The sound of freedom
Ho visto il film importato in Italia dalla Dominus Production nel giorno della sua uscita ufficiale nelle sale cinematografiche e ne descrivo luci, parecchie, e ombre, qualcuna.
Lunedì 19 febbraio è uscito nelle sale cinematografiche italiane, finalmente in modo ufficiale e regolarmente doppiato in italiano, il film "The sound of freedom - Il canto della libertà" del regista Alejandro Monteverde, con l'attore Jim Caviezel nel ruolo del protagonista.
Il film è tratto da una storia vera che riguarda la vicenda di un agente della Homeland Security Service americana, Tim Ballard, impegnato a combattere la pedofilia negli USA e che si imbatte in un caso che lo scuote nell'anima e lo obbliga moralmente a infiltrarsi nella rete del traffico dei minori in America Latina - fra Honduras, Messico e soprattutto Colombia - per cercare di liberare la sorella di un bambino appena liberato al confine tra Messico e USA.
Dal punto di vista tecnico il film è ben girato, ha un pathos costante, una fotografia di ottima qualità, la recitazione dei principali personaggi è all'altezza del ruolo e i valori trasmessi sono genuinamente cristiani, come da tempo non si vede nei film, con "mattonate" che rimangono impresse, come le parole del Vangelo - parole di Cristo - dette in faccia al trafficante di bambini americano "meglio sarebbe per loro legarsi una macina di mulino al collo e gettarsi in fondo al mare" riferito a chi scandalizza i piccini, o come la frase "I figli di Dio non sono in vendita" che è la sintesi della motivazione a combattere la pedofilia dichiarata dal protagonista.
Il film risulta essere, alla fine, un poliziesco-thriller, con una componente avventurosa di rilievo per la parte riguardante la missione nella giungla colombiana, alla ricerca della piccola Rocìo, finita come schiava sessuale nelle mani di un comandante delle FARC in uno degli accampamenti remoti della guerriglia rivoluzionaria. Non ci sono scene scabrose, l'orrore della pedofilia viene descritto con le espressioni dei volti di aguzzini e vittime, con gli atteggiamenti che lasciano fortunatamente un pietoso sottinteso a quanto non dovrebbe mai essere visto e ancor meno dovrebbe accadere, ma che purtroppo è una piaga mondiale che riguarda milioni di bambini innocenti.
Il film è stato girato tra il 2015 e il 2018, pertanto non è minimamente toccato dalle voci più o meno incontrollate relative alla pedofilia praticata dalle ricche élites americane, né vi sono riferimenti a questioni riguardanti sacrifici umani per fini abietti (adrenocromo e cannibalismo) come proposto da certa letteratura complottista. Qui si denuncia il traffico della pedofilia, dapprima con le sue ramificazioni per gli utenti americani e poi, soprattutto, con la sua cruda realtà di malavita e di povertà propria dell'America Centrale. E tutto il film è attraversato da un sentimento cristiano di riscatto, di speranza anche nella miseria più cupa, anche grazie alla figura del "Vampiro", un ex trafficante di droga convertitosi dopo il carcere alla causa della lotta contro il traffico di minori e che risulterà un fondamentale aiuto per il protagonista - impersonato da Jim Caviezel - nella sua infiltrazione negli ambienti colombiani.
Dunque tanti elementi positivi per un film sicuramente buono, sebbene non sia un capolavoro assoluto, che ha il grande merito di far luce sulla piaga più vergognosa dell'umanità che è la pedofilia, ma al quale devo però contestare anche un paio di macchie. La prima, concentrandosi essenzialmente sull'ambiente latinoamericano lascia sullo sfondo, solo come premessa o come fenomeno legato al consumo finale, la presenza di una vasta rete di pedofili negli USA e, di conseguenza, nel mondo ricco in generale; forse si poteva concedere alla sceneggiatura una parte che avrebbe arricchito il film, alzandone il livello e l'impatto, sviluppando la portata della rete di clienti del primo arrestato. La seconda: la promozione del film si è basata a lungo su una presunta censura che ne avrebbe impedito la diffusione e a me, visto il prodotto, la cosa puzza un po', perché mi sa tanto da trovata pubblicitaria per vendere il film fuori dalla rete di distribuzione ufficiale ed avere maggiori introiti netti, finché è possibile, per poi mandarlo nelle sale ufficiali come "film proibito", e dunque attraente, quando il mercato parallelo è stato sfruttato al massimo. Dico questo perché il film non denuncia qualche ambiente particolare o qualche pesce grosso, non scoperchia scandali che non siano purtroppo già noti, non presenta scene o realtà non conosciute o sorprendenti.
