La posizione di mons. Schneider era ben nota, dalle affermazioni del suo recente corposo libro Christus vincit, frutto di un'intervista con Diane Montagna, che mi ripromettevo di spigolare e di cui parleremo. Ma l'intervista che segue ci dà le ragioni puntuali della sua presa di distanza dall'iniquo provvedimento. Per renderla subito disponibile, rimando le osservazioni alla lettura comune. Indice degli interventi su Traditionis custodes.
Aloysius O’Kelly, Mass in a Connemara Cabin (olio su tela, 1883) |
Intervista al vescovo Schneider su Traditionis custodes
di Diane Montagna
Nella sua prima intervista dall’uscita del nuovo decreto di papa Francesco Traditionis custodes, che limita la Messa vetus ordo, il vescovo Athanasius Schneider afferma che il documento “svilisce” una liturgia millenaria di rito romano, commette un'”ingiustizia ” contro i cattolici che vi aderiscono e crea nella Chiesa una “società di due classi”.
“I privilegiati di prima classe sono coloro che aderiscono alla liturgia riformata – spiega monsignor Schneider – e i cattolici di seconda classe, che ora saranno a malapena tollerati, comprendono un gran numero di famiglie, bambini, giovani e sacerdoti” che, attraverso la liturgia tradizionale, hanno “sperimentato con grande beneficio spirituale la realtà e il mistero della Chiesa”.
Il vescovo sostiene inoltre che l'”atteggiamento sorprendentemente gretto” e il “tono sprezzante” mostrati nel motu proprio e nella lettera di accompagnamento sono in “chiaro contrasto” non solo con i principi guida dell’attuale pontificato, ma anche con la pretesa “conciliare” di “apertura alla diversità” e di rifiuto dell’“uniformità” liturgica.
In questa intervista esclusiva, il vescovo Athanasius Schneider, ausiliare di Astana in Kazakistan, espone le sue principali preoccupazioni riguardo al documento, offre consigli ai seminaristi e ai giovani sacerdoti che temono che possa essere loro proibito celebrare la messa tradizionale, e affronta l’affermazione di papa Francesco secondo cui la linea di condotta scelta è analoga a quella intrapresa da papa san Pio V.
Schneider inoltre difende i cattolici che partecipano alla messa tradizionale da quelle che considera le ingiuste accuse, contenute nel documento, di seminare divisione e negare il Vaticano II. In realtà una “porzione considerevole” di giovani famiglie cattoliche e di altre persone che partecipano alla messa tradizionale “si tiene lontana” dalle discussioni sul Vaticano II e sulla politica ecclesiale. “Vogliono solo adorare Dio nella forma liturgica attraverso la quale Dio ha toccato e trasformato i loro cuori e le loro vite”.
Monsignor Schneider loda i suoi fratelli nell’episcopato che hanno sostenuto i fedeli in risposta alle nuove misure e si dice convinto che il nuovo decreto alla fine avrà un “effetto boomerang”. La “crescita continua” della messa tradizionale in tutto il mondo è “senza dubbio opera dello Spirito Santo e un vero segno del nostro tempo”.
Pertanto, incoraggia papa Francesco e coloro che sono incaricati di attuare le nuove misure ad ascoltare il “saggio consiglio” rivolto da Gamaliele a quelli che perseguitavano i primi cristiani (At 5,38-39), affinché non si trovino “contro Dio”.
Ecco l’intervista completa al vescovo Athanasius Schneider.
Eccellenza, la nuova lettera apostolica di papa Francesco, emessa motu proprio il 16 luglio 2021, si chiama Traditionis custodes (Custodi della Tradizione). Qual è stata la tua prima impressione sulla scelta di questo titolo?
Monsignor Schneider – La mia prima impressione è stata di un pastore che invece di sentire l’odore delle sue pecore le picchia con rabbia con un bastone.
Quali sono le sue impressioni generali sul motu proprio e sulla lettera di accompagnamento di papa Francesco ai vescovi del mondo, in cui spiega la sua logica per limitare la Messa tradizionale in latino?
Nella sua esortazione apostolica programmatica, Evangelii gaudium, [parla anche di "conversione del papato" e altro ancora - qui - qui] Francesco propugna “certi atteggiamenti che favoriscono l’apertura al messaggio: disponibilità, disponibilità al dialogo, pazienza, calore e accoglienza non giudicanti” (n. 165). Eppure, leggendo il nuovo motu proprio e la lettera di accompagnamento, si ha l’impressione opposta, cioè che il documento, nel suo insieme, mostri un’intolleranza pastorale e anche una rigidità spirituale. Il motu proprio e la Lettera di accompagnamento comunicano uno spirito giudicante e poco accogliente. Nel documento sulla Fratellanza umana (firmato ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019) [qui - in particolare la posizione di mons. Schneider qui - qui - qui], papa Francesco abbraccia la “diversità delle religioni”, mentre nel suo nuovo motu proprio rifiuta con decisione la diversità delle forme liturgiche nel rito romano.
Quale lampante contrasto di atteggiamento presenta questo motu proprio, rispetto al principio guida del pontificato di papa Francesco, cioè l’inclusione e l’amore preferenziale per le minoranze e le periferie nella vita della Chiesa! E quale posizione sorprendentemente ristretta si scopre in esso, in contrasto con le stesse parole di papa Francesco: “Sappiamo di essere tentati in vari modi di adottare la logica del privilegio che ci separa, ci esclude e ci chiude, mentre ci separa, escludendo e chiudendo i sogni e le vite di tanti nostri fratelli e sorelle” (Omelia, Vespri, 31 dicembre 2016). Le nuove norme del motu proprio sviliscono la forma millenaria della lex orandi della Chiesa romana e, allo stesso tempo, chiudono “i sogni e le vite di tante” famiglie cattoliche, e specialmente di giovani e giovani sacerdoti, la cui vita spirituale e il cui amore per Cristo e per la Chiesa sono cresciuti e hanno grandemente beneficiato della forma tradizionale della Santa Messa.
Il motu proprio stabilisce un principio di rara esclusività liturgica, affermando che i nuovi libri liturgici promulgati sono l’unica [only - sola] espressione della lex orandi del rito romano (art. 1). Che contrasto anche in questa posizione con altre parole di papa Francesco: “È vero che lo Spirito Santo fa emergere nella Chiesa diversi carismi, che a prima vista possono sembrare creare disordine. Sotto la sua guida, però, costituiscono un’immensa ricchezza, perché lo Spirito Santo è lo Spirito di unità, che non è la stessa cosa dell’uniformità” (Omelia nella cattedrale cattolica dello Spirito Santo, Istanbul, sabato, 29 novembre 2014).
Quali sono le sue maggiori preoccupazioni riguardo al nuovo documento?
Come vescovo, una delle mie principali preoccupazioni è che, invece di favorire una maggiore unità mediante la coesistenza di diverse forme liturgiche autentiche, il motu proprio crei nella Chiesa una società a due classi, cioè cattolici di prima classe e cattolici di seconda classe. I privilegiati di prima classe sono coloro che aderiscono alla liturgia riformata, cioè il novus ordo, e i cattolici di seconda classe, che ora saranno a malapena tollerati, comprendono un gran numero di famiglie cattoliche, bambini, giovani e sacerdoti che, negli ultimi decenni, sono cresciuti nella liturgia tradizionale e hanno sperimentato, con grande beneficio spirituale, la realtà e il mistero della Chiesa grazie a questa forma liturgica, che le generazioni precedenti consideravano sacra e che ha formato tanti santi e cattolici eccezionali nel corso della storia.
