Ripropongo per i nuovi lettori, ma anche per il nostro approfondimento, testi che appartengono alla vena aurea dei tesori che La Catholica ci ha tramandato e che noi disseppelliamo per rimeditarli e perché non siano consegnati all'oblìo e continuino a nutrire anche questa generazione e quelle che verranno.
Richiamo alcuni precedenti: Tempore Adventus [qui]; Dominica prima Adventus e Mistica dell'Avvento, dom Prosper Guéranger [qui]; L'Avvento è tempo di silenzio... Il Cielo presente sulla terra [qui]; Nell’Avvento viviamo l’innocenza e l’eterna infanzia di Dio [qui]; È di nuovo Avvento [qui].
Dominica prima Adventus
Intróitus Ps. 24, 1-3 - Ad te levávi ánimam meam: Deus meus, in te confído, non erubéscam: neque irrídeant me inimíci mei: étenim univérsi, qui te exspéctant, non confundéntur. Ps. 24, 4 - Vias tuas, Dómine, demónstra mihi: et sémitas tuas édoce me. Glória Patri… Ps. 24, 1-3 - Ad te levávi ánimam meam: |
Introito Sal. 24, 1-3 - A Te ho innalzato l’ànima mia: Dio mio, in Te confido, che io non abbia ad arrossire, né abbiano a deridermi i miei nemici: poiché quelli che confidano in Te non saranno confusi. Sal. 24, 4 - Mostrami le tue vie, o Signore, e insegnami i tuoi sentieri. Gloria al Padre… Sal. 24, 1-3 - A Te ho innalzato l’ànima mia:… |
Questa Domenica, la prima dell’Anno Ecclesiastico, è chiamata, nelle cronache e negli scritti del medioevo, la Domenica Ad te levavi, dalle prime parole dell’Introito, oppure anche la Domenica Aspiciens a longe, dalle prime parole d’uno dei Responsori del Mattutino.
EPISTOLA (Rm 13,11-14). – Fratelli, riflettiamo che è già l’ora di svegliarsi dal sonno; perché la nostra salvezza è più vicina ora di quanto credemmo. La notte è inoltrata e il giorno si avvicina: gettiamo dunque via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Viviamo onestamente, come di giorno; non nelle crapule e nelle ubriachezze; non nelle mollezze e nell’impudicizia; non nella discordia e nella gelosia; ma rivestiti del Signore Gesù Cristo.
EPISTOLA (Rm 13,11-14). – Fratelli, riflettiamo che è già l’ora di svegliarsi dal sonno; perché la nostra salvezza è più vicina ora di quanto credemmo. La notte è inoltrata e il giorno si avvicina: gettiamo dunque via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Viviamo onestamente, come di giorno; non nelle crapule e nelle ubriachezze; non nelle mollezze e nell’impudicizia; non nella discordia e nella gelosia; ma rivestiti del Signore Gesù Cristo.
Il Salvatore che aspettiamo è dunque la veste che coprirà la nostra nudità. Ammiriamo in questo la bontà del nostro Dio il quale, ricordandosi che l’uomo si era nascosto dopo il peccato, perché si sentiva nudo, vuole egli stesso servirgli di velo, e coprire tanta miseria con il manto della sua divinità. Siamo dunque preparati al giorno e all’ora in cui egli verrà, e guardiamoci dal lasciarci cogliere dal sonno dell’abitudine e della mollezza. La luce risplenderà presto; facciamo sì che i suoi primi raggi rischiarino la nostra giustizia, o almeno il nostro pentimento. Se il Salvatore viene a coprire i nostri peccati affinché non appaiano più, noi almeno distruggiamo nei nostri cuori ogni affetto a quegli stessi peccati; e non sia mai detto che abbiamo rifiutato la salvezza. Le ultime parole di quest’Epistola caddero sotto gli occhi di sant’Agostino quando egli, spinto da lungo tempo dalla grazia divina a consacrarsi a Dio, volle obbedire alla voce che gli diceva: Tolle, lege; prendi e leggi. Esse decisero la sua conversione; egli risolse d’un tratto di romperla con la vita dei sensi e di rivestirsi di Gesù Cristo. Imitiamo il suo esempio in questo giorno: sospiriamo ardentemente la cara e gloriosa divisa che presto sarà messa sulle nostre spalle dalla misericordia del nostro Padre celeste, e ripetiamo con la Chiesa le commoventi suppliche con le quali non dobbiamo temere di affaticare l’orecchio del nostro Dio.
