Aggiornamento. Ringrazio la lettrice che mi ha messo in guardia sulla fonte : l'autrice del testo ha una formazione ed un'attività in chiave esoterica, che mi erano totalmente ignote. Tuttavia, nel mettervi in guardia rispetto ad ulteriori possibili approfondimenti in quel contesto, non tolgo il primo articolo perché non vi riscontro elementi spuri, almeno nella mia lettura.
Una breve riflessione introduttiva:
Ildegarda era riferimento per re e principi. Questo semplice fatto non ci parla semplicemente della santità della monaca ma di tutta un'epoca e, soprattutto, di un'ecclesiologia, ossia di una visione di Chiesa.
Non capiremo mai appieno Ildegarda se non la collochiamo nel suo tempo che, appunto, era molto differente rispetto al nostro. La Chiesa del periodo postridentino è il frutto della reazione all'eresia luterana, del monaco Lutero, e, allo stesso tempo, dello svuotamento del ruolo del monachesimo.
Lutero non nasce dal nulla. Nasce anche perché il ruolo del monachesimo oramai non esiste più, un ruolo che, al contrario, con Ildegarda era carismatico, nell'autentico senso del termine.
Un monachesimo svuotato con un uomo in profonda crisi esistenziale alla quale non sa trovare una soluzione, ha dato il via al luteranesimo! A questo luteranesimo la Chiesa postridentina ha risposto enfatizzando il ruolo dell'Istituzione ("La Chiesa dice, la Chiesa afferma, bisogna affidarsi alla Chiesa") e guardando con potente sospetto qualsiasi personalità carismatica (è emblematica la storia di Teresa d'Avila e di Giovanni della Croce).
Si profila così una sorta di pericolosa contrapposizione de facto tra il ruolo carismatico (di coloro che ancora lo esercitano e sono una sparuta minoranza) e il ruolo istituzionale (rappresentato dall'attività della gerarchia ecclesiastica).
Certamente santa Teresa D'Avila non voleva di sicuro contrapporsi ma la gerarchia ecclesiastica inevitabilmente non poteva non osservarla con sospetto, almeno agli inizi, data la temperie situazionale del tempo.
Con Ildegarda, al contrario, tutto ciò non esiste: esiste una sorta di armonia tra il ruolo carismatico da lei esercitato e il ruolo istituzionale dei vescovi. Tutti capiscono che uno è per l'altro ma, alla fine, il primo è il ruolo più importante poiché il fine del Cristiano non è divenire vescovo ma essere in possesso dello Spirito che gli fu promesso dal Salvatore.
In Ildegarda ancora esiste questo equilibrio e questa finalità.
Alcuni secoli dopo non più.
Alcuni precedenti interessanti qui - qui - qui - qui.
Ildegarda di Bingen / Ricerca di Anna Pirera
e (a seguire)
La sinfonia dell'anima
La sua vita
Ildegarda è la decima e ultima figlia di nobile famiglia. Nasce in epoca di crociate: il nome Ildegarda significa proprio vincitrice delle battaglie. Fin da piccola era una bambina 'speciale' (oggi diremmo 'indaco'): intelligente, acuta, di salute assai instabile; anche la sua natura di visionaria comparve molto presto, verso i 5 anni. I genitori decidono di affidarla, all'età di otto anni, alla maestra Jutta, una giovane di nobile lignaggio che si era appena ritirata in clausura presso il monastero benedettino di Disibodenberg.
Le visioni
Le opere: musica, arte, poesia, scienza e fede
L'uomo, il mondo, la viriditas, l'armonia musicale
Scienza e medicina
Le donne e il femminile
Del piacere sessuale, scrive nel Liber causae et curae:
* * *
Ildegarda di Bingen / La sinfonia dell'anima
Le parole chiave del suo lavoro sono: sinfonia, armonia, suono.
I testi
S.Ildegarda disse:
Un saggio delle sue composizioni:
Di Ildegarda ricordo, nei miei anni a filosofia, l'entusiasmo con cui ne parlava la mia docente di filosofia medievale, Maria Teresa Beonio Brocchieri Fumagalli. Immersa nei percorsi del pensiero filosofico maschile non capivo, al tempo, tanto sbilanciamento per la sua figura minore, visionaria e mistica. Sono quindi molto contenta di reincontrarla oggi con occhi ben diversi.
ldegarda che fu unica, irripetibile, profetessa e musicista (probabilmente la prima donna musicista della storia cristiana), mistica e donna di potere, visionaria, filosofa e donna di medicina, scienziata e poetessa, umile e famosa in tutta Europa, anticonformista, instancabile organizzatrice e donna dalla salute fragilissima, aristocratica confidente di papa e imperatori e fiera sostenitrice della vicinanza al popolo. Ildegarda che nelle sue visoni incontrava Sophia, la sapienza divina femminile, e da essa ispirata diede forma ad una descrizione dell'universo, del mondo e dell'uomo pervase da un'armonia e una bellezza profonde. Ildegarda che seppe essere delicata, autorevole, concreta, accogliente, ispirata, coraggiosa e paziente.
