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venerdì 28 febbraio 2014

Conferenza di don Roberto Spataro


Sabato 29 e domenica 30 marzo sarà a Verona Don Roberto Spataro S.D.B., professore presso il Pontificium Institutum Altioris Latinitatis (Università Pontificia Salesiana) e segretario della Pontificia Academia Latinitatis. [vedi]

La due giorni veronese si inserisce nelle iniziative promosse dal Coordinamento Nazionale del Summorum Pontificum (CNSP), che riunisce molti Coetus Fidelium sparsi in tutta Italia, e seguirà di una settimana l’incontro operativo dei Promotori regionali del Coordinamento, che si terrà il 22 marzo a Roma per fare il punto sull’attività dell’organizzazione. In occasione della conferenza di Don Spataro, invece, si incontreranno a Verona i rappresentanti di numerosi Coetus Fidelium di Veneto, Emilia-Romagna, Trentino – Alto Adige e Friuli Venezia-Giulia.

La conferenza del 29 marzo, organizzata in collaborazione con Una Voce Verona, avrà per tema “La riscoperta della liturgia tradizionale dopo il Summorum Pontificum. Le ragioni per conoscere ed amare la Messa Tridentina”, e si terrà nella Sala “Zanotto” presso la Basilica di San Zeno Maggiore (P.zza S. Zeno, 2), alle ore 17,30. Il giorno dopo, 30 marzo, domenica “Laetare”, alle ore 11,00, Don Spataro celebrerà la S. Messa nella forma straordinaria del rito romano presso la Rettoria di S. Tosca, Piazzetta XVI Ottobre, 27 (Porta Vescovo). 
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Per informazioni e contatti:
cnsp2007@gmail.com

friuliveneziagiulia.cnsp@gmail.com
trentinoaltoadige.cnsp@gmail.com
veneto.cnsp@gmail.com

Hanno chiuso il Cielo

Ecco il nostro appuntamento mensile con l'Editoriale di "Radicati nella fede" di  Marzo 2014:

  È la liturgia che si deve adattare al tempo degli uomini, o è il tempo degli uomini che deve prendere la forma della liturgia cattolica?

  Ci sembra che la questione cruciale sia tutta qui.

  Un cristianesimo “modernistico” che vede le verità di fede emergere dal profondo della coscienza degli uomini, vorrebbe che la liturgia prendesse le mosse dal vissuto antropologico, dalla vita degli uomini, per celebrare la consapevolezza umana del proprio rapporto con Dio. In fondo è stata questa la linea vincente di questi anni: la liturgia ha sempre di più celebrato l'uomo, anche quando ha celebrato la fede dell'uomo. Insomma, la liturgia si è adattata alla vita del tempo. Risultato? Una tragedia! Dio e le cose eterne praticamente scomparse dalle chiese, per far posto alla fede dei credenti, che esprimono, commentano, interpretano quello che loro vivono nei confronti di Dio. La liturgia riformata parla nel migliore dei casi della Chiesa, ma quasi mai di Dio. E quando parla della Chiesa, lo fa più secondo l'ottica di “Popolo di Dio in cammino” che come “Corpo Mistico di Cristo”.

giovedì 27 febbraio 2014

Ora il mistero è ancora più fitto. Ratzinger e La Stampa. Le mie domande senza risposta

La risposta di Antonio Socci.
Confronto tra due giornalisti e le rispettive 'visuali', ma l'inedita situazione continua ad apparire anomala e gravida di tutti gli interrogativi che ci andiamo ponendo da quel fatidico 11 febbraio 2013 e eventi successivi. Al di là delle rispettive posizioni personali e di qualche dettaglio di scarsa rilevanza, non viene data risposta alle perplessità che - come sottolineato anche da noi - non riguardano la regolarità giuridica delle dimissioni e della successiva elezione del nuovo papa, ma il rischio di un possibile snaturamento del papato e dell'alta funzione del Pontefice, nella irrisolta dicotomia di un per sempre abbinato alla scissione del servizio attivo da quello contemplativo, come se un'investitura di origine divina, che riguarda la persona, possa essere considerata e vissuta alla stregua di una funzione amministrativa qