La morte e la Dottrina sociale della Chiesa
di Silvio Brachetta
Il filosofo francese Robert Redeker, intervistato[1] da Giulio Meotti, sostiene che «se la morte non esiste, tutto è permesso». È in corso da decenni, sostiene Redeker, l’«occultamento della morte in Occidente», nel senso che tutta l’attenzione culturale e sociale è spostata sulla ricerca del benessere e sull’edonismo[2]. La rimozione freudiana del thanatos, della pulsione di morte, potrebbe apparire come un grande bene, poiché del tutto istintiva e alleata alla causa della vita. Ma, secondo Redeker, non è così: l’epoca contemporanea ha «felicemente dimenticato che la nostra vita poteva esistere solo sul terreno fertile della condizione umana di cui, come ha sottolineato Pascal, la malattia e la morte sono dati permanenti».
Rimuovere la malattia e la morte, anche solo a livello psicologico, cioè, non umanizza (o non risolve) la vita, ma anzi la indebolisce, perché è un’operazione contraria alla verità fattuale. Rinunciare, poi, al supporto della religione non risolve nulla: così come la cecità non elimina il mondo visibile, allo stesso modo l’ateismo non elimina il morire e il soffrire, che rimangono onnipresenti per tutto il corso della storia.
La morte ha un senso talmente forte nei confronti della vita, che la Rivelazione ebraica e cristiana non solo non la rimuove, ma è permeata di situazioni riferite al sacrificio, all’espiazione, al dolore, alla rovina. La stessa risurrezione non può compiersi, se non passa per la passione e per la morte naturale, di Gesù Cristo e nostra.
Avviene, dunque, che all’insorgere di una guerra o di un’epidemia, il thanatos ricompare indesiderato e ciò che sembrava rimosso per sempre diventa l’unico pensiero angoscioso del vivere quotidiano. Risorge non la persona, ma il panico e la disperazione. Ogni momento della giornata resta contagiato dal fantasma lugubre e ossessivo della fine; l’edonismo scompare.
La Dottrina sociale, come pure l’intero insegnamento della Chiesa, associa la morte – in quanto conseguenza del peccato mortale adamitico e via salvifica assunta dal Cristo – al divieto di uccidere (quinto Comandamento) e, per via della redenzione, al lavoro umano. Quanto al Decalogo, è abbastanza scontato ricordare che il quinto Comandamento «ha valore perché Dio solo è Signore della vita e della morte»[3]. E da questa verità ha origine, tra l’altro, tutta l’azione ecclesiale a favore della vita umana.
Il peccato originale, inoltre, è fonte dell’inimicizia tra le persone, perché «la rottura con Jahvé spezza al tempo stesso il filo dell’amicizia che univa la famiglia umana», danneggiando il rapporto del singolo col suo prossimo[4]. Non è più soltanto una questione privata: si può, allora, «parlare di peccato personale e [al tempo stesso] sociale», poiché «ogni peccato è personale sotto un aspetto», ma «sotto un altro aspetto, ogni peccato è sociale, in quanto e perché ha anche conseguenze sociali»[5].
Il legame tra lavoro e morte si fa subito evidente nel primo libro della Bibbia: «Col sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto […]»[6]. Di questo legame, Giovanni Paolo II offre una profonda esegesi, nella Laborem Exercens[7]. Ogni lavoro – scrive – «va congiunto inevitabilmente con la fatica», in relazione al «sudore» evocato in Genesi. Da benedizione (opera creatrice di Dio), il lavoro, a motivo del peccato adamitico, diventa una maledizione: «Maledetto sia il suolo per causa tua!»[8]. Ciò spiega anche la dimensione di obbligo, che il lavoro ha per l’uomo[9].
Solo mediante il sacrificio di Gesù Cristo, il lavoro si unisce al mistero pasquale e diventa una via di salvezza per l’uomo. La morte del giusto Crocifisso riscatta la disobbedienza adamitica e il lavoro diviene un veicolo di vita e di perfezione umana: «Sopportando la fatica del lavoro in unione con Cristo crocifisso per noi» e «portando a sua volta la croce ogni giorno nell’attività che è chiamato a compiere», l’uomo «collabora in qualche modo col Figlio di Dio alla redenzione dell’umanità»[10].