Ildegarda di Bingen, anzi, santa Ildegarda di Bingen - il suo culto è ancora oggi assai vivo in Germania - monaca e badessa nel monastero femminile Benedettino, visse nel XII secolo, nell'epoca medioevale cui risalgono le grandi cattedrali gotiche, Chartres in primo luogo.
La sua vita
Giunta all'adolescenza Ildegarda decise di porre la sua vita al servizio di Dio; pronunciò i voti dell'ordine benedettino e riceve il velo. Passano trent'anni senza che si verifichino grandi eventi, ma intanto: "La reverenda madre (Jutta) scopriva piena di meraviglia come
la sua allieva fosse divenuta a sua volta maestra ...".
Così, alla morte di Jutta le monache la eleggono badessa. Per cinque anni ancora la vita al monastero prosegue il suo corso tranquillo, ma quando Ildegarda arriva ai quarantadue anni, in un momento di cisi fisica e psichica, la voce di Dio insistentemente le intima di rendere pubbliche le sue visioni scrivendone.
Da quel momento le forze le ritornano e Ildegarda inizia a comunicare le visioni, e scrive la sua prima grande opera, lo Scivias (Conosci le vie). Intanto la sua fama si spande nella regione, giungendo anche alle orecchie del papa che, su consiglio di S. Bernardo, dà a Ildegarda il permesso di rendere noto ciò che lo Spirito le ispira incoraggiandola a scrivere. La sua fama comincia ad espandersi, Ildegarda inizia a intrattenere scambi di epistole con numerosissimi e potenti personaggi in tutta Europa (fra cui l'imperatore Barbarossa), dissertando di politica, filosofia e teologia.
Ildegarda scrive, compone musica sacra, si occupa di moltissime scienze, di medicina e fitoterapia in particolare. Detta ciò che le sue visioni le indicano e ne fa dipingere immagini.
Sempre più numerose sono le fanciulle che bussano alla sua porta per essere accolte in monastero. Ildegarda decide di fondare un nuovo convento sulla collina di Rupertsberg, vicino alla città di Bingen, alla confluenza di due fiumi. Dopo una fase travagliata, con rapporti difficili con la comunità monastica maschile, il nuovo convento si consolida lentamente finchè Ildegarda ottiene la protezione dell'arcivescovo di Magonza e dello stesso imperatore, Federico Barbarossa.
Con l'imperatore la santa aveva avuto buoni rapporti fin da quando egli, colpito dalla sua fama, l'aveva invitata nel suo castello di Ingelheim. Ciò non le impedisce di prendere risolutamente posizione contro di lui (con parole di fuoco), a favore del papa legittimo Alessandro III, quando l'imperatore entra in contrasto col papato facendo eleggere due successivi antipapi.
Sotto la saggia guida di Ildegarda, la comunità di Rupertsberg vive nella gioia e nella concordia, suscitando ammirazione ovunque. Così scrive il monaco fiammingo Viberto: "La madre circonda le figlie con tale amore, e le figlie si sottomettono alla madre con tale reverenza, che si stenta a distinguere se siano le figlie o la madre a riportare la vittoria. Praticano con zelo letture e canti e le si può vedere intente a scrivere libri, a tessere paramenti sacri o dedite ad altri lavori manuali".
Il convento di Rupersberg attira sempre più giovani, così che dopo dieci anni dalla fondazione Ildegarda fonda un altro convento sulla riva opposta del Reno, ad Eibingen. Gli aumentati impegni non le impedisconi comunque di continuare nella produzione delle sue opere, fra cui il Liber divinorum operum (Il libro delle opere divine). Ormai anziana, ma piena di energie, Ildegarda non manca di portare la sua parola, fatto straordinario per una donna, lontano dal suo convento, compiendo quattro grandi viaggi di predicazione nelle principali città dell'Europa centrale. Negli ultimi anni (raggiungerà gli 81, età assai ragguardevole per il medioevo, nonostante la salute sempre cagionevole) non cessano i contrasti anche col clero locale, nei confronti del quale Ildegarda si mostra inflessibilmente decisa.
