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martedì 3 agosto 2021

Cartellino rosso al rito antico, e la partita si fa più cattiva. Una nota alla premessa

Riprendiamo da Settimo cielo un articolo del cardinale Walter Brandmüller pubblicato nel 2002 sulla rivista tedesca “Die Neue Ordnung”, dal titolo “Nazionalismo o universalismo liturgico?. Non ho potuto fare a meno di inserire una nota finale in riferimento ad alcune affermazioni della premessa.
Qui l'indice degli interventi precedenti e correlati su Traditionis custodes.

A pochi giorni dalla sua pubblicazione è ancora presto per misurare gli effetti del motu proprio “Traditionis custodes” con cui papa Francesco ha praticamente messo al bando la messa in rito antico: se cioè le nuove disposizioni aiuteranno a fare la Chiesa più unita, o al contrario a dividerla ancora di più. [...] L’attuale controversia sul rito è analoga alla controversia sull’interpretazione del Vaticano II. Chi legge questo Concilio come una rottura inaccettabile della tradizione cattolica, rifiuta anche il rinnovamento della liturgia generato dal Concilio stesso. Mentre al contrario Benedetto XVI scriveva, nella lettera di accompagnamento a “Summorum pontificum”: “Nella storia della liturgia c’è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso”.
Per papa Joseph Ratzinger “le due forme dell’uso del rito romano” non erano né alternative né contrapposte. Anzi, potevano e dovevano “arricchirsi a vicenda”. Come lui stesso ha mostrato costantemente al mondo nell’atto di celebrare. (1)
Va comunque tenuto conto che di fatto la grandissima maggioranza dei fedeli cattolici resta estranea a questa controversia. Per essi, la “vecchia” messa di cui odono parlare è semmai la messa in latino, la lingua che il Concilio Vaticano II non ha affatto abolito ma ha stabilito di voler conservare come lingua propria della liturgia, sia pure contemperata dall’uso delle lingue nazionali specialmente nelle letture.
Poi in realtà le lingue nazionali l’hanno fatta da padrone e il latino è praticamente scomparso dalla liturgia, dopo esserne diventato per secoli la lingua sacra.
Invano si appellarono a Roma, nel 1966 e nel 1971, perché il latino nella liturgia fosse salvato, personalità come Jacques Maritain, Jorge Luis Borges, Giorgio De Chirico, Eugenio Montale, François Mauriac, Gabriel Marcel, Harold Acton, Graham Greene, Agatha Christie e tanti altri.
Per i più si è trattato di una variazione puramente linguistica. Ma non è così, come mostra il cardinale Walter Brandmüller, 92 anni, già presidente del pontificio comitato di scienze storiche, nella riflessione che segue, tratta da un articolo da lui pubblicato nel 2002 sulla rivista tedesca “Die Neue Ordnung”, dal titolo “Nazionalismo o universalismo liturgico?”.

La lingua liturgica non è fatta solo di parole
di Walter Brandmüller

Fino al Concilio Vaticano II, del messale latino-tedesco del benedettino Anselm Schott sono state fatte ben 67 (!) edizioni. Attraverso quel libro, generazioni di cattolici hanno imparato a conoscere, vivere e amare la liturgia della Chiesa. Ciononostante, quanti si oppongono oggi al latino come lingua della liturgia continuano instancabilmente a obiettare che, a parte i pochi che sanno il latino, nessuno la comprende.

Questa argomentazione ha una storia, perlomeno a partire dall'Illuminismo. Quasi contemporaneamente, però, si confrontò con quella stessa argomentazione anche Johann Michael Sailer, ritenuto uno tra i personaggi più importanti per il superamento degli eccessi dell'Illuminismo nella Germania cattolica.

Certamente anche Sailer auspica una liturgia in tedesco. Al tempo stesso, però, ritiene evidente che in fondo la questione della lingua liturgica non è decisiva, poiché “la messa ha una lingua fondamentale, una lingua madre, che non è né il latino né il tedesco, né l'ebraico né il greco; in breve: non è una lingua fatta di parole".

Sailer individua questa lingua fondamentale della messa nella espressione totale della religione. Lo afferma nel 1819, ma il suo è ancora adesso un punto di vista molto moderno; oggi si parla di comprensione complessiva, che è molto di più della semplice comprensione razionale e rispetto a essa penetra in strati più profondi dell'uomo. Se nella vita e in tutto l'aspetto esteriore dell'uomo la celebrazione liturgica viene vissuta come autentica espressione totale della religione, allora – sostiene Sailer – la lingua non è più così importante. Piuttosto, è molto più importante che “chiunque voglia riformare la funzione religiosa pubblica, inizi col formare sacerdoti illuminati, santi".