VANGELO (Lc 21,25-33). – In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: Vi saranno dei segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra costernazione delle genti spaventate dal rimbombo del mare e dei flutti; gli uomini tramortiranno dalla paura nell’aspettazione delle cose imminenti a tutta la terra; perché le potenze dei cieli saranno sconvolte. E allora vedranno il Figlio dell’uomo venire con grande potenza e gloria sopra le nubi. Or quando cominceranno ad avvenire queste cose, alzate il vostro capo e guardate in alto, perché la redenzione vostra è vicina. E disse loro una similitudine: Osservate il fico e tutte le altre piante. Quando le vedete germogliare, voi sapete che l’estate è vicina. Così pure quando vedrete accadere tali cose sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità vi dico, che non passerà questa generazione avanti che tutto ciò s’adempia. Cielo e terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Dobbiamo dunque aspettarci di veder giungere d’improvviso la tua terribile Venuta, o Gesù! Presto tu verrai nella tua misericordia per coprire le nostre nudità, come veste di gloria e d’immortalità; ma tornerai un giorno, e con sì terrificante maestà che gli uomini saranno annientati dallo spavento. O Cristo, non perdermi in quel giorno d’incenerimento universale. Visitami prima nel tuo amore. Voglio prepararti la mia anima. Voglio che tu nasca in essa, affinché il giorno in cui le convulsioni della natura annunceranno il tuo avvicinarsi, possa levare il capo, come i tuoi fedeli discepoli che, portandoti già nel cuore, non temevano affatto la tua ira.
PREGHIAMO
Risveglia, Signore, la tua potenza e vieni; affinché meritiamo d’essere sottratti colla tua protezione e salvati col tuo aiuto dai pericoli che ci sovrastano a causa dei nostri peccati.
(da: dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico. – I. Avvento – Natale – Quaresima – Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 36-40)
* * *
Storia dell'AvventoIl nome dell'Avvento
Si dà, nella Chiesa latina, il nome di Avvento [1] al tempo destinato dalla Chiesa a preparare i fedeli alla celebrazione della festa di Natale, anniversario della Nascita di Gesù Cristo. Il mistero di questo grande giorno meritava senza dubbio l'onore d'un preludio di preghiera e di penitenza: cosicché sarebbe impossibile stabilire in maniera certa la prima istituzione di questo tempo di preparazione, che ha ricevuto solo più tardi il nome di Avvento [2].
L'Avvento deve essere considerato sotto due diversi punti di vista: come un tempo di preparazione propriamente detta alla Nascita del Salvatore, mediante gli esercizi della penitenza, o come un corpo d'Uffici ecclesiastici organizzato con lo stesso fine. Fin dal secolo V troviamo l'uso di fare delle esortazioni al popolo per disporlo alla festa di Natale; ci sono rimasti a questo proposito due sermoni di san Massimo di Torino, senza parlare di parecchi altri attribuiti una volta a sant'Ambrogio e a sant'Agostino, e che sembrano essere invece di san Cesario d'Arles. Se tali documenti non ci indicano ancora la durata e gli esercizi di questo tempo sacro, vi riscontriamo almeno l'antichità dell'uso che distingue mediante particolari predicazioni il tempo dell'Avvento. Sant'Ivo di Chartres, san Bernardo, e parecchi altri dottori dell'XI e del XII secolo hanno lasciato speciali sermoni de adventu Domini, completamente distinti dalle Omelie domenicali sui Vangeli di questo tempo. Nei Capitolari di Carlo il Calvo dell'anno 864, i vescovi fanno presente a quel principe che egli non deve richiamarli dalle loro chiese durante la Quaresima né durante l'Avvento sotto il pretesto degli affari di Stato o di qualche spedizione militare, perché essi hanno in quel periodo dei doveri particolari da compiere, principalmente quello della predicazione.