Un anno prima della sua morte, Ildegarda dà prova della sua forza, opponendosi ai prelati di Magonza che le hanno ordinato di disseppellire e gettare il cadavere di un nobile scomunicato, sepolto nel suo monastero, pena la scomunica del monastero; con il suo bastone traccia una croce nell'aria sulla tomba, poi fa in modo che sul terreno non resti alcun segno che possa farla identificare e ordina di far tacere canti e melodie nel suo monastero.
"Vidi nell'anima mia che se avessi obbedito e buttato il cadavere fuori dal cimitero, tale azione avrebbe minacciato la nostra dimora come una grande nube nera, ci avrebbe avvolto come un nembo tonante che preannuncia la tempesta". Viene, poi, provato che, prima di morire, al nobile era stata tolta la scomunica, e la questione si risolve, ma intanto Ildegarda ha offerto una nuova testimonianza della sua forza interiore.
Le visioni
Nonostante nel medioevo vi sia una fioritura di fenomeni mistici e di monaci e monache visitati da visioni, furono in realtà rarissimi i casi in cui tali visioni vennero accreditate come veritiere e profetiche, come per Ildegarda. Fra i criteri importanti, allora come ora, l'assenza di narcisismo: Ildegarda non si auto-nomina profetessa e non pubblica il contenuto delle sue visioni fino ai suoi 45 anni, quando le giunge l'ordine esplicito di farlo. Sottopone alle autorità ecclesiastiche le sue parole e attende di essere esaminata dalla commissione nominata dal papa per questo. Ricevuto l'assenso, inizia a dettare pagine e pagine su ogni aspetto dello scibile, dall'astronomia alla medicina, dalla fisica alla teologia, dalla filosofia alla cristalloterapia. In ogni campo, emerge l'aspetto dinamico delle visoni, che le si presentano innanzitutto come immagini in movimento.
Le visioni la accompagnano fin da piccolissima. Come racconta lei stessa:
"Nel mio quinto anno di vita vidi una luce così grande che la mia anima ne fu scossa, però, per la mia tenera età, non potei parlarne..."
Le visioni coincidono spesso con momenti di grande sofferenza fisica e psichica. Non sono momenti di estasi e tanto meno di trance: per ammissione sua e dei testimoni, durante la visione ella non perde mai il controllo, mantiene sempre il contatto con la realtà ed è pienamente consapevole, pur nelle sofferenze che accompagnano quelle singolari esperienze. Le sue visioni sono dunque un modo speciale di "vedere", un modo particolare di entrare in rapporto con la realtà, un modo diretto, capace di andare nel profondo, di intuire il vero, di cogliere nessi e relazioni, di immaginare possibilità e perciò a volte anche di prevedere vicende future. Ildegarda ormai anziana ne dà una lunga descrizione in una lettera a Gilberto di Gembloux:
"Fin dall'infanzia, quando ancora i miei nervi, le ossa e le vene non avevano raggiunto la pienezza della forza, e sino al tempo presente, ho sempre avuto nell'anima queste visioni, ed oggi ho più di settantadue anni; in queste visioni la mia anima, secondo il volere di Dio, ascende fino agli estremi del firmamento e segue le correnti dei diversi venti, e raggiunge genti diverse, anche lontane e sconosciute. E poiché nell'anima vedo tutte le cose in questo modo, nella mia visione soffro la mutevolezza delle nubi e degli altri elementi del creato. Queste cose non le percepisco con le orecchie esteriori, né le penso segretamente fra di me, né le apprendo mediante l'uso congiunto dei cinque sensi; posso dire soltanto che le vedo nell'anima, e che i miei occhi esteriori sono aperti, cosicché mai in esse ho subito il mancamento dell'estasi; io le vedo di giorno e di notte, ma sempre da sveglia. E sempre sono oppressa dalle infermità, e spesso soffro di così gravi dolori, che mi pare che minaccino di uccidermi; ma fino ad oggi Dio mi ha guarita.
La luminosità che vedo non è racchiusa in un luogo, ma risplende più della nube che sta davanti al sole; non so distinguere in essa altezza, lunghezza e larghezza; ed essa per me ha nome 'Ombra del Vivo Splendore'. E come il sole, la luna e le stelle appaiono riflessi nell'acqua, così le scritture, i discorsi, le virtù e le opere degli uomini risplendono per me in essa. Tutto quello che vedo e apprendo nelle visioni lo conservo nella memoria per lungo tempo, cosicché ricordo quello che un tempo vidi; e vedo, ascolto e apprendo nello stesso istante, e quasi istantaneamente comprendo ciò che ho appreso; ma quello che non vedo non lo conosco, perché sono ignorante ed ho imparato a malapena a leggere. Le cose che scrivo delle visioni sono ciò che ho visto e udito; e non aggiungo altre parole oltre a quelle che sento e che riferisco in un latino imperfetto, come le ho udite nella visione; poiché nelle mie visioni non mi si insegna a scrivere come scrivono i filosofi, e le parole udite nella visione non sono come quelle che risuonano sulla bocca degli esseri umani, ma come fiamma che abbaglia o come una nube che vaga nella sfera dell'aria più pura.