La comprensione vera, complessiva della liturgia – e ciò vale anche per la realtà in assoluto – non è solo un processo intellettuale. La persona, in fondo, non è fatta solo di ragione e volontà, ma anche di corpo e sensi. Quindi, se di una liturgia celebrata in un linguaggio sacrale non si comprende ogni singolo testo – escludendo naturalmente le letture bibliche e l'omelia –, comunque l'intero evento, il canto, le suppellettili, i paramenti e il luogo sacro, ogni qual volta danno adeguata espressione alla celebrazione, toccano in modo molto più diretto la dimensione profonda dell'uomo di quanto possano fare le parole comprensibili. Diversamente che ai tempi di Sailer, oggi ciò è molto più semplice, poiché chi assiste alla messa conosce già la struttura del rito e i testi che ricorrono nella liturgia, perciò quando partecipa a una messa in latino sa abbastanza di che cosa si tratta.

Che il latino debba essere respinto come lingua liturgica perché non viene compreso non è quindi un'argomentazione convincente, tanto più che, malgrado tutte le difficoltà relative alla traduzione, la liturgia in lingua volgare non deve essere abolita. Solo che, come dice il concilio Vaticano II, non dovrebbe essere abolito nemmeno il latino [vedi].

Qual è invece la situazione della “participatio actuosa” [vedi], ossia della partecipazione attiva dei fedeli alla celebrazione liturgica? Il Concilio prescrive che il fedeli devono essere in grado di cantare o recitare le parti che spettano loro anche in lingua latina. È una richiesta eccessiva? Se si pensa a quanto sono familiari le parole dei testi dell'ordinario della messa, non dovrebbe essere difficile riconoscerli dietro le parole latine. E quante canzoni inglesi o americane vengono cantate e comprese volentieri nonostante siano in una lingua straniera?

In fondo, “participatio actuosa” significa molto di più che un mero parlare e cantare insieme: è piuttosto il fare propria, da parte del cristiano che partecipa alla funzione, la stessa disposizione intima del sacrificio al Padre, nella quale Cristo compie il suo dono di sé al Padre. E per questo serve in prima linea quella che Johann Michael Sailer ha definito lingua fondamentale della messa.

