La serie su Via Mediaevalis in ordine all'angelologia medievale continua. Saggi precedenti sull'argomento: L’angelologia biblica e letteraria del Medioevo qui; Fiat Lux: La creazione degli angeli qui; Gli angeli: giardinieri nella creazione di Dio qui
Gli angeli agli occhi del Medioevo
Robert Keim 15 dicembre
«Vidi», dice Dante, «angeli festanti, con le penne sparte (ad ali spiegate), più di mille, angeli festanti, ciascun distinto di fulgore e d’arte (per splendore e specie)».
Intrecciate nell'articolo precedente c'erano due domande: perché i cristiani medievali davano particolare importanza alla creazione degli angeli, che non è menzionata nella Genesi ed era quindi avvolta nell'incertezza? E perché la co-creazione, ovvero la nozione che gli angeli abbiano partecipato alla creazione del mondo materiale, sembra attrarre, con significati così profondi e risonanti, l'immaginazione umana?
Ho offerto una risposta parziale a entrambe le domande alla fine dell'articolo. Una delle chiavi della ricca, bella e altamente intellettuale devozione della cultura medievale agli angeli era una dottrina che esiste ancora ma è ampiamente scomparsa dal panorama della vita quotidiana: esiste una parentela unica tra la natura angelica e la natura umana, e quindi un'amicizia unica tra angeli e uomini. Gli angeli sono vicini a noi, ontologicamente parlando; ci capiscono e si interessano alle nostre vite, come le rocce, gli alberi e le bestie non faranno mai; si dilettano nell'aiutarci, proprio come noi ci dilettiamo nell'aiutare coloro che sono più deboli e vulnerabili di noi. Hanno ragione, cognizione avanzata e un destino eterno, come noi. Sono dotati di libero arbitrio, come noi, sebbene abbiano già raggiunto lo stato in cui la libertà è immune dalla tentazione. E sebbene non siano naturalmente uniti ai corpi, possono assumere corpi e apparire a noi come esseri corporei.
Gli angeli leggono le nostre poesie, ascoltano i nostri sermoni, guardano i nostri dipinti, e lo dico con tutta serietà e senza sentimentalismo. Il Paradiso di Dante deve essere una festa senza pari per le loro menti divine e cristalline, e sospetto che trovino particolare soddisfazione nel contemplare i nostri tentativi, purché siano spiritualmente ed esteticamente sani, di creare rappresentazioni visive di loro stessi.
Cosa c'è di più incantevole del pensiero di un angelo che guarda con piacere il dipinto di Fra Angelico in cui gli angeli danzano con gli uomini?
Non vedo perché contemplare il Volto di Dio dovrebbe rendere gli angeli insensibili alle manifestazioni minori di bontà, verità e bellezza. Al contrario, se la nostra opera d'arte riflette in qualche piccolo modo l'eloquenza e l'abilità dell'Artista divino, essi assaporeranno questo pallido riflesso in modo più vero e gioioso di quanto potremmo mai fare noi; non dimentichiamo che Dante parlava di angelici ludi, le celebrazioni giocose degli angeli. E poiché esistono fuori dal tempo, i loro programmi non sono mai pieni; i loro doveri nel coro celeste, ad esempio, non impediscono loro di unirsi a noi in chiesa. Se hanno tempo per proteggerci, come chiaramente fanno gli angeli custodi, sicuramente hanno tempo anche per pregare e cantare con noi (anche se temo che non vogliano avere niente a che fare con molti dei nostri cosiddetti inni odierni).
Di nuovo, lo dico in tutta serietà. Spero di non apparire bizzarro o melodrammatico. La cultura medievale ci insegna che gli angeli sono puri e gloriosi e meravigliosamente santi, e che sono una parte molto reale del nostro mondo, della nostra società, della nostra vita quotidiana. Non possiamo vederli; così come non possiamo vedere l'aria, e tuttavia la respiriamo. Non possiamo sentirli; né possiamo distinguere un violino in un'orchestra, e tuttavia suona. Non possiamo toccarli; né possiamo toccare l'amore, e tuttavia le persone lo sentono, e talvolta muoiono per esso.
Tali pensieri non devono vagare in gineprai meramente teorici. Sono pratici; cambiano la vita. Nessuno può spiegare adeguatamente alcune delle meravigliose conquiste del Medioevo: le cattedrali gotiche, la vasta gamma di monasteri, la sorprendente coesione dottrinale. Parte del mistero potrebbe risiedere in una consapevolezza e un'ammirazione uniche e potenti per la presenza angelica? In un impegno unico e serio a vivere in unione con gli angeli? E non potremmo, in una certa misura, fare lo stesso? Sicuramente alcuni di voi che ora state leggendo siete insegnanti, come me. Ci sono giorni in cui metà della classe sembra assente e i presenti sembrano essere congiuntamente vivi a metà: le domande restano sospese, senza risposta; le arguzie cadono nel vuoto, non apprezzate; l'entusiasmo si spegne, non corrisposto. Come si fa a restare motivati in quei giorni? Fare lezione è un compito arduo, a più livelli: perché continuare, quando a nessuno importa?