Gesù Cristo ha trasfigurato persino la morte, unendo il lavoro all’amore: «Nel lavoro, grazie alla luce che dalla risurrezione di Cristo penetra dentro di noi, troviamo sempre un barlume della vita nuova, del nuovo bene»[11]. Giovanni Paolo II, inoltre, cita il magistero per evidenziare lo stretto legame tra lavoro e sviluppo della civiltà: «[…] benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del Regno di Cristo, tuttavia nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l’umana società, tale progresso è di grande importanza per il Regno di Dio»[12].
Espellere la morte dall’ambito privato o sociale può, quindi, voler dire molte cose, può significare una rinuncia implicita alla redenzione oppure una svalutazione del lavoro a puro affaticamento meccanico. Ancora più grave è rimuovere la morte dalla predicazione dei chierici. Già Benedetto XVI aveva affermato che «in non poca catechesi moderna la questione della morte è solo sfiorata» e «la nozione di vita eterna si trova appena accennata»[13]. Sparito, così, «in tanti cristiani il senso escatologico, la morte è stata circondata dal silenzio, dalla paura o dal tentativo di banalizzarla»: non accettare e rispettare, però, «la morte significa non accettare e non rispettare neppure la vita»[14].
Senza la tensione escatologica, non è solo messa in pericolo la salvezza del singolo, ma ne risente lo stesso progresso materiale e spirituale della società. Lo scrive Paolo VI: «Per un cristiano, il progresso s’imbatte necessariamente nel mistero escatologico della morte»[15]. Escludendo la morte del Cristo e la sua risurrezione – continua – è impossibile per l’uomo «situare la sua libertà creatrice e riconoscente nella verità di ogni progresso»[16]. Il progresso, come semplice vocabolo, è un concetto ambiguo, se rimane confinato alle occupazioni secolari. Il progresso, dunque, non ha a che fare con «lo sforzo di liberazione dell’uomo nei confronti delle necessità della natura e delle coartazioni sociali», anche perché liberarsi dalla natura potrebbe significare la liberazione non possibile dalla morte naturale[17].
Leone XIII aveva precedentemente affermato[18], ottant’anni prima di Paolo VI, che la società fu «trasformata da capo a fondo per opera del cristianesimo» e «che questa trasformazione fu un vero progresso del genere umano». Il progresso umano, secondo la Dottrina sociale, si sviluppa parallelo alla crescita etico-morale del singolo e della moltitudine: scrive Leone XIII che il progresso equivale ad «una risurrezione dalla morte alla vita morale»[19].
La morte va non solo considerata, ma anche preparata, come dice Redeker: «Nessuno si prepara più alla morte, mentre nella mia infanzia, nella Francia cattolica, era ancora frequente»[20]. In passato – osserva – «tutti si preparavano alla morte, così come si preparavano al fidanzamento e al matrimonio». Una volta che la morte è stata socialmente rimossa, la civiltà è naufragata nell’equivoco: «Sognavamo il transumanesimo, la teoria del genere, l’abolizione dei confini, le delocalizzazioni, la digitalizzazione del mondo; le stesse parole confine, nazione, sovranità, popolo, identità, erano parole tabù, parolacce che non dovevano essere pronunciate».
Ma esplosa l’epidemia, la realtà cristallina si è nuovamente rimaterializzata. Ed ecco di nuovo risorgere i confini, le nazioni, i popoli e il dramma degli stati senza sovranità. In tutti questi anni gli educatori hanno tenuto gli studenti in naftalina: «Fin dall’infanzia, l’educazione ci nasconde i cadaveri. Siamo cresciuti come se fossimo immortali, mantenendoci volontariamente nell’ignoranza della morte» – afferma Redeker. Non poteva che imporsi una generazione senza più difese, disarmata moralmente e rinchiusa dentro un mondo virtuale e fasullo.
