioni legittimamente sollevate dalla Lettera Aperta e da altre iniziative analoghe, continuerà a incontrare una resistenza sempre maggiore da parte dei fedeli cattolici, che non potranno mai accettare gli spropositati errori dogmatici e morali suggeriti dai suoi scritti. Con tutte le sue imperfezioni, la Lettera Aperta ha ricordato ai vescovi il loro obbligo di proteggere l’integrità della fede, anche di fronte a un superiore traviato. Come ci dice San Tommaso d’Aquino, menzionando il caso di San Paolo che rimproverò San Pietro: “Se la fede fosse in pericolo, il fedele dovrebbe rimproverare il suo prelato anche pubblicamente”. Che i vescovi ascoltino questa esortazione, e che Dio infonda in loro il coraggio di assumersi la loro grave responsabilità.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
E' chiaro che costoro stanno difendendo il loro dante causa a prescindere. Gli umili fedeli hanno capito per primi 'la stranezza' di questo papato, d'istinto, molti senza neanche una sufficiente argomentazione a posteriori. La loro Fede semplice, senza esitazione alcuna, ha capito subito e con certezza.
RispondiEliminaOra bisogna sobbarcarsi la fatica di questo confronto estenuante, io ho detto, lui ha detto, con tutte le pezze d'appoggio di caso in caso. Tuttavia credo che affrontare Bergoglio, tra i papi del concilio e post-concilio, sia il compito più facile ed elementare, non essendo lui europeo. Certamente conosce le regole comportamentali proprie del gesuitismo sudamericano ma, la sua formazione ed istruzione non sono passate al vaglio del setaccio europeo, in cui passa l'ultimo sprovveduto, da generazioni e generazioni, europeo.
Credo che si possa fare un giusto confronto tra peccato veniale e peccato mortale. Il peccato veniale è come un leggero strato di pulviscolo sopra la superficie della nostra anima, a stento si vede, difficile avvertirne il peso ma, se i peccati veniali si sommano e si assommano, la nostra anima finisce con il non vedere più e con il diventare pesante, grossolana, tanto quanto un'anima abituata al peccato mortale. Oggi Bergoglio con le sue ambiguità giornaliere, quattro volte al giorno, ha perduto il senso del peccato, il senso del giusto e dell'ingiusto, brancola alla debole luce del sinistrese, suo primo ed unico amore. Davanti a noi si sta dispiegando unicamente quel freddo 'Buonasera' che lasciò la piazza attonita. Quello fu il seme che, nei fatti, nessuno riuscì ad accogliere, se vogliamo essere sinceri.
OT:
RispondiEliminaIl 4 giugno 2016, nella basilica di S. Pietro in Roma, ci siamo consacrati al Cuore Immacolato di Maria.
Che Ella ci possa sempre custodire e difendere da ogni male, soprattutto in questi tempi bui.
In cordibus Jesus et Mariae
Antonio
C'ero anch'io. Ricordo indelebile.
RispondiEliminaAve Maria!
Uno degli argomenti usati in questo articolo riguarda Mons.Schneider il quale,di fatto, non ha sostenuto le accuse di eresia ma ha accusato, più modestamente, Bergoglio di ambiguità.
RispondiEliminaQuesta è, purtroppo, la vera ambiguità di quanti vogliono essere moderati e che, invece, finiscono per sostenere, sia pure involontariamente, i nemici dell'ortodossia.
Costoro, a loro volta, possono sfruttare le incertezze dei vari Schneider di turno usandole a proprio favore.
Ecco perché é necessario essere fermi, non é questione di estremismo,é questione di coerenza,anche per non offrire il fianco ai nemici della Tradizione.
Grazie a Don Elìa che al pari di Paolo e di ogni apostolo fedele mira all'essenziale e non si sottrae al dovere di annunciare tutta la volontà di Dio per ri-condurre le anime a Dio .
RispondiEliminaParimenti grazie a Mic che , quale araldo del Re e della Regina , l'ha amplificata .
Continuiamo tutti con il passaparola e che la Madre di Dio ci ottenga il privilegio di essere le Sue mani , i Suoi occhi , i Suoi servi :
" Le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte "
Dal Vangelo di Gv 17,1-11a
Nell'ultimo articolo, copia incolla, di Blondet è riportato un twitter-encomio di Soros per Bergoglio.
RispondiEliminaDa soli forniscono le 'loro' connessioni tra 'loro'. Fantastico!
Da leggere comunque:
https://www.maurizioblondet.it/presidente-per-far-dispetto-a-salvini/
Presidente, PER FAR DISPETTO A SALVINI….
Maurizio Blondet 4 Giugno 2019 99 commenti
Pezzo di copia/incolla:
La táctica del Papa Francisco es astuta y sutil. Será difícil declararlo Hereje. Es la táctica de decir las cosas de una forma aparentemente católica -incluso la declaración de Abu Dabi puede interpretarse como que Dios en su sabiduría ha previsto la diversidad de religiones, consecuencia del pecado original, o sea "voluntad permisiva"-.
RispondiEliminaEn cuento a la Férula "satánica" ya se ha visto: es una obra de arte regalo de unos católicos. Y sin embargo Pio XII en la Mediator Dei condena esa forma de representar la Cruz y el Crucifijo.
Al no haber una Autoridad Superior a la del Papa -salvo en el Cielo- es prácticamente imposible (humanamente) declararlo hereje.
Quienes lo han puesto en la Sede Apostólica conocen muy bien la estructura jerárquica de la Iglesia. Lo han colocado en ese puesto para que destruya la Iglesia desde dentro.
Mentre la chiesa è assente...
RispondiEliminaccolwww.ansa.it/sito/notizie/mondo/2019/06/04/olandastuprata-da-pia-a-17-anni-ottiene-eutanasia-_95941577-2d5d-46d8-814c-363f87c4cae0.html
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Io di eresie ne vedo a iosa sia in Bergoglio che in Ratzinger che nel vescovo, o meglio vescovi, che nei preti. MA ALMENO UN'ERESA SOMMA LA VEDIAMO TUTTI:L'INVENZIONE DI 2 PAPI AMORIS LAETITIA.
RispondiEliminaOT https://onepeterfive.com/like-first-latin-mass/
RispondiEliminaBisogna giustamente condannare le eresie di Bergoglio, senza dimenticare le eresie dei suoi immediati predecessori.
RispondiEliminaMora Martino
PF dicìo'Porque el problema de Benedicto sono las rodillas, no la cabeza, tiene una gran lucidez'( algùn malvado ha seguido que el problema de Bergoglio es exactamente el contrario).
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