Volentieri riprendo questo articolo che riporta un intervento di mons. Schneider, tenuto a Bergamo presso il Teatro della Fondazione Beato Don Luigi Palazzolo, sabato 27 maggio 2017 nel corso del convegno “Fatima cento anni dopo: l’attualità del suo messaggio”.
Nel Pantheon dei Pastori coraggiosi il Vescovo ausiliario di Astana merita un posto d’onore. Schiena dritta, ortodossia adamantina, amore profondo per dottrina e tradizione, autentica parresia. Questo il suo identikit.
Si tratta di uno di quegli impavidi preti che sanno ancora «discernere bonum et malum», e che sanno ancora parlare dicendo «Est, est», «Non, non», pienamente consapevoli che «quod autem his abundantius est, a Malo est». E che hanno il coraggio di affermare pubblicamente che «l’ideologia gender è una vera e propria dittatura!».
Sentii parlare di mons. Schneider qualche anno fa quando appresi la notizia che sotto la sua supervisione fu costruita la cattedrale di Karaganda, un gigantesco capolavoro di arte gotica, sorta sulle ceneri di uno dei più grandi campi di concentramento sovietici, un Gulag immenso (il Karaganda Lager), grande quasi come tutta la Francia, nel quale hanno lavorato, sofferto e sono morti milioni di persone, appartenenti a più di cento diverse etnie, in nome di un’ideologia, quella comunista, falsa, disumana e genocida. La chiesa – unico esempio di arte gotica in Kazakistan e splendida eccezione nel desolante panorama architettonico religioso dei nostri tempi – fu fortemente voluta dall’allora Arcivescovo della città mons. Jan Pawel Lenga e dallo stesso mons. Athanasius Schneider, ed è dedicata – non a caso – alla Beata Vergine Maria di Fatima.
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