In fondo la morte è stata uccisa dalla presunzione tecnologica, dalle sovrastime delle capacità scientifiche. Anni fa Gennaro Matino, sostenuto dal filosofo francese Jean Baudrillard, scriveva che, «dopo avere narcotizzato il lutto» specialmente nei bambini, la morte è diventato un «film per soli adulti», con «effetti devastanti nella costruzione stessa della società»[21]. È significativo che l’articolo sia apparso sul laicista La Repubblica. Matino lamenta la scomparsa del «dialogare con l’Oltre». E, se il dialogo s’interrompe, è immediatamente sostituito con dei surrogati: o ci si accontenta del paranormale o ci si dà la morte per disperazione suicida.
Silvio Brachetta - Fonte_________________________-
[1] Giulio Meotti: “I giorni del dio selvaggio”, Il Foglio, 25-26/04/2020, p. III.
[2] Cf. Robert Redeker, L’eclissi della morte, Queriniana, 2019.
[3] Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, 2004, n. 112.
[4] Ibid., n. 116-117.
[5] Ivi.
[6] Gen 3, 19.
[7] Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Laborem Exercens, 14/09/1981. Abbr. Lab. Ex.
[8] Gen 3, 17.
[9] Cf. Compendio…, op. cit., n. 264ss.
[10] Lab. Ex. n. 27.
[11] Ivi.
[12] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, n. 39.
[13] Benedetto XVI, Rapporto Sulla Fede. Vittorio Messori a colloquio con Joseph Ratzinger, San Paolo Edizioni, 2005, c. X.
[14] Ivi.
[15] Paolo VI, Lettera apostolica Octagesima Adveniens, 14/05/1971, n. 41.
[16] Ivi.
[17] Ivi.
[18] Leone XIII, Lettera enciclica Rerum Novarum, 15/05/1891, n. 22.
[19] Ivi.
[20] Meotti: “I giorni del dio selvaggio”, op. cit.
[21] Gennaro Matino, “Il mistero della morte che abbiamo rimosso”, La Repubblica, 02/11/2014
"...«se la morte non esiste, tutto è permesso»..."
RispondiEliminaInfatti 'il progresso scientifico tecnologico finanziario' ha insuperbito i più ricchi tanto che vogliono e possono disporre della vita e della morte delle moltitudini. Evidentemente il potere umano occulta la morte quando la dispensa intenzionalmente per i propri fini perversi.
Quindi allorché Dio disse: “Dove sei?” (Gen 3,9), significò la morte dell’anima, che era avvenuta per l’allontanamento di Dio, e, allorché disse: “Polvere tu sei e in polvere tornerai” (Gen 3,19), significò la morte del corpo, quella che accade quando l’anima si separa da esso. Perciò si deve credere che Egli non abbia detto nulla sulla seconda morte, poiché ha voluto tenerla nascosta nella prospettiva del Nuovo Testamento, dove si annuncia nel modo più esplicito la seconda morte. ... La grazia di Dio, per opera del Mediatore, li ha liberati dalla seconda morte.
RispondiElimina- Sant’Agostino, De civitate Dei, XIII, 23, 1
Ascensione del Signore
RispondiEliminaLA FORMA NUOVA DELLA SUA PRESENZA, DOVUNQUE E PER CIASCUNO
“Che significato ha […] l’ascensione al cielo di Cristo? Significa credere che in Cristo l’uomo […] è entrato, in modo inaudito e nuovo, nell’intimità di Dio. Significa che l’uomo trova per sempre spazio in Dio.
Il cielo non è un luogo sopra le stelle […]: è il trovar posto dell’uomo in Dio e questo ha il suo fondamento nella compenetrazione di umanità e divinità nell’uomo Gesù crocifisso ed elevato. Cristo, l’uomo che è in Dio, è al tempo stesso il perpetuo essere aperto di Dio per l’uomo.
Egli stesso è, quindi, ciò che noi chiamiamo ‘cielo’, poiché il cielo non è uno spazio, ma una persona, la persona di colui nel quale Dio e uomo sono per sempre inseparabilmente uniti.