Un antico documento in cui si trovano, precisati, in maniera sia pure poco chiara, il tempo e gli esercizi dell'Avvento, è un passo di san Gregorio di Tours, al decimo libro della sua Storia dei Franchi nel quale riferisce che san Perpetuo, uno dei suoi predecessori, che occupava la sede verso il 480, aveva stabilito che i fedeli digiunassero tre volte la settimana dalla festa di san Martino fino a Natale [3]. Con quel regolamento, san Perpetuo stabiliva un'osservanza nuova, o sanzionava semplicemente una legge già esistente? È impossibile determinarlo con esattezza oggi. Rileviamo almeno questo intervallo di quaranta giorni o piuttosto di quarantatré giorni, designato espressamente, e consacrato con la penitenza come una seconda Quaresima, sebbene con minor rigore [4].
Troviamo quindi il nono canone del primo Concilio di Mâcon, tenutosi nel 583, il quale ordina che, durante lo stesso intervallo da san Martino al Natale, si digiunerà il lunedì, il mercoledì, il venerdì, e si celebrerà il sacrificio secondo il rito Quaresimale. Qualche anno prima, il secondo Concilio di Tours, tenutosi nel 567, aveva ordinato ai monaci di digiunare dall'inizio del mese di dicembre fino a Natale. Questa pratica di penitenza si estese a tutti i quaranta giorni per i fedeli stessi; e si chiamò volgarmente la Quaresima di san Martino. I Capitolari di Carlo Magno, al libro sesto, non ne lasciano alcun dubbio; e Rabano Mauro attesta la medesima cosa nel secondo libro della Istituzione dei chierici. Si facevano anche particolari festeggiamenti nel giorno di san Martino, come si fa ancor oggi all'avvicinarsi della Quaresima e a Pasqua.
Variazioni nelle osservanze.
L'obbligo di questa Quaresima che, cominciando a pesare in modo quasi impercettibile, era cresciuto successivamente fino a diventare una legge sacra, diminuì grado a grado; e i quaranta giorni da san Martino a Natale si trovarono ridotti a quattro settimane. Si è visto come l'usanza di tale digiuno fosse cominciata in Francia; ma di qui si era diffusa in Inghilterra, come apprendiamo dalla Storia del Venerabile Beda; in Italia, come consta da un diploma di Astolfo, re dei Longobardi († 753); in Germania, in Spagna [5], ecc., ma se ne possono vedere le prove nella grande opera di dom Martène sugli antichi riti della Chiesa. Il primo indizio che riscontriamo della riduzione dell'Avvento a quattro settimane si può ritenere che sia, fin dal IX secolo, la lettera del Papa san Nicola I ai Bulgari. La testimonianza di Raterio di Verona e di Abbondio di Fleury, autori appartenenti entrambi allo stesso secolo, serve anche a provare che fin d'allora si discuteva molto per diminuire d'un terzo la durata del digiuno dell'Avvento. È vero che san Pier Damiani, nell'XI secolo, suppone ancora che il digiuno dell'Avvento fosse di quaranta giorni e che san Luigi, due secoli dopo, continuava ad osservarlo in questa misura; ma forse questo santo re lo praticava in tal modo per un trasporto di devozione particolare.
La disciplina della Chiesa d'Occidente, dopo essersi rilassata sulla durata del digiuno dell'Avvento, si raddolcì presto al punto da trasformare tale digiuno in una semplice astinenza; si trovano inoltre dei Concili fin dal XII secolo, come quello di Selingstadt del 1122, che sembrano obbligare soltanto i chierici a tale astinenza [6]. Il Concilio di Salisbury, nel 1281, pare anch'esso obbligarvi solo i monaci. D'altra parte, è tale la confusione su questa materia, senza dubbio perché le diverse chiese d'Occidente non ne hanno fatto l'oggetto di una disciplina uniforme, che, nella sua lettera al Vescovo di Braga, Innocenzo III attesta che l'uso di digiunare per tutto l'Avvento esisteva ancora a Roma al suo tempo, e Durando, sempre nel XIII secolo, nel suo Razionale dei divini Uffici, testimonia ugualmente che il digiuno era continuo in Francia per tutta la durata di quel tempo sacro.
