L’anima umana e l’aldilà
Parti precedenti
Parte quinta
Creazione dell’angelo, dell’uomo e la loro “caduta”
La dottrina cristiana sugli angeli
L’opera della creazione in sei giorni
Il settimo giorno: il riposo come compimento della creazione
La creazione e la caduta di una parte degli angeli
San Tommaso d’Aquino: la ragione teologica
1 - S. Th., I, q. 63, a. 9.
2 - Cfr. anche Deut., XXXIII, 2; Ps., LXVII, 18; Dan., VII, 10; Giob., XXXVIII, 47; Ebr., I, 4; Apoc., V, 11. 3 - Come abbiamo visto sopra, l’istante dell’angelo è la misura della durata di un pensiero del puro spirito e può corrispondere a una parte più o meno lunga del tempo umano.
4 - S. TOMMASO D’AQUINO, S. Th., I-II, qq. 81-83; II-II, qq. 164-165; L. BILLOT, De personali et originali peccato, Roma, Gregoriana, 1924; P. PARENTE, Peccato originale, in Enciclopedia cattolica.
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Parte sesta
Creazione dell’angelo, dell’uomo e la loro “caduta”
La dottrina cristiana sugli angeli
I capisaldi della dottrina cristiana sui demoni sono i seguenti: 1°) Dio ha creato gli angeli buoni; 2°) molti di essi (si reputa che gli angeli buoni fossero più numerosi di quelli malvagi (1)) purtroppo peccarono e divennero malvagi per loro colpa; 3°) Lucifero con i suoi seguaci sono stati puniti da Dio con la pena dell’inferno; 4°) i diavoli sono puri spiriti, dotati d’intelletto e volontà, come tutti gli angeli, ma essi sono votati al male e a tentare l’uomo; 5°) gli angeli sin dal primo istante della loro creazione furono ornati con la grazia santificante; 6°) tuttavia, molti di essi caddero in un peccato di superbia e si vollero dannare irrimediabilmente; 7°) il diavolo ha perso la grazia divina, ma mantiene la natura angelica ossia del puro spirito, che è ricca d’intelligenza finissima e intuitiva e di una forte volontà tenacemente ostinata nel male; 8°) i diavoli invidiano e, quindi, odiano gli uomini che hanno la grazia (mentre loro l’hanno persa) e sono, perciò destinati a rimpiazzarli in paradiso (cfr. S. Th., I, q. 63; G. DE LIBERO, Satana: l’essere, l’azione, il dominio, Torino, Marietti, 1943).
Tuttavia, occorre notare che l’istante dell’angelo è la misura della durata di un pensiero del puro spirito e può corrispondere a una parte più o meno lunga del tempo umano, a seconda che l’angelo s’immerge più o meno profondamente in un pensiero, come un contemplativo si ferma molte ore sulla stessa verità.
L’opera della creazione in sei giorni
Il primo giorno Dio creò la luce (Gen., I, 3-5); il secondo il firmamento (vv. 6-8); il terzo la terra (vv. 9-13). Poi, il quarto giorno: il sole e la luna (vv. 4-19); il quinto i pesci, i rettili e gli uccelli (vv. 20-23). Infine, il sesto giorno creò gli altri animali, gli angeli e poi Adamo.
San Giovanni Crisostomo spiega: “L’uomo, giustamente, fu creato per ultimo, poiché possiede una dignità superiore a tutti gli animali, che sono ordinati al suo servizio e uso. Infatti, come quando un re deve far ingresso in una città, sono mandati avanti a lui i valletti e la servitù, affinché ogni cosa sia preparata degnamente per accoglierlo degnamente; così, Dio creò prima tutti questi ornamenti animati, per poter porre l’uomo al di sopra di tutti questi” (In Genesi homilia 8, n. 2).