È un bel film che ha il grande merito di mettere il dito nella piaga del traffico di minori per la rete dei pedofili, ma che poi si concentra per la seconda metà sull'operazione poliziesca, da cui trae spunto nella realtà, finalizzata alla liberazione di una bambina nella giungla colombiana. Per diventare un vero film di denuncia civile e un autentico capolavoro avrebbe dovuto, io credo, sviluppare anche la parte delle implicazioni del traffico di bambini nel mondo dei ricchi americani, poiché è dimostrato che i maggiori introiti per questa industria abietta provengono dalla fruizione di materiale pedo-pornografico acquistato proprio dall'insospettabile vicino di casa nei cosiddetti "Paesi civili". E qui sarebbe tornata necessaria, con forza, la citazione evangelica: "meglio per loro sarebbe legarsi una macina di mulino al collo e gettarsi in fondo al mare". Parola di Dio. (Davide Lovat - Fonte)
Il prof. Lovat accusa di complottismo i sacrifici umani,l'adrenocromo e il cannibalismo, ma lo ritengo ingenuo e disinformato da questo punto di vista,dato che la Bibbia stessa denuncia i sacrifici umani in vari punti degli ebrei stessi corrotti dai popoli vicini. I riti satanici ( di cui l'aborto è ritenuto sacrificio umano loro necessario, per stessa ammissione della purtroppo ammessa chiesa di Satana) includono i sacrifici umani ed il cannibalismo ( per ammissione di ex soci di tali società). La denuncia della pizza gate e dei fratelli Podesta ne mettono in evidenza gli orrori reali, non complottisti. Anche l'adrenocromo come droga ringiovanente di certi demoni incarnati non è così alieno: il vampiro succhia sangue ed attualmente i vampiri vanno di moda, nuova finestra di Overtone. I miti hanno veritá, tutti, compreso il diluvio essendo tutti venuti da Noè, compresi Giove e Giunone ecc. che erano senz'altro della stirpe di Noè e quindi con vita kunghissima ( con Abramo che vive solo 175 anni invece, 2 stirpi diverse che furono contemporanee sulla terra), dei quasi "dei"per chi viveva poco, e Noè credeva in Geovè e Giove è assonante, compresi i vampiri e l'adrenocromo connesso. Tutto ha una logica alla base.
RispondiElimina«Da, quaesumus, Domine, populis christianis … caeleste munus diligere, quod frequentant»
RispondiElimina«Ti preghiamo, Signore, di concedere ai popoli cristiani … di amare il dono celeste cui hanno parte»
Quante volte il pericolo per i cristiani è quello di non amare Cristo. È tanto (troppo) facile riempirsi la bocca di buone intenzioni, grandi promesse e solenni dichiarazioni, che poi rimangono lettera morta.
La verità, temo, è che per molti di noi il dono divino non è affatto tale. È piuttosto un peso, una spina nel fianco, di cui vorremmo liberarci alla svelta. Questa tentazione è sempre stata presente; dovremmo chiederci se oggi non la stiamo pienamente accogliendo. Perché a me pare un fatto che il piano di ‘riforme’ che oggi va per la maggiore tra i cattolici sia sostanzialmente non solo un rifiuto del dono divino, ma anche una sua ridefinizione (o sostituzione).