Di questa luminosità non posso conoscere la forma, non più di quanto si possa guardare direttamente la sfera del sole. Talvolta - ma non accade di frequente - vedo all'interno di questa luminosità un'altra luce, che chiamo 'Luce Vivente'. Non so dire quando e come io la veda; ma, allorché la vedo, si allontanano da me tristezza e dolori, e mi comporto allora con la semplicità di una fanciulla, e non come una donna ormai vecchia."
Fra le visioni, fin dalle prime le appare Sophia, sapienza divina, che le trasmette l'amore e il disegno del creato.
"E vidi come nel centro dell'aria australe un'immagine nel mistero di Dio bella e mirabile, di forma simile a quella umana, il cui volto era così bello e splendente, che è più facile fissare il sole che non quel volto ...Così parlò l'immagine, che comprendiamo essere l'amore, che rivela il suo nome come vita di fuoco della sostanza divina..."
E le visioni sono accompagnate da una musica celestiale, che Ildegarda trascrive, componendo (lei che non ha alcuna cultura musicale) canti e musiche all'avanguardia nel panorama gregoriano dell'epoca (rigorosamente di compositori uomini) e che sono anche ai giorni nostri brani di notevole successo, realizzati dai più quotati cori e orchestre.
Le opere: musica, arte, poesia, scienza e fede
Fusione di testi, immagini e musiche qualcuno ha proposto di classificare le opere di Ildegarda come "multimediali".
Ildegarda ha utilizzato in modo potente lo strumento delle immagini, attingendo e riformulando il grande patrimonio dell'immaginazione medievale, che non era semplice frutto di fantasia ma era carica di significati e di valori. Le sue visioni sono infatti delle straordinarie figurazioni intellettuali e immaginifiche sviluppate sulla base dell'immaginario collettivo dell'epoca (poichè Dio le parlava dall'interno della sua cultura) nel quale erano attivi anche elementi naturalistici e astrologici ereditati dall'antichità precristiana. Le magnifiche miniature che raffigurano le sue visioni (quelle dello Scivias furono eseguite molto probabilmente sotto la
sua guida diretta) sono immagini simboliche statiche; la santa vedeva invece immagini dinamiche.
L'uomo, il mondo, la viriditas, l'armonia musicale
Microcosmo e macrocosmo, uomo e mondo si corrispondono, animati dalla stessa forza vitale, la viriditas, il verdeggiante spirito, il soffio che dà vita.
L'uomo "splendore di bellezza e di luce" è rappresentato come il nucleo centrale di un cosmo a cerchi concentrici, abbracciati da Dio uno e trino (rappresentato spesso nelle sue immagini come un cerchio di fiamme). Nell'uomo la testa corrisponde a sole, luna e stelle, il petto ai venti, l'addome alle acque e le gambe e i piedi alla terra. Il cosmo è in realtà l'uovo cosmico, immagine di fecondità di vita.
Uomo e universo sono composti allo stesso modo: aria, acqua, fuoco e terra ne sono gli elementi di base, la viriditas ne anima ogni cosa.
Diversamente dall'imperante disprezzo per il corpo della sua epoca, Ildegarda vi legge un aspetto essenziale del creato, portatore della possibilità di espressione del divino celeste. Ella ha la capacità di far coincidere aspetti spirituali e aspetti concreti tanto nelle sue opere quanto nel sua modalità unica di dirigere il suo monastero e di muoversi nel mondo del suo tempo. Come vedremo poco oltre, sapere ed esperienza non sono separabili per lei, così come nelle sue visioni le giunge contemporaneamente il 'sapere' sul mondo e l' 'esperienza' di tale sapere.
