Riprendo dal sito francese Res novae una interessante puntualizzazione di don Claude Barthe su Traditionis custodes. Qui un suo precedente. Qui l'indice degli articoli precedenti e correlati.
La non-accoglienza del Concilio Vaticano II si è concentrata concretamente nel rifiuto della riforma liturgica, benché un certo numero di fedeli praticanti della messa antica affermi la propria adesione alle intuizioni conciliari «ben interpretate». In ogni caso, l’esistenza della liturgia tradizionale è un fenomeno persistente ed anzi crescente di mancata accettazione. Marginale? Papa Bergoglio, che vuole essere il papa della piena realizzazione del Vaticano II, alla fine si è convinto che il fenomeno fosse sufficientemente importante da doversi adoperare per sradicarlo. Con questa conseguenza, che ciò ch’era potenzialmente marginale è divenuto sicuramente centrale: la messa tridentina viene consacrata come il male da abbattere; i seminari, che formano i preti per dirla, come dei cancri da eliminare. E ciò, senza alcun indugio.
Un ritorno alla violenza originaria della riforma liturgica
Essa viene quindi di nuovo proscritta, come ai tempi di Paolo VI. La Lettera che accompagna Traditionis custodes spiega senza ambiguità il fine ultimo del testo pontificio: fare in modo «che si giunga ad una forma di celebrazione unitaria», la nuova liturgia. La decisione è brutale e perentoria: il papa decide tanto la fine della messa tradizionale quanto quella del mondo tradizionale, ch’egli accusa – ed esso solo! – d’attentare all’unità della Chiesa.
Il Vaticano II, il cui grande disegno – un’apertura al mondo moderno proprio nella sua modernità per esser meglio inteso dagli uomini di questo tempo – è una sorta di via di mezzo tra l’ortodossia tradizionale e l’eterodossia (nello specifico, un relativismo neo-modernista). L’adozione di qualche proposizione ambigua permette, ad esempio, d’affermare che un cristiano separato può in quanto tale, ovvero in quanto separato, essere ciò nonostante in una certa comunione con la Chiesa; secondo Unitatis redintegratio, Lutero, che pensava d’aver provocato una frattura con la Chiesa del papa, è rimasto in realtà un cattolico «imperfetto» (UR 3).
Papa Francesco, dopo l’elezione, avanza lungo quest’apparente linea spartiacque, spingendosi anzi oltre il più possibile: tramuta la collegialità in sinodalità [vedi], va oltre Nostra ætate e la Giornata d’Assisi con la dichiarazione di Abu Dhabi [vedi], ma si guarda bene dal varcare la soglia oltre la quale si cadrebbe – o si cadrebbe più velocemente – in questo vuoto in cui già precipitano i più audaci tra i teologi progressisti. Come Paolo VI, egli resta fedele al celibato ecclesiastico ed al sacerdozio maschile, ma aggirando la disciplina tradizionale attraverso la via dei ministeri laici [se ne parla qui], aperta da papa Montini (istituzione di ministri, che rivestano dei ruoli clericali senza essere chierici, per giungere probabilmente al ministero di diaconessa o addirittura di presidente non formale dell’eucaristia), ed affidando a laici, uomini e donne, responsabilità quasi-giurisdizionali (posizioni sempre più elevate nei dicasteri romani).
In altre parole, Francesco conserva abbastanza dell’istituzione, continuando però a svuotarla della sua sostanza dottrinale. Secondo la sua espressione, egli abbatte i muri:
- Humanæ vitæ ed una serie di testi successivi a questa enciclica avevano preservato la morale coniugale dalla liberalizzazione che il Concilio aveva fatto subire all’ecclesiologia. Amoris lætitia ha abbattuto questa diga [vedi] : coloro che vivono in stato di pubblico adulterio possono permanere nella loro condizione senza commettere peccato grave (AL 301).