«Siete veramente abili nell’eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione» (Mc 7,9)
Oramai è divenuta una ‘tradizione’, per noi, quella di cercare di liberarci dal giogo di Cristo, che non ci appare né soave né leggero, ma piuttosto il contrario. Così, ci riteniamo autorizzati ad ‘aggiornarlo’, ‘adattarlo’, ‘inculturarlo’.
La Scrittura divina ci è pesante e inaccettabile? Bene, allora – per il tramite dei nostri esegeti – affermiamo che sì, Cristo ci ha detto di non fare una determinata cosa, ma “in realtà” voleva dirci che possiamo farla. E poi non c’erano i registratori. E poi i Vangeli sono stati creati dalla Chiesa primitiva, quindi la Chiesa di oggi li può riscrivere. E poi bisogna ‘contestualizzare’. E poi non siamo mica ‘fondamentalisti’. E poi noi abbiamo la 'Scienza'...
La Tradizione ci frena? Allora noi distinguiamo la ‘Tradizione viva’ (cioè quello che ci piace) e, almeno implicitamente, ‘Tradizione morta’ (cioè quello che non ci piace). E poi, suvvia, ‘Tradizione’ è parola brutta, suona male. E poi si può sempre ignorare. E poi si può distinguere tra ‘sostanza’ della Tradizione e suoi ‘accidenti’...
Alla fine, sembra che l’obiettivo sia la liberazione dell’uomo: ma non dal peccato, bensì da Cristo. Perché, se siamo onesti, quando tante volte critichiamo i cristiani del passato o del presente, in realtà è con Dio che ce la prendiamo, è Lui il vero colpevole, che non abbiamo il coraggio di indicare. Le 'incrostazioni' e le 'deviazioni' che odiamo sono spesso divine; ma noi facciamo finta che siano umane, per poterle scalpellare e correggere.
Segue
RispondiEliminaOggi noi alziamo lo sguardo, condannando la nostra crudele e vana inettitudine d'un tempo, il nostro volontario e ostinato esilio dal suo petto amoroso. Piangiamo lacrime felici, perché tutto è a posto ora, la lotta sta concludendosi. Abbiamo trionfato su noi stessi. Ora amiamo il Grande Inquisitore.
E però - sorpresa! - il suo volto non è scarno, ma piacente e rubicondo. I suoi occhi non sono infossati, ma belli e luminosi. Non è rabbuiato, incattivito, esangue, ma sereno, gentile, salutare. E noi lo seguiamo, gli obbediamo, lo veneriamo. Cristo poteva darci il pane e non ha voluto darcelo: lui ce l’ha dato. Cristo poteva venire allo scoperto e salvarci facilmente, ma non ha voluto: lui, invece, l’ha fatto. Cristo poteva prendere il potere e guarire l’umana società, ma non ha voluto: lui, invece, l’ha fatto.
Perché la fatica della fede, dell’ascesi, della mistica, della preghiera, dell’accoglienza della grazia, della lotta col demonio? Perché passare per la porta stretta (che è rigida, diseguale e discriminatoria), quando quella larga è inclusiva, pluralista e non discrimina nessuno? E poi, il nostro benefattore, il G.I., non è forse rappresentante di Cristo? Non ha forse ricevuto da Dio la propria autorità? Disobbedirgli non è forse disobbedire a Cristo stesso?
Ma lui, il G.I., non è un essere umano, non è un uomo contro cui puntare il dito, ma piuttosto l’ipostasi della grande tentazione, propria di ognuno: il rifiuto di Dio mascherato da accettazione, la miscredenza dalla fede, il peccato dalla virtù. Il G.I., prima che fuori di me, è dentro di me.
Cosa rimane? Nient’altro che l’umile accettazione del Reale. Amare il dono di Dio. Strapparci dal volto quelle maschere che amiamo indossare per presentarci, lebbrosi e sfigurati, a Cristo e ottenere il Suo abbraccio di perdono, il Suo tocco di guarigione.
anonimo 13,47. Da noi i parrocchiani hanno deciso che Dio cambia idea ( su adulterio e sodomia) , Dio mai castiga , Giuda ed il cattivo ladrone sono salvi perchè Dio salva tutti. Et voilà la nuova religione: fai quel che ti piace, l'importante è questo : avere l'approvazione pure del g.i. ma se un Papa diceva il contrario aveva torto in passato. Perchè ognuno si è fatto dio e decide da solo quel che gli pare.