Armonia celeste e armonia musicale si corrispondono, nella visione di Ildegarda. Simphonia è un concetto chiave nell'universo spirituale di Ildegarda, che lo usa per indicare non solo l'armonia dei suoni creati dalle voci e dagli strumenti, ma anche l'armonia celeste e l'armonia intima dell'uomo. Secondo Ildegarda l'anima umana è simphonalis (sinfonica) e questa caratteristica si esprime, sia nell'accordo fra anima e corpo, sia nel far musica. La musica è celeste e terrestre insieme: essa evoca, almeno per un momento, la consonanza celeste che regnava in Paradiso prima del peccato originale, riproducendola nel giubilo delle voci e degli strumenti. Il primo uomo spontaneamente cantava, con voce simile a quella degli angeli.
Due miniature dallo SciviasL'intera opera di Ildegarda si basa sull'uso dell'analogia e del simbolo: attraverso tali strumenti ella tenta di comunicare non solo le idee ma anche l'esperienza, incomunicabile a parole. Dalla fisica alla medicina, una stessa legge attraversa le scienze, una legge di corrispondenza.
La sua medicina ha due anime: quella mistica (le visioni rivelatrici divine, il veder dentro nella luce divina), e l'altra scientifica, quella che la porta ad osservare direttamente la natura, raccogliendo le erbe più rare, osservando i decorsi delle malattie delle sorelle e degli infermi dei dintorni di Bingen, elaborando rimedi, cure, ricette (l'alimentazione è un aspetto fondamentale per la salute), spesso validi ancora oggi. Conoscendo bene la sofferenza, a causa della sua salute malferma, Ildegarda, in straordinaria modernità d'intuizione, è convinta che, proprio per la la corrispondenza di uomo e universo, inscindibilmente legati, il malessere dell'uno si ripercuota sull'altro, perciò, per raggiungere o riacquisire il benessere psico-fisico, l'essere umano doveva ri/attingere le energie necessarie dal mondo circostante, essendo parte del tutto, giacché i suoi disturbi dipendevano proprio dalla perdita dell'armonia con l'ambiente esterno.
Nelle sue miniature, l'uomo-microcosmo è in armonia con Dio e con il creato (il cerchio di fuoco che circonda e contiene la figura è l'amore di Dio).
Ildegarda attinge al mondo vegetale, descrivendo anche la forma delle piante, le caratteristiche del rimedio, gli effetti prodotti, la diversa efficacia e i diversi utilizzi, personalizzando la cura a secondo che se a riceverlo era un uomo o una donna.
I suoi rimedi sono basati, secondo l'uso del tempo, sulla dottrina dei temperamenti, sul caldo e sul freddo, sull'umido e il secco e sul loro bilanciamento, in eccesso o in difetto per riequilibrare gli umori causa del disturbo.
Molti ancora oggi vengono usati nella fitoterapia contemporanea; ad esempio, per la cefalea e il mal di stomaco Ildegarda suggerisce la mentuccia, dove la fìtoterapia moderna adopera la menta; contro la nausea suggerisce il cumino, ancora oggi usato; per la tosse e il raffreddore trova efficace il tanaceto e, in caso di epistassi, l'aneto e l'achillea millefoglie, erbe similmente adoperate ai giorni nostri.
Ildegarda scrive anche di cristalloterapia; consapevole che pure nelle pietre risiede la viriditas, e attribuisce alle diverse pietre i loro poteri curativi. Dedica alle pietre un'opera specifica (il De Lapidarum) e suggerisce diversi modi per utilizzarne i benefici effetti, indossandole o variamente preparandole.
Ad esempio, ai mentitori e alle persone inclini alla collera per guarire suggerisce di tenere in bocca un diamante; il topazio, invece, messo in una bevanda, neutralizza qualsiasi veleno; la perla, sciolta in poche gocce d'aceto, ingerita, è efficace contro il mal di testa; l'ametista, strofinata sulle zone interessate, elimina le macchie dal viso.
Per il dolore al cuore è opportuno mettere una pietra di diaspro freddo sul petto fino a quando il calore del corpo non lo abbia riscaldato, poi toglierla e lasciarla raffreddare ancora, ripetendo il trattamento sino a quando non si riscontra il miglioramento; per i sogni agitati e gli incubi, invece, suggerisce di tenere la pietra di diaspro accanto a sé mentre si dorme: la sua energia favorirà la serenità del sonno.
E per gli occhi dolenti, Ildegarda consiglia di mettere un topazio a bagno nel vino per tre giorni e tre notti e poi, prima d' andare a dormire, di appoggiare la pietra bagnata di vino sugli occhi. Anche nel terreno della cristalloterapia, come in quello fitoterapico, Ildegarda mostra la sua capacità di intuizione, comprensione del linguaggio simbolico e delle energie, unita ad una attenta osservazione degli effetti dei rimedi.