- Summorum Pontificum aveva riconosciuto un diritto al fatto di custodire la Chiesa precedente, ciò ch’è la liturgia antica con la catechesi ed il clero, ad essa legati. Traditionis custodes ha spazzato via questo tentativo di «ritorno»: i nuovi libri liturgici sono la sola espressione della lex orandi del rito romano (TC, art. 1).
Resta il fatto che il papa ed i suoi consiglieri si sono fatti carico di grossi rischi, assumendo tali disposizioni, redatte in modo tanto violento e frettoloso. I commentatori sbalorditi parlano di cattiva conoscenza del terreno ecclesiale occidentale da parte del papa latino-americano; evidenziano la bruciante sconfessione dell’opera maggiore di Benedetto XVI; puntano il dito verso le contraddizioni d’un governo caotico, che schiaccia le presenze legate alla tradizione «dall’interno», mentre concede facoltà paragonabili ad un semi-riconoscimento a quanti siano legati alla tradizione «dall’esterno», come quelli della FSSPX; si stupiscono, infine, del fatto che, mentre in Germania dilaga il fuoco dello scisma ed ovunque una spensierata eresia, ci si accanisca contro una pratica liturgica, che non ha colpe né dell’una, né dell’altra.
Ma ci si immagina che il papa ed il suo entourage facciano spallucce di fronte a queste critiche. La giustificazione dell’assalto repressivo, ch’essi hanno scatenato, è per loro determinante: la messa tridentina cristallizza l’esistenza di una Chiesa nella Chiesa, poiché essa rappresenta una lex orandi ante e quindi anti-conciliare. Si può transigere sulle derive della Chiesa tedesca [qui], che sono al massimo troppo conciliari, ma non si potrebbe tollerare la liturgia antica, ch’è anti-conciliare.
Il Vaticano II con ciò che ne discende non si discute! In modo alquanto caratteristico, la Lettera che accompagna Traditionis custodes rende infallibile il Concilio: la riforma liturgica deriva dal Vaticano II; ora, questo concilio è stato un «esercizio di potere collegiale in forma solenne»; dubitare che il Concilio sia inserito nel dinamismo della Tradizione vuol dire quindi «dubitare dello stesso Spirito Santo, che guida la Chiesa».
Una repressione che giunge troppo tardi
Solo che nel 2021 non si è più nel 1969, all’epoca della promulgazione fresca e gioiosa del nuovo messale, né nel 1985, all’epoca del Rapporto sulla fede e dell’assemblea sinodale, che tracciava un bilancio già inquieto circa i frutti del Vaticano II, e nemmeno si è nel 2005, quando l’apparire dell’espressione «ermeneutica della riforma nella continuità» somigliava alquanto ad un tentativo di ricomposizione laboriosa d’una realtà, che sfuggiva sempre più. Oggi è troppo tardi.
L’istituzione ecclesiale è come infiacchita, la missione spenta ed, almeno in Occidente, la visibilità di preti e fedeli svanisce. Andrea Riccardi, figura di spicco della Comunità di Sant’Egidio, l’esatto opposto di un conservatore, nel suo ultimo libro [citato qui], La Chiesa brucia. Crisi e futuro del Cristianesimo, L’Église brûle. Crise et futur du Christianisme[1], considera l’incendio di Notre-Dame a Parigi come una parabola della situazione del Cattolicesimo ed analizza, Paese per Paese, in Europa, il suo crollo. Il suo discorso è tipicamente quello dei bergogliani delusi, che divengono conciliari delusi.