Il settimo giorno: il riposo come compimento della creazione
Il sabato, ossia il settimo giorno, Dio avendo compiuto la sua opera creatrice, compreso l’angelo e l’uomo, si riposò. Questo risposo non fu assoluto, ma fu relativo solamente all’opera creatrice dal nulla di qualsiasi nuova creatura, che era stata oramai ultimata (cfr. S. Th., I, q. 73, a. 1, ad 3um).
Alcuni Padri (CLEMENTE ALESSANDRINO, Strom., VI, 16; S. AGOSTINO, De Genes. ad litter., L. IV, c. 9) fanno un parallelo tra la creazione e la redenzione. Infatti, Gesù, al sesto giorno (il Venerdì Santo) disse: “Tutto è compiuto!”; poi chinò il capo, rese lo spirito, riposò nel sonno della morte tutto il Sabato Santo nel sepolcro. Così; il sabato del Padre dopo la creazione in sei giorni, è l’immagine del Sabato Santo del Figlio dopo l’opera della redenzione.
La creazione e la caduta di una parte degli angeli
La S. Scrittura nel libro della Genesi non parla esplicitamente della creazione degli angeli. Molti Padri (per esempio S. GIOVANNI CRISOSTOMO, In Gen. hom. 2, n. 2) ritengono che il popolo d’Israele, nel Vecchio Patto, fosse ancora rozzo e incline all’idolatria e potesse adorare gli angeli come se fossero Dei.
Se Mosè nel Pentateuco tacque sulla creazione e caduta degli angeli, in altri Libri della S. Scrittura si tratta chiaramente ed esplicitamente di essi; per esempio San Paolo scrive: “Per Lui (il Verbo) tutto fu fatto, ciò che vi è in cielo e in terra, il visibile e l’invisibile, siano essi Troni o Dominazioni, Podestà o Principati” (Col., I, 16) (2).
Sempre nella Scrittura non abbiamo nessuna notizia esplicita sulla natura del peccato di superbia dell’angelo, com’è rivelato: “Il loro peccato fu la superbia” (Ecclesiastico, X, 5), che rovinò gli angeli. Si ritiene, tuttavia, dai Padri e dai teologi scolastici, con un argomento di convenienza, che alcuni di essi, invaghitisi delle loro qualità di puri spiriti, non vollero più rimanere sottomessi a Dio e cercarono di trovare in se stessi la fonte della felicità e il loro fine ultimo. Secondo altri teologi (specialmente Francisco Suarez), Dio l’istruì della futura Incarnazione del Verbo, ma essi si rivoltarono al solo pensiero di dover adorare Dio nella veste della natura umana, inferiore alla loro natura di puri spiriti.
Suarez nel 1620 scrisse un intero libro (De Angelis) sull’angelologia e, quindi, trattò il peccato di Lucifero in maniera ancora più approfondita di quanto avesse fatto nel commento della Somma Teologica (II-II, q. 81-83) di San Tommaso.
Come i Padri e gli scolastici, anch’egli si rifaceva all’Apocalisse (XII, 7), scrivendo: “In cielo si fece una grande battaglia. Michele e i suoi angeli combatterono contro il dragone e i suoi angeli, che combattettero ma non vinsero. Per essi non vi fu più posto in cielo”.
San Pietro insegna: “Dio non ha risparmiato gli angeli che peccarono, anzi avendoli inabissati, li consegnò alle catene dell’inferno” (II Petr., II, 4).
Gesù disse ai suoi Apostoli: “Vidi Satana cadere dal cielo come una folgore” (Lc., X, 18).
S. Scrittura e Magistero sulla creazione
La S. Scrittura c’insegna che Dio creò “tutte le cose, quelle che sono nei cieli e quelle che sono sopra la terra; le cose visibili e quelle invisibili” (Col., I, 30).
Il Magistero della Chiesa aggiunge: “Dio creò tutto ciò che esiste oltre a Lui e vi comprese anche gli angeli” (Conc. Later. IV, cap. 1, Decreto Firmiter). Il Concilio Vaticano I ha ripreso quest’insegnamento e ha aggiunto: “Dio ha creato dal nulla la creatura spirituale, vale a dire gli angeli e l’universo e poi l’uomo” (DB, 1783).
