È di nuovo Avvento. Noi andiamo a Messa tutte le domeniche e, possibilmente tutti i giorni. Succede così che in questo tempo sentiamo risuonare spesso l’invito alla gioia: «Gioisci, figlia di Sion; esulta, Israele e rallegrati con tutto il cuore» (Sof 3,14-18). Perché gioire, perché essere felici?
Letterati e filosofi, “maîtres à penser” (maestri del pensiero) d’oggi vogliono condurre l’uomo al di sopra di tutto e poi... senti le conclusioni del loro argomentare: la vita è uno schifo, l’uomo non ha senso, c’è solo spazio per l’angoscia, la disperazione e la rabbia. Si può anche apparire “sazi”, ma in fondo si è “disperati”: “sazi e disperati”, come diceva l’anima buona del Card. Giacomo Biffi (1928-2015), già Arcivescovo di Bologna, del mondo d’oggi.
Ascolta altresì i discorsi di tanta gente: lodano la libertà, il progresso, il benessere, il piacere di tutti i gusti... ma se chiedi loro “come va?”, senti l’amara risposta: “Che vuoi, una noia! Tiriamo avanti!”, come l’esistenza fosse solo un macigno da trascinare.
Dov’è allora la decantata esaltazione dell’uomo? Forse in una serie di giorni da cui si spremono tutti i succhi, dolci e amari che siano, come da un’arancia, che una volta spremuta si butta via? No! Con il rifiuto di Dio e del Figlio suo Gesù Cristo, è depresso l’uomo, è mutilata la sua personalità, intristita la sua esistenza sino all’abisso. Il frutto della negazione, il risultato dell’ateismo è la peggiore tristezza – ma incredibile a dirsi, qualcuno osa persino vantarsene: “Io non sono come te, che sei cattolico e lieto, ma sono libero di essere triste”.
Ma questo non rasenta la follia? Allora, perché gioire?
Felici per Lui
Noi siamo felici perché Dio ci viene incontro, ci dona suo Figlio, ci libera dal nostro peccato (se ci lasciamo liberare!) e spalanca gli orizzonti infiniti della Vita divina che da Lui irrompe in noi, nella realizzazione più sublime dell’uomo, anche il più piccolo e il più umile, a immagine di Dio. Non solo poveri, ma mendicanti, siamo tutti cercatori di vita, ogni mattina al nostro alzarci: cercatori di Vita divina. Nella nostra povertà, nella nostra mendicità, si incarna e si afferma il Figlio di Dio, Gesù Cristo. Se noi lo accogliamo nella fede in Lui, nel Battesimo e nei Sacramenti si opera in noi una vera novità di vita: diventiamo luce, dono, gioia, per mezzo di Lui. Allora, in compagnia di Gesù, lontani dai cattivi compagni del mondo d’oggi, si apre lo spazio alla gioia e all’esultanza perché Dio stesso è entrato nella nostra vita, nella nostra storia, oggi.
L’Avvento che prepara il Natale, è il tempo della gioia: «Rallegratevi nel Signore sempre – scrive san Paolo ai Filippesi –, ve lo ripeto, rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino» (Fil 4,4-7).
Affinché questo avvenga, questo Avvento ci liberi dalla dimenticanza di Gesù Cristo e ci riporti a rivivere nella memoria di Lui, nella “contemporaneità con Lui”: perché Lui non è solo di ieri o di domani, ma è di oggi, contemporaneo di ogni uomo in ogni luogo e in ogni tempo. Occorre prendere coscienza di Lui: che Gesù è vivo, vivo oggi; vivo alla destra del Padre, ma pure vivo nel Tabernacolo di ogni nostra chiesa. Vivo per la vita divina della Grazia santificante in ogni anima che gli è fedele.
Gesù è vicino, molto vicino. Ha “l’indirizzo di casa” tra i nostri ed è facile trovarlo. È possibile a tutti trovarlo, soprattutto a chi è piccolo e umile. Riscoprirlo, sentirlo, lasciarsi occupare da Lui è l’avventura più stupenda che un uomo possa vivere su questa terra.
Pertanto, agli uomini tristi e angosciati del nostro tempo, ai ragazzi già stanchi di vivere a 12 anni, noi annunciamo che Gesù Cristo è la gioia, la vera gioia del mondo. Noi spieghiamo che tutto il desiderio di gioia che ci portiamo dentro, si compie in Gesù. Oggi, anche oggi, a molti Gesù fa capire questo, e con Lui, vediamo formarsi, “angeli in carne” su questa terra. È il miracolo dell’Avvento.