Il motu proprio e la lettera di accompagnamento commettono un’ingiustizia contro tutti i cattolici che aderiscono alla forma liturgica tradizionale, accusandoli di dividere e di respingere il Concilio Vaticano II. Infatti, una parte considerevole di questi cattolici si tiene lontana dalle discussioni dottrinali riguardanti il Vaticano II, il nuovo Ordine della Messa (Novus Ordo Missae), e altri problemi che riguardano la politica ecclesiastica. Vogliono solo adorare Dio nella forma liturgica attraverso la quale Dio ha toccato e trasformato i loro cuori e le loro vite. L’argomento invocato nel motu proprio e nella lettera di accompagnamento, cioè che la forma liturgica tradizionale crea divisione e minaccia l’unità della Chiesa, è smentito dai fatti. Inoltre, il tono dispregiativo assunto in questi documenti nei confronti della forma liturgica tradizionale porterebbe qualsiasi osservatore imparziale a concludere che tali argomenti sono solo un pretesto e uno stratagemma, e che qui è in gioco qualcos’altro.
Quanto le sembra convincente il confronto di papa Francesco (nella lettera di accompagnamento ai vescovi) tra i suoi nuovi provvedimenti e quelli adottati da san Pio V nel 1570?
Il tempo del Concilio Vaticano II e della Chiesa cosiddetta “conciliare” è stato caratterizzato da un’apertura alla diversità e inclusività delle spiritualità e delle espressioni liturgiche locali, insieme al rifiuto del principio di uniformità nella prassi liturgica della Chiesa. Nel corso della storia, il vero atteggiamento pastorale è stato di tolleranza e rispetto verso una molteplicità di forme liturgiche, purché esprimano l’integrità della fede cattolica, la dignità e la sacralità delle forme rituali e portino un vero frutto spirituale nella vita dei fedeli. In passato, la Chiesa romana ha riconosciuto la diversità delle espressioni nella sua lex orandi. Nella costituzione apostolica che promulga la liturgia tridentina, Quo primum (1570), papa Pio V, nell’approvare tutte quelle espressioni liturgiche della Chiesa romana che avevano più di duecento anni, le riconobbe come espressione altrettanto degna e legittima della lex orandi della Chiesa romana. In questa bolla papa Pio V afferma di non revocare in alcun modo altre legittime espressioni liturgiche all’interno della Chiesa romana. La forma liturgica della Chiesa romana, valida fino alla riforma di Paolo VI, non sorse con Pio V, ma rimase sostanzialmente immutata anche secoli prima del Concilio di Trento. La prima edizione a stampa del Missale Romanum risale al 1470, quindi cento anni prima del messale pubblicato da Pio V. L’ordine della messa di entrambi i messali è pressoché identico; la differenza sta più negli elementi secondari, come il calendario, il numero di prefazioni e le norme rubricali più precise.
Il nuovo motu proprio di papa Francesco suscita profonda preoccupazione in quanto manifesta un atteggiamento di discriminazione nei confronti di una forma liturgica della Chiesa cattolica quasi millenaria. La Chiesa non ha mai rifiutato ciò che, nell’arco di molti secoli, ha espresso sacralità, rigore dottrinale e ricchezza spirituale, ed è stato esaltato da tanti papi, grandi teologi (per esempio san Tommaso d’Aquino) e numerosi santi. I popoli dell’Europa occidentale e, in parte, dell’Europa orientale, dell’Europa settentrionale e meridionale, delle Americhe, dell’Africa e dell’Asia furono evangelizzati e formati dottrinalmente e spiritualmente dal rito romano tradizionale, e vi trovarono la loro spiritualità e la loro casa liturgica. Papa Giovanni Paolo II ha dato un esempio di sincero apprezzamento della forma tradizionale della Messa, quando ha detto: “Nel Messale Romano, detto ‘di San Pio V’, come in varie liturgie orientali, ci sono bellissime preghiere con le quali il sacerdote esprime il più profondo senso di umiltà e di riverenza davanti ai santi misteri: esse rivelano la sostanza stessa di ogni liturgia” (Messaggio ai partecipanti all’Assemblea plenaria della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, 21 settembre 2001).
Sarebbe contrario al vero spirito della Chiesa di tutti i tempi esprimere oggi disprezzo per questa forma liturgica, etichettarla come “divisiva” e pericolosa per l’unità della Chiesa, ed emanare norme volte a farla scomparire. Le norme contenute nel motu proprio di papa Francesco cercano di strappare senza pietà dalle anime e dalle vite di tanti cattolici la liturgia tradizionale, che di per sé è santa e rappresenta la patria spirituale di questi cattolici. Con questo motu proprio, i cattolici che oggi sono stati spiritualmente nutriti e formati dalla liturgia tradizionale della Santa Madre Chiesa non sperimenteranno più la Chiesa come una madre, ma piuttosto come una “matrigna”, coerentemente con la stessa descrizione di papa Francesco: “Una madre che critica, che parla male dei suoi figli non è madre!” (Discorso ai consacrati e alle consacrate della diocesi di Roma, 16 maggio 2015).
La lettera apostolica di papa Francesco è stata pubblicata nella festa di Nostra Signora del Monte Carmelo, patrona dei Carmelitani (come Santa Teresa di Lisieux), che pregano specialmente per i sacerdoti. Alla luce dei nuovi provvedimenti, cosa direbbe ai seminaristi diocesani e ai giovani sacerdoti che speravano di celebrare la Messa tradizionale in latino?
Il cardinale Joseph Ratzinger ha parlato della limitazione dei poteri del papa riguardo alla liturgia, con questa illuminante spiegazione: “Il papa non è un monarca assoluto la cui volontà è legge; è piuttosto il custode della Tradizione autentica e, quindi, il primo garante dell’obbedienza. Non può fare ciò che vuole, ed è così in grado di opporsi a coloro che, dal canto loro, vogliono fare qualunque cosa gli venga in mente. La sua regola non è quella del potere arbitrario, ma quella dell’obbedienza nella fede. Ecco perché, rispetto alla Liturgia, ha il compito di giardiniere, non quello di tecnico che costruisce macchine nuove e butta quelle vecchie nel mucchio delle cianfrusaglie. Il ‘rito’, quella forma di celebrazione e di preghiera maturata nella fede e nella vita della Chiesa, è una forma condensata di Tradizione vivente in cui l’ambito che utilizza quel rito esprime tutta la sua fede e la sua preghiera, e così allo stesso tempo la comunione delle generazioni le une con le altre diventa qualcosa che possiamo sperimentare, la comunione con le persone che pregano davanti noi e dopo di noi. Il rito è dunque un bene che si dona alla Chiesa, una forma viva di paradosi, la trasmissione della Tradizione” (prefazione a: Dom Alcuin Reid, Lo sviluppo organico della liturgia. I principi della riforma liturgica e il loro rapporto con il movimento liturgico del XX secolo prima del Concilio Vaticano II, San Francisco 2004 [qui edizione italiana).
La Messa tradizionale è un tesoro che appartiene a tutta la Chiesa, poiché da almeno mille anni è celebrata e tenuta in grande considerazione e amata da sacerdoti e santi. Infatti, la forma tradizionale della Messa era pressoché identica per secoli prima della pubblicazione del Messale di papa Pio V nel 1570. Un tesoro liturgico valido e stimatissimo da quasi mille anni non è proprietà privata di un papa, di cui egli possa disporre liberamente. Pertanto, seminaristi e giovani sacerdoti devono chiedere il diritto di utilizzare questo comune tesoro della Chiesa, e se questo diritto viene loro negato, possono comunque utilizzarlo, magari in maniera clandestina. Questo non sarebbe un atto di disobbedienza, ma piuttosto di obbedienza alla Santa Madre Chiesa, che ci ha donato questo tesoro liturgico.