Comunque sia, questa usanza venne sempre più diminuendo di modo che tutto quello che poté fare nel 1362 il Papa Urbano V per arrestarne la caduta completa, fu di obbligare tutti i chierici della sua corte a conservare l'astinenza dell'Avvento, senza alcuna menzione del digiuno, e senza comprendere affatto gli altri chierici, e tanto meno i laici, sotto questa legge. San Carlo Borromeo cercò anch'egli di risuscitare lo spirito, se non la pratica, dei tempi antichi nelle popolazioni del Milanese. Nel suo quarto Concilio, ordinò ai parroci di esortare i fedeli a comunicarsi almeno tutte le domeniche della Quaresima e dell'Avvento, e indirizzò quindi ai suoi stessi diocesani una lettera pastorale in cui, dopo aver loro ricordato le disposizioni con le quali si deve celebrare questo sacro tempo, faceva istanza per condurli a digiunare almeno il lunedì, il mercoledì e il venerdì di ciascuna settimana. Infine, Benedetto XIV ancora arcivescovo di Bologna, calcando così gloriose orme, ha consacrato la sua undicesima Istituzione Ecclesiastica a ridestare nello spirito dei fedeli della sua diocesi la sublime idea che i cristiani avevano un tempo del tempo dell'Avvento, e a combattere un pregiudizio diffuso in quella regione, cioè che l'Avvento riguardava le sole persone religiose, e non i semplici fedeli. Egli dimostra che questa asserzione, salvo che la si intenda semplicemente del digiuno e dell'astinenza, è di per sé temeraria e scandalosa, poiché non si potrebbe dubitare che esiste, nelle leggi e nelle usanze della Chiesa universale, tutto un insieme di pratiche destinate a mettere i fedeli in uno stato di preparazione alla grande festa della Nascita di Gesù Cristo.
La Chiesa greca osserva ancora il digiuno dell'Avvento, ma con molto minore severità rispetto a quello della Quaresima. Esso consta di quaranta giorni, a partire dal 14 novembre, giorno in cui quella Chiesa celebra la festa dell'apostolo san Filippo. Per tutto questo tempo, si osserva l'astinenza dalla carne, dal burro, dal latte e dalle uova; ma si fa uso di pesce, olio e vino, cose tutte vietate durante la Quaresima. Il digiuno propriamente detto è d'obbligo soltanto per sette giorni sui quaranta; e tutto l'insieme si chiama volgarmente la Quaresima di san Filippo. I Greci giustificano queste mitigazioni dicendo che la Quaresima di Natale è solo di istituzione monastica, mentre quella di Pasqua è d'istituzione apostolica.
Ma se le pratiche esteriori di penitenza che consacravano una volta il tempo dell'Avvento presso gli Occidentali, si sono a poco a poco mitigate, in maniera che oggi non ne resta alcun vestigio fuori dei monasteri, l'insieme della Liturgia dell'Avvento non è cambiato; ed è nello zelo per appropriarsene lo spirito che i fedeli daranno prova d'una vera preparazione alla festa di Natale.
Variazioni nella Liturgia.
La forma liturgica dell'Avvento, quale si ha oggi nella Chiesa Romana, ha subito alcune variazioni. San Gregorio (590-604) sembra aver istituito per primo questo Ufficio che avrebbe abbracciato dapprima cinque domeniche, come si può vedere dai più antichi Sacramentari di quel grande Papa. Si può anche dire a questo proposito, secondo Amalario di Metz e Bernone di Reichenau, seguiti da Dom Martène e da Benedetto XIV, che san Gregorio sembrerebbe essere l'autore del precetto ecclesiastico dell'Avvento, benché l'uso di consacrare un tempo più o meno lungo a prepararsi alla festa di Natale sia del resto immemorabile, e l'astinenza e il digiuno di questo tempo sacro siano iniziati dapprima in Francia. San Gregorio avrebbe determinato, per le Chiese di rito romano, la forma dell'Ufficio durante questa specie di Quaresima, e sanzionato il digiuno che l'accompagnava, lasciando tuttavia una certa libertà alle diverse Chiese circa la maniera di praticarlo.