[...]
Avvento, tempo di attesa e di gioia, come quando una mamma attende il bambino che le riempia la vita. La vita: questo tempo per accogliere Gesù. Non ha senso in se stesso, ma è continuo invocare un Altro, che venga a portare senso e pienezza.
Come una nuova Incarnazione
“Entrando nel mondo, Gesù Cristo dice: Ecco, io vengo, o Dio, a fare la tua volontà” – così san Paolo nella Lettera agli Ebrei (cf. 10,5-7). Perché Gesù è la nostra pace, la nostra gioia? Egli lo è, perché Lui solo è il Figlio di Dio che è venuto e si è sacrificato per noi in espiazione del peccato sulla croce, ed è risorto. Con la sua vita e la sua morte sulla croce, come offerta totale di se stesso, ha sconfitto il peccato che separa l’uomo da Dio e ha ricongiunto gli uomini a Dio e tra loro, mediante la sua vita divina, nel suo Corpo Mistico che è la Chiesa.
Ed è così che Gesù diventa “la soluzione di tutti i problemi”, come già scrisse Tertulliano alla fine del II secolo. Non c’è altra via, non c’è altro scampo, non c’è altra salvezza per ogni problema che si dibatte nell’umanità. Ne deriva che chi, come noi, lo ha incontrato, come Maria Santissima colma di Lui, si mette in cammino, consapevole che l’uomo e il mondo d’oggi ha bisogno senza limiti di vederlo, di incontrarlo, di accoglierlo, di essere salvato da Lui. E opera affinché anche nel nostro mondo si ripetano le meraviglie del primo Avvento: una nuova Incarnazione del Figlio di Dio tra gli uomini del nostro tempo.
Paolo Risso [Fonte: il Settimanale di Padre Pio]
5 commenti:
Bellissimo articolo di un giornale non a caso dei FdI - in questo caso curato dalle Suore dell'Immacolata, se non ricordo male. Ogni settimana vado sul sito a leggere gli articoli, sempre molto interessanti e che ci rammentano qual è il percorso ed il fine a cui dobbiamo tendere. E ci ricordano tante cose del Magistero che oggi vorrebbero farci credere come sorpassate, e che invece sono sempre attuali e valide, in quanto provengono dalla Parola di Gesù!
Al di là delle prescrizioni vincolanti e particolari della Chiesa – di molto ridotte nell’attuale periodo storico – è quanto mai importante cogliere e vivere il senso della penitenza cristiana, perché la sua ignoranza, dimenticanza, trascuratezza o minimizzazione produce delle nefaste conseguenze nella vita dei fedeli.
I due tempi forti dell’Avvento e della Quaresima, pur avendo la penitenza come tratto comune, ne accentuano due dimensioni distinte e complementari.
L’Avvento vorrebbe aiutarci a rinvigorire, curare maggiormente e, in alcuni casi, riprendere o riscoprire l’importanza essenziale della preghiera nella vita cristiana. La preghiera, come i santi con tutta la tradizione della Chiesa attestano, è indispensabile per ottenere le grazie, per tenere viva la fede, per riconoscere i segni della presenza e della mano di Dio nella nostra storia, per conservare una dimensione profondamente religiosa dell’esistenza terrena, intesa come tempo di lavoro, lotta, prova e impegno (talvolta anche eroici) in cui ci prepariamo - compiendo bene la nostra missione - all’incontro definitivo con il celeste Sposo. A lui “renderemo la nostra anima” ed Egli ci chiederà conto della nostra sponsale fedeltà a Lui. L’Avvento ci ricorda che Gesù è venuto nella carne e che tornerà alla fine della storia. Queste due venute “universali” accadono, in modo analogo, nella vita di ogni uomo. Gesù viene in continuazione in cerca dell’uomo, viene nella sua vita, col pericolo di non essere accolto né riconosciuto, come non lo fu da molti, troppi, al tempo della sua nascita e durante la sua missione terrena. Come tutti lo vedranno nel suo secondo avvento glorioso, così ogni singolo uomo che muore e lascia questa terra, lo vedrà nel giudizio particolare. E come Cristo sarà giudice della storia, così sarà giudice di ogni persona nel giudizio particolare, dopo aver “rincorso” e cercato l’uomo, per tutta la durata della sua esistenza con la sua misericordia.