E noi ci avviciniamo al cielo, anzi, entriamo nel cielo, nella misura in cui ci avviciniamo a Gesù ed entriamo in lui.
Pertanto, l”ascensione al cielo’può divenire un processo che si verifica nella nostra vita di tutti i giorni.
[…] Per essi [i discepoli], quindi, l’ascensione non possedeva quel significato errato che noi abitualmente le assegnamo: la temporanea assenza di Cristo dal mondo. Significava piuttosto la nuova, definitiva e insopprimibile forma della sua presenza, in virtù della sua partecipazione alla potenza regale di Dio.
In tal senso, la teologia giovannea poté praticamente presentare come tra loro intrecciati la resurrezione ed il ritorno di Cristo […]: nella resurrezione di Gesù, grazie alla quale egli è ora per sempre in mezzo ai suoi, è già iniziato il suo ritorno”.
(J. Ratzinger, da “Dogma e predicazione”)
Uomini della Galilea di ogni tempo, perché restate a guardare il cielo, e le sue stelle lontane?
Così questa assenza di millenni, certifica un’altra forma di Presenza.
Alla radice delle cose, nella profondità misteriosa dell’Essere,
nei nostri volti che l’hanno visto di nuovo, in un’altra forma.
L’eterna umanità di Dio,
il germoglio fragile
del definitivo, nella precarietà dell’uomo.
Presenza eterna
in ciò che passa.
Inizio del Suo tornare, rimanendo.
Uno tra noi.
Lavorare la terra con fatica e partorire con dolore è uno di quei luoghi comuni che si tende a universalizzare senza fondamento alcuno.
RispondiEliminaMolte società, soprattutto quelle senza stato, "lavorano" quel tanto che basta per procurarsi il necessario, anzi praticamente il lavoro non esiste in quanto ritenuto "arte" e quindi avente riferimento con il rito, per cui l'attività lavorativa è quasi costantemente attività rituale appagante le esigenze dell'anima.
Il parto poi è raramente doloroso, piuttosto spontaneo e naturale. Risultato: sul lavoro e sul parto s'è costruito un castello ideologico (al solito) che non ha alcun fondamento con la realtà osservata.
In terzo luogo le stesse società non credono nella "morte" ma semplicemente a "una vita con il corpo" e "una vita senza il corpo"(il pianto rituale è dimostrazione di ciò), per conseguenza anche il terrore della morte è pura ideologia anzi per molti il consiglio è "morite prima di morire"
Pico
Pico,
RispondiEliminaSul parto raramente doloroso, significa che non ha mai partorito o assistito partorienti e un'affermazione inesatta rende poco credibile il tutto... compresa la sottostima della fatica, che è propria di ogni lavoro, non solo materiale...
In alcune società... (e quali?) Comunque di certo non fa testo...
MIC
RispondiEliminaIo devo chiedere al medico occidentale o alla ostetrica occidentale del parto? E perchè mai? Sono padre e ho assistito all'evento, E' sufficiente leggere qualche libro di antropologia per sapere che il travaglio del parto non è in "natura" ma è in "cultura"
Lo stesso vale per le ulteriori interlocuzioni, anche fare l'amore è faticoso però pare che sia piacevole, così come l'attività sportiva cui molti non rinucerebbero mai perchè gratificante.
Per una socierà "tradizionale" il lavorare coinvolge e muove una catena di simboli che intergeriscono con la natura profonda dell'essere umano rendendo i suoi atti rituali, (vuoi una fonte tra le tante: Geneviene Calame Graule, Il mondo dell parola). Quando il lavoro non ha più contenuti riferibili a un sistema di pensiero superiore di interrelazioni da arte diventa "lavoro da schiavo". Le affermazioni apodittiche sono una forma di omphaloscopia, ovvero il campo visivo dell'osservatore è ristretto al suo ombelico (sistema di credenze) quale centro del mondo e da questo punto di vista tutto si giudica e tutto da lì deve essere normato, Un pò come le architetture di Andrea Pozzo che appaiono sbilenche finchè non ti metti da un solo punto di vista ovvero quello scelto dal gesuita.