Eccellenza, qual è stata la sua impressione finora circa l’attuazione della Traditionis custodes?
Nel giro di pochi giorni, i vescovi diocesani e persino un’intera Conferenza episcopale hanno già avviato una sistematica soppressione di ogni celebrazione della forma tradizionale della Santa Messa. Questi nuovi “inquisitori liturgici” hanno mostrato un clericalismo sorprendentemente rigido, simile a quello descritto e lamentato da papa Francesco, quando diceva: “C’è quello spirito di clericalismo nella Chiesa, che si sente: i chierici si sentono superiori, i chierici si allontanano dal popolo, i chierici dicono sempre: questo si fa così, così, così, o te ne vai!” (meditazione quotidiana nella Santa Messa, 13 dicembre 2016).
Il motu proprio anti-tradizionale di papa Francesco assomiglia per certi versi alle decisioni liturgiche fatali ed estremamente rigide prese dalla Chiesa russo-ortodossa sotto il patriarca Nikon di Mosca tra il 1652 e il 1666. Ciò alla fine portò a uno scisma duraturo noto come quello dei “vecchi ritualisti” (in russo: staroobryadtsy), che ha mantenuto le pratiche liturgiche e rituali della Chiesa russa come erano prima delle riforme del patriarca Nikon. Resistendo all’accomodamento della pietà russa alle forme contemporanee del culto greco-ortodosso, questi antichi ritualisti furono anatematizzati, insieme al loro rituale, in un sinodo del 1666-67, producendo una divisione tra gli antichi ritualisti e coloro che seguirono la Chiesa di Stato nella sua condanna dell’antico rito. Oggi la Chiesa russo-ortodossa si rammarica delle drastiche decisioni del patriarca Nikon, perché se le norme da lui attuate fossero state veramente pastorali e avessero consentito l’uso del vecchio rito, non ci sarebbe stato uno scisma secolare, con tante sofferenze inutili e crudeli.
Ai nostri giorni assistiamo a sempre più celebrazioni della Santa Messa che sono diventate una piattaforma per promuovere lo stile di vita peccaminoso dell’omosessualità, le cosiddette “Messe Lgbt”, un’espressione che di per sé è già una bestemmia. Tali messe sono tollerate dalla Santa Sede e da molti vescovi. Serve urgentemente un motu proprio con norme ferree che sopprimano la pratica di tali “Messe Lgbt”, poiché sono un oltraggio alla maestà divina, uno scandalo per i fedeli (i piccoli) e un’ingiustizia nei confronti degli omosessuali sessualmente attivi. Persone che con tali celebrazioni sono confermate nei loro peccati, e la cui salvezza eterna è così messa in pericolo.
Eppure, alcuni vescovi, in particolare negli Stati Uniti ma anche altrove, come in Francia, hanno sostenuto i fedeli della loro diocesi che sono legati alla Messa tradizionale. Cosa direbbe per incoraggiare questi suoi fratelli vescovi? E che atteggiamento dovrebbero avere i fedeli nei confronti dei loro vescovi, molti dei quali sono rimasti essi stessi sorpresi dal documento?
Questi vescovi hanno mostrato un vero atteggiamento apostolico e pastorale, come quelli che sono “pastori con l’odore delle pecore” [sull'odore delle pecore vedi]. Incoraggio questi e molti altri vescovi a continuare con un atteggiamento pastorale così nobile. Non li muovano né le lodi degli uomini né il timore degli uomini, ma solo la maggior gloria di Dio, il maggior beneficio spirituale delle anime e la loro salvezza eterna. Da parte loro, i fedeli devono dimostrare nei confronti di questi vescovi gratitudine, rispetto e amore filiale.
Quale effetto avrà, secondo lei, il motu proprio?
Il nuovo motu proprio di papa Francesco è in definitiva una vittoria di Pirro e avrà un effetto boomerang. Le tante famiglie cattoliche e il numero sempre crescente di giovani e sacerdoti, in particolare giovani sacerdoti, che assistono alla Messa tradizionale, non potranno permettere che la loro coscienza venga violata da un atto amministrativo così drastico. Dire a questi fedeli e sacerdoti che devono semplicemente essere obbedienti a queste norme alla fine non funzionerà, perché essi sanno bene che una chiamata all’obbedienza perde il suo potere quando lo scopo è sopprimere la forma tradizionale della liturgia, il grande tesoro liturgico della Chiesa romana.
Col tempo, sorgerà sicuramente una catena mondiale di messe catacombali, come accade in tutti i tempi di emergenza e persecuzione. Potremmo infatti assistere a un’era di messe tradizionali clandestine, simile a quella rappresentata in modo così impressionante da Aloysius O’Kelly nel suo dipinto Mass in a Connemara Cabin. [nello sfondo dell'immagine in alto -ndr]
O forse vivremo un tempo simile a quello descritto da san Basilio Magno, quando i cattolici tradizionali furono perseguitati da un episcopato liberale ariano nel IV secolo. Scriveva san Basilio: “La bocca dei veri credenti è muta, mentre ogni lingua blasfema si agita liberamente; le cose sante sono calpestate; i migliori laici evitano le chiese come scuole di empietà; e alzano le mani nei deserti con sospiri e lacrime al loro Signore nei cieli. Anche tu devi aver sentito cosa sta succedendo nella maggior parte delle nostre città (Lettera 92).
La mirabile, armonica e del tutto spontanea diffusione e continua crescita della forma tradizionale della Messa, in quasi tutti i paesi del mondo, anche nelle terre più remote, è senza dubbio opera dello Spirito Santo, e un vero segno del nostro tempo. Questa forma della celebrazione liturgica porta veri frutti spirituali, specialmente nella vita dei giovani e dei convertiti alla Chiesa cattolica, poiché molti di loro sono stati attratti alla fede cattolica proprio dalla forza irradiante di questo tesoro della Chiesa. Papa Francesco e gli altri vescovi che eseguiranno il suo motu proprio dovrebbero considerare seriamente il saggio consiglio di Gamaliele, e chiedersi se effettivamente stiano combattendo contro un’opera di Dio: “E ora vi dico: tenetevi lontani da loro, e ritiratevi da questi uomini; perché, se questo disegno o quest’opera è dagli uomini, sarà distrutta; ma se è da Dio, voi non potrete distruggerli, se non volete trovarvi a combattere anche contro Dio” (Atti 5:38-39). Papa Francesco riconsideri, in vista dell’eternità, il suo atto drastico e tragico, e con coraggio e umiltà ritratti questo nuovo motu proprio, ricordando le sue stesse parole: “In verità, la Chiesa mostra la sua fedeltà allo Spirito Santo in quanto non cerca di controllarlo o domarlo”. (Omelia nella Cattedrale cattolica dello Spirito Santo, Istanbul, 29 novembre 2014 )
Per il momento, molte famiglie cattoliche, giovani e sacerdoti di ogni continente piangono, perché il papa, loro padre spirituale, li ha privati del nutrimento spirituale della Messa tradizionale, che ha tanto rafforzato la loro fede e il loro amore per Dio, per la Santa Madre Chiesa e per la sede apostolica. Possono, per un certo tempo, “[uscire] piangendo, portando il seme per la semina, ma torneranno a casa con grida di gioia, portando con sé i suoi covoni” (Salmo 126:6).