Le donne e il femminile
Ildegarda ha, naturalmente, uno sguardo speciale per il mondo delle donne, sia nelle opere che nella vita. Nonostante si descriva come "debole essere femminile", come voleva la cultura cristiana del tempo, è capace di valorizzare il femminile nei suoi aspetti principali e, soprattutto, di offrire una descrizione dei momenti più intimi del femminile in cui la donna è riconosciuta nell'integrità e nella completezza di sè sia sul piano corporeo che sul piano spirituale, un punto di vista davvero sorprendente per una monaca medioevale.
La riproduzione e l'amore sono per Ildegarda le manifestazioni della potenza divina creatrice, di cui uomo e donna sono i portatori.
La riproduzione e l'amore sono per Ildegarda le manifestazioni della potenza divina creatrice, di cui uomo e donna sono i portatori.
Si occupa di diversi aspetti del femminile, fra cui il ciclo mestruale, che - secondo la concezione della corrispondenza microcosmo - macrocosmo - ritiene connesso, proprio come proponiamo in questo sito, con le fasi lunari.
Del piacere sessuale, scrive nel Liber causae et curae:
"Quando nel maschio si fa sentire l'impulso sessuale (libido), qualcosa comincia come a turbinare dentro di lui come un mulino, poiché i suoi fianchi sono come la fucina in cui il midollo invia il fuoco affinché venga trasmesso ai genitali del maschio facendolo bruciare ... Ma nella donna il piacere (delectatio) è paragonabile al sole, che con dolcezza, lievemente e con continuità imbeve la terra del suo calore, affinché produca i frutti, perché se la bruciasse in continuazione nuocerebbe ai frutti più che favorirne la nascita. Così nella donna il piacere con dolcezza, lievemente ma con continuità produce calore, affinché essa possa concepire e partorire, perché se bruciasse sempre per il piacere non sarebbe adatta a concepire e generare. Perciò, quando il piacere si manifesta nella donna, è più sottile che nell'uomo..."E della maternità e del parto, nello stesso testo:
"Quando è vicino il parto, il vaso in cui è chiuso il bambino si apre e la forza dell'eternità, che trasse Eva dalla costola di Adamo, è lì, giungendo all'improvviso, e rivolta tutti gli angoli di quella casa che è il corpo femminile. La prima madre di tutta l'umanità fu fatta a somiglianza dell'etere, perché come l'etere contiene in sé tutte le stelle, così essa, integra e intatta, conteneva in sé tutto il genere umano, che avrebbe generato senza dolore, poiché le fu detto: Crescete e moltiplicatevi."
E concludo con una citazione che dà un 'assaggio' del linguaggio delle visioni di Ildegarda, nella descrizione che lo spirito divino le fa della viriditas:
Inno alla forza della vita
"... Io sono la suprema forza di fuoco che ho acceso tutte le scintille viventi, in nessuna cosa mortale ho posto il mio soffio, le distinguo nel loro essere, ed ho ordinato rettamente con le mie penne più alte - cioè con la sapienza che vola - il circolo che le circonda.
Io, vita di fuoco, fiammeggio sulla bellezza dei campi, risplendo nelle acque e ardo nel sole, nella luna e nelle stelle, e con l'aereo vento suscito tutte le cose, vivificandole con la vita invisibile, che tutte le sostiene.
Perché l'aria vive nella vegetazione e nei fiori, le acque scorrono come se vivessero, e il sole vive nella sua luce, e la luna, quando è quasi scomparsa, è riaccesa dalla luce del sole come per vivere di nuovo, e le stelle risplendono nel suo splendore come esseri viventi. Io ho posto le colonne che contengono tutto il globo terrestre e quei venti che hanno penne a loro sottomesse, cioè i venti più lievi, che con la loro levità fanno da sostegno ai più forti, affinché non si mostrino pericolosamente, come il corpo è a contatto dell'anima e la contiene, affinché non evapori. E come il soffio dell'anima tiene insieme con fermezza il corpo, affinché non muoia, così i venti più forti animano quelli a loro sottomessi, affinché essi possano svolgere debitamente il loro compito. Ed io, forza di fuoco, sono nascosta in essi, essi da me avvampano, come il respiro continuo dell'uomo, o come nel fuoco la fiamma che guizza.
Tutte queste cose sono vive nella loro essenza, non possono morire, perché io sono la vita.
E sono anche la razionalità, col vento della parola che risuona, da cui ogni creatura è stata fatta, ed in tutte ho immesso il mio soffio, affinché nessuna nel proprio genere sia mortale, perché io sono la vita.