Il messale latino sotto questo aspetto è necessario anche dal punto di vista pratico: il sacerdote che si reca in paesi dei quali non conosce la lingua dovrebbe avere la possibilità di celebrare anche lì la santa messa, senza essere costretto ad acrobazie linguistiche indegne di una liturgia. È bene ricordare anche i casi sempre più numerosi in cui sacerdoti provenienti dall'India, dall'Africa e così via svolgono il loro servizio in parrocchie tedesche. Al posto di una pronuncia imperfetta della lingua tedesca, sarebbe preferibile un latino pronunciato correttamente, come forma più adeguata alla liturgia. In breve: al messale romano in latino bisogna augurare di poter essere presente in ogni chiesa.
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Nota di Chiesa e post-concilio
1. Sto approfondendo questo tema (pubblicherò a breve) proprio in relazione alle recenti affermazioni del card. Sarah sul "reciproco arricchimento" del Ritus Romanus e del Novus Ordo di Paolo VI e sulle distorsioni attribuite alla "cattiva applicazione del concilio". Stralcio qui alcune osservazioni.
Allo stato dei fatti non può non mettersi in risalto l’evolversi in negativo della “Riforma della riforma" che non ha mai voluto eliminare il Novus Ordo, ma ridare ad esso una dignità ed una sacralità che purtroppo non gli sono proprie sia per i tagli selvaggi subìti dalla struttura del rito che veicolano una ecclesiologia antropocentrica, sia per effetto della progressiva diluizione del sacrificio del Signore con l’enfatizzazione della “mensa della Parola” e del convito fraterno.
Se è un bene che per far rivivere il senso del sacro Benedetto XVI avesse riproposto l’orientamento dell’azione liturgica, la Croce al centro dell’altare, la comunione in ginocchio, il canto gregoriano, lo spazio per il silenzio, una certa cura dell’arte sacra, restava e resta pur sempre il nodo vero da sciogliere, e cioè: se in luogo del convivio fraterno non si ripropone chiaramente il Sacrificio di Cristo, che è il cuore della nostra Fede e il vero culto da rendere a Dio primaria funzione della Chiesa da cui tutto il resto scaturisce, cambieranno solo alcuni elementi formali, ma non cambierà la sostanza. E questo può avvenire solo tornando a quello che Klaus Gamber chiama il Ritus Romanus.
I gesti liturgici introdotti da Benedetto XVI sono innovazioni formali, che hanno dato maggiore sacralità e dignità alla celebrazione, ma non incidono su alcuni “vizi” di fondo della sua struttura, che sembrerebbero restare immutati e senza più alcun riferimento neppure alla cosiddetta “Riforma della Riforma”.
Piuttosto è da temere il rischio che la Messa tridentina, definita “mai abrogata”, venga sfigurata con il pretesto dell’“arricchimento reciproco”! Meminisse horret l’idea di una contaminazione di un tesoro che ci è pervenuto intatto nella struttura essenziale - pensando soprattutto al Canone Romano - dal Sacramentario Gelasiano, ricordando il rispetto di Papa Damaso per la Vetus latina, prima ancora che dalla sorgente Gregoriana e dalla solenne consegna a tutto l’Occidente latino di san Pio V.
Si tratta di un problema che riguarda la Chiesa tutta e non un papa rivoluzionario ad oltranza e "liturgisti" come quelli di Sant'Anselmo.
Ciò di cui c’è innanzitutto bisogno è colmare lo iato generazionale che ha cancellato i significati autentici e il vero spirito delle origini della Liturgia - non quello supposto ed enfatizzato dalle innovazioni selvagge e da quelle arbitrarie - e viverla sempre più consapevolmente e profondamente per quanto ci è dato, perché si tratta di un tesoro e di una Grazia inesauribili.
Resta ancora da chiedersi cosa potrà fare un dicastero nel quale operano consulenti decisamente progressisti e, quindi, con incoercibile avversione  verso il culto “tradizionale”.
Dove sta andando la nostra Chiesa? Da un lato aumenta la consapevolezza e anche l'interesse per il rito antico, Benedetto XVI non aveva fatto mancare i suoi richiami; ma, sul piano “pastorale”, i segnali sono ormai drammatici.
E certe cose vanno dette e tenute ben presenti sul nascere. Non dobbiamo, non vogliamo e non possiamo distogliere l’attenzione dalla minaccia reale, che è quella di una contaminazione progressiva del Rito usus antiquior provvidenzialmente tornato alla luce. E nemmeno dobbiamo dare per scontato che certe innovazioni debbano accadere comunque e nei termini ancora una volta distruttivi e non semplicemente secondo uno sviluppo organico, l'unico proprio della Liturgia.
Gli innovatori, anche attuali, vedono la Liturgia - come pure la Tradizione - con criteri storicistici, che le concepiscono entrambe in evoluzione a seconda dei tempi; ma non ha senso parlare di evoluzione, perché la liturgia e la tradizione non possono evolvere in senso storicistico, nel senso di subire mutazioni profonde che ne snaturano il senso principale e allontanano sempre più dalle radici; mutazioni indotte per stare al passo coi tempi o paradossalmente col pretesto di un supposto, enfatizzato, impossibile ritorno alle origini di conio protestante, già stigmatizzato come “insano archeologismo liturgico” da Pio XII nella Mediator Dei.
Oggi appare ben chiaro come tutto l'impianto delle innovazioni e l'apparato concettuale che lo sottende sia fondato, già in nuce, su un'idea rivoluzionaria di Chiesa di conio vaticansecondista, antropocentrica e non più cristocentrica, le cui variazioni - ormai vere e proprie rotture - si fanno sempre più audaci ad ogni tappa successiva, in continuità esclusivamente all'interno del loro nuovo impianto paradigmatico, ma senz'alcun legame, e quindi in discontinuità, col magistero perenne ritenuto obsoleto per definizione. Ribadisco di seguito considerazioni che non mi stanco di ripetere finché non ci sarà chi di dovere che ne tragga le conseguenze pratiche per poter ripareggiare la verità.
Il nocciolo del problema è che oggi, a partire dal concilio 'pastorale', nessun papa si è più pronunciato, né - per come stanno ora le cose - più si pronuncerà ex cathedra (e dunque impegnando l'infallibilità). E ciò anche in virtù del nuovo paradigma di 'tradizione vivente' in senso storicista che assegna la facoltà di riformare la Chiesa alla Chiesa del presente, secondo la ratzingeriana ermeneutica della riforma intesa come rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa che cambia ad ogni epoca, commisurata alla cultura del tempo e realizza la lettura del Vangelo sulla base di quest'ultima, anziché viceversa. Per cui, mentre da un lato il card. Burke può dire che l'esortazione Amoris Laetitia non è Magistero perché non riafferma l'insegnamento costante della Chiesa e non implica adesione de fide - e altrettanto dicasi per Querida Amazonia et alia - dall'altro il papa ha potuto decretare la pubblicazione negli AAS dei criteri interpretativi dell'AL dei vescovi argentini e della lettera papale loro indirizzata spuri rispetto all’insegnamento costante della Chiesa. E così i modernisti possono affermare che l’AL et alia è Magistero e come tale vanno accolti e il credente vi si deve adeguare.
A livello individuale una coscienza ben formata sa a Chi deve obbedire e su cosa fondarsi. Ma finché non si recupererà la giusta collocazione del soggetto-Chiesa rispetto all'oggetto-tradizione, la confusione continuerà a regnare sovrana con gravi conseguenze per la salus animarum.
Tornando al Concilio e ai suoi nefasti effetti, tra lo spirito con cui si è intrapresa la celebrazione della ventunesima Assise ecumenica ed i sedici documenti maturati al suo termine c’è una logica perfetta: il rifiuto, infatti, degli Schemi ufficialmente preparati, con il quale essa prese l’avvio. E dunque quell'Assise non poteva ingenerare che quei documenti, con quel loro indirizzo, quelle loro aperture, non sempre immediatamente riconoscibili. E da queste, proprio perché tali, non poteva scaturire che un atteggiamento di rottura col passato.
Ciò, ovviamente, non comporta un no al Concilio, del quale ricordo che mons. Gherardini individua quattro distinti livelli, assegnando ad ognuno di essi un diverso valore: 1) quello generico, del Concilio ecumenico in quanto Concilio ecumenico; 2) quello specifico del taglio pastorale; 3) quello dell’appello ad altri Concili; 4) quello delle innovazioni.
Sul piano generico, il Vaticano II ha tutte le carte in regola per esser un autentico Concilio della Chiesa cattolica: il 21° della serie. La qual cosa di per sé non depone per la dogmaticità ed infallibilità dei suoi asserti; anzi nemmeno la comporta, avendola in partenza allontanata dal proprio orizzonte e, semmai può essere individuata solo negli asserti che coincidono con l'insegnamento costante della Chiesa.
Finché non si potrà prendere atto che gli aspetti ribaltanti dell'eredità conciliare sono i veri nodi da sciogliere - come riconosce anche mons. Viganò che aveva finalmente innescato un dibattito; mentre ora è calata la mannaia della TC - il nostro impegno di riaffermazione della verità secondo il Magistero perenne sarà utile per le anime libere, potrà continuare a defluire come una vena aurea cui attinge chi la trova o come un canale carsico che potrà riaffiorare al termine di questa notte oscura, ma oggi non può avere alcuna efficacia su una realtà così deformata e deformante e ora persino castrante. E la stessa grave solennità di qualunque possibile correzione canonica, rischia di non ottenere i risultati voluti e sperati. A meno che non intervengano fattori o si destino rette volontà al momento impensabili. (Maria Guarini).

