Inginocchiarsi durante la Messa (e non solo)
Un gesto da rivalutare in non poche celebrazioni liturgiche odierne è l’inginocchiarsi. L’adorazione inizia dal riconoscimento di Dio e della sua sacra presenza, che sollecita l’uomo ad una risposta di riverenza e devozione. Nell’ambito biblico, il gesto più caratteristico dell’adorazione è quello di prostrarsi o di mettersi in ginocchio davanti alla presenza di Dio (cf., ad esempio, 1Re 8,54-55; Lc 5,8; 8,41; 22,41; Gv 11,32; Atti 7,60; Ap 5,8 e 14; 19,4; 22,8). I primi cristiani hanno recepito questa prassi, come attestano Tertulliano e Origene nel terzo secolo.
La ben nota prescrizione del canone ventesimo del primo Concilio di Nicea (325), di stare in piedi per la preghiera liturgica, ad imitazione del Risorto, si riferisce specificamente alle domeniche e al tempo pasquale, mentre nei giorni di digiuno e nei giorni stazionali si pregava in ginocchio, così come attestato riguardo alla preghiera personale quotidiana.
D’altronde, già in una lettera scritta nel 400, sant’Agostino dichiarava di non sapere se la prescrizione di Nicea fosse una consuetudine propria a tutta la Chiesa (cf. Ep. 55 ad Ianuarium, XVII, 32).
Ricordiamo il termine greco proskỳnesis, che indica l'atto e l'usanza di adorare mediante la prostrazione davanti alla sovranità e al sovrano. Inginocchiarsi davanti alla divinità nonché alla regalità di nostro Signore, non può essere da meno.
Durante i secoli, la Chiesa ha sempre ricercato espressioni rituali il più adeguate possibile, dando così una testimonianza visibile della sua fede e del suo amore verso il culto divino e in particolare l’Eucaristia. Così si è sviluppata in Occidente la consuetudine che i fedeli si inginocchino per il Canone della Messa, o almeno nelle sue parti centrali: la consacrazione.
In tal modo, si è anche diffusa la prassi di ricevere la Sacra Comunione in ginocchio. Per fornire un esempio a tutta la Chiesa, il Santo Padre Benedetto XVI, a partire dalla solennità del Corpus Domini del 2008, ha cominciato a distribuire la Sacra Comunione direttamente sulla lingua ai fedeli che la ricevano inginocchiati.
“Una fede o una liturgia che non conoscano più l’atto di inginocchiarsi, sono ammalate in un punto centrale” (Joseph Ratzinger, “Introduzione allo spirito della liturgia”, pagina 190).
Affermare Cristo nell'umilta della nostra vita, mettendo il suo insegnamento in ogni nostra azione, in ogni nostra giornata, in ogni ideologia....prima affermare Cristo, concretamente..questo è umiltà..
RispondiEliminaBellissimo il richiamo alla Messa tradizionale dove tutto è affermare Dio...si pensi al numero della genuflessioni ..affermare Dio anche con il nostro corpo, con i nostri gesti
Omelia Dominica XVI post Pentecosten
Il libro è bellissimo e insegna tante cose ormai dimenticate dai piu' purtroppo nelle chiese sventrate dei giorni nostri, è gia ' tanto se ci si può inginocchiare nei banchi, molte hanno solo sedie, lascio perdere le balaustre che un tempo contornavano l'altare, ne sono rimaste pochissime, come rari sono coloro che prendono l'ostia in bocca, lo dico con molta tristezza.
RispondiEliminaUna cosa mi chiedo da qualche tempo: nel no spezzano l'Ostia consacrata di solito all'Agnus Dei, poi la spezzano a volte per farne parti piccole da mettere nel Calice delleOstie per la comunione ai fedeli, ma... se crediamo che è il Corpo Sangue Anima e Divinità di Cristo, come possiamo spezzarLo con tanta indifferenza? Qualcuno mi puó spiegare che non è un sacrilegio?
RispondiEliminaDomanda 617 del Catechismo di S. Pio X:
EliminaD: Quando si rompe l'ostia, si rompe il Corpo di Gesù Cristo?
R: Quando si rompe l'ostia, non si rompe il Corpo di Gesù Cristo, ma si rompono solamente le specie del pane.
"Benché tutti conferiscano la grazia, un sacramento sorpassa gli altri in dignità e tutti guardano a esso: si tratta dell’Eucaristia. Gli altri sacramenti donano la grazia, ma l’Eucaristia dona l’Autore della grazia. Gli altri sacramenti sono fiumi di grazia, l’Eucaristia è la sorgente."
RispondiElimina"Nessuna preghiera umana, nessun atto umano né abnegazione, nessun sacrificio è sufficiente a squarciare il cielo. Solo il sacrificio della croce può farlo ed è ciò che avviene nella Messa. Quando la celebriamo, per noi è come essere appesi alle sue vesti, aggrappati ai suoi piedi durante l’Ascensione, stretti alle sue mani piagate mentre offre sé stesso al Padre celeste. Nascondendoci in lui, le nostre preghiere e i nostri sacrifici hanno il suo stesso valore."
(Fulton J. Sheen, da "I 7 Sacramenti - edizioni Ares")