Queste famiglie, questi giovani e questi sacerdoti potrebbero rivolgere a papa Francesco queste o simili parole: “Padre Santissimo, restituiscici quel grande tesoro liturgico della Chiesa. Non trattarci come tuoi figli di seconda classe. Non violare le nostre coscienze costringendoci a un’unica ed esclusiva forma liturgica, tu che hai sempre proclamato al mondo intero la necessità della diversità, dell’accompagnamento pastorale e del rispetto della coscienza. Non ascoltate quei rappresentanti di un rigido clericalismo che ti hanno consigliato di compiere un’azione così spietata. Sii un vero padre di famiglia, che ‘tira fuori dal suo tesoro cose nuove e cose antiche’ (Mt 13,52). Se ascolterai la nostra voce, nel giorno del tuo giudizio davanti a Dio, saremo i tuoi migliori intercessori”.
Fonte: remnantnewspaper.com by Duc in altum
-IMPORTANTI E PROFETICHE RIFLESSIONI DI FULTON SHEEN SULLA CRISI DELLA CHIESA NEL POST CONCILIO-
RispondiElimina1)LA CHIESA È CAMBIATA DOPO IL CONCILIO VATICANO II? LA CRISI E LE CONSEGUENZE CHE IL PENSIERO MARXISTA-COMUNISTA HA PROVOCATO NELLA CHIESA, NEI SACERDOTI E NEI FEDELI
2) I CATTOLICI PSICOTICI E NEVROTICI: GLI UNI VORREBBERO ISOLARE LA CHIESA DAL MONDO, GLI ALTRI VORREBBERO IDENTIFICARLA CON IL MONDO.
3)LA CRISI SACERDOTALE: IL DIVORZIO TRA IL SACERDOTE E LA VITTIMA. CRISTO È SIA SACERDOTE CHE VITTIMA
4) LA CHIESA OGGI È COME IL POPOLO D’ISRAELE NEL DESERTO: (1) Disprezzo della Gerarchia, della Manna o dell’Eucaristia; (2) Ribellione contro l’autorità; (3) Mancanza di equilibrio durante un periodo di transizione.
BUONA LETTURA E RIFLESSIONE:
https://amicidifultonsheen.wordpress.com/2021/07/24/importanti-e-profetiche-riflessioni-di-fulton-sheen-nel-1974-sulla-crisi-della-chiesa-nel-post-concilio-la-chiesa-oggi-e-come-il-popolo-disraele-nel-deserto-1-disprezzo-della-gerarchia-della-m/
Segnalo un articolo, in francese:
RispondiElimina"Quando il papa dichiara la guerra ai suoi fedeli"
https://www.valeursactuelles.com/clubvaleurs/societe/quand-le-pape-declare-la-guerre-a-ses-propres-fideles/
Fino a dove si spingerà questo papa per desacralizzare la Chiesa cattolica?
Quanto disprezzo per i suoi fedeli mostra colui che dovrebbe essere un buon pastore per tutto il suo gregge, e quanto disprezzo per Benedetto XVI.
Dio solo sa perchè permette questa deriva che sembra inarrestabile.
Disprezzo per i fedeli si, per Benedetto no.come non capire che entrambi come i precedenti sono legati da un filo rosso inscindibile, che si chiama: attuazione del VatII. L' hanno dichiarato loro. Leggiamo anzi studiamo (capisco che è più facile affidarsi a simpatie,nostalgie, sentimenti,ma così non si approda a nulla)la Pascendi ma anche il Sillabo e il c.d. terzo sillabo, la Humani Grneris di Pio XII. È più faticoso, certo ,ma è solo nel Magistero che troviamo le risposte. E troveremo che S Pio X ci aveva avvertiti: è tipico dei modernisti usare freno e acceleratore. Con due passi avanti e uno indietro si va comunque avanti. Il gioco è questo , se non lo capiamo esultiamo o ci abbattiamo senza motivo. Bergoglio diventa il drappo rosso di fronte al toro , intanto l'eresia si impossessa di noi sotto le sembianze di una nostalgia assurda per un mite intellettuale personaggio , che pur ha svolto un ruolo non indifferente fin dai tempi giovanili per la sua promozione
EliminaPer una volta che qualcosa ha funzionato all'interno della Chiesa cattolica, qualcuno ha dovuto cercare di romperla: è a dir poco scandaloso che sia il Papa stesso. Da quando Benedetto XVI, attraverso il suo motu proprio Summorum pontificum del 2007, ha permesso loro di lasciare il ghetto, i tradizionalisti hanno continuato a svilupparsi. Molto in minoranza nella Chiesa, oggi forniscono una quota crescente di vocazioni - fino al 25% in Francia in alcuni anni. Al di là della crescita demografica delle sue famiglie numerose, questo ambiente riporta alla fede molti giovani, sedotti dalla sacralità della liturgia tradizionale e dall'evidenza con cui essa manifesta la presenza reale di Dio. Ora è questa liturgia che papa Francesco ha appena rimesso a messo in gabbia col suo motu proprio Traditionis custodes.
RispondiEliminaCon il suo testo ormai abrogato, Benedetto XVI aveva riaffermato la legittimità, riclassificandolo come “forma straordinaria”, del rito. Per Francesco la liturgia riformata è ormai “l'unica espressione” del rito romano. L'antico rito sarà tollerato solo per il tempo necessario ai suoi fedeli per “tornare” alla liturgia postconciliare. È dunque l'eventuale scomparsa dei tradizionalisti a cui il testo mira, e anzi una guerra totale che Francesco sta lanciando contro il movimento più giovane e dinamico della sua Chiesa.
[...]
Il resto è leggibile dolo per gli abbonati di Valeurs actuelles ma questo incipit è già ben chiaro
La "Luisa" che segnala è la nostra Luisa, da tempo assente e che non sono più riuscita a rintracciare?
RispondiEliminaNOI TRADIZIONALISTI SIAMO I PROFETI DEL FUTURO POSTMODERNO. I VERI AGGIORNATI SIAMO NOI
RispondiElimina"Voi cattolici avete resistito impavidi per quasi due secoli all’assedio della modernità. Avete ceduto proprio poco prima che il mondo vi desse ragione. Se tenevate duro ancora per un po’, si sarebbe scoperto che gli “aggiornati”, i profeti del futuro postmoderno eravate proprio voi, i conservatori. Peccato.
Un consiglio da laico: se proprio volete cambiare ancora, restaurate, non riformate. È tornando indietro, verso una tradizione che tutti vi invidiano e che avete gettato via, che sarete più in sintonia con il mondo d’oggi, che uscirete dall’insignificanza in cui siete finiti “aggiornandovi” in ritardo" . Con quali risultati, poi? Chi avete convertito da quando avete cercato di rincorrerci sulla strada sbagliata? (G.Vattimo)
Sì mic sono io....purtroppo non ho il tuo coraggio, la forza e le radici solide e profonde della tua fede, per non perdere completamente la fede ho trovato come sola soluzione la fuga lontano dal marasma allucinante di questa chiesa che sembra non aver più nulla di sacro ma compiacersi fino ai suoi vertici, o a partire dai suoi vertici, nella sua "melma" modernista per piacere ad un mondo che ha espulso il Signore dalle sue frontiere (ma che piega le ginocchia davanti al dio dei musulmani),con un papa che non ha che disprezzo per la Tradizione della Chiesa, per il suo passato, come se la Chiesa cattolica fosse nata con il CVII, per i suoi fedeli, per l`insegnamento di Cristo.
RispondiEliminaÈ una gran tristezza mista ad una santa collera (che del resto traspare nell`articolo di Valeurs actuelles), ho trovato l`allontanamento come solo rimedio.
Un carissimo saluto a te e ai lettori del tuo blog!