28 commenti:

  1. Se noi prendiamo i Dieci Comandamenti vediamo che essi sono, dovrebbero essere ed in parte lo sono stati l'ossatura di tutti i Codici umani. Il profluvio di leggi e contro leggi che si sommano, nella storia umana, sulle spalle degli uomini al posto di quelle Dieci parole, dimostrano che gli uomini con quei Dieci Comandamenti 'nun ce vonno stà'. Perché quelle Dieci Parole le ha dette Dio, mentre l'uomo, sobillato da sempre dal GranCornuto, si ritiene capace di far meglio.

    Ora che abbiamo nella chiesa tanti Illuminati al passo dei tempi questa evidenza dovrebbe saltare agli occhi, invece no, perché è tanta e tale la luce, che i chierici modernisti e CVIIisti auto/sprigionano, che ha leso in modo irreparabile la loro testa insieme a tutte le facoltà che la distinguono da ogni altra parte del corpo. Così il NO non è stato che un pretesto per dar la stura al fai da te liturgico 'creativo' e perennemente aggiornabile.

    Eppure è solo il VO che, latino compreso e non compreso, crea nell'anima e nello spirito di ogni fedele quello spazio interiore dove il Signore può discendere e sempre più e sempre meglio essere riconosciuto ed intrattenersi da Amico con l'amico.

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  2. La venuta del Signore, che si realizza nella pienezza di questo tempo nella sua Chiesa, vale a dire nelle sue membra, individualmente e progressivamente, poiché tutta la sua Chiesa è il suo corpo.
    - Sant'Agostino, De civitate Dei, XX, 5, 4

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  3. " - La chiesa deve rinnovarsi, non conosce nulla del Concilio, Don Camillo?
    - Si ho letto qualcosa, ma troppo difficile per me: io non vado più in là di Cristo".
    (Giovannino Guareschi)

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  4. @ Catholicus
    io non vado più in là di Cristo
    Orrore, questo è protestantesimo! (immaginate uno sghignazzo)

    Un mio vicino anni fa era capitato alla chiesa dei Cappuccini di Vienna dopo aver visitato la Kaisergruft, era appena iniziato il Rosario, ma sentirlo in tedesco, con tutto che lui lo parla, gli dava un po' di fastidio e anche in italiano non gli suonava bene, lui aveva avuto la fortuna di sentirne alcuni in latino. Un'altra mia conoscente ha conosciuto tempo fa la versione cosiddetta "certosina" (l'aveva trovata sul sito dei Domenicani, spiegata molto bene da Padre Barile OP), ma veniva bene solo in latino, in italiano pareva un po' sgraziato).
    Va bene che entrambi questi miei conoscenti il latino lo conoscono, il vicino era anche un professore. Entrambi avevano definito "socialiste" le messe N.O.
    Io ho assistito una volta a una messa V.O. nel lontano settembre 1992 a Trieste. Per giunta era saltata la luce e avevano illuminato con sole candele, pareva di essere tornati indietro di due secoli. Non ho più potuto assistere ad un'altra, sia per il lavoro sia... per altro.

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    1. Se il Vat II fosse stato un Concilio vero la frase di Guareschi sarebbe molto pericolosa.Appunto protestantica. Ma non essendo così apprezziamo la sua ironia

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    2. Si può apprezzare la sua ironia anche se è stato un concilio vero...

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    3. Eh no... avrebbe santa Teresa ironizzato sul Concilio di Trento? E così via altri Santi o semplici cattolici su altri Concilii ? Ma forse il simpaticissimo acuto Guareschi aveva intuito che qualcosa non quadrava.