Tuttavia, la S. Scrittura non dice quanto tempo prima della creazione dell’uomo, l’angelo e il mondo abbiano avuto principio.
San Tommaso d’Aquino: la ragione teologica
L’opinione più probabile secondo l’Aquinate è che l’angelo prevaricatore peccò sùbito dopo il primo istante della sua creazione, come poi ha insegnato il Concilio Lateranense (DB, 428).
Egli fu creato in grazia di Dio, ma prima di essere ammesso alla visione beatifica e sùbito dopo (3) la sua creazione ed elevazione all’ordine soprannaturale, mediante un atto di libera volontà, si ribellò a Dio (S. Th., I, q. 63, a. 6).
L’Aquinate commenta che l’angelo conoscendo per intuito e non per raziocinio (come fa l’uomo), aderisce poi immutabilmente con la sua volontà o al bene o al male. Perciò, l’angelo non vuole pentirsi e convertirsi (cfr. S. Th., I, qq. 50-64; E. CARETTI, Gli Angeli, Bologna, 1925; A. ARRIGHINI, Gli angeli buoni e cattivi, Torino, Marietti, 1937; C. BOYER, De Deo creante et elevante, Roma, Gregoriana, 1940).
La S. Scrittura non ci dice quando avvenne la caduta di Lucifero e degli angeli apostatici che lo seguirono. Tuttavia, la ragione teologica ci offre un motivo di convenienza al fatto che la sua caduta avvenisse poco prima della creazione dell’uomo, che gli fu rivelata. Infatti, fu così che egli, ripieno di superbia, divenne invidioso e geloso di Adamo, che aveva la grazia santificante; infatti, l’invidia nasce dalla superbia e non viceversa (S. Th., I, qq. 44-45; P. PARENTE, De creatione universali, Roma, Marietti, III ed. 1949; F. SPADAFORA, Creazione, in Dizionario Biblico, Roma, Studium, 1963).
L’invidioso, spiega l’Aquinate (S. Th., I, q. 63, a. 2), prova dispiacere per il bene altrui, perché lo reputa un impedimento al bene proprio. Perciò nell’angelo apostatico al peccato di superbia tenne dietro il peccato d’invidia, poiché egli provò dispiacere per il bene spirituale concesso all’uomo.
I teologi ritengono che Satana tentasse Eva e Adamo proponendo loro di farli diventare simili a Dio, non nel senso della stessa Sua essenza, poiché loro stessi avrebbero capito che ciò sarebbe stato impossibile. Infatti, il diavolo aggiunse “sarete conoscitori del bene e del male”; ossia, conoscerete ogni cosa, similmente a Dio, e vi renderete indipendenti da Lui, stabilendo con la vostra ragione ciò che è bene e ciò che è male e così potrete decidere da voi stessi ciò che dovrete fare o evitare per arrivare alla beatitudine (4).
Inoltre il diavolo cercò d’indurre in loro un sentimento di diffidenza e di sfiducia nei confronti del Signore, suggerendo loro che la proibizione di mangiare i frutti dell’albero della scienza del bene e del male era dovuta alla malevolenza di Dio e alla Sua invidia nei loro confronti, per paura che diventassero simili a Lui (S. Th., II-II, q. 163, a. 2).
Secondo San Tommaso gli angeli hanno ricevuto da Dio la grazia santificante nel momento della loro creazione e prima del momento della loro prova (S. Th., I, q. 62, a. 3). Dopo la prova gli angeli buoni furono immutabilmente confermati in grazia e ottennero la visione beatifica; mentre i cattivi si ostinarono nel male. Infatti, il giudizio dell’angelo, una volta formulato, è irrevocabile poiché il suo atto conoscitivo non considera i vari aspetti delle cose da scegliere successivamente, ma vede simultaneamente tutti i vantaggi e gli svantaggi; perciò quando giudica ha già considerato tutto sin nelle ultime conclusioni (q. 62, a. 5).