Grazie cara Luisa, bentornata tra noi, anche se forse io sono stato un po' eccessivo con le mie critiche a B XVI, nell' ottica di una rivisitazione critica del CV II e del neomodernismo da Roncalli a Bergoglio. Tutti insieme nella Resistenza Cattolica Antimodernista, ad maiorem Dei gloriam et salus animarum
Elimina
RispondiEliminaSe vi interessa qui il seguito dell`articlo di Valeurs actuelles:
Il Papa vieta ai vescovi di concedere loro ogni nuovo sviluppo. Le comunità esistenti celebreranno "fuori dalle chiese parrocchiali" (cioè l'insieme delle chiese) e saranno soppresse se giudicate provocatorie nei confronti della liturgia di Paolo VI o del Concilio. Il Vaticano II si pone come primo criterio di fede: invece di preoccuparsi del 70% dei cattolici americani che non credono che l'Eucaristia sia davvero il corpo di Cristo, il Papa vuole che crediamo soprattutto nel Concilio. È come se Francesco fosse il capo di una Chiesa che, più che adorare Dio, si autocelebra come istituzione che, per grazia del Vaticano II, ha liberato il cristianesimo dall'oscurantismo dei secoli passati. In questa Chiesa coloro che si preoccupano soprattutto di seguire Cristo e di mantenere viva l'eredità della Tradizione possono essere visti solo come nemici.
Sono accusati dal Papa (senza prove) di considerarsi la “vera Chiesa” e di “ferire l'unità” del cattolicesimo. Confondendolo con un'uniformità corporalizzata, è in nome dell'unità che il Papa li dedica alle catacombe, li pone sotto la sorveglianza di vescovi trasformati in semplici prefetti, li condanna a morte lenta nelle riserve indiane, nelle periferie dove promettiamo visitarli solo per guardarli. Secca, friabile, perentoria, la lettera che accompagna questi provvedimenti non ha una parola paterna per questi fedeli: traduce nei loro confronti solo disprezzo e sfiducia, con una violenza che ha sconvolto anche molti vescovi, che «si rammaricano in privato». A differenza dei lefebvriani della Fraternità Sacerdotale San Pio-X (FSSPX), avevano fatto la scelta della fedeltà a Roma e ora vengono premiati con un bastone. L'effetto principale di questa politica dello scarabocchio sarà quello di gettare i fedeli tra le braccia della FSSPX, il movimento più ostile al Vaticano II, e di assicurare al suo interno il trionfo della sua tendenza più dura, quella per cui nulla di buono potrebbe venire da Roma. ..
I tradizionalisti non si riconoscono nella caricatura dipinta dal Papa. Fanno notare che gli stessi vescovi francesi, in un rapporto a Roma, dovettero convenire che il loro rapporto con loro era ormai "pacificato". Sanno che essere cattolico non è essere discepolo di un concilio, sia esso Vaticano II, Nicea o Trento, ma discepolo di Cristo. Che le loro centinaia di giovani sacerdoti non hanno dato la vita per conformarsi a questo o quel concilio, ma per conformarsi a Cristo e portare la sua luce alle anime rinchiuse nella prigione del male e della disperazione. Chiedono semplicemente che ai loro sacerdoti sia permesso di fare del bene alle anime, piuttosto che tormentarle con litigi clericali di un'altra epoca.
Profondamente dispiaciuti per l'indelicatezza fatta a Benedetto XVI, che ha visto, impotente, il suo successore Francesco calpestare la sua eredità durante la sua vita, ferito a causa di quello che vogliono contro ogni previsione, considerando che il loro pastore li maltratta come pecore nere, i tradizionalisti soffrono soprattutto la dovere che venga eretto un nuovo muro, proprio da chi dice di odiarli soprattutto, tra i nostri contemporanei e la ricchezza redentrice offerta da Cristo nella sua liturgia. E, a questa decisione che sostituisce un motu proprio di pace liturgica con un altro di divisione, si deve la tunica dell'unità strappata proprio da colui che dovrebbe esserne il garante.
Copio e incollo da https://www.facebook.com/groups/460589750712022/
RispondiEliminaRenzo Puccetti è con Francesco Barachini.
Ritorno sommessamente sulla questione della S. Messa in rito antico.
L’accusa scagliata contro i fedeli che vi partecipano è quella di essere separati dalla comunione ecclesiale.
Ma come? Dopo che la maggioranza dei vescovi ha brigato in ogni modo per boicottare il motu proprio di Benedetto XVI per separare i caproni tradizionalisti creando per essi riserve indiane (non fosse mai che essi contaminassero col loro odore pastori e pecore immacolate e profumate), ora li si accusa di essere separati?
Ecco, ho qualche parola per voi, fratelli perseguitati:
La famiglia è la Chiesa domestica e dunque ci sia anche la S. Messa domestica, “dove né tignola né ruggine consumano”, come ai tempi dei fratelli nelle catacombe, come i fratelli del Giappone, come durante il furore rivoluzionario giacobino, come durante il comunismo di Stato o l’ateismo massonico messicano e l’islamismo militante.
Siate candidi come colombe ed astuti come serpenti e come insegna S. Paolo agli abitanti di Efeso “Ogni cosa fate senza querimonie e discussioni, affinché siate irreprensibili e sinceri, figliuoli di Dio senza macchia in mezzo a generazione perversa e corrotta, tra cui splendete come luminari del mondo”.
Restate saldi, Dio aprirà un sentiero.
Siete il viandante derubato e bastonato sulla via di Gerico. Per parte mia, con gioia accoglierò in voi il perseguitato di questo tempo e di questo luogo a me prossimo.
Working in progress
Mal che vada speriamo di trovare un/a capanna/nnone e Sacerdoti misericordiosi sicut Pater per dare Gloria a Dio
@ Luisa
RispondiEliminaBentornata, Luisa!!
Ricordo che, qualche anno fa, ci avevi abbandonato nauseata da alcune critiche, anche teologiche, che qui venivano fatte a Benedetto XVI ...
Dai, mettiamoci una pietra sopra! :-) ... Abbiamo bisogno anche di te!
Bentornata e coraggio nel Signore, ben piantata nel Cuore della Sua e nostra Madre. Solo qui possiamo sentirci al sicuro ma anche trovare fortezza e serenità per andare avanti su tutti i fronti, a partire dal nostro quotidiano.
RispondiEliminaTi pensavo lontana e con altre coordinate visto che non ero più riuscita a rintracciarti. Ma ti ho sempre portata nel cuore...
Sono felice che ti sei fatta viva recuperando anche la tua verve...
E grazie per il testo e per la traduzione!
Giulio Meotti:
RispondiElimina“Abolire la messa in latino è come dipingere sopra un affresco del Beato Angelico”. Scrittori e intellettuali contro la decisione di Papa Francesco. Il grande scrittore spagnolo Juan Manuel Prada: “Alle messe sdolcinate con le prediche politiche preferisco quella in latino”. Oggi la mia intervista a Michel Onfray sul tema: "Sono ateo, ma difendo questa civiltà contro coloro che vogliono ucciderla e obbediscono al catechismo della Cancel Culture…”
Per chi volesse rispolverare altre dichiarazioni di Michel Onfrai a Le Figaro, ho pubblicato qui
RispondiEliminahttps://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2021/07/michel-onfray-francesco-preferisce-le.html
radicatinellafede rnf
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=CkIty15U2WQ&t=1s
IX Domenica dopo Pentecoste in rito tradizionale a Vocogno in Val Vigezzo (VB).
Omelia di don Alberto Secci: hanno svuotato Cristo
Domenica 25 Luglio 2021.