Nell’Avvento, dunque, si preghi di più, si preghi meglio, o forse si impari a pregare se non lo si è mai fatto (anche se, magari, si sono borbottate frettolosamente tante preghiere). E dato che il clima adatto alla preghiera è il silenzio, si cerchi il più possibile di evitare il rumore, magari spegnendo la televisione, o la radio, o lo stereo o il computer e si trovi tempo e spazio per dedicarsi all’orazione e alla meditazione.
Come l’Avvento ci ricorda che senza la preghiera non possiamo né conservare la fede, né crescere nella grazia, né riconoscere le venute del Signore nella nostra vita, né lavorare per lui in attesa di incontrarlo, così la Quaresima ci ricorda un’altra essenziale verità di fede: il problema del peccato e delle sue conseguenze.
segue
Il peccato, unico vero male radicale e “assoluto”, separa l’uomo da Dio, separa l’uomo da se stesso, separa l’uomo dagli altri e produce delle conseguenze devastanti per sé e per gli altri, cosa che, se è evidente solo in alcuni tipi di peccato (se uccido una persona non risuscita, se diffamo una persona è molto difficile rendergli l’onore, se disonoro una vergine non posso riparare il danno “materiale”, etc.), rimane vera anche per il più piccolo peccato pensiero che produce male in chi lo commette e nel suo destinatario. Sempre e comunque.La lotta col peccato avviene a un duplice livello: bisogna togliere la separazione che produce da Dio, da se stessi e dagli altri e sradicarlo dall’anima e ciò avviene col sacramento della penitenza ben celebrato, che termina in un’autentica conversione della vita. Bisogna, tuttavia, anche lavorare sui suoi effetti nefasti, per neutralizzarli, ripararli o almeno mitigarne la portata e questo avviene con la penitenza “virtù” ovvero con quelle opere penose ai nostri sensi che servono a riparare le conseguenze dei nostri peccati. La lussuria lascia nell’anima un attaccamento disordinato ai piaceri illeciti? Dovrò privarmi anche di qualche piacere lecito, col digiuno. L’avarizia è la radice di tutti i mali, come dice san Paolo? Imparerò a condividere i miei beni con chi ne ha bisogno, attraverso la pratica dell’elemosina. Ho offeso Dio trascurandolo, derubandolo del suo giorno, offendendone il nome? Riparerò con Messe, preghiere, Rosari e Via Crucis, in cui gli dimostrerò tutto l’amore che gli ho indebitamente negato."Rebus sic stantibus", è quanto mai contrario allo spirito della Quaresima, darsi, in questo tempo, ai divertimenti quali i balli, le feste, i pubblici spettacoli, gli eventi mondani, i banchetti o cose simili. Anche se non esiste nessuna prescrizione sotto pena di peccato mortale che proibisce di andare in una sala da ballo in Quaresima, è evidente che farlo significherebbe non comprendere lo spirito di questo tempo.
Alla luce di questo "excursus "vorremmo evidenziare che la legge, che abbiamo cercato di approfondire, è sempre in certo modo limitata, fatta, come scrive san Paolo, per il peccatore (cf 1Tim 1,9), per “costringerlo” a raggiungere almeno quel minimo etico indispensabile per non offendere gravemente il Creatore. Ma, per noi figli di Dio, la legge è divenuta, come insegna san Giacomo, la “legge della libertà” (Gc 1,25), ovvero una luce e una spinta a comprendere il senso profondo dei precetti per viverne genuinamente lo spirito anche al di là di ciò che è “strettamente obbligatorio e necessario”. Anche perché nei figli di Dio, la legge suprema è la carità. E l’unica cosa in cui non dobbiamo mai temere di eccedere è l’amore di Dio, che, per quanto grande, sarà sempre abbondantemente al di sotto di ciò che Egli merita.
(da una catechesi di d. Leonardo Maria Pompei)
Fuori tema ma assai importante: Considerazioni sulla canonizzazione e sulla beatificazione.
Qui è inclusa pure una conferenza in traduzione di un sacerdote tradizionalista sulla beatificazione di Paolo VI.
http://traditioliturgica.blogspot.it/2015/11/beatificazioni-canonizzazioni-e.html
Grazie per l'attenzione.
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-dal-salvatore-degli-uomini-alla-salvezza-del-pianeta-14563.htm
Per fortuna ero a Gesu' e Maria al Corso per la memoria di Mons.Bartolucci , omelìa del card.Velasio de Paolis sull'Avvento .
Splendida !
Posta un commento