L’Angelico afferma che gli angeli non hanno potuto peccare nell’istante della loro creazione, perché il loro primo atto fu ispirato da Dio, ma essi hanno demeritato solo in un secondo istante (q. 62, a. 5).
Dopo il primo atto pienamente meritorio e quello demeritorio, l’angelo fu reso beato e il demonio riprovato.
Prima di San Tommaso, gli scolastici (Pietro Lombardo, Alessandro di Alès, S. Alberto Magno e S. Bonaventura) ritenevano che Adamo non fosse stato creato in stato di grazia santificante, ma solo nella natura integra e che solamente dopo avesse ricevuto la grazia abituale.
San Tommaso nel suo Commento alle Sentenze (Lib. II, dist. XX, q. 2, a. 3), scritto attorno al 1254, espone la sua opinione secondo cui Adamo sarebbe stato creato in grazia di Dio, la quale sarebbe stata concessa non solo alla persona di Adamo ma anche alla sua natura umana come un dono gratuito da trasmettersi assieme alla natura ai suoi discendenti.
Inoltre, l’Angelico appena dopo il 1254, si spinge oltre e scrive essere più probabile che Adamo avesse ricevuto la grazia nell’istante stesso della sua creazione (In IIum Sent., dist. XXXIX, q. 1, a. 2).
Poi, nelle opere posteriori si pronuncia sempre più chiaramente e decisamente a favore di questa tesi, che inizialmente aveva presentato solo come un’ipotesi probabile. Per esempio, nel 1263-68, nel De malo (q. 4, a. 2, ad 17um), infine, nella Somma Teologica (I, q. 95, a. 1) ritiene certa questa tesi e vi ritorna sopra (I, q. 100, a. 1, ad 2um; I-II, q. 83, a. 2, ad 2um).
La maggior parte dei commentatori dell’Aquinate sostiene la certezza di questa tesi (JOHANNES CAPREOLUS, In IIum Sent., dist. XXXI, a. 3; TOMMASO DE VIO seu CAJETANUS, In Iam-IIae, q. 83, a. 2, ad 2um; SILVESTRO DA FERRARA seu FERRARENSIS, In contra Gent., Lib. IV, c. 52; DOMINGO SOTO, SALAMENTICENSES, CHARLES RENÉ BILLUART).
___________________________1 - S. Th., I, q. 63, a. 9.
2 - Cfr. anche Deut., XXXIII, 2; Ps., LXVII, 18; Dan., VII, 10; Giob., XXXVIII, 47; Ebr., I, 4; Apoc., V, 11. 3 - Come abbiamo visto sopra, l’istante dell’angelo è la misura della durata di un pensiero del puro spirito e può corrispondere a una parte più o meno lunga del tempo umano.
4 - S. TOMMASO D’AQUINO, S. Th., I-II, qq. 81-83; II-II, qq. 164-165; L. BILLOT, De personali et originali peccato, Roma, Gregoriana, 1924; P. PARENTE, Peccato originale, in Enciclopedia cattolica.
* * *
Parte sesta
Il giudizio Universale
Il Dogma del Giudizio finale
Antico e Nuovo Testamento secondo l’Aquinate
2) Il Nuovo Testamento
La Tradizione patristica
Il modo e lo svolgimento del Giudizio
Ragione teologica della convenienza del Giudizio universale
Il Dogma del Giudizio finale
È di fede che dopo la risurrezione generale Gesù Cristo giudicherà tutti gli uomini e renderà a ciascuno ciò che gli è dovuto, secondo le sue opere buone o cattive (DB, 54, 86, 287, 429, 693).