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  5. In realtà pronuncie ex cattedra ci sono state: le canonizzazioni. Basta considerare la formula solenne con cui si mette in gioco l'autorità apostolica nei confronti della Chisa universale , l'intento di definire e obbligare , e quindi l'infallibilità. Del resto sarebbe impensabile che dalla Chiesa ci giungesse l'insegnamento di un falso esempio da seguire , ci si ingiungesse il culto di un potenziale dannato

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  6. La svolta antropocentrica del Vaticano II, giusto ricordarla sempre

    Risulta con sufficiente chiarezza già dal mutamento del concetto di Chiesa:
    da Corpo mistico di Cristo a popolo di Dio, con il sacerdote, archeologicamente
    chiamato alla greca "presbitero", da sacerdote di Dio a "sacerdote del
    popolo di Dio" - distinto per natura il sacerdote dal "sacerdozio" dei
    fedeli (non più solo titolo onorario) e tuttavia ambiguamente equiparato ad esso grazie a questo concetto del popolo di Dio, di impronta rahneriana...
    È un fatto che la gran maggioranza dei fedeli è convinta che
    sono i fedeli ad esser "la Chiesa". La nozione stessa di "corpo mistico
    di Cristo", di esser parte del "corpo mistico di Cristo", suddiviso
    pro tempore in Chiesa visibile ed invisibile; Chiesa militante, qui
    in terra - purgante, nel Purgatorio - trionfante, nel Regno dei Cieli,
    dove andranno gli Eletti alla fine dei tempi, dopo il Giudizio finale ---
    questa concezione millenaria, unitaria e trascendente, sempre insegnata sino al Vaticano II
    è scomparsa dall'orizzonte, sostituita
    da un evidente millenarismo,
    antico errore riapparso -- la Chiesa-popolo di Dio in marcia per
    realizzare l'unità del genere umano irredento, "inverando" in se stessa i
    valori secolari del nostro tempo (uguaglianza, democrazia, felicità
    fratellanza...), avendone tacitamente accettato la premessa ossia
    l'eliminazione della verità rappresentata dal peccato originale.
    Una Chiesa così concepita tende ad identificarsi con l'Umanità in
    nome della democrazia universale, a dissolversi nell'Umanità così
    come volevano i modernisti della prima generazione di eretici.

    L'ottimismo ufficiale del Secolo è stato adottato colpevolmente
    dalla Chiesa, che si è messa appunto "in ascolto" del Secolo, dei
    suoi desiderata, invece di cercare di convertirlo a Cristo.
    Così la Chiesa non è più missionaria, non fa più proselitismo,
    subisce il proselitismo di tutte le false religioni, si
    corrompe e disintegra progressivamente.
    La reazione a tutto ciò da parte degli uomini di chiesa
    consapevoli è stata ed è tuttora piuttosto lenta,
    tardiva, paralizzata da un concetto plumbeo di disciplina
    e forse anche da una mancanza di visione, di preparazione
    culturale, di giusta audacia intellettuale.
    Al concetto della Chiesa come popolo di Dio in marcia verso
    l'unità del genere umano non poteva che corrispondere un
    concetto di S. Messa omologo: riunione per la celebrazione
    di un ascolto della parola e convivio collettivo, senza
    bisogno di confessione sacramentale, in attesa
    della venuta del Signore, simbolo di un'unità estendibile
    al genere umano irredento.
    T.

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    1. Cioè un inseguimento di un'utopia irrealizzabile, la cui irrealizzabilità è evidente anche ai partecipanti ma che va comunque bene perché dona loro una facciata perbene. È corretto? Fosse così il loro cristianesimo non solo è inutile ma non è più nemmeno cristianesimo. È una falsa religione e nemmeno delle migliori. Raggelante.

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  7. In un testo in completamento, confezionato ad hoc sulle affermazioni analoghe del card. Sarah, sono più esplicita...
    E comunque son cose che abbismo dette e ripetute ma non basta mai. Bisogna ripartire sempre da capo...

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  8. Bisogna ripartire sempre da capo.

    Cioè, dal perchè del concilio?
    O, meglio, da Seelisberg?
    O,meglio ancora da Basilea 1897?

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  9. Do un mio piccolo e banale contributo, avevo 5/6 anni quando la messa in latino venne pian piano sostituita, mi ricordo però molte cose, i canti gregoriani nella mia povera parrocchia manco per sbaglio, non aveva alcuno strumento musicale, si restava in silenzio ad ascoltare, i 2 chierichetti che servivano messa rispondevano al sacerdote, l'unico canto liturgico era il Tantum ergo che talora si cantava a fine Messa quando si veniva benedetti col SS.mo Sacramento nell'ostensorio, i fedeli erano scarsi, bambini, donne e vecchiette, uomini rarissimi, quando, tempo fa, ho assistito alla Messa VO mi sono trovato immerso in un rito sconosciuto, 8 ministranti, candelabri altissimi all'altare e canti mai sentiti, mi hanno dato in mano un messale ricco di nastrini colorati per trovare le pagine, il testo in latino accentato e traduzione a fronte, un vero e proprio choc, mi sono sentito un pesce fuor d'acqua. In tutti i paesi germanofoni esistono versioni dello Schott che vanno dai 6 anni in su, peccato non capire un' acca del tedesco e parlato e scritto, una ultima cosa, complimenti alla dott.ssa Guarini per la nota esplicativa a piè pagina.