Fin dal IX e X secolo, come si può vedere da Amalario, san Nicola I, Bernone di Reichenau, Reterio di Verona, ecc., le domeniche erano già ridotte a quattro; è lo stesso numero che porta il Sacramentario gregoriano dato da Pamelio, e che sembra sia stato trascritto a quell'epoca. Da allora, nella Chiesa Romana, la durata dell'Avvento non ha subito variazioni, ed è sempre consistito in quattro settimane, di cui la quarta è quella stessa nella quale cade la festa di Natale, a meno che tale festa non capiti di domenica. Si può dunque assegnare all'usanza attuale una durata di mille anni, almeno nella Chiesa Romana; poiché vi sono delle prove che fino al secolo XIII alcune Chiese di Francia hanno conservato l'usanza delle cinque domeniche [7].
La Chiesa ambrosiana conta ancor oggi sei settimane nella sua liturgia dell'Avvento; il Messale gotico o mozarabico mantiene la stessa usanza. Per la Chiesa gallicana, i frammenti che Dom Mabillon ci ha conservati della sua liturgia non ci attestano nulla a questo riguardo; ma è naturale pensare con questo studioso la cui autorità è rafforzata anche da quella di Dom Martène, che la Chiesa delle Gallie seguiva su questo punto, come su tanti altri, le usanze della Chiesa gotica, cioè che la liturgia del suo Avvento si componeva ugualmente di sei domeniche e di sei settimane [8].
Quanto ai Greci, le loro Rubriche per il tempo dell'Avvento si leggono nei Nenei, dopo l'Ufficio del 14 novembre. Essi non hanno un Ufficio proprio dell'Avvento, e non celebrano durante questo tempo la Messa dei Presantificati, come fanno in Quaresima. Si trovano soltanto, nel corpo stesso degli Uffici dei Santi che occupano il periodo dal 15 novembre alla domenica più vicina a Natale, parecchie allusioni alla Natività del Salvatore, alla maternità di Maria, alla grotta di Betlemme, ecc. Nella domenica che precede il Natale, celebrano quella che chiamano la Festa dei santi Avi, cioè la Commemorazione dei Santi dell'Antico Testamento, per celebrare l'attesa del Messia. Il 20, 21, 22 e 23 dicembre sono decorati del titolo di Vigilia della Natività; e benché in quei giorni si celebri ancora l'Ufficio di parecchi Santi, il mistero della prossima Nascita del Salvatore domina tutta la Liturgia.
_______________________________[1] Dal latino Adventus, che significa Venuta.
[2] La proclamazione del dogma della Maternità divina, avvenuta ad Efeso nel 431, diede vivo impulso al culto mariano e una grande celebrità alla commemorazione della Natività del Signore. È infatti poco dopo il Concilio di Nicea (325) che la Chiesa romana istituì la festa di Natale e la fissò al 25 dicembre, ma è dall'Oriente che attinse i primi elementi dell'Avvento.
[3] Secondo i più recenti lavori dei liturgisti, si possono segnalare testimonianze ancora più antiche di questa. Così un frammento di un testo di sant'Ilario, quindi anteriore al 366, dice che "la Chiesa si dispone al ritorno annuale della venuta del Salvatore, con un tempo misterioso di tre settimane". Il Concilio di Saragozza, da parte sua, fin dal 380 impone ai fedeli di assistere agli uffici dal 17 dicembre al 6 gennaio. In questo periodo di ventun giorni, la parte che precede il Natale formava un quadro ben indicato per la preparazione di questa festa e costituiva una specie di Avvento. Ma siccome si era introdotto l'uso, nel IV secolo, di considerare l'Epifania e il Natale stesso come festa battesimale, potrebbe qui trattarsi solo d'una preparazione al battesimo e non d'una liturgia dell'Avvento.
In Oriente, nel V secolo, a Ravenna, nelle Gallie e nella Spagna, una festa della Vergine era celebrata la domenica prima di Natale, e talvolta anche una festa del Precursore la domenica precedente. Si avrebbe qui ancora una breve preparazione al Natale, un Avvento primitivo, a meno che non si tratti d'un semplice ampliamento della festa di Natale. Infine, il Rotolo di Ravenna, di cui sarebbe autore san Pier Crisologo (433-450), possiede 40 orazioni che possono essere considerate come preparatorie al Natale.