Cfr. anche SAN TOMMASO D’AQUINO, S. Th., Suppl., q. 88; Summa contra Gentes, Lib. IV, cap. 91; J. RIVIÈRE, Jugement, in D. Th. C.; A. PIOLANTI, De Novissimis, Roma, Marietti, 1943; ID., Giudizio divino, in Enciclopedia Cattolica, vol. VI, col. 727 ss.
La S. Scrittura
1) Il Vecchio Testamento
Nel Vecchio Testamento si parla in maniera ancora oscura del Giudizio finale e delle sanzioni dell’aldilà, poiché l’Antico Testamento è una preparazione al Nuovo Testamento, ossia al Messia, Gesù di Nazareth. Così, nel Nuovo Patto, si parla spesso e chiaramente del Giudizio universale e in maniera molto più esplicita che nel Vecchio Patto il quale è un’ombra e una figura del Nuovo.
Ciononostante si trovano pure in esso delle affermazioni a questo riguardo (Ecclesiaste, XII, 4; Isaia, LXVI, 15-24; Daniele, XII, 1: “Molti di coloro che dormono nella polvere si risveglieranno, gli uni per una vita eterna, gli altri per un’infamia eterna”; Gioele III, 2).
Antico e Nuovo Testamento secondo l’Aquinate
San Tommaso d’Aquino tratta il tema del “Nuovo Testamento o Legge evangelica” (S. Th., I sezione - II parte, questione 106) e lo mette poi in rapporto (q. 107) con il “Vecchio Testamento”.
Egli spiega che “non conveniva che la Legge evangelica della Nuova Alleanza fosse data sin dall’inizio del mondo, perché essendo Legge perfetta, doveva essere preceduta dalla Legge imperfetta del Vecchio Patto” (I-II, q. 106, articolo 3) e siccome “la Legge Nuova è perfetta, non ha bisogno di essere perfezionata, ma durerà immutata quanto alla sostanza sino alla fine del mondo.
Infatti, essa è opera del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo; perciò non ci sarebbe posto per una terza era dello Spirito Santo o Nuovissima Alleanza, che perfezionerà la Nuova Alleanza come questa ha perfezionato l’Antica” (I-II, q. 106, a. 4).
Quindi, l’Aquinate fa un “Confronto tra la Legge Nuova e la Legge Vecchia” (I sezione – II parte, questione 107).
Inoltre, spiega che “La Legge Nuova è Legge di perfezione e d’amore che completa il timore. Perciò, è diversa dalla Legge Vecchia che è Legge imperfetta, di timore e di preparazione a Cristo o alla Legge Nuova. Tuttavia, entrambe le Leggi hanno come fine Dio” (I-II, q. 107, articolo 1).
Inoltre, la “Legge Nuova compie, perfeziona e attua la Vecchia perché dà in atto quanto la prima conteneva solo in potenza cioè la Redenzione del Messia-Gesù Cristo, Colui, che completò la Vecchia Legge spiegandone il significato, precisando e perfezionando i Precetti puramente esterni (5°, 6° e 7° Comandamento) con obblighi interni (perfezionati dall’amore del prossimo, dal 9° e 10° Comandamento) e aggiunse i tre Consigli per aiutare a vivere meglio e più intensamente i Comandamenti. Quindi, anche il Decalogo di Mosè, dato nell’Esodo e nel Deuteronomio, è stato perfezionato da quello dato da Cristo nel Vangelo” (I-II, q. 107, a. 2).
S. Tommaso spiega che “la Legge Nuova era contenuta nella Legge Vecchia poiché vi era in potenza, come l’albero nel seme o l’uomo nel bambino, essendo la prima la perfezione della seconda” (I-II, q. 107, a. 3).
Infine, l’Angelico affronta il problema dei “Precetti della Legge Nuova” (I sezione - II parte, questione 108, articolo 4) e insegna che “la Legge di Gesù ha liberato l’uomo dalla farragine dei Precetti cerimoniali e giudiziali della Legge Antica, perciò è detta Legge di libertà”.