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  10. Peronismo di Bergoglio03 agosto, 2021 13:36

    Ma della liturgia non gli importa niente, e la sua lotta su quel piano è solo accidentale, non sostanziale. Sopprime la Messa tridentina perché con la sua testa [in italiano nell’originale, ndt] volgare, il suo cuore plebeo e lo sguardo emiplegico offuscato dall’ideologia, crede che il Vetus Ordo appartenga ai ricchi, agli oligarchi, all’alta borghesia, ai quartieri chiusi, all’anti-popolo. La odia per ragioni sociologiche, non teologiche; per metodologia dialettica, non in base alla preoccupazione per la lex orandi. E la sopprime, perché come dice la sua portavoce, la Cuda, lui è per “altre liturgie” che non hanno bisogno del “linguaggio della parola” ma dell’estetica popolare, dell’”arte” della resistenza: tamarra, scamiciata e a piedi nudi.

    Perón lo disse in modo premonitorio, il 1° maggio 1955, in una cerimonia in Plaza de Mayo, per bocca del suo segretario generale della Cgt [il sindacato di lavoratori più importante, ndt], Eduardo Vuletich, che aveva fisicamente al suo fianco quando ragliava: “Noi! Noi lavoratori preferiamo chi ci parla nella nostra lingua, che comprendiamo, e non chi prega in latino, che non capiamo, che continua a guardare l’altare e voltare le spalle al popolo!’. Questo ha detto sette anni prima dell’apertura del Concilio Vaticano II. Quindi non sarebbe sbagliato dire che, nell’ecclesiologia peronista, il Novus Ordo fu una conquista sindacale dei lavoratori.”

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  11. Se qualcuno ricordasse a Bergoglio che con il Novus Ordo sono ancora possibili il canto gregoriano, il latino, il greco nel Kyrie, l’altare coram Deo, la comunione in ginocchio e in bocca, e la solennità del celebrante e dei fedeli, la nuova Messa lo avrebbe comunque infastidito. E farebbe il suo motu proprio per abolire l’Ecclesia de Eucharistia di Giovanni Paolo II e la Sacramentum caritatis di Benedetto XVI. Che tentarono, ognuno a modo suo e con i propri limiti, a porre fine al Novus Ordo, trasformato in uno show.

    Perché ciò che irrita, indigna e fa arrabbiare Bergoglio, contro ogni elementare pratica di misericordia, è che ci siano ancora cattolici apostolici romani. Vi siano ancora coloro che rivendicano l’unione della lex credendi, della lex orandi e della lex vivendi, come manifestazione convergente e unitiva della Verità, del Bene e della Bellezza. Che esista ancora la “minaccia” e il “pericolo” – soprattutto nei giovani – di esigere gioiosi, non più la prospettiva classista e sociologica, ma la prospettiva teologica, sub specie aeternitatis. In sintesi: che sopravviva ancora, nonostante lunghi decenni di lavaggio di cervello postconciliare, la condotta di coloro che valorizzano e curano la liturgia, non più come ornamento decorativo ma come irruzione del Cielo in terra.

    “Ignorare la liturgia celeste – scriveva Jean Cordon – implica rifiutare la tensione escatologica della Chiesa, esortandola a questo mondo (secolarismo) o evitandolo (pietismo) […]. Ignorare la liturgia celeste è in fondo dimenticare che la pienezza del tempo invade incessantemente il nostro tempo antico per fare la fine dei tempi. È retrocedere a prima della Risurrezione e ricadere in una fede vuota”. Ecco la nemica di Bergoglio: la liturgia che può e deve fare da ponte tra gli uomini e Dio, tra la terra e il cielo, tra il tempo presente e il tempo della parusia. Quel vivere liturgicamente, dirà Guardini, che mosso dalla Grazia e guidato dalla Chiesa “è convertirsi in un’opera d’arte viva, che si compie davanti a Dio Creatore, senza altro scopo che essere e vivere alla sua presenza”.

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  12. alla Messa VO mi sono trovato immerso in un rito sconosciuto, 8 ministranti, candelabri altissimi all'altare e canti mai sentiti, mi hanno dato in mano un messale ricco di nastrini colorati per trovare le pagine, il testo in latino accentato e traduzione a fronte, un vero e proprio choc,

    Sono abbastanza anziana da ricordare le celebrazioni del rito antico. Non escludo che possano esserci state parrocchie scalcinate, ma ho ancora il mio messale con i segnalibri colorati e ricordo chiese affollatissime, non solo di vecchiette sgranarosari, soprattutto la Domenica dove, oltre che all'altar maggiore, venivano celebrate messe in contemporanea anche agli altari laterali e ci si accodava alla Messa appena cominciata...

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  13. In ogni caso anche oggi la maggior parte delle Messe VO sono messe lette. Lei dev'esser capitato in qualche occasione di Messa solenne.
    La FSSPX ogni Domenica celebra sempre la Messa cantata...