Come stupirsi del fatto che autori, ben più liberi di lui dall’apparato ecclesiastico, lancino grida d’allarme e non esitino a dire da dove venga il male. Così l’accademico Jean-Marie Rouart in Ce pays des hommes sans Dieu[2] (Questo Paese di uomini senza Dio), secondo cui la battaglia della società occidentale contro l’islam è perduta in partenza, mentre solo un «sussulto cristiano» potrebbe salvarci, vale a dire una radicale marcia indietro: la Chiesa, scrive, «deve procedere allo stesso modo di una Controriforma, ritornare a questa riforma cristiana, che le ha permesso nel XVII secolo di affrontare vittoriosamente un protestantesimo, che l’ha messa in discussione»[3]. O ancora Patrick Buisson in La fin d’un monde[4] (La fine di un mondo), che dedica due parti della sua grossa opera alla situazione del cattolicesimo: «Le krach de la foi» («Il crack della fede») e «Le sacré massacré» («Il sacro massacrato»). «In una modalità, ch’è al tempo stesso sconcertante e brutale – scrive – il rito tridentino, che è stato il rito ufficiale della Chiesa latina per quattro secoli, è stato, dall’oggi al domani, dichiarato indesiderabile, la sua celebrazione proscritta ed i suoi fedeli cacciati[5]». Si è usciti dal cattolicesimo per andare «verso la religione conciliare».
Per di più, nel 2021, il rapporto di forze è molto diverso da quello degli Anni Settanta tra coloro che avevano «fatto il Concilio» e coloro che lo subivano. Andrea Riccardi fa, come tutti gli altri, questa realistica constatazione: «Il tradizionalismo è una realtà di una certa importanza nella Chiesa, tanto per organizzazione quanto per mezzi». Il mondo tradizionale, pur essendo minoritario (in Francia, dall’8 al 10% dei praticanti), è ovunque in crescita, soprattutto negli Stati Uniti. È giovane, fecondo in termini di vocazioni – almeno in rapporto alla fecondità del cattolicesimo delle parrocchie -, capace d’assicurare la trasmissione catechetica, attraente per il clero giovane e per i seminaristi diocesani.
Questo è ciò che papa Bergoglio, arrivando dall’Argentina, ha impiegato del tempo a capire, finché i vescovi italiani ed i prelati di Curia gli hanno messo davanti agli occhi la crescita insopportabile del mondo tradizionale, tanto più evidente poiché sbocciata in mezzo al crollo generale. Il che rendeva dunque necessario applicare i «rimedi» adeguati, gli stessi che sono stati somministrati al fiorente seminario di San Rafael, in Argentina, della congregazione dei Francescani dell’Immacolata, nella diocesi di Albenga in Italia, nella diocesi di San Luis in Argentina, ecc.
Per un’uscita «in avanti» dalla crisi
Per tutto questo, la Chiesa conciliare non è stata rivitalizzata e la missione non ha smesso d’indebolirsi. Una batteria di documenti ha trattato della missione: Ad Gentes, il decreto conciliare del 1965, l’esortazione Evangelii nuntiandi del 1975, l’enciclica Redemptoris missio del 1990, il documento Dialogo e Annuncio del 1991, le esortazioni apostoliche, che riprendono instancabilmente il tema della nuova evangelizzazione, Ecclesia in Africa 1995, Ecclesia in America 1999, Ecclesia in Asia 1999, Ecclesia in Oceania 2001, Ecclesia in Europa 2003. È stato creato un Consiglio Pontificio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Si sono moltiplicati i convegni, che parlano della missione da articolarsi in dialogo, dell’evangelizzazione che non deve essere proselitismo, ecc. Non si è mai parlato tanto di missione. Mai però si è così poco convertito.
François Mitterrand diceva, a proposito del riassorbimento della disoccupazione, «abbiamo provato di tutto». Lo stesso per salvare la Chiesa dopo il Vaticano II: il tentativo rappresentato dall’elezione di papa Bergoglio, quello di una massimalizzazione del Concilio, ha fatto cilecca; così com’era alla fin fine fallito, bisogna riconoscerlo, il tentativo rappresentato dall’elezione di papa Ratzinger, quello relativo ad un’attenuazione del Concilio. Dunque, un ritorno indietro? Sì, ma alla maniera di un’uscita «in avanti».