Non funziona così.
Il fatto che certe attività siano fonte di piacere e/o gratificanti influisce sulla percezione della fatica ma non la elimina.
RispondiEliminaQuanto al "travaglio" del parto (che se si chiama così ci saranno ragioni oggettive), la sua intensità e durata può variare in base ad una pluralità di fattori. Ma da qui a farne un fatto culturale anziché naturale ce ne corre...
Il lavoro come arte, nel senso di scelta attitudinale possibile, non è mai stato alla portata di tutti tranne che in favorevoli e fortunate circostanze. Ma penso che anche un lavoro non congeniale o non riferibile ad un ordine superiore di valori accettato per necessità non impedisca di sentirsi comunque utili e non necessariamente schiavi, al di là delle elaborazioni teoriche...
RispondiEliminaQui stiamo parlando di condanna al lavoro e di di condanna al parto. In una cultura tradizionale anche l'oggetto apparentemete più umile, una cesta di vimini ad esempio, è il frammento di una retrostante cosmogonia e quindi impiegandolo l'uomo partecipa consapevolmente al "suo" sacro perchè quell'oggetto è discesi dal cielo illo tempore. Sul parto basta leggersi il classicissimo Claude Levi Strauss Antropologia strutturale
A questo punto si potrebbe dire che pure passeggiare per il paradiso e stendere il braccio per afferrare i frutto è faticoso?
Qual è il tuo ideale: la perfetta immobilità?
Non so a me sembra arrampicarsi sugli specchi, per affermare l'esistenza di categorie precostituite universali.
Esse non esistono, tanto che la terra lavorata con farica è un'espressione che si adatta a tempi recenti della storia umana e nom ha mai riguardato le popolazioni boreali e australi sopra un certo grado di latitudine.
Pico
Qui stiamo parlando di condanna al lavoro e di di condanna al parto.
RispondiEliminaLa condanna biblica non riguarda il lavoro e il parto, ma evoca in questi momenti fondamentali le conseguenze della disobbedienza...
La categoria precostituita universale è la finitudine e la morte entrate nella creazione appunto come conseguenza della disobbedienza. Che poi qualcuno non ci creda o teorizzi scenari diversi non la rende meno vera.
Cui prodest questo disquisire?
Pico è fantastico. Chi lavora non fatica e chi partorisce non soffre.
RispondiEliminaSi è dimenticato, però, di smentire altri due luoghi comuni: il sole è tondo e l'erba è verde.
Sulla morte...
RispondiEliminacome appunto ricordavo ieri...
Bisogna tener presente che ogni essere umano, dal più umile al più erudito, qualsiasi sia il suo campo di lavoro, il suo campo di indagine, ne percepisce sempre una parte ampia, profonda, elevata che possa essere. Ma sempre una parte. La Fede dovrebbe essere il lievito, il sale di ogni campo del pensare, dell'agire umano, della conoscenza umana. Mi rendo conto che così non è da lunghi secoli. E' avvenuta una cesura tra Fede e conoscenza umana/ mondana, cesura sempre più profonda e superba. Ora capisco che tutto quello che stiamo vivendo all'interno della chiesa è il risultato di questo approfondirsi della cesura che è diventata golfo, golfo che è diventato mare, mare che è diventato abisso e nessun pur modesto ponte tibetano è in grado di congiungere la sponda di una fede ormai senza sale con la sponda di una conoscenza mondana accecata dalla superbia. Questa constatazione mi tocca profondamente e mi addolora. Anche la chiesa cattolica ha perduto la sua identità e la dimostrazione di questo l'abbiamo avuta proprio dal coronavirus, quando lo stato ha potuto decidere al posto della chiesa. Si decide, si agisce in vece di un altro quando l'altro è minore o incapace. Non so che dire. Il lavoro di ricucitura richiederebbe veri Santi e secoli e secoli di tempo. Santi non ne vedo, secoli e secoli di tempo questa generazione non ne ha ed inoltre è bene essere consapevoli che siamo pochi, divisi e discordi. Anche sulla Fede comune non è facile intendersi. Si salvi chi può.
