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mercoledì 7 agosto 2024

Marcello Veneziani / Marcinelle, sangue e lavoro

Onori ai lavoratori di Marcinelle. Non clandestini. Ma lavoratori che sudavano per assicurare il tozzo di pane alla famiglia lasciata in Patria. E non è moralismo da pretese falsamente inclusiviste che è la nostra rovina...

Marcinelle, sangue e lavoro

Stavolta lasciate stare ogni traccia di demagogia nel ricordo della tragedia di Marcinelle, dove l’8 agosto del 1956 morirono 262 lavoratori in miniera, di cui la metà italiani, quasi tutti meridionali. Lasciate stare, lo dico memore di precedenti rievocazioni, il paragone tra quei lavoratori morti sul lavoro e gli immigrati clandestini che arrivano a fiumi sulle nostre sponde. Il paragone è totalmente infondato: quei minatori andarono in Belgio richiesti al nostro governo dalle autorità di Bruxelles e furono il frutto di un accordo di dieci anni prima tra i due paesi. Carbone per l’Italia a prezzi agevolati in cambio di 50mila lavoratori per le miniere del Belgio. Uno scambio pattuito tra due paesi europei che necessitavano l’uno di energia e l’altro di braccia-lavoro. Non clandestini ma richiesti, non disoccupati ma lavoratori dal primo giorno in cui arrivarono, non in fuga dal proprio paese ma costretti a lasciarlo per aiutare casa, non manovalanza disperata per la criminalità o business per Ong e centri di accoglienza, ma gente che partiva malvolentieri sapendo di finire in miniera, non per strada. E di sbarcare su richiesta dello Stato-ospite, in un paese che era pur sempre figlio della stessa civiltà, della stessa religione, dello stesso universo di valori. Entrambe sono tragedie, ma di tutt’altro tipo.

La tragedia di Marcinelle riemerse dopo anni di oblio grazie a Mirko Tremaglia che guidava i comitati per gli italiani all’estero e che ne fece un cavallo di battaglia. Fu una tragedia che strinse tutto il nostro popolo attorno a loro; ricordo da bambino un altro funerale di ragazzi che erano andati a lavorare dal mio paese in Belgio ed erano morti sul lavoro. Anni fa vidi uno splendido documentario di Vittorio de Seta nei primi anni cinquanta sui lavoratori nelle miniere sarde e siciliane. Sembra preistoria, ma quei lavoratori umili, ignoranti, invecchiati precocemente, ti sembrano giganti rispetto a noi per i sacrifici immani che facevano per portare il pane a casa e mantenere le loro numerose famiglie, accontentandosi di poco. Ricordo un film dedicato ai minatori in Cile, The 33, una storia vera, a lieto fine, di trentatré minatori che furono salvati dopo un lungo calvario nelle viscere della terra che durò due mesi. Storie di umanità, di pietà, di dedizione. Di quelle che rendono drammatico e non retorico l’articolo uno della costituzione, la repubblica fondata sul lavoro. E che rendono tangibili la solidarietà, la comunità, il mutuo soccorso.

Stavolta non sporcate quelle storie e quelle memorie con le prediche ideologiche e i calcoli politici, travestiti da moralismo. E magari sposate la proposta del presidente del Cnel, Renato Brunetta, di ricordare degnamente la tragedia di Marcinelle dove l’Europa si fece sul serio, nel sangue e nel lavoro.
Marcello Veneziani - Fonte

4 commenti:

  1. da ex studente di Giurisprudenza07 agosto, 2024 18:41

    Anche se è stata usata in altri contesti, dovrebbe essere da questo baratto uomini-carbone (già strano per il periodo: già si stava affermando il petrolio) che è nata la frase "cercavamo braccia, sono arrivati uomini".
    La cosa inquietante è che, per sostituire gli italiani, dopo Marcinelle il Belgio ha cominciato a far venire magrebini, per questo ci sono tanti disordini a sfondo etnico (e religioso no?) in Belgio, disordini che in Italia per fortuna ancora ce li sognamo (rectius: sono ancora solo nei nostri incubi).

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  2. La nuova Europa07 agosto, 2024 20:20

    Mentono sapendo di mentire: i giornali italiani sulla fine del multiculturalismo inglese. I vigilantes di fake news vanno nella città-simbolo e negano quel che di agghiacciante lì è successo. Se la realtà sconfessa la tua visione del mondo: no news. Ma quando le banlieue si infiammano i nostri giornalisti diventano sociologi in cerca di alibi. Il codardo è il più zelante censore.

    https://meotti.substack.com/p/mentono-sapendo-di-mentire-i-giornali

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  3. Dobbiamo ancora imparare ad avere cura di tutta la nostra gente. Non lo abbiamo ancora imparato, la sfruttiamo o la manipoliamo o la corrompiamo.Il nostro primo dovere è avere una attenta cura spirituale, culturale, fisica di ogni Italiano dal concepimento ad una santa morte. BASTA FARCI SERVI DEI PIANI DI UOMINI SUPERBI IPOCRITI SENZA CUORE. INDEMONIATI. BASTAAA!!!
    m.a.

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