Sono la vita nella sua integrità, non quella che manca alle pietre, non quella che fa nascere le fronde dai rami, non quella che ha radice nella forza virile, ma io sono la radice di ogni vivente.
La razionalità infatti è la radice, la parola che risuona fiorisce in essa. E poiché Dio è razionale, come potrebbe non operare? le sue opere giungono a perfetta fioritura nell'essere umano, che fece a sua immagine e somiglianza, ponendo in esso il segno di tutte le creature secondo la sua misura.
Nell'eternità, da sempre, Dio volle fare l'essere umano, la sua opera, e quando ebbe fatto quest'opera le dette tutte le creature perché facesse le sue opere con esse, allo stesso modo in cui Dio aveva fatto la propria opera, l'essere umano. Ma sono io il suo ministro, perché tutte le cose vitali ricevono da me il loro ardore; sono la vita che permane uguale nell'eternità, che non ha avuto inizio e non avrà fine, e Dio è la vita stessa che si muove ed opera, una sola vita in un triplice vigore. L'eternità è il Padre, il Verbo è il Figlio, e il soffio che li connette è chiamato Spirito santo, e di ciò Dio ha posto il segno nell'uomo, in cui vi sono corpo, anima e razionalità."
Fonte* * *
Ildegarda di Bingen / La sinfonia dell'anima
Nell'opera di Santa Ildegarda, la sinfonia dell'anima è un concetto chiave tanto quanto la forza vitale. Nelle sue visioni, Ildegarda sentì elogi di angeli, lamenti su persone e canti delle forze di guarigione divine. Tra il 1150 e il 1158 furono creati 77 inni di lode per i grandi della fede ed il miracolo della creazione.
Con la sua danza-canto “Ordo Virtutum”, Ildegarda usa la danza, il movimento e la musica come mezzo di guarigione per le persone cadute nel disordine. Come nessun altro mezzo, la danza e la musica sono in grado di riportare le persone all'armonia interiore ed esteriore. Attraverso le forze curative della musica molti disturbi possono scomparire.
"Nunc omnis ecclesia in gaudio rutilet ac in symphonia sonet."
"Ora tutta la chiesa risplende di gioia e risuona di suoni sinfonici."
Come la musica sia centrale nella vita, nella teologia, nell'antropologia e nella cosmologia, Ildegarda lo fa notare cantando di Dio, della creazione, del mistero dell'Incarnazione, dell'intero cosmo. Trasforma l'immagine in musica pura.
Le parole chiave del suo lavoro sono: sinfonia, armonia, suono.
Le canzoni di Sant'Ildegarda si trovano in due importanti manoscritti.
L'antico manoscritto, Codice 9 (Codice Villarenser, Monastero di Villers) dell'attuale Monastero di Dendermonde, scritto durante la vita di Ildegarda sul Rupertsberg.
Poi il più giovane HS, scritto poco dopo la morte di Ildegarda in relazione all'avvio del processo di canonizzazione da parte del convento di Rupertsberg, il cosiddetto Riesenkodex, oggi HS 2 nella Hessische Staatsbibliothek/Wiesbaden.
Poi ci sono singole canzoni per un totale di 77 canzoni e l' "Ordo virtutum". Queste composizioni comprendono antifone, inni, sequenze e responsori, scritti per le più svariate manifestazioni dell'anno ecclesiastico.
Ildegarda ci dà probabilmente la più importante testimonianza di sé in relazione alla sua musica nella Praefatio di "Liber vitae meritorum". Lei stessa in quest'opera descrive le sue canzoni come "symphonia harmoniae caelestium revelationem", ovvero la realizzazione musicale dell'armonia del cielo. Ma anche nel "protocollum canonisationis", cioè nell'atto per la canonizzazione del XIII secolo, preparato poco dopo la sua morte, ci sono già testimonianze della sua opera musicale. Ci sono brani come "caelestis harmoniae cantum" - canzoni dell'armonia celeste o di "cantum eius".
I testi
Il contenuto delle canzoni di S.Ildegarda non deve essere separato dal contenuto del suo lavoro di prosa, anche se sono abbastanza indipendenti. I canti trattano i temi ricorrenti in modo diverso rispetto alle opere in prosa, anche se sono comunque i temi tipici del XII secolo.
Dio, il Creatore e Padre, ricco di amore verso le sue creature. Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato. Gesù Cristo, il Redentore, sempre al centro delle sue canzoni. Lo Spirito Santo, i canti dedicati allo Spirito Santo sono certamente tra le parti più belle della sua opera. In una di queste antifone "Spiritus Sanctus vivificans vita" Ildegarda canta dello Spirito Santo come "radix in omni creatura", la radice di tutta la creazione. Lo Spirito Santo nel suo pensiero è colui che vive in ogni creatura e muove e ravviva ogni cosa.