RispondiEliminaSui secoli e secoli di tempo necessari per colmare la cesura, non ci giurerei, mi sembra eccessivo rapportato alla potenza della Grazia... Quanto ai Santi, invece, non ci sono dubbi!
RispondiEliminaMovida fuori controllo in tutte le maggiori città, in barba ai logorroici DPCM, alle delibere regionali e alle Ordinanze dei comuni spesso contraddittorie e talvolta ai limiti del ridicolo. D’altra parte non vedo come ci si potesse aspettare qualcosa di diverso: l’Uomo non è come le Aquile, gli Orsi o i nobili Felidi; è un animale gregario, come gli scarafaggi, i sorci, le pecore e i lupi e ha bisogno di interagire continuamente con i propri simili, ha bisogno del branco e dei suoi odori, anche solo per sentirsi vivo. A parte il nome, penoso, la Movida ha però un lato estremamente positivo: vedremo finalmente se avevano ragione coloro che consideravano il Covid19 scarsamente pericoloso o al massimo che affermavano che ormai siamo alla “coda” della pandemia oppure quelli che mettevano in guardia sulla sua pericolosità e virulenza e dicevano che siamo solo agli inizi. Basta aspettare qualche settimana.
RispondiEliminaCesare Sacchetti:
RispondiEliminaLi chiamano "assistenti civici". È la nuova polizia del regime che sorveglierà i cittadini che non stanno distanti. Ne assumeranno 60mila. Chi accetterà di fare questo lavoro, non farà gli interessi del Paese. Farà gli interessi di chi vuole distruggerlo.
https://t.co/R37ARNX8sn
Praticamente assembramenti ovunque tranne nelle chiese dove sono molto ligi alle regole igieniste.
RispondiEliminaMinistro Boccia: 60000 "assistenti civici" per controllare il popolo italiano. Non per controllare spacciatori, stupratori, clandestini, anche quelli che continuano a sbarcare indisturbati....
RispondiEliminaAmmazza che fortuna 'sto virus ! Come il lavoro inventato dei call center ,questo perfetto cavallo di Troia dara'lavoro a xmila secondini , piu'le varie forze dell'ordine gia' esistenti , i controllori dell'Atac , i controllori dell'ATM ,i controllori del traffico..., i5G , Vodafone , google..
RispondiEliminaLa Fondazione Rockefeller è una organizzazione filantropica statunitense sostenuta da finanziamenti pubblici e privati.
RispondiEliminahttps://www.nogeoingegneria.com/effetti/politicaeconomia/collegamento-tra-la-fondazione-rockefeller-johns-hopkins-e-le-fondazioni-gates/
https://lacrunadellago.net/2020/04/07/i-rockefeller-annunciarono-la-pandemia-e-il-governo-unico-mondiale/
commento 9,28. Inizio a leggere e mi puzza di sofismi. Vado alla firma e leggo Ratzinger. Lo stesso discorso che sta alla base del foglietto parrocchiale dove si parla di mito ed immaginazione per l'Ascensione, che nell'omelia si spiega poi col fatto che l'Ascensione è la permanenza nell'Eucaristia. Io la puzza di zolfo non la reggo più.
RispondiEliminaAnche questa molto sporca storia del corona/virus è da attribuire al fallimento della chiesa cattolica, all'essere venuta meno al suo compito ed aver lasciato incustodito il gregge affidatole dal Signore Gesù Cristo. E questa lurida storia è anche una sonora sberla in faccia a tutti quelli che si son riempiti la bocca col buio medioevo..e adesso godetevi la luminosa schiavitù della dittatura scientifico/ tecnologica/ finanziaria /libertaria il cui prossimo passo non potrà che essere una filantropica antropofagia.