Numerosi sono coloro, anche tra i sostenitori di ieri di papa Bergoglio, che ritengono indifendibile la repressione brutale del mondo tradizionale per la sola ragione, in definitiva, ch’esso è troppo vivo. È immaginabile, col prossimo pontificato, una messa tra parentesi di Traditionis custodes? Sicuramente ed anche meglio, ci sembra: una libertà data a ciò che si è stabilito di chiamare le «forze vive» nella Chiesa. Circa tale forza essenziale, poiché rappresenta la tradizione multisecolare, si può ragionevolmente valutare la negoziazione di un compromesso, che sarebbe per la Chiesa più favorevole del compromesso rappresentato dal Summorum Pontificum. Si deve ormai mirare alla revoca di ogni restrizione, in altre parole ad una completa libertà per la liturgia antica e per tutto ciò che l’accompagna. E questo, in nome del buon senso. Come un certo numero di vescovi nel mondo ha lasciato che nelle proprie diocesi si sviluppassero tutte queste «forze vive», le comunità, le fondazioni, le opere, che portano frutti missionari, allo stesso modo, a livello di Chiesa universale, deve giungere il tempo di una libertà concessa a tutto «ciò che funzioni».
Summorum Pontificum può essere analizzato come un tentativo di coesistenza tra i cattolici, che non accolgono la liturgia del Vaticano II, ed un mondo conciliare moderato. Un nuovo tentativo potrebbe essere stabilito con un mondo conciliare apparentemente più «liberal» di quello di Benedetto XVI, ma che prenda ormai coscienza del fallimento irrimediabile dell’utopia abbracciata cinquant’anni fa.
Don Claude Barthe - Fonte ______________________________
[1] Tempi nuovi, 2021.
[2] Bouquins, 2021.
[3] Op. cit., p. 64.
[4] Albin Michel, 2021.
[5] Op. cit., « La trivialiation du sacré » («La banalizzazione del sacro»), p. 124.
[2] Bouquins, 2021.
[3] Op. cit., p. 64.
[4] Albin Michel, 2021.
[5] Op. cit., « La trivialiation du sacré » («La banalizzazione del sacro»), p. 124.
Lucida analisi della realtà. Vista da italiano, la decomposizione ecclesiale -nella dimensione di parrocchie e movimenti- è perfettamente in linea con il resto: la scuola, il lavoro, la politica, la sanità.
RispondiEliminaNella sanità è paradigmatico l'esempio della deriva vaccinista, passando sopra ai minimi sindacali del principio di precauzione e del somministrare cure in scienza e coscienza.
Nell'ecclesialità quotidiana si sono quasi perse le tracce del riferimento certo a Dio nell'adorazione e nella contemplazione della Sua Provvidenza e Grazia, nella consapevolezza e nella pietà (usi e costumi) di secoli di cultura cristiana (basti percorrere la penisola nell'arte), per ridursi alla stanca autocelebrazione di comunità che celebrano il Signore con la bocca, ma sono sempre più mondane.
INDUBBIAMENTE il CVII è responsabile diretto di questa deriva.
Lo scrivo da partecipante medio delle messe novus ordo, anche quando ben celebrate.
Il potere è sempre più determinato ad imporre la sua linea.
Nella scuola ai ragazzi vengono insegnate idiozie e falsità.
Ai bambini e ai ragazzi si inoculano sostanze che... non si sa.
Ad adolescenti e giovani si danno modelli/svaghi che... mi taccio.
La famiglia in senso classico è ormai massacrata in ogni modo.
Il CVII impone se stesso, perchè proporre la dottrina lo smentirebbe.
Per lavorare il green pass è più necessario delle competenze.
Un giornalista non dice quel che accade, ma ciò che vuole chi lo paga.
Forse dall'articolo di Mons. Barthe sarebbe stato da attendersi uno sguardo più metafisico, dato che tutto il panorama non è solo "naturale" ma mostra tracce di intenzioni preternaturali, in cui l'influsso satanico è sempre più evidente.