[4] Bisogna notare anche che questo digiuno non era proprio del Tempo dell'Avvento, poiché, tra la Pentecoste e la metà di febbraio, i fedeli digiunavano due volte la settimana e i monaci tre volte. Il carattere penitenziale dell'Avvento derivò a poco a poco, a causa dell'analogia che si presentava naturalmente tra questa stagione e la Quaresima.
[5] Forse il digiuno esisteva già in Spagna a quell'epoca. Una lettera del 400 circa, ci parla di tre settimane che pongono fine all'anno e ne cominciano uno nuovo, comprendenti la festa di Natale e quella dell'Epifania, durante le quali conviene darsi al ritiro e alle pratiche dell'ascetismo: la preghiera e l'astinenza (Rev. Bén. 1928, p. 289). Le chiese d'Oriente che ricevettero dall'Occidente la celebrazione della Natività di Nostro Signore, adottarono ugualmente, nell'VIII secolo, il digiuno dell'Avvento.
[6] Il Concilio di Avranches (1172) prescrive il digiuno e l'astinenza a tutti coloro che lo potranno, in particolare ai chierici e ai soldati.
[7] Si può oggi stabilire in una maniera molto più dettagliata lo sviluppo della Liturgia dell'Avvento. Mentre il Sacramentario leoniano, (fine del VI secolo) non porta alcuna messa, il che sembra indicare che a quell'epoca Roma ignorava ancora l'Avvento, il Sacramentario gelasiano antico (fine del VI e inizio del VII secolo) contiene cinque messe "De adventu Domini". Il Sacramentario gelasiano d'Angoulême e gli altri Sacramentari dell'VIII secolo contengono essi pure cinque messe, o in più le tre messe delle Quattro Tempora di dicembre. Infine, nel Sacramentario gregoriano, troviamo delle messe per quattro domeniche e per le tre ferie delle Quattro Tempora [qui]. Forse anche la messa dell'ultima domenica dopo la Pentecoste era considerata come messa "de Adventu". Aggiungiamo infine che san Benedetto († dopo il 546) ha scritto, nella sua Regola, un capitolo sulla Quaresima, che parla del Tempo pasquale ma non menziona l'Avvento.
[8] Segnaliamo che il Sacramentario mozarabico: Liber mozarabicus sacramentorum (del IX secolo, ma che rappresenta la liturgia del VII), contiene cinque domeniche, e infine che i Lezionari gallicani portano sei domeniche dell'Avvento.
(da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 21-26)
Leggete qui, dopo le stessa presentazione, La mistica dell'Avvento
RispondiEliminahttps://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2019/12/dominica-prima-adventus-e-mistica.html?m=1
La reliquia della Sacra Culla dono del Papa alla Custodia di Terrasanta
RispondiEliminahttps://www.vaticannews.va/it/papa/news/2019-11/reliquia-culla-gesu-bambino-papa-francesco-custodia-terrasanta.html
Legno della culla, legno del Calvario, per noi.
Roberto de Albentiis
RispondiEliminaPrima Domenica d'Avvento...
Ultimo ad iniziare, l'Avvento romano ha da secoli perso il suo inizio remoto e la sua lunghezza e il suo carattere penitenziale e quaresimale, come è stato mantenuto dagli ambrosiani e soprattutto dai bizantini, che lo fanno partire a metà novembre e lo fanno durare e vivere come una vera Quaresima di 40 giorni; in ciò siamo noi romani ad avere perso e aver conosciuto il decadimento e il tradimento delle nostre radici, e dovremmo essere noi a recuperarle e a farle tornare come erano davvero nella nostra vera e più profonda tradizione...
L' Epistola della Messa e il celebre episodio del Tolle, Lege che S. Agostino narra a completamento della sua conversione.
RispondiEliminaCosì parlavo e piangevo nell'amarezza sconfinata del mio cuore affranto. A un tratto dalla casa vicina mi giunge una voce, come di fanciullo o fanciulla, non so, che diceva cantando e ripetendo più volte: «Prendi e leggi, prendi e leggi». Mutai d'aspetto all'istante e cominciai a riflettere con la massima cura se fosse una cantilena usata in qualche gioco di ragazzi, ma non ricordavo affatto di averla udita da nessuna parte ... Tornai al luogo dove stava seduto Alipio e dove avevo lasciato il libro dell'Apostolo all'atto di alzarmi.