RispondiEliminaGiuliano Guzzo:
RispondiEliminaLa cosa tragica non è che si consideri la «movida» espressione di libertà. La cosa tragica è che oggi, per l'uomo occidentale, la libertà è tutta qui.
Quanto a Pico il suo discorrere molto colto e sofistico di chi disquisisce dall'antro della sua supremazia presunta, emerge che mai ha partorito e mai ha faticato, mi spiace per lui perché non è maturato, malgrado si ritenga pervenuto ad alti gradi di perfezione superba magari. La cesura tra Fede e conoscenza a dir il vero non è aumentata ma le stesse sostituite ontologicamente con astri deformi, la conoscenza è divenuta la fede degli apostati; tuttavia la Fede è tuttora Conoscenza come sempre. La scienza/conoscenza/fede ha dimostrato oggi più che mai il suo crollo nell'era coronavirus e ne sperimenterà di peggiori. La statua gigantesca sta per abbattersi a causa di una piccola pietra, la Fede sempre connessa con la vera Conoscenza. L'unica cosa su cui ha ragione è la constatazione della sottomissione della chiesa allo stato, ma come chiunque sperimenta questa non è Chiesa e questo non è Stato, ancora un errore di fondo. La Salette insegna che l'eclisse finirà comunque, perché si tratta di eclisse. Il governo attuale non dispone di autorità in quanto autonominatosi, non ha ragione di essere che in funzione del mandato del gruppo che rappresenta . La maggioranza del popolo rifiuta tale gente che non dispone di alcun mandato da esso essendosi autoreferenziato ed autonominato. Quindi nulla chiesa in nullo stato, ma Chiesa vivente eclissata in stato senza mandato. I casi dei magistrati corrotti sono ben definiti dall'ex presidente Cossiga in diretta tv qualche tempo fa, il quale definisce,in diretta a Palamara, ottimo il tonno della marca ma pessimo il Palamara uomo, nonché parla di Mastella che ha abbassato i pantaloni per aprire a magistrati "sovversivi e mafiosi".
RispondiEliminaChi ha mai giocato a palla nell'acqua marina? Se avete provato a spingere la palla sott'acqua appena la lasciate schizza fuori. Cosa ha fatto la destra per elevare il popolo dalla subcultura della sinistra/capitalista? Leggendo 'I quaderni del carcere' di Gramsci ho capito da quale esempio lui trasse ispirazione per il suo concetto di egemonia culturale. Dall'esempio Cattolico ed in particolare da Don Bosco. Altri tempi, altro Credo.
RispondiEliminaPosso prendere Pico a pizze in faccia e dirgli che il dolore che sente è solo un costrutto culturale (o sociale, o qualsiasi altra cosa che faccia marxista figo e provocatore narcisista)? O, prendendo in prestito il linguaggio della decostruzione che sicuramente ama, che non può sapere con certezza se prova dolore o no?
RispondiEliminaScherzi a parte, consiglio ai moderatori di filtrare i troll.
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2020/05/25/nell%e2%80%99anno-della-%e2%80%9claudato-si%e2%80%99%e2%80%9d-e-festa-per-tutti-tranne-che-per-%e2%80%9cmi%e2%80%99-signore%e2%80%9d/
RispondiEliminaNon faccio onore a me affermando che da quel "buongiorno e buonasera"non l'ho piu' seguito . A pelle ho sentito che non mi avrebbe giovato .
Ad essere sinceri dati:
RispondiElimina1) la trasformazione della chiesa da cattolica in chiesa di Giuda;
2) la presenza di un governo quisling e di un PdR 'sognante';
3) un popolo da anni scientemente corrotto e sedato;
4) la ricchezza nazionale svenduta allo straniero;
5) la sistematica occupazione, buonisticamente mascherata, del territorio nazionale;
6) la selezionata occupazione da parte del solo popolo della spada;
7) un misterioso virus da anni 'previsto' dalle fondazioni Rothschild/ Rockefeller /Gates che ha investito con più virulenza la regione motore dell'Italia;
8) la quantità di morti che questo virus ha falciato perché scientemente incrementata da una confusione disorientante voluta e perseguita;
9) il virus ha messo in luce, tra l'altro, il cozzo tra medicina e medicina, tra medici e medici, cioè tra venduti ed onesti;
10) il virus inoltre, come previsto dallo studio delle 'emerite' fondazioni di cui sopra, è stato voluto come strumento politico per profondi cambiamenti antropologici, sociali politici.