Gli angeli si preoccupano. Se dico la verità, sono presenti, sono ricettivi, sono interessati; se parlo bene, con rispetto per i principi retorici che Dio stesso ha progettato nel miracolo del linguaggio, sono contenti. Possono portare le mie parole agli studenti, forse in un momento più opportuno. Tuttavia, non possono leggere la mia mente. Faranno il loro lavoro, ma prima devo fare il mio: devo fare lezione, e fare lezione bene. Ne vale la pena: gli angeli stanno ascoltando.
Qualunque cosa tu stia facendo, se è buona, bella, vera, se è la volontà di Dio, ne vale la pena. Al mondo importa? Il mondo ti ringrazierà per questo? Ti loderà per questo? Ti pagherà per questo? Chi lo sa. Ma gli angeli lo vedono, lo sentono, ne godono, lo amano: e sono, come dice Dante, "tanti / che mai pensiero o parola d'uomo / raggiunsero somma sì vasta". [ed eran tante (le scintille, cioè gli angeli), che ‘l numero loro più che ‘l doppiar de li scacchi s’inmilla. (entra nelle migliaia, è alto) più del raddoppiare delle caselle del gioco degli scacchi -ndT].
Il brano qui sotto è stato scritto da David Keck, lo storico che ho menzionato un paio di volte in questa serie. Dice molto, in due frasi accattivanti, sulla cultura medievale, sulla cultura moderna e sull'abisso che separa le due:
Nel mondo moderno, l'impulso a imparare sulla natura umana da esseri strettamente imparentati ha spostato gli argomenti dai serafini alle scimmie. Mentre gli scienziati moderni studiano le origini delle scimmie antropomorfe per scoprire indizi sull'umanità, i teologi medievali hanno indagato sugli angeli.
Che affermazione sbalorditiva, sconcertante, nauseante. Un racconto di due società: la prima cerca di conoscere se stessa e studia gli angeli; la seconda cerca di conoscere se stessa e studia i primati. "Oh, guai a me", come disse Ofelia di Shakespeare, "Aver visto ciò che ho visto, vedere ciò che vedo!"
Nel grande ordine del Cosmo, gli angeli sono come la nostra famiglia allargata. Più di ogni altra cosa che il buon Dio abbia creato, gli angeli sono uno specchio spirituale per noi: guardali, studiali, contemplali e saprai di più su te stesso.
Considerate il modo in cui gli angeli sono ritratti nelle opere d'arte medievali.
Togliete le ali e gli angeli sono esseri umani eleganti, nobili e sicuri di sé. Abbiamo anche visto questa immagine successiva in un articolo precedente :
Gli angeli sono semplicemente esseri umani con l'aureola, e giustamente, perché nel racconto biblico che ha ispirato questo dipinto (Genesi 18:2), come in altri incontri simili (Genesi 32:24, Giosuè 5:13), gli angeli appaiono come uomini comuni. Ecco alcuni altri esempi:
La mia intenzione qui non è quella di deprezzare altri stili artistici legittimi; tuttavia, devo richiamare l'attenzione sul contrasto tra questi angeli medievali e i cherubini paffuti dell'era barocca, o le superstar angeliche digitalmente migliorate dell'era di Google. L'arte cristiana non dovrebbe creare una distanza troppo grande tra uomini e angeli; non dovrebbe costruire muri psicologici che ci rendano più soli di quanto non siamo in realtà. Non dovremmo sentirci così diversi dagli angeli da farci temere, o semplicemente dimenticare, di cercare la loro compagnia. E come ci ricorda l'immagine successiva, non dovremmo raffigurarli in modo tale da suggerire che sono indifferenti alla nostra.
Ho atteso con ansia l'opportunità di condividere con voi questa prossima opera d'arte. Quello che vedete qui sotto è il pannello in alto a sinistra di una coppia di porte ornate da sculture in rilievo. Realizzate per la cattedrale di Hildesheim in Germania, risalgono all'inizio dell'XI secolo e sono note come Porte Bernward, dal nome del vescovo che le commissionò, San Bernward.
Queste splendide fotografie sono state scattate da Frank Tomio e sono protette da copyright. Le prendo come un estratto liberamente utilizzabile da un grande album pubblicato qui.
Siamo nell'Eden. Dio, avendo già creato Adamo, ora lo risveglia dopo aver creato Eva. La razza umana, uomo e donna, è nata. E qualcuno è venuto a trovarci.