In tal caso l'apertura al futuro non sarà la liberalizzazione o l'accordo con chicchessia, di circolare, lavorare o celebrare con o senza il "green pass". Il futuro sarà solo la conversione, di tutti, all'Unico Signore, chiedendo a Lui solo di toglierci da questo incubo in cui i poteri del mondo sono in mano altrui. Gesù l'aveva detto che il Principe di questo mondo gli è ostile. Inutile pensare che il mondo nelle mani del principe abbia altre intenzioni verso il corpo di Cristo differenti dal metterlo in croce. Il terzo giorno però la scena cambia. Non sono stati presi accordi in terra. Ha deciso il Padre.
La permissione Divina del azione del principe di questo mondo è dovuta per fare rendere conto all'uomo delle consequenze dell'amore per la schiavitù del peccato.Dio si è fatto uomo per togliere la "colpa" del uomo prendendo su di sé tutto il male del mondo e renderlo nuovamente degno di essere figlio suo.Si è offerto in sacrificio sulla croce per compassione del dell'umana sofferenza in questa valle delle lacrime per salvarlo dalla morte del peccato.Cristo essendo Dio come uomo se avesse voluto avrebbe potuto evitare la sua passione,ma non l'ha fatto perche ha voluto partecipare alla sofferenza dell'uomo e redimerlo dalla morte del peccato.Salve.
Elimina*ed esso solo! – d’attentare all’unità della Chiesa.
RispondiElimina*d’attentare all’unità della Chiesa.
Domanda: di quale Chiesa ?
Risposta: della Chiesa Ecumenica
E' evidente, se questa Chiesa deve accogliere tutte le derivazioni (come la foce di un fiume a delta) della Chiesa cattolica Apostolica Romana : protestanti dei vari colori del protestantesimo in primis..
protestare significato
Manifestare energicamente la propria disapprovazione, opporsi (anche + contro )
Nella chiesa di Bergoglio, un qualsiasi prete di campagna può rimettere il peccato dell’abominio dell’aborto, ma se lo stesso prete di campagna volesse celebrare la Santa Messa Apostolica Romana, da solo e quindi senza concorso dei fedeli, deve chiedere preventivamente il permesso al suo vescovo, se la volesse celebrare pubblicamente, deve rivolgere la sua richiesta direttamente a Bergoglio.
RispondiEliminaGià queste evidenti contraddizioni dovrebbero far riflettere qualsiasi cattolico di retta volontà.
Perché ovviamente era troppo pesante andare dai penitenzieri vescovili o dai frati a cui i vescovi davano la facoltà di assolvere il peccato di aborto
EliminaLa Chiesa Moderna ha ceduto alla pigrizia
Povero Bergoglio,sicuramente e' in buona fede, preghiamo per lui.
RispondiElimina“Quando ti metti a studiare o a scrivere ripeti:
RispondiEliminaSignor, tu lo Spirito sei
et io la tromba.
Ma senza il fiato tuo
nulla rimbomba”
San Giuseppe da Copertino
Oggi ricorrenza
Pone, Dómine, custódiam ori meo *et vigíliam ad óstium labiórum meórum. Non declínes cor meum in verbum malítiæ *ad machinándas machinatiónes in impietáte
RispondiEliminaPone, Domine, custodiam ori meo: * et ostium circumstantiae labiis meis.
RispondiEliminaNon declines cor meum in verba malitiae, * ad excusandas excusationis in peccatis.
(Ps 140, 2-3; Vulgata)
"Un nuovo tentativo potrebbe essere stabilito con un mondo conciliare apparentemente più «liberal» di quello di Benedetto XVI, ma che prenda ormai coscienza del fallimento irrimediabile dell’utopia abbracciata cinquant’anni fa".
RispondiEliminaA voi è chiaro?
A me no, per la verità.