Visto quanto sopra elencato, mi chiedo il senso, in questo contesto, di un post dal titolo, "La morte e la Dottrina sociale della Chiesa".Quando è tempo che il nostro intero essere esca dalla tomba della menzogna, dell'ipocrisia, delle mezze verità, della morte fisica dei nostri cari lasciati morire come cani, dell'nfame raggiro malavitoso della chiesa e dello stato che in quella tomba l'ha serrato.
Su Stilum curiae di oggi l'Avv. Formicola propone un'interessante riflessione sulla stupidità umana. Lascio a chi fosse interessato di abbeverarsi alla fonte.
RispondiEliminaNe traggo solo uno spunto su quella che viene messa in luce come "stupidità intelligente", che non ha nulla a che vedere con quella "classica", dell'essere tutti un po' tontoloni.
La stupidità intelligente o "sostenuta" è propria di menti molto brillanti, ma ormai in preda ad arroganza spirituale. La loro difficoltà è innanzitutto contro il primo comandamento e ne vediamo manifestazioni persino in esponenti della gerarchia ecclesiale.
In altre parole non è una difficoltà della mente (una tara) o un disturbo dell'anima (una psicopatlogia) bensì un disturbo dello spirito (ovvero una pneumopatologia).
L'uomo, che è creato a immagine e somiglianza di Dio, quindi con un'impronta teomorfica che risiede propriamente nella sua parte spirituale, perde questa paternità spirituale fatta anche di ragione e soprattutto di Spirito santo.
Si diventa figli spirituali di qualcun altro: lo spirito ribellatosi a quello di Dio.
Poi non stupiamoci più di nulla... Per esempio vedere qui sotto.
https://www.youtube.com/watch?time_continue=10&v=rRynVpAOnaU&feature=emb_logo
liberamente tratto da "la cruna dell'ago".
Le grandi case farmaceutiche per le quali ha lavorato il padrino dei vaccini si sono servite di fatto di feti abortiti da soggetti socialmente deboli o ancora peggio da donne che soffrivano di disturbi psichiatrici. In Italia, probabilmente queste pratiche sarebbero in aperta violazione della legge sull’aborto che consente di superare il termine di 90 giorni solamente in casi eccezionali.
Subito dopo, il medico è costretto ad ammettere qualcosa di ancora più orribile, ovvero che nei vaccini sono stati messi organi di bambini morti. Sono stati coltivati, di varie parti del corpo. Lo scienziato sembra quasi annoiato dal dover ammettere quella che a lui sembra una pratica del tutto normale.
Non solo. Plotkin nella deposizione attacca le visioni della Chiesa Cattolica contro l’uso di feti abortiti nei vaccini, ma il medico non mostra alcun pentimento riguardo a questa pratica. Se ne dichiara “lieto”. Sono stati usati anche orfani e bambini figli di madri detenute in prigione. Plotkin anche in questa circostanza non si scompone tanto ad aver giustificato la scelta di cavie umane tra “soggetti non funzionanti”.
Il termine appropriato è : diabolico!
RispondiEliminaTu non sei un moderatore, tu sei come il diavolo. Siete una banda di uomini arroganti che non valete più nulla. Siete magici e non potete nemmeno avere miracoli. Siete una chiesa finta, teatrale, inutile, scaduta. La donna vi calpesterà la testa.
RispondiEliminaSiete storia. Proprio come la Bibbia.
Piccola dimostrazione di come arrivino i peggiori insulti da parte di chi pubblica reiterati commenti indecifrabili agganciati al tema in discussione, non pubblicati per ovvi motivi: anche volendo non si può star lì a confutare qualunque elucubrazione... Nel caso di specie, protagonista era la Maddalena...
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