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  14. Gianni T Battisti03 agosto, 2021 16:58

    Anche Messa in latino ha pubblicato l'articolo di Magister, ma senza commenti. Grazie, mic!

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  15. Ricordarsi che nel Novus Ordo sono ancora perfettamente possibili il latino, il kyrie in greco, l'altare verso Dio, il gregoriano etc.
    Ma solo in teoria.
    Il fatto è che il Novus Ordo è nato proprio per sviluppare quella parte della riforma liturgica promossa dal Concilio che rappresentava un'innovazione radicale, cioè che apriva al volgare, al ruolo inusitato dell'assemblea dei fedeli nella celebrazione (la sinassi eucaristica), alla Messa come convivio di lode, il tutto all'insegna del principio di creatività, assolutamente nuovo e potenzialmente eversore, come si è poi visto.
    Il Novus Ordo è l'anti-Messa attuata nella prassi, che ha portato a compimento gli spunti in questo senso presenti nella Sacrosanctum Concilium. Invocare gli elementi della tradizione lasciati in vita dalla Sacrosanctum Concilium è solo tempo perso.
    IL Novus Ordo è irreformabile. Deve solo esser abolito o comunque messo da parte.
    T.

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  16. "IL Novus Ordo è irreformabile. Deve solo esser abolito o comunque messo da parte".

    Utopia, o forse no, chissà, forse un giorno lontano, lontano dalle brace di questa nuova chiesa senza fedeli, senza sacerdoti, senza fede, senza Cristo, in una nicchia saranno restate vive le fiammelle che ridaranno vita e forma alla Vera e Unica Chiesa di Cristo, chissà forse un giorno lontano dal Conclave uscirà il nome di un papa cattolico che con coraggio dovrà ristaurare la fede cattolica, ma intanto il potere assoluto è in mano ad un uomo che lo esercita in modo despotico, burbero e sprezzante, che finalizza la distruzione di quel poco che di sano e cattolico restava ancora e si assicura che il suo successore continui la sua opera, per il momento gran parte della gerarchia è quella che è con valori e costumi che poco o nulla hanno di cattolico.
    "Con i se si mette Parigi in bottiglia" vecchio motto francese che esprime l'idea che con le ipotesi tutto diventa possibile, che certe speculazioni sono"inutili", io non so quale sia il disegno del Signore, ma quel che vedo oggi, e chi mi fa stare lontano da una chiesa in cui non posso riconoscermi, non mi permette di essere ottimista o "tranchante" con affermazioni come quella di chi vuole la suppressione pura e semplice della Messa riformata, quella Messa, che lo si voglia o no, è quella celebrata ovunque nel mondo dalla stragrande maggioranza dei cattolici che restano e che il latino nemmeno sanno che cosa sia.
    Chissà forse un giorno... per questo ho il più grande rispetto per chi, come Maria, fa più che resistere mantenendo vive quelle fiammelle vive in cui metto la mia speranza di una rinascita perchè so che la Chiesa non è opera umana ma divina.

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  17. Bernardo Guerrini04 agosto, 2021 10:30

    @ Mic 15,40... - hai ragione.. io ho qualche anno meno di te e tu mi hai visto varie volte servire Messa, e non ero più un bambino ma abbastanza avanti nell'età (in S.Anna in Laterano, o S.Nicola in Carcere, non volevo accostarmi perchè non avevo la talare - celebrava il nostro Don Vallauri) e tu mi hai spinto ad andare all'altare anche senza talare, e ricordo che da ragazzo, la mia era una bellissima Chiesa Collegiata con 7 Altari, ho servito fino ai 20/22 anni - avevo servito messa fino agli anni 60.. poi sospesa da Paolo VI - ricordo come te, che a Natale o il 2 novembre i sacerdoti celebravano negli Altari laterali le tre Messe consecutivamente, mentre all'Altare Maggiore riuscivano a celebrare solo due o tre sacerdoti.. - tre Messe ciascuno -perchè l'ultima Messa poteva essere celebrata entro le ore 12.. molte persone nelle navate laterali seguivano la Messa appena cominciata mentre chi celebrava all'altare Maggiore magari era a metà... un piccolo paese, ma la Chiesa anche nei giorni feriali era abbastanza piena... anche se si celebrava la mattina alle sette.. oggi che le assemblee del popolo si riuniscono alle 5 o alle 6 del pomeriggio .. il paese da 2000 abitanti è di 20.000 abitanti eppure se conti trenta persone è già molto... è vero allora solo vecchiette.. ma dura per una vecchietta in inverno andare a Messa la mattina alle sette.. .. oggi dovrebbero esserci mille persone e non trenta.... come cambiano i tempi.. forse sono cambiate le cose che si dice non conta la forma... la forma è tutto.. la Chiesa, La Messa.. il tutto... io ormai seguo la messa solo nel computer VO da Rimini... FSSPX Messa cantata ogni domenica e festivi.. siii non è un accolito, ma di solito da 4 a 8 dipende.. c'è un cerimoniere, un turiferario due accoliti e da 2 a 6 ceroferari.. (quelli che portano i ceri dal Sanctus alla Comunione) un conto questa Messa un conto la riunione dell'assemblea --- forse la Sacrosanctum Concilium non diceva proprio questa cosa.. assemblea.. ma ben altro... e dunque!!!!!!! come fa la gente a non allontanarsi????? proprio ieri parlavo con una decina dim persone che dicevano io vado in chiesa perchè mi piace.. ma a cosa serve ilRosario, le preghiere.. mi da fastidio solo sentirlo.. cosa sono queste cose.. io voglio fare quello che mi piace.. ecco a che punto siamo arrivati... un giorno dovremo celebrare la Messa vera dentro casa.. oppure Dio prenderà provvedimenti.