2) Il Nuovo Testamento
Nel Nuovo Testamento Gesù annuncia più volte il Giudizio universale. “Sventura a te, Corozain! sventura a te, Betsaida! Nel giorno del Giudizio vi sarà meno rigore per Tiro e Sidone che non per voi” (Mt., XI, 22-23). Inoltre: “Gli uomini di Ninive si rizzeranno nel giorno del Giudizio contro questa generazione e la condanneranno, perché essi fecero penitenza alla voce di Giona e qui vi è più che Giona” (Mt., XII, 41).
Infine, nel discorso sulla fine del mondo, riportato da Matteo (XXV, 31-36), Gesù dice:
“Quando il Figlio dell’uomo verrà …, Egli siederà sul trono della sua gloria. Ed essendo riunite attorno a Lui tutte le nazioni, Egli separerà gli uni dagli altri come il pastore separa le pecore dai capri”.
Negli Atti degli Apostoli San Pietro dice: “È Gesù che Dio ha destinato quale giudice dei vivi e dei morti” (X, 42).
La Tradizione patristica
I Padri greci e latini insegnano esplicitamente il dogma del Giudizio finale (S. GIUSTINO, Dial. cum Tryph., 5; PG, tomo 6, col. 487; S. IRENEO, Adv. haer., 5, 31; PG, 7, 1208; TERTULLIANO, De anima, 55 e 58; PL, 2, 742; De resurr. carnis, 43, 856; S. IGNAZIO D’ANTIOCHIA, Rom., 4 e 7; Trall. 13; S. CLEMENTE ROMANO, I Cor., V, 4; V, 7; S. POLICARPO, Phil., 9).
Il modo e lo svolgimento del Giudizio
Gesù nella sua umanità sarà il giudice, poiché i meriti che ci hanno aperto il cielo sono stati i suoi mediante la sua Incarnazione, Passione e Morte.
Oggetto del Giudizio sarà tutta la vita di ogni uomo e anche tutte le sue conseguenze, post mortem.
Il tempo in cui il Giudizio dovrà aver luogo lo conosce solo Dio (Mc., XIII, 32); tuttavia, la S. Scrittura ci dà dei segni che ci indicano quando starà per avvicinarsi (Mc., XIII, 7-33; II Tess., II, 3).
San Tommaso d’Aquino (S. Th., III, q. 59, a. 5; Supplementum, q. 88, a. 1, ad 1um; q. 91, a. 2) ci spiega le ragioni per le quali conviene che vi sia dopo il Giudizio particolare anche quello universale:
Gli uomini dopo la morte continuano a vivere spiritualmente nella memoria di coloro che restano su questa terra. Spesso essi sono giudicati in maniera diametralmente contraria alla realtà. Allora, è bene che si vedano chiaramente e da tutti le menzogne degli ipocriti che si sono serviti della religione invece di servirla. In quel giorno cadranno tutte le maschere e le imbiancature dei sepolcri putridi.
Il Catechismo del Concilio di Trento (I parte, cap. 8) spiega che «La Giustizia di Dio esige che i buoni riacquistino il loro onore spesso rubato loro dai malvagi che trionfano in questo mondo. Inoltre, anche il corpo deve, come l’anima, ricevere il castigo o la ricompensa che si è meritata. Perciò, conviene che dopo la Risurrezione dei corpi vi sia anche il Giudizio universale».
I Santi avevano ed hanno la capacità di essere spietati con l' "errore" (infatti " non caddero mai nella stoltezza di accettare tutte le cose " ) ma molto generosi con l' " errante ". Oggi, invece, seguendo la stupida legge del "dialogo" ( così come viene intesa) si diventa compiacenti sia con l'uno che con l'altro senza mai addivenire ad una conclusione definitiva (... alla verità) altrimenti il dialogo si interrompe. Comportamento demenziale.