****
Sito WEB: http://www.radicatinellafede.com
Canale Gloria.Tv: https://gloria.tv/usquequo
Tornando a Luisa. Anche tu ti porti nel cuore tutte le nostre kilometriche chiacchierate dagli orizzonti innumerevoli esplorati con sguardi mai sazi ?
RispondiEliminaNotevole la similitudine di Meotti
RispondiEliminaAPRITE LE PORTE AL SANTO SACRIFICIO DELLA MESSA!
RispondiEliminaNon si tratta solo di una questione liturgica, bensì dottrinale:
il Sacrificio della Croce - che è la Misericordia di Dio - ha senso alla luce del peccato, della giustizia, del Giudizio. Ha senso alla luce che solo Cristo e la Sua Chiesa sono Verità, Salvezza e Redenzione. Ha senso perché è il Battesimo a renderci fratelli in Cristo.
Ha senso alla luce del fatto che l'uomo non è un essere divino, che l'uomo non è un essere che è chiamato a prendere coscienza di sé stesso e della sua energia spirituale, ma è l'erede colpevole di Adamo, ferito dal peccato e bisognoso di redenzione. Ha senso perché rende ragione dell'ordine sacerdotale, istituito proprio per celebrare il Sacrificio.
Ha senso perché rende ragione del dovere missionario di "esorcismo ed evangelizzazione" che la Chiesa, sacramentalmente, opera nel mondo. Ha senso alla luce del fatto che, sempre nel mondo, opera spiritualmente e materialmente il diavolo, principe di questo mondo, il quale più di ogni cosa odia - ovviamente - il Sacrificio della Croce e ogni cattolico Altare.
La pecora passa tutta la vita con la paura del lupo. Alla fine la mangia il pastore.
RispondiEliminaPrima di tutto Bentornata alla sig.ra Luisa di cui ho sentito la mancanza, una piccola nota, il gruppo che partecipava alla Messa VO in chiesa 'normale' sia pure in compagnia di ortodossi del Patriarcato di Costantinopoli e Uniati ortodossi ucraini, è stato cortesemente invitato a togliere il disturbo, fortunatamente possiede una propria struttura provvisoria, la legge è legge solo sotto certi sovrani.......Lupus t Agnus.
RispondiEliminaIn altri termini il TC ci è arrivato in testa come una tegola insieme all'obbligo del Green Pass. Una coincidenza casuale?
RispondiEliminaBentornata Luisa!
RispondiEliminaBen comprendo il silenzio e la distanza per contrastare la tua fatica (e la tua rabbia).
Oggi la Chiesa, anche quando riesce a comprendere con lucidità la gravità della situazione, rimane sempre attaccata al dovere del "dialogo" con il mondo, facendo fatica a percepire la radicale separazione (tipica di Dio) tra il mondo e Cristo, due regni antagonisti.
Ingannati dal demonio confondiamo la separazione (opera di Dio: luce e tenebre, acque ed asciutto, capri e pecore...) con la divisione (opera di Satana: peccati, odio, contesa) e con l'indecifrabile scusa dell'unione tra noi finiamo con il fare comunione con il mondo separandoci da Dio!
E' un po' la scusa di chi in San Francesco vede "il giullare di Dio" e il filantropico ambientalista caro al mainstream, quasi che le stigmate e le estasi mistiche facessero parte del fare il pagliaccio a favore di massmedia e potenti del mondo invece di essere l'incipit del riparare la Chiesa (la Chiesa di Cristo), ritirandosi sulla nuda roccia dell'eremo e morendo tra le braccia degli angeli!
Bando quindi allo spirito del tempo e non confondiamoci con chi crede S. Francesco un giullare bonaccione e ridanciano: la sua "perfetta letizia" è rifiuto, umiliazione, povertà. E' croce. La croce è la via. Contemplarla, nella letizia spirituale del nono coro angelico, del francescano San Bonaventura, è un'elevazione della mente in Dio.
Non è l'abbassamento della fede in Cristo ad un generico interesse per il mondo, in dialogo.
Certo Maria, come potrei dimenticare quei momenti di condivisione così preziosi e ricchi, scusatemi, te e chi ci legge, per le mie parole dure e senza nuance (e ancora mi trattengo di dire il fondo del mio pensiero...)che esprimono purtroppo la realtà di quel che sento e penso di questo papa e di come sta conducendo la "sua" chiesa nella quale non posso riconoscermi.
RispondiEliminaUn carissimo saluto a tutti e grazie per la vostra accoglienza!
"Per tutelare il nuovo razzismo scendono in campo le nuove SS, Sesso & Sanità…"
RispondiEliminahttp://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV4045_Veneziani_Razzismo_sanitario.html
Posti assegnati, vigilantes con gilet catarifrangente, omelia cantata con richiami a Will E. Coyote, indiani Sioux e Renato Zero, preghiera dei fedeli sui giochi olimpici come occasione di fraternità tra i popoli, comunione in mano.
RispondiEliminaEd è subito Novus Ordo Missae ovvero "l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano."
Cit. Stefano Bataloni
Oggi secondo il pensiero dominante bisogna essere inclusivi, adepti della intersezionalità, piegare le ginocchia non per adorare Nostro Signore Gesù Cristo ma non si sa troppo davanti a chi e per per lottare contro, ci dicono, le violenze, il razzismo, e tutte le xxxxfobie ( la lista diventa sempre poù lunga ) in quella neolingua adottata(non so se in Italia avete la stessa situazione) da tutti i media, nelle scuole, dai politici, e dal clero inclusivista, poca o nessuna differenza fra il discorso di un politico e quello di un vescovo, i soli ad aver il coraggio di non allinearsi su quel pensiero conforme e conformista sono bollati con mille etichette sprezzanti, nessuna sorpresa dunque che chi dirige oggi la chiesa voglia eliminare quelle pietre d`inciampo sul suo cammino devastatore.
RispondiEliminaOggi osserviamo come la tirannia delle minoranze dirige le nostre società occidentali imponendo la sua legge alla maggioranza, nella chiesa di Bergoglio non so quanto e come vadano le cose a livello frequentazione delle chiese, formazione del clero, nomine, ecc., immagino che il papa ha fatto in modo di assicurare la sua successione per installare una maggiornaza a lui ligia nel futuro Conclave, nella chiesa cattolica nessuna tirannia della minoranza, è contro di essa che la tirannia si esercita, ma come si può disprezzare a tal punto le forze vive, la fede forte e sincera di una parte del gregge?
Si può, si può, quando si trasforma il Credo perchè oggi bisogna credere la chiesa nata con il CVII, credo la chiesa conciliare e cancello il passato e se non ci stai ti neutralizzo.
“C’è quello spirito di clericalismo nella Chiesa, che si sente: i chierici si sentono superiori, i chierici si allontanano dal popolo, i chierici dicono sempre: questo si fa così, così, così, o te ne vai!” (papa Francesco, meditazione 13 dicembre 2016).