Lo afferrai, lo aprii e lessi tacito il primo versetto su cui mi caddero gli occhi. Diceva: « Non nelle crapule e nelle ebbrezze, non negli amplessi e nelle impudicizie, non nelle contese e nelle invidie, ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non assecondate la carne nelle sue concupiscenze ... » Non volli leggere oltre né mi occorreva. Appena terminata infatti la lettura di questa frase, una luce, quasi, di certezza penetrò nel mio cuore e tutte le tenebre del dubbio si dissiparono.
AGOSTINO, Confessioni 8, 12, 29
Sciéntes, quia hora est iam nos de somno súrgere. Nunc enim própior est nostra salus, quam cum credídimus. Nox præcéssit, dies áutem appropinquávit. Abiiciámus ergo ópera tenebrárum et induámur arma lucis.
RispondiEliminaCónditor alme síderum,
RispondiEliminaaetérna lux credéntium,
Christe, redémptor ómnium,
exáudi preces súpplicum.
Qui cóndolens intéritu
mortis períre saeculum,
salvásti mundum lánguidum,
donans reis remédium:
Vergénte mundi véspere,
uti sponsus de thálamo,
egréssus honestíssima
Vírginis matris cláusula:
Cuius forti poténtiæ
genu curvántur ómnia,
Caeléstia, terréstria,
mutu faténtur súbdita.
Te déprécamur agie,
ventúre judex saéculi,
consérva nos in témpore
hostis a telo pérfidi.
Laus, honor, virtus, glória
Deo Patri, et Filío,
sancto Simul Paráclito
in saeculórum saécula. Amen.
"Il digiuno di quaranta giorni per Natale rappresenta il digiuno osservato da Mosè, che, avendo digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ricevette i Comandamenti di Dio su tavole di pietra. E noi, digiunando per quaranta giorni, rifletteremo su e riceveremo dalla Vergine il Verbo vivente, non scritto su tavole di pietra ma nato e incarnato, e ci nutriremo del Suo Corpo Divino." (San Simeone di Tessalonica)
RispondiEliminaIL SIGNORE CI SVELA I MALI CHE AVVERRANNO ALLA FINE DEL MONDO CHE INVECCHIA PER DISTOGLIERCI DALL'AMORE DI ESSO (S. GREGORIO MAGNO)
RispondiEliminaIl Signore e Redentore nostro, o fratelli carissimi, desiderando trovarci preparati, ci svela i mali che avverranno alla fine del mondo che invecchia, per distoglierci dall’amore di esso. Ci fa conoscere quanti flagelli precederanno la sua prossima fine, affinché, se non vogliamo temere Iddio nella tranquillità, temiamo almeno, colpiti al pensiero di tali flagelli, il di lui vicino giudizio.
Al brano del Santo Vangelo che voi, o fratelli, avete or ora udito, il Signore ha premesso queste parole: “Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno; e saranno in diversi luoghi grandi terremoti, pestilenze e carestie” (Lc.21,10). Dopo qualche altra frase, aggiunse quelle parole che ora avete udito : “E vi saranno dei segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra costernazione delle genti, spaventate dal rimbombo del mare e dei flutti” ( Lc.21,25). Noi constatiamo, senza dubbio, che parte di queste cose si sono già avverate, e parte dobbiamo temere che siano prossime a verificarsi.
Sapete con quanta frequenza si sente dire che il terremoto, in altre parti del mondo, sconvolge innumerevoli città. Noi poi siamo travagliati continuamente da pestilenze. E’ vero che non vediamo ancora chiari segni straordinari nel sole, nella luna e nelle stelle, ma possiamo però arguire nella stessa alterazione atmosferica, che tali segni non tarderanno a venire.
I DOMENICA D'AVVENTO
Luca 21,25-33 [la fine dei tempi]
S. GREGORIO MAGNO
Omelia 1 in Evangelia
Breviario Romano, Mattutino, Lezioni del III Notturno
Inizia il tempo liturgico di Avvento. San Cirillo ci invita a riflettere su ciò che ci attende dopo questa vita. Vale per ogni uomo di qualsiasi religione, razza e cultura.