Questa conclusione mi lascia alquanto perplesso.
L'unica cosa certa è che le illusioni di quelle comunità "Tradizionali" che, in cambio della Tridentina, hanno abbassato la testa e fatto silenzio, sono crollate.
Meglio non disturbare il conducente avranno pensato.
Questa strategia è miseramente fallita
Lo avranno capito adesso?
Sinceramente ne dubito.
Antonio
TeleMaria 211 - Film: La vita di San Giuseppe da Copertino
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=-8H1_9oCNt4
Sigrid Undset.
RispondiEliminaSigrid Undset (Kalundborg, 20 maggio 1882 – Lillehammer 10 giugno 1949) vincitrice del premio nobel nel 1928.
Scrittrice norvegese.
Durante un viaggio a Montecassino nel 1925, annunciò ufficialmente di aver abbracciato la fede cattolica.
Giudicava le sette protestanti come «case di chiacchiere» «cristianesimo da predica»
Il divino e l'umano nel mio apostolato di esorcista di Padre Cipriano De Meo
RispondiEliminaLettura e commento di Don Pietro Cutuli
https://gloria.tv/post/b3PgoiYQ4TAW4NHcKsHYRBKNX
Erano gli strenui e forti difensori del Papa, poi come pretoriani corrotti, lo hanno destituito e si sono insediati al Suo posto sul Soglio di Pietro. Il loro Capo, Sant' Ignazio, parlava di due sole forze, nemiche irriducibili fra loro, con due soli accampamenti e due sole bandiere ma loro hanno stabilito che tutte le bandiere sono uguali e che ognuno, anche della parte avversa, può albergare nell'accampamento dell'altro. Questi non sono Gesuiti, questi sono solo massoni che tentano di realizzare l'antico progetto massonico di distruggere la Chiesa Cattolica e allontanare il Papa da Roma.
RispondiEliminaMarco Brilli
Parole sante, caro Marco, parole sante, che escludono la necessità di qualsiasi altra astruseria cervellotica per giustificare il loro ingiustificabile comportamento ( da un punto di vista cattolico, o anche semplicemente cristiano).
Eliminahttps://www.youtube.com/watch?v=HmmxR2i_7-M
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=a2--4DpM3Tg
RispondiEliminaOmelia di don Alberto Secci: da quel momento nessuno osò più interrogarlo
Domenica 19 Settembre 2021.
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Sito WEB: http://www.radicatinellafede.com
Canale Gloria.Tv: https://gloria.tv/usquequo
Raccomandandone la lettura per intero, propongo un breve passaggio del documento "Cum Catholica Ecclesia" di Papa Pio IX.
RispondiElimina« [ ... ]
Poiché dunque il potere di cui parliamo riguarda il bene e l’utilità della Chiesa, non desta meraviglia che i nemici di essa abbiano spesso tentato di destabilizzarlo e di toglierlo di mezzo con tutta una serie di attentanti e di insidie. Ma ogni loro macchinazione, per la continua assistenza di Dio alla sua Chiesa, presto o tardi, si è dissolta nel nulla.
Il mondo intero è a conoscenza come in questi tristissimi tempi i subdoli nemici della Chiesa Cattolica e di questa Sede Apostolica, abominevoli nei loro disegni e divulgatori di ipocrite menzogne, tentino, nel disprezzo di ogni diritto divino e umano, di privare questa Sede del Principato civile di cui gode, e si sforzino di perseguire lo scopo, non con una palese aggressione o con la forza delle armi, come altre volte, ma con la maliziosa propaganda di false e pericolose teorie e col suscitare maliziosamente moti popolari. Né si vergognano di indurre le popolazioni ad un’empia ribellione contro i legittimi Principi, condannata a chiare lettere dall’Apostolo che insegna: “Ogni anima sia soggetta ai poteri superiori. Infatti non vi è potere se non da Dio: i poteri esistenti sono voluti da Dio. Dunque chi si oppone al potere, si oppone alle disposizioni di Dio, e chi vi si erge contro, procura la condanna a se stesso” (Rm 13,1ss.).