RispondiEliminaNe parlano solo ora perché per il successo che ha riscosso non possono più tacere. Una verità forte e scottante, un film fatto bene che si ispira a una storia vera. Non dimentichiamo però che e stato a lungo censurato ..
RispondiEliminaEd è stato proiettato solo in alcuni Cinema ...a me fa pensare tanto.....
"Nel cuore oscuro del sogno hippie. Spie, assassini e rockstar nella Hollywood degli anni ’60 e '70" ( € 16,00 Formato: 14x21 Pagine: 384) è un libro del giornalista californiano David McGowan (1960-2015) che in ambito anglosassone è stato un bestseller. Ha provveduto a tradurlo solo da poco la casa editrice "Bibliotheka Edizioni".
RispondiEliminaCi vuole infatti coraggio a pubblicare il bestseller di McGowan (deceduto l’anno seguente la pubblicazione per cancro). Oltre all’accusa scontata (anzi vantata) di complottismo rischia anche quella di spietatezza, dato il modo come tratta gli idoli della controcultura e i miti del rock/pop anni ’60 e ’70.
Ad ogni modo, si tratta di una lettura consigliata, nonostante chi è completamente a digiuno della tematica (che parte dall’idea che i servizi segreti americani abbiano creato la controcultura freak per distruggere dall’interno il movimento pacifista e giunge fino all’estrema ipotesi che quel complotto politico sia stato il brodo di coltura per la proliferazione dei serial killer) potrebbe provare un senso di vertigine a cospetto della prosa complessa, dello stile eclettico e della tendenza a “saltare di palo in frasca” dell’Autore.
Il “novizio” potrebbe trovar difficile discernere fatti obiettivi e dimostrabili dalle ardite congetture del McGowan, che si lancia in divagazioni su date, coincidenze e sincronicità ai limiti del paranoico. "Nel cuore oscuro del sogno hippie" rischia di suscitare due reazioni uguali e contrarie. O di rigetto di tutto il tema, per i troppi “puntini” collegati in modo realmente troppo tirato per i capelli. Oppure, all’opposto, portando il lettore a trasformarsi in una controfigura del Mel Gibson di "Ipotesi di complotto". Per cercare di ridurre un po' questi rischi/danni, vediamo di partire da qualche punto fermo e verificabile. E' vero che tutti gli idoli del rock anni ’60-’70 sono figli di individui legati all’ambito militare? La risposta è sì e per verificare basta anche solo fare un giro su Wikipedia. Il padre di Jim Morrison, l’ammiraglio George Stephen Morrison, fu persino coinvolto nel famoso “incidente del Tonchino” che fece da pretesto per far iniziare il coinvolgimento occidentale (come abbiamo visto non solo USA: viewtopic.php?f=19&t=3450 ) nella guerra in Vietnam. Il padre di Frank Zappa era perito chimico impiegato presso un centro di ricerca gestito dall’esercito statunitense. John Phillips dei Mamas & Papas discendeva addirittura da una dinastia militare, come David Crosby (i Byrds e Crosby, Stills & Nash). Eccetera eccetera.
Secondo punto: è vero che i protagonisti di tale controcultura erano quasi tutti dei potenziali piccoli "Charles Manson" , affiancati/circondati da delle vere comunità (da loro create e da loro gestite in modo dittatoriale) di ragazzini strafatti di LSD e ragazzine minorenni esibizioniste? Sì, e parliamo ancora degli Zappa, dei Morrison, delle “Mamas” e dei “Papas”.
Terzo punto, forse il più importante: è vero che tutto partì da un quartiere di Los Angeles, Laurel Canyon, che dal giorno alla notte si trasformò in un polo d’attrazione per decine, se non centinaia, di aspiranti musicisti che sarebbero in pochi mesi diventati protagonisti di quell’epoca? Sì, e anche questo è facilmente verificabile su Wikipedia.