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  18. La Sacrosanctum Concilium non prevedeva l`altare ribaltato, la soppressione del latino e del canto gregoriano, il Tabernacolo messo in un angolo il più nascosto possibile, il Sacrificio diventato cena fra amici che si autocelebrano, l`invenzione di "animatori liturgici" come se la Liturgia avesse bisogno di essere animata, come se il Signore non bastasse, ecc. ecc., purtroppo il testo comportava abbastanza brecce per permettere a Bugnini & Co di interpretarla = tradirla in modo molto allargatissimo e compiere il massacro caduto sulle teste dei fedeli e imposto in modo violento, l`ho vissuto, o ti adatti o quella è la porta, mi fu detto, presi la porta.

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  19. Bernardo Guerrini04 agosto, 2021 12:09

    @ anonimo 13,07...(ho servito messa dall'età di 7 anni fino a oltre 20 anni in una Chiesa Collegiata con Capitolo) lo capisco che si stupisce di vedere otto accoliti nel presbiterio nella Messa VO.. di solito la messa letta o bassa ha uno o due accoliti.... la Messa cantata senza incenso, sufficienti 2 accoliti..... con incenso almeno 4 accoliti (anche tre) c'è un cerimoniere, un turiferario e 2 accoliti e di solito da due a 6 ceroferari (accoliti con le candele che stanno ai lati dell'altare dove si trova il coro- e dal Prefazio alla Comunione con le candele accese dietro i due accoliti - (non la cantoria, ma il coro sono i prelati, i sacerdoti o accoliti che assistono alla Messa entro il presbiterio) può esserci un ulteriore accolito Crocifero nel caso la processione entri verso l'altare dalla corsia centrale.. -- poi c'è la messa solenne, cioè la Messa in terzo con diacono e suddiacono a volte anche l'assistente in piviale.. poi il Pontificale celebrato dal Vescovo o da prelati... ed infine la Cappella Papale... Ogni messa prevede un certo numero di accoliti.. - sono stato un semplice accolito per moltissimi anni.. poi mi sono ritrovato a servire messa intorno agli anni 2000 in alcune cappelle o dove celebravano sacerdoti che celebravano il VO o rito antico o Messa Tridentina o Gregoriana o Apostolica.. quella era la Santa Messa ed è tutt'ora .. nessun Papa può abrogarla altrimenti cadrebbe nell'ira di Dio Onnipotente e dei Beati Apostoli Pietro e Paolo come da Quo Primum.. ognuno può fare degli abusi come da Paolo VI a Bergoglio... ma nessuno ha autorità di abrogare.. resterà per sempre e tornerà per sempre... le novità decadono passano di moda e viene altra moda.. ma sono mode e passano con le stagioni...,La Santa Messa è di istituzione Divina, l'ha istituita Cristo insieme alla Sua Chiesa e portae inferi non prevalebunt....

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  20. @ Bernardo Guerrini 4/ago/h.12.09

    Prima di tutto la ringrazio per la dettagliata spiegazione, adesso capisco, noi a casa il messale che ho descritto non l'abbiamo mai avuto, la mia chiesa era la chiesa dell'ospedale, esterna, ma adiacente all'ospedale, non faceva parrocchia e si arrangiava alla meno peggio, poi in un quartiere come quello dove sono cresciuto io, di colore rosso intenso, c'era ben poco da fare, quello che ho scritto corrisponde al vero, la Messa in latino era celebrata da un anziano sacerdote ormai 80enne che però si batte come un leone e per la VO e per la reintroduzione del latino a scuola, cosa che stanno facendo in UK, da noi la vedo gnara. La saluto e la ringrazio ancora.

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  21. L'intervento della Sig.ra Luisa del 4 agosto 2021 11:18 mi riporta alla mente che nella mia parrocchia oltre a quanto esposto si fanno corsi di ballo per bambini e adulti e si approntano per settembre p.v.corsi di teatro...la televisione evidentemente e' maestra, per il resto ad ogni domanda rivolgersi ai social, basta pensare c'e' una risposta per tutto, basta sfogliare gli odiati libri c'e' google.A che serve ricordare una data storica , a chi importa se la presa della Bastiglia e' avvenuta prima o dopo l'Impero romano,l'importante oggi e' la "bella presenza"

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  22. Per 4 agosto 2021 12:09
    Bellissimo ricordo di grazia e di bellezza ;
    e' quanto serve all'anima per elevarsi da terra.
    Fate parte di un gruppo ?
    Oppure di un Cenacolo?
    Ci si puo'iscrivere?

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