Siamo nell'Eden. Dio, avendo già creato Adamo, ora lo risveglia dopo aver creato Eva. La razza umana, uomo e donna, è nata. E qualcuno è venuto a trovarci.
Amici miei, questo è uno di quei momenti in cui mi ritrovo semplicemente perso nelle profondità mistiche della mente medievale. Qualcuno ha scelto, sicuramente con molta riflessione, questa particolare raffigurazione, questo particolare gesto, e che gesto profondamente espressivo! Cosa significava per l'artigiano medievale quando lo scolpì così faticosamente? Meraviglia? Ammirazione? Affetto fraterno? Il significato, per me, è abbastanza chiaro. L'angelo vede che Dio ha plasmato, dalla polvere della terra, esseri, compagni, che sono, in un modo molto speciale, come lui. Ed è felicissimo.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
Deus fecit omnia in numero, pondere et mensura.
RispondiElimina(Agostino)
Confortevole pensare che nessuna azione ben fatta, non per perfezionismo, ma davanti a Dio, anche se raccoglie il favore di pochi (o di nessuno), è accompagnata anche dalla delizia degli angeli...
RispondiEliminaI numeri sono impietosi nel rivelarci qualcosa. In Italia ci sono in totale una trentina di monaci tradizionalisti (chi ha come base il rito antico). Di questi solo due o tre sono italiani. Il 90% del totale dei benedettini tradizionali che vivono in Italia quindi, non è italiano. Non se ne vuole certo fare una questione nazionalistica, così aliena al cattolicesimo. Si vuol solo sottolineare l'enorme disinteresse del tradizionalismo italiano verso il monachesimo. Ci attardiamo a fare i soldati da tastiera ma oltre non riusciamo ad andare. Il diavolo però non teme i nostri post. Ma teme la santità, la vita ascetica e di penitenza, teme l'esercizio delle virtù, fra le quali primeggia la carità . Teme il silenzio orante più che il parlare. E tutto questo è lo scopo unico dei militi che vivono nel chiostro.
RispondiEliminaLa virtù di Carità, ossia l'amor di Dio e del prossimo per amore di Dio, è oggidì particolarmente sbeffeggiata. Dalla virtù di Carità sgorgano gioia, pace, misericordia, prontezza nel soccorrere generosamente il prossimo bisognoso di aiuto materiale e spirituale. Aihmé, alla virtù di Carità, non mai come in questi ultimi tempi, l'umanità AMERICANIZZATA ha sostituito i vizii dell'invidia e dell'avarizia. Altro che amore del prossimo: cattiveria, competizione forsennata, egoismo sono all'ordine del giorno! Nessun stupore, dunque, che i monasteri chiudano i battenti uno dopo l'altro.
EliminaConcordo con Laurentius. Ma il marcio viene dalla testa. Non dimentichiamo la ferale lotta delle gerarchie contro la vita contemplativa.
Eliminahttps://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2016/09/vultum-dei-quaerere-cercare-il-volto-di.html
Dante per indicare l'indefinito numero degli Angeli fa riferimento alla leggenda della nascita del gioco degli scacchi.
RispondiEliminaA quanto pare l'inventore del gioco degli scacchi chiese al re di Persia in premio della sua invenzione un chicco di grano per ogni casella della tavola degli scacchi: una per la prima, due per la seconda, quattro per la terza e così via, raddoppiando di volta in volta.
Il re di Persia, dopo aver accettato con un sorrisino di scherno la richiesta che sembrava facile da esaudire quanto lo schioccare delle sue dita, si rese conto che nemmeno tutti i granai del suo regno sarebbero bastati ad esaudire tal richiesta.
Ecco secondo Dante, il numero degli Angeli che sfavillavano di luce dai Cori Celesti non raddoppiava ma si moltiplicava per mille: mille la prima casella, un milione la seconda, un miliardo la terza, e così via.
E questi sono i versi:
"L'incendio suo seguiva ogne scintilla;
ed eran tante, che 'l numero loro
più che 'l doppiar de li scacchi s'inmilla..."
(Paradiso, XXXIV, 90, 93)
L'Antifona O del 20 dicembre
RispondiEliminaO Oriens,
splendor lucis aeternae,
et sol justitiae:
veni, et illumina
sedentes in tenebris, et umbra mortis.
O (Astro) Sorgente,
splendore di luce eterna,
e sole di giustizia:
vieni ed illumina
chi è nelle tenebre, e nell'ombra della morte
DANTE
RispondiEliminaDivina commedia
Io veggio ben sì come già resplende
ne l'intelletto tuo l'etterna luce,
che, vista, sola e sempre amore accende;
e s'altra cosa vostro amore seduce,
non è se non di quella alcun vestigio,
mal conosciuto, che qui vi traluce.
Par., V, 7-12