RispondiEliminaQuesto per dire che la distinzione fra " errore " e " errante " nella Chiesa Cattolica c'è sempre stata solo che veniva privilegiato il primato della "verità" perchè è quella che ci indirizza a Dio mentre senza quella il dialogo diventa demenziale.
Cit. Marco Brilli
Federico Michielan
RispondiEliminaSta mattina vi do il buongiorno con una perla ecclesiastica.
Per i guardiani della rivoluzione, quelli che vedono rigidità ovunque (mi dà l’idea di qualcosa di freudiano…) neppure Gesù Cristo si salva! In questo commento al Vangelo di domenica p. Spadaro dice che Gesù sarebbe stato “accecato dal nazionalismo e dal rigorismo teologico”.
GESÙ!
Poi grazie all’insistenza della cananea lui sarebbe stato “sconvolto” nell sua rigidità, “confuso” e “convertito”, quindi “guarito” e “libero dalla rigidità e dagli elementi teologici, politici e culturali dominanti del suo tempo”.
Questo sarebbe il “seme della rivoluzione”.
In questa analisi sta davvero il seme della loro ideologia, quella per cui bisogna convertire pure Nostro Signore, grazie a quelli che stanno fuori, perché schiavo di pregiudizi, precomprensioni, elementi condizionanti dati dalla cultura e dalla storia.
Leggere queste cose è sempre illuminante, per capire da dove vengono certe ideologie, o certe ossessioni…
DOPO LA MORTE CI SARÀ IL GIUDIZIO E NON VI È ALCUN RIMEDIO PER UNA VITA CATTIVA
RispondiEliminaUna morte felice è un capolavoro e un capolavoro non si compie in un giorno. La ragione fondamentale per cui temiamo la morte sta nel fatto che non l'abbiamo mai preparata. La maggior parte di noi muore una volta sola, mentre avremmo dovuto morire ogni giorno. La morte è una cosa terribile per colui che "muore" solo quando muore; ma è una cosa bella per colui che "muore" prima di morire. (...)
Dopo la morte non vi è alcun rimedio per una vita cattiva. Ma prima della morte vi è un rimedio: quello di morire a noi stessi seguendo così la legge dell'immolazione e del sacrificio che è la legge dell'universo intero. Non vi è altro modo di entrare in una vita superiore, se non col morire ad una vita inferiore. Non vi è possibilità per l'uomo di godere un'esistenza nobilitata in Cristo, se egli non viene sradicato dal vecchio Adamo. Per colui che conduce una vita mortificata in Cristo, la morte non viene mai come un ladro nella notte, perché è lui che la prende di sorpresa. Noi moriamo ogni giorno per far la prova a morire e ogni giorno lo ripetiamo per riuscirvi.
Ci piaccia o non ci piaccia, non si sfugge a questa verità espressa da San Paolo nella lettera agli Ebrei: "È stabilito che l'uomo debba morire una sola volta, e alla morte segua il Giudizio". Mentre i tuoi parenti e amici si raccolgono attorno al tuo cadavere e domanderanno: "Quanto ha lasciato?", gli Angeli domanderanno: "Quanto ha portato con sé?".
Il Giudizio sarà duplice. Sarete giudicati al momento della vostra morte: Giudizio particolare; e nell'ultimo giorno del mondo il Giudizio Universale. Ci vuole il primo Giudizio, perché tu sei una persona e perciò sei responsabile, come individuo, dei tuoi atti liberi: le tue opere ti seguiranno. Il secondo Giudizio avverrà, perché tu hai compiuto la tua salvezza o la tua dannazione eterna nel contesto di un ordine sociale cioè nel Corpo Mistico di Cristo, la Chiesa. Sarai giudicato, quindi, per il tuo influsso su di esso. (...)
Tre destini possibili ti attendono alla morte:
Inferno: Dolore senza Amore.
Purgatorio: Dolore con Amore.
Paradiso: Amore senza Dolore.
(Fulton J. Sheen, da "Fatti per l'eternità: introduzione al Cristianesimo" edizioni Mimep)