Mentre dunque questi malvagi mestatori aggrediscono il potere temporale della Chiesa e disprezzano la sua veneranda autorità, spingono a tal punto la loro impudenza da vantare pubblicamente la loro reverenza e il loro ossequio verso la Chiesa stessa. Ma ciò che suscita il più grande dolore è il constatare che si siano macchiati di questo malvagio modo di operare coloro che, come figli della Chiesa Cattolica, dovevano spendere l’autorità che esercitano sui popoli loro sottomessi nel difenderla e nel tutelarla.
[ ... ] »
RispondiEliminaL'esistenza del potere temporale non fu comunque dichiarata dogma di fede da Pio IX.
Durante il Concilio Vaticano I, con l'estensione del potere temporale ridotta al solo patrimonio originario (il Lazio, in sostanza) dall'aggressiva avanzata della "monarchia subalpina", una parte dei vescovi avanzò la richiesta che il Concilio includesse tra i dogmi della fede anche l'attributo del potere temporale al papato. Ma Pio IX saggiamente si rifiutò. Vero o no? Comunque lo disse, in altra occasione, che non era dogma di fede.
Questo rifiuto vorrà pur dire qualcosa? Si contraddiceva allora lo stesso Pio IX e si contraddicevano i suoi successori quando continuavano a reclamare la restituzione alla S. Sede di una sovranità temporale, secondo i crismi del diritto internazionale? No. Affatto.
Perché il potere temporale appartiene sì alla costituzione della Chiesa ma non a quella divina. Quella che si suol chiamare "costituzione ecclesiastica", espressione della "tradizione ecclesiastica". Si tratta quindi di un istituto necessario alla Chiesa ma non indispensabile, come se la Chiesa non potesse svolgere la sua missione spirituale se priva di quel potere. O meglio, se privata del tutto di un territorio indipendente, pur mantenendo la sua organizzazione economica e burocratica, istituzionale, sostanzialmente intatta, di vero e proprio Stato, non limitato, quanto all'organizzazione, alla sola Italia. Nell'epoca presente il potere temporale è sempre necessario al papa ma in una forma più adatta ai tempi. La sua estensione territoriale è una di quelle cose che si possono negoziare, evidentemente. Per il concetto moderno la sovranità di uno Stato non dipende dall'ampiezza del suo territorio o dal numero dei suoi soldati. Con gli Accordi del 1929, riconoscendo il REgno d'Italia e perdonando le passate angherie, il papato è andato oltre la posizione di Pio IX. Forse bisognerebbe prenderne nota?
Sin dai tempi di Gregorio VII, nel pieno delle lotte con l'imperatore, il papato dichiarò in sostanza "sacro" il territorio del suo Stato ("character indelebilis"). Questo carattere fu mantenuto. Pio IX dichiarò scomunicati centinaia di migliaia di italiani, tutti quelli che avevano preso parte o approvato l'estinzione dei suoi Stati, come se avessero profanato una chiesa.
Clemente VII, l'imbelle papa Medici che non seppe difendere Roma dal Sacco del 1527, non avrebbe dovuto allora scomunicare l'imperatore Carlo V, la cui soldataglia ispano-luterana si era macchiata del misfatto? Se ne guardò bene, la Ragion di Stato glielo impedì; poco dopo dovette anzi fare un accordo con l'imperatore, unica sua autentica difesa armata e non contro i protestanti e accettare senza fiatare di esser diventato, come potere temporale, un vassallo di fatto di una potenza che occupava gran parte del resto d'Italia. La lotta secolare del papato contro la pretesa imperiale (Federico II di Svevia) di dominare l'Italia a Sud e a Nord dello Stato della Chiesa era finita con la vittoria finale dell'imperatore asburgico.
H.