RispondiEliminaLo spigolatore romano
ECCLESIA DEI ADFLICTA EST
RispondiEliminall proibizionismo liturgico inaugurato nei giorni scorsi cosa produrrà, e dove porterà? Un vescovo ha già detto che le decisioni del papa si ritorceranno contro di lui come un boomerang. Questo perché ciò che viene proibito può vantare oltre quindici secoli di storia e di uso ininterrotto da parte di tutti i papi. Ma non è il proibizionismo liturgico il problema. Anzi, questo, per dirla in termini moderni, è un clamoroso autogol al novantesimo minuto che ha già fatto e farà una pubblicità immensa al rito antico e che produrrà ciò che produce ogni proibizionismo: peggiorerà in ogni modo i problemi che pretendeva di risolvere e non sradicherà ma, anzi radicherà ancor di più l'attaccamento al messale detto di Pio V. Il problema ben più grave che questo motu proprio pone in essere è sfuggito ai più. Nel momento in cui Francesco afferma che unicamente i libri liturgici del Novus Ordo "sono l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano" (m.p. Traditionis custodes, art. 1) significa che i libri anteriori non rappresentano la lex orandi della Chiesa. Questa affermazione è di una gravità inaudita perché, de facto, riconosce che la chiesa postconciliare ha una lex orandi diversa da quella preconciliare. Detto in parole povere questo significa che la chiesa di oggi non è più la Chiesa di ieri e di sempre, significa che la chiesa postconciliare ha cambiato la fede. E questo è assolutamente vero nella realtà pratica, mai però prima d'ora era stato detto non solo in un documento ufficiale ma addirittura in una legge! Un motu proprio, lo ricordiamo, è infatti una legge. Non tutti, come dicevamo, hanno percepito la gravità di una simile affermazione che aggiunge problemi a problemi. Papa Francesco non potrà sfuggire un domani ad un vero e proprio processo che i suoi successori dovranno fare su di lui. Il motu propro Traditionis custodes tocca l'essenza stessa della Chiesa. In più oltre a portare fedeli alla Fraternità san Pio X, è la più solenne attestazione della opportunità e pure della liceità dell'azione e della reazione dell'arcivescovo Lefevbre che si oppose quindi allo snaturamento della Chiesa di Dio (Ecclesia Dei) ed alla sua sostituzione con una chiesa degli uomini. Ecclesia Dei adflicta est. La Chiesa di Dio è afflitta. Non però per ciò che fece il vescovo francese. No. Ma per ciò che ha fatto il papa piemontese-ligure-argentino e i modernisti!
Cit. Lo spigolatore romano
https://www.catholicworldreport.com/2021/07/22/rigeo-riges-rigere/
RispondiEliminaLes conservateurs (du concile Vatican II) accusent depuis plus de 50 ans Mgr Lefebvre et ses disciples d'être des "désobéissants" en rupture avec l'Église conciliaire, bref, des "schismatiques".
RispondiEliminaMais l'Église conciliaire (ainsi définie par Mgr Benelli, substitut du pape Paul VI) est-elle vraiment l'Église de toujours, c'est-à-dire l'Église catholique ?
Il existait jusqu'à tout récemment beaucoup de confusion sur cette question, les uns répondant oui, les autres non.
Depuis la publication de "Custodes traditionis", le doute n'est plus permis.
S'il est vrai que la prière publique de l'Eglise manifeste ce qu'elle croit (en vertu de l'adage séculaire "Lex orandi, lex credendi"), alors la volonté de Bergoglio de supprimer le rite antérieur au concile Vatican II, et de ne plus admettre que le rite réformé, a le mérite de démontrer, pour ainsi dire par a + b, la parfaite incompatibilité de ces deux rites, ainsi que celle des doctrines qu'ils expriment.
Il y a, effectivement, depuis 1969, une nouvelle liturgie (et donc une nouvelle doctrine), celle de l'Église conciliaire, qui exclut la liturgie et la doctrine d'avant Vatican II, celle de l'Église catholique.
Mais si l'Église conciliaire rejette ET la liturgie ET la doctrine qui lui est sous-jacente, peut-elle encore légitimement se dire l'héritière de l'Église catholique ?
Il fallait qu'un jour ou l'autre fût mis un terme à la confusion régnant depuis trop longtemps sur ce sujet.
Avec "Custodes traditionis" c'est désormais chose faite. Et l'on peut naturellement en conclure — comme le faisait logiquement Mgr Lefebvre — que c'est désormais l'Église conciliaire qui est en état de schisme par rapport à l'Église catholique.
Ainsi les choses désormais sont claires. Reconnaissons-en tout le mérite à Bergoglio.
Luisa,
RispondiEliminache piacere rivedere il Suo nome.
Anche io non scrivo più.
E poi, anche se lo facessi, verrei censurato, a prescindere da ciò che scriverei.
Vorrei rivolgerLe un saluto cordiale, ricordando i bei tempi di MIL (2011?): erano anni fortunati e purtroppo non ce ne rendavamo conto.
Anche io provo un disagio enorme nei confronti di Bergoglio: ma chi beve ancora la favoletta del Papa umile e misericordioso?
Aveva visto giusto Kolvenbach, quando diede preavviso negativo alla sua nomina a vescovo ausiliare di Buenos Aires.
Però devo dire che più passa il tempo e più nutro qualche perplessità anche nei confronti di Benedetto: sono trascorsi oltre 8 anni dalla sua rinuncia ed è ancora fra noi (che resti ancora a lungo). Poteva di sicuro rimanere Papa ancora qualche anno. In fondo il responsabile di questo casino è proprio lui.
Caramente
RispondiElimina# spigolatore
Che le dichiarazioni del papa sulla Messa NO unica lex orandi della Chiesa rappresentassero una ufficiale rottura con la Tradizione della Chiesa, mettendo riforme ispirate dal Concilio e quindi il Concilio, in contraddizione con la Chiesa di sempre (cosa che finora si era tenuta sempre occultata), ciò era stato detto anche in precedenti interventi su questo blog.
Comunque, fa piacere che questo punto essenziale sia messo in rilievo da più parti.
Bisogna lavorarci sopra in modo scientifico, traendone le necessarie implicazioni teologiche.
Ottimo intervento, come sempre. C'è però un'imprecisione circa gli starovieri: il patr. Nikon impose l'uso greco (de facto però una sua variante che definiamo bizantino-slavo) contro l'uso russo, con la scusa di dover rivedere le traduzioni slavoniche (effettivamente corrottesi in un clima tempestoso come quello della Russia pre-Romanov e senza la stampa) sugli originali greci; parliamo di due riti entrambi apostolici, solo di due ambienti culturali diversi; assomiglia, se vogliamo, all'arbitrio con cui molti vescovi dopo Trento (senza peraltro che la Quo primum li obbligasse, anzi!) abbandonarono l'uso proprio del luogo per passare al messale romano. Non fu la proibizione di un rito apostolico per imporre un rito creato a tavolino, come se l'autorità potesse creare e modificare riti come gli pare.
RispondiEliminaIncendio devastante in Sardegna....si presume anche il... dolo.
RispondiEliminahttps://apostatisidiventa.blogspot.com/2021/07/il-duo-vestito-di-bianco.html
RispondiEliminaA partire dalla constatazione che la neochiesa postconciliare rigetta e la liturgia e la dottrina ante CVII, che mai, durante i secoli, malgrado scandali vari la Dottrina è stata attaccata con una tale violenza, che si fa?
RispondiEliminaQuando le visioni della Beata Emmerich si stanno avverando sotto i nostri occhi, che si fa?
Si va tutti dai "Lefebvriani"?
Si celebra nelle catacombe?
O si sceglia la fuga, in una relazione personale con il Signore, lontano da scempi insopportabili, come una sorta di legittima difesa?
Quel che mi consola è sapere che la Chiesa non è una creazione umana ma divina, anche se quel che vedo oggi è una chiesa opera di mani e menti umane e senza sacralità e anche se forse chiuderò gli occhi prima di poterlo vivere, ho fiducia che saranno proprio coloro che Bergoglio (non è solo e non è il primo in questa crociata contro la Tradizione ma probabilmente il più violento e deciso) vuole zittire che riporteranno la luce nelle tenebre.