RispondiEliminaDalle «Catechesi» di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo
(Cat. 15, 1. 3; PG 33, 870-874)
Le due venute di Cristo
Noi annunziamo che Cristo verrà. Infatti non è unica la sua venuta, ma ve n'è una seconda, la quale sarà molto più gloriosa della precedente. La prima, infatti, ebbe il sigillo della sofferenza, l'altra porterà una corona di divina regalità. Si può affermare che quasi sempre nel nostro Signore Gesù Cristo ogni evento è duplice. Duplice è la generazione, una da Dio Padre, prima del tempo, e l'altra, la nascita umana, da una vergine nella pienezza dei tempi.
Due sono anche le sue discese nella storia. Una prima volta è venuto in modo oscuro e silenzioso, come la pioggia sul vello. Una seconda volta verrà nel futuro in splendore e chiarezza davanti agli occhi di tutti.
Nella sua prima venuta fu avvolto in fasce e posto in una stalla, nella seconda si vestirà di luce come di un manto. Nella prima accettò la croce senza rifiutare il disonore, nell'altra avanzerà scortato dalle schiere degli angeli e sarà pieno di gloria.
Perciò non limitiamoci a meditare solo la prima venuta, ma viviamo in attesa della seconda. E poiché nella prima abbiamo acclamato: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Mt 21, 9), la stessa lode proclameremo nella seconda. Così andando incontro al Signore insieme agli angeli e adorandolo canteremo: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Mt 21, 9).
Il Salvatore verrà non per essere di nuovo giudicato, ma per farsi giudice di coloro che lo condannarono. Egli, che tacque quando subiva la condanna, ricorderà il loro operato a quei malvagi, che gli fecero subire il tormento della croce, e dirà a ciascuno di essi: «Tu hai agito così, io non ho aperto bocca» (cfr. Sal 38, 10).
Allora in un disegno di amore misericordioso venne per istruire gli uomini con dolce fermezza, ma alla fine tutti, lo vogliano o no, dovranno sottomettersi per forza al suo dominio regale.
Il profeta Malachia preannunzia le due venute del Signore: «E subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate» (Ml 3, 1). Ecco la prima venuta. E poi riguardo alla seconda egli dice: «Ecco l'angelo dell'alleanza, che voi sospirate, ecco viene ... Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare» (Ml 3, 1-3).
Anche Paolo parla di queste due venute scrivendo a Tito in questi termini: «È apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo» (Tt 2, 11-13). Vedi come ha parlato della prima venuta ringraziandone Dio? Della seconda invece fa capire che è quella che aspettiamo.
Questa è dunque la fede che noi proclamiamo: credere in Cristo che è salito al cielo e siede alla destra del Padre. Egli verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti. E il suo regno non avrà fine.
Verrà dunque, verrà il Signore nostro Gesù Cristo dai cieli; verrà nella gloria alla fine del mondo creato, nell'ultimo giorno. Vi sarà allora la fine di questo mondo, e la nascita di un mondo nuovo.
Cantano vittoria ancora una volta i partiti rumeni europeisti, pro Nato, pro Ucraina di centrosinistra e di centrodestra: alle elezioni tenutesi ieri, domenica I dicembre, il partito socialdemocratico è arrivato primo. I globalisti tirano un sospiro di sollievo. Ovviamente, in questo caso, è vietato anche solo pensare a brogli; mentre il primo turno delle elezioni presidenziali rumene di domenica scorsa forse verrà annullato: C. Georgescu, definito dai globalisti di 'estrema destra' era arrivato per primo... I popoli europei sono in gabbia, e i timidi tentativi di uscire dalla gabbia fanno sempre cilecca (Georgia, Austria, Germania, etc...); le 'coalizioni' funzionano dappertutto a meraviglia, tutto continua come prima.
RispondiEliminaMi risulta che hanno impedito il voto delle migliaia di Rumeni in 'diaspora' (che lavorano all'estero), nelle precedenti votazioni (che vorrebbero addirittura annullare) risultati favorevoli a Georgescu...
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