Tutto il resto, al di là delle informazioni che McGowan ricava dalle numerose biografie -autorizzate o meno- degli idoli del rock (come i riferimenti alle “doppie personalità” di quasi tutti loro, nonché i legami tra Charles Manson e i Beach Boys, o le squallide vicende personali di “Papa” John Phillips), rientra nel campo delle supposizioni ardite e delle congetture azzardate.
Il produttore e attore del film, rifiutato dalla Disney, Eduardo Verástegui ha raccontato: “Quando è stato chiaro che la Disney non avrebbe fatto il film, ho iniziato a bussare alle porte di Netflix, Amazon e anche di altri studi. E tutti l'hanno rifiutato. Alcuni di loro non hanno nemmeno risposto alle mie telefonate. Volevo che il mondo intero vedesse questo film, ma non riuscivo a trovare i canali giusti per presentarlo. Abbiamo inviato centinaia e centinaia di messaggi a centinaia di persone diverse. Niente. Quindi avevo due opzioni: o mettere il film su YouTube gratuitamente, e lo avrei fatto perché non si trattava più del film ma di mandare un messaggio a difesa di questi bambini, ma poi mi sono reso conto che da quella piattaforma avrebbero potuto cancellarlo facilmente. Oppure rischiare la strada del cinema: per fortuna gli Angel Studios sono stati di supporto, e ora Sound of Freedom ha conquistato il pubblico."
RispondiEliminaConfermo, film stupendo e al contempo drammatico. In questi giorni al cinema.
RispondiEliminaAppena visto, bellissima storia vera di grande eroismo, ben rappresentata.
RispondiEliminaDa vedere
Ho voluto vedere il film di Barbie dopo aver letto una recensione culturale da fonte affidabile in cui si diceva che non era così ridicolo come le persone normali potevano immaginare. Come spaccato dei problemi psicologici di quelle donne di oggi che il film rappresenta è, in effetti, interessante. Il sogno di queste donne è emanciparsi da quello che chiamano "patriarcato". E il modo di farlo è intraprendere la strada di un individualismo che le renda totalmente indipendenti dagli uomini. Nel film, le aspirazioni delle barbie non includono l'essere sposa ma solo (tra tante forme di carrierismo citate, come essere presidentesse e premi Nobel) l'essere madre. E così finisce il film, con Barbie che abbandona Ken (che non ha mai amato) e (chissà come) si trova dal ginecologo. Forse in un futuro lontano in cui le donne cui il film si ispira avranno superato i loro problemi psicologici col "patriarcato" e si ritroveranno (magari! Speriamo per loro!) qualche vero uomo come figlio faranno un film per liberarsi anche dei figli. Chissà. Vedremo. Come tutti i film razzisti, cioè basati sulla lotta o insofferenza tra classi di esseri umani, anche questo, basato sul razzismo tra i sessi, è infine interessante solo per comprendere meglio i problemi di alcuni e per evitare scelte esistenziali sbagliate fondate, appunto, sui problemi psicologici di chi non capisce l'essere umano, che è uomo e donna, fatti per amarsi a vicenda e formare famiglie felici. La famiglia, il matrimonio e la complementarietà tra i sessi sono i grandi assenti di questo film che non è minimamente in grado di comprendere l'essere umano.
RispondiEliminaPreciso che ho fatto fatica ad arrivare alla fine del film. L'ho visto a puntate per poterlo sopportare perché, per chi ha capacità intellettuali e morali, nonostante i momenti di commedia, risulta davvero pesante e a tratti talmente superficiale da apparire insopportabile. Il successo che pare abbia avuto è un segno della crisi dell'educazione di oggi...
Mi stupisce non poco che si siano scapicollati per promuovere la Cortellesi e ci sono riusciti direi visto quanta gente ha affollato le sale ma lasciano passare in sordina un documentario di questa portata?! E la gente che è indecisa a vederlo?!
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