Si parla molto di decostruzionismo, di decostruire il passato, la storia, la famiglia, i valori, i « generi »,in fondo non è forse quel è quel che sta facendo Jorge Bergoglio?
Anche in questo è molto moderno e in simbiosi con il conformismo del mondo.
Si va tutti dai "Lefebvriani".
RispondiElimina
RispondiElimina"Unam Sanctam", il "bizantino", cerca sempre di denigrare il Concilio di Trento.
Quel che mi domando è ma se la sacra Liturgia diciamo preconciliare...andava bene ai nostri Santi, perfino a San Francesco uno dei solo Santi che si salva dagli strali modernisti, come mai ora non sarebbe più sopportabile, adeguata, buona per la salvezza delle anime e per l`adorazione?
RispondiEliminaQuella Liturgia ha santificato tante anime, ancora oggi è da quella Liturgia che sono attratti molti giovani che percepiscono e vivono la sacralità di cui sentono il bisogno, la liturgia riformata, che è andata ben oltre quel che prevedeva la Costituzione conciliare, ha forse riempito i seminari, le chiese, rinforzato la fede della Chiesa?
Non mi sembra, eppure c`è chi sente il bisogno impellente di spegnere le poche fiammelle che ancora portano un pò di luce, di calore e di speranza.
Caro Osservatore, pure io non posso impedirmi di pensare che all`origine di questo scempio, o della sua accelerazione, c`è la rinuncia di Benedetto XVI, ma mi dico che difficilmente potrebbe condurre la Chiesa visto il suo stato di salute, sembra che stenti anche a parlare, ma confesso che non seguo più l`attualità romana.
Dio solo sa il perchè di questo naufragio.
Aspetteremo un segno che ci verrà dato, nel frattempo ognuno si organizzerà come meglio, o meno peggio può, però leggendo sempre i vari commenti, mi aspetterei un po' più di fiducia nell'attesa che il Signore ci faccia capire, se ha permesso che tutto questo accadesse, è il Suo volere e i Suoi pensieri non sono e mai saranno i nostri. Ad meliora.
RispondiElimina...perchè no tutti lefebvriani?Se mons. Lefebvre riteneva scismatica la chiesa di Paolo VI o almeno affermava di non essere lui scismatico ma Paolo VI ... come si dice sopra nei commenti ... possiamo dire che ha anticipato troppo i tempi? A me pare di sì anche perchè comunque li ha firmati i documenti del concilio a cui ha presenziato accompagnando il card. Lienart che chiese le modifiche dei testi preparatori... ed allora qualcosa non quadra da quanto riesco a capire ...Paolo VI fu scismatico o no? Ai posteri l'ardua sentenza.Per me cercava di contenere gli eretici .... Ora invece è scismatico Bergoglio? Come dottrina, liturgia, morale lo è in modo pubblico e visibile confermato da questo suo ultimo enunciato che dichiara non Chiesa la Chiesa di venti secoli. In epoca di doppio papato quando qualsiasi cattolico sa che di Pietro ce ne sta uno solo e l'emerito afferma di portarsi il munus alla tomba. Ora si può accettare una tale dichiarazione che smonta venti secoli gettandoli in pattumiera? E quindi getta in pattumiera Cristo ed i suoi Apostoli: Bergoglio ne sa più di loro tutti.., ma i preti locali la pensano in tal modo da 3 decenni almeno per mia esperienza diretta... che il boomerang torni velocemente al mittente sia la nostra assillante preghiera.
RispondiElimina
RispondiEliminaLa firma di mons. Lefebvre ai documenti conciliari, scambiata per il suo voto - un equivoco che non si riesce a chiarire.
La firma a ciascun documento richiesta da Paolo VI non era la stessa cosa del voto al documento stesso.
La differenza è spiegata da mons. Bernard Tissier de Mallerais nella sua biografia di mons. Marcel Lefebvre.
Una volta votate in aula al Concilio in seduta plenaria col papa i vari schemi, il papa le promulgò oralmente, come da regolamento. Non contento, fece passare dei grandi fogli portanti in testa i titoli dei documenti approvati (p.e. De Dignitatis humanae), "sui quali i Padri conciliari furono invitati a mettere la loro firma, preceduta dalla parola EGO, a significare l'unione di ciascuno di loro all'atto di promulgazione effettuato dal papa, capo del collegio conciliare." [Ci si poteva anche far rappresentare da un "procurator" nell'apporre questa firma]. Su questi grandi fogli si trovano le firme di mons. Lefebvre e di mons. Antonius de Castro Mayer. Pertanto, i due prelati, "dopo aver fino all'ultimo votato contro lo schema sulla libertà religiosa, firmarono la promulgazione della dichiarazione Dignitatis humanae, che la legittimava." Spiega mons. Tissier de Mallerais: "Potrebbe sembrare un voltafaccia ma non dobbiamo sorprenderci. Una volta promulgato dal papa, una schema non era più uno schema ma un atto del magistero, mutando in tal modo di natura." (Bernard Tissier de Mallerais, Marcel Lefebvre. Une vie, Clovis, 2002, pp. 332-333.)
Integro: con la firma i Padri si associavano alla p r o m u l g a z i o n e dello schema diventato documento ufficiale della Chiesa, avessero essi votato o meno a favore dello stesso durante le discussioni precedenti e la votazione finale. Votazione e promulgazione erano due atti distinti e di diverso significato. La promulgazione spettava al solo Pontefice: esigendo la firma dei presenti costui voleva evidentemente sottolineare l'unità del Concilio attorno alla sua persona. Unità formale, per quella minoranza che al dunque aveva votato contro. Mons. Lefebvre votò contro la Dichiaraz. sulla libertà religiosa e la Gaudium et spes (lo ha detto e ribadito), pur avendo ovviamente firmato l'associazione collettiva alla loro promulgazione, richiesta dal papa.
Non bisogna quindi confondere questa "firma" di tipo notarile con il voto vero e proprio al singolo documento conciliare.
E invece si continua a confondere. Lo stesso Paolo VI, nel tempestoso colloquio, sempre corretto nella forma perché Montini era sempre di modi cortesi e signorili - colloquio che ebbe con mons Lefebvre a CAstelg. l' 11 sett 1976, rinfacciò ad un certo appunto a mons. Lefebvre : ".. un Concilio dopotutto i cui atti sono stati firmati anche da lei." Nota bene: disse giustamente "firmati", non "approvati", pur volendo dare a quella firma un significato di approvazione all'intero Concilio Mons. Lefebvre gli ribadì che c'erano testi del Conc. che contraddicevano l'insegnamento di Gregorio XVI e Pio IX. Al che Paolo VI rispose: "lasciamo da parte questo, non siamo qui per discutere di teologia." Paolo VI voleva mantenere la questione sul solo piano disciplinare, et pour cause.
(Fonte, per l'udienza di CG: il resoconto ufficiale pubblicato dal proton. apost. mons. Sapienza ivi presente, nel libro "La barca di Paolo", recensito su 'La Tradizione Cattolica', 2018, 2 (107), pp. 30-41; p. 39). Per inciso, Paolo VI rinfacciò a mons. LF
di far firmare ai suoi sacerdoti un giuramento contro il Papa! Pura falsità. Era una delle tante calunnie che circolavano sulla FSSPX.
PP
RispondiEliminaMons. Lefebvre sarebbe andato al Concilio "accompagnando" il card. Liénart?
Che significa? E da dove risulterebbe questa notizia?
Mons. Lefebve apparteneva a tutt'altro schieramento, opposto a quello
di Liénart, uno dei Novatori più spinti.
Bisognerebbe spiegare meglio.