Una parte relativamente grande dei suoi Carmina è dedicata a Maria. S.Ildegarda chiama Maria "Mater sanctae medicinae" - madre della medicina - in un responsorio. Maria restituisce infatti attraverso la nascita di Gesù, la vita all'umanità perduta e riversa così l'unguento della guarigione nella ferita della morte, risuscitando la vita. Ildegarda utilizza sempre più volte immagini dal campo della medicina, indicando così la vera e propria malattia dell'uomo, cioè la malattia della morte, la malattia dell'abbandono di Dio, ossia dell'uomo che sfugge dimenticando Dio, il suo Creatore. La salvezza avviene solo quando l'uomo riflette e ritorna al suo originario legame con Dio.
Ildegarda dedicò un gran numero di canzoni a Sant'Orsola e alle undicimila vergini - 13 per la precisione. Questo esempio mostra quanto Ildegarda, nonostante la sua universalità, sia anche legata al suo tempo. Sappiamo da altre notizie che la mistica Elisabeth von Schönau, con la quale era molto legata, coltivava e raccomandava la venerazione di Sant'Orsola e delle undicimila vergini. nota
Nel codice di Villarens tutte le antifone sono dotate anche di cadenze salmistiche.
In ogni caso è provato che i Carmina erano destinati all'uso liturgico. Sappiamo inoltre anche da altre fonti che Ildegarda ha usato la sua musica per il servizio liturgico del suo monastero. Wibert von Gembloux, che visse a Rupertsberg dal 1177 al 1179, scrisse in una lettera del 1175 che le canzoni di Ildegarda erano scritte "ad laudem Dei et Sanctorum honorem compositi et in ecclesia publice de cantori facit". - sono state composte per la lode di Dio e la gloria dei santi, e da eseguire pubblicamente in Chiesa.”
S.Ildegarda disse:
”Symphonialis est anima“
"L'anima è sinfonica"
Sinfonica è l'anima che ha ritrovato la via del ritorno ad un ordine interiore, in cui le forze contraddittorie interiori sono cresciute insieme fino all'armonia. Questo è, e rimane lo scopo di ogni vita umana. Il punto di arrivo è Dio.
Solo chi ha gettato la sua ancora di vita nel posto giusto, cioè in Dio, può trovare l'unità e l'armonia.
Il lavoro musicale di S Ildegarda ha un effetto terapeutico in questo senso. La sua musica vuole guarire dando accesso alla salvezza, ossia accesso al guaritore stesso, che è Dio, Dio in Cristo, Cristo in Maria. Ecco la salvezza di cui Ildegarda scrive. - Fonte
Un saggio delle sue composizioni:
VIGILIA DELLA PENTECOSTE (digiuno e astinenza)
RispondiElimina«Veni, Sancte Spíritus, et emítte cǽlitus lucis tuæ rádium.
Veni, pater páuperum, veni, dator múnerum, veni, lumen córdium.
Consolátor óptime, dulcis hospes ánimæ, dulce refrigérium.
In labóre réquies, in æstu tempéries, in fletu solácium.
O lux beatíssima, reple cordis íntima tuórum fidélium.
Sine tuo númine, nihil est in hómine, nihil est innóxium.
Lava quod est sórdidum, riga quod est áridum, sana quod est sáucium.
Flecte quod est rígidum,
fove quod est frígidum,
rege quod est dévium.
Da tuis fidélibus, in te confidéntibus, sacrum septenárium.
Da virtútis méritum, da salútis éxitum, da perénne gáudium. + Amen»
Eh sì. Possiamo ricordarlo anche con Ildegarda
RispondiEliminahttps://youtu.be/yNiRNiqzRsc?feature=shared
"Nessuna delle cose generate (o meglio create) è pari a lui nell`onore; infatti tutti i generi degli angeli, e gli eserciti tutti insieme riuniti, non possono avere alcuna parità ed uguaglianza con lo Spirito Santo. Tutte queste cose ricopre e oscura totalmente la buona potestà del Paraclito. Quelli infatti sono inviati per il ministero e questi scruta anche le profondità di Dio; come dice l`Apostolo: "Lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi conosce i segreti dell`uomo se non lo spirito dell`uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio" (1Cor 2,10ss).
RispondiEliminaFu lui a predicare del Cristo nei profeti: lui ad operare negli apostoli: ed è lui che fino ad oggi segna le anime nel Battesimo."
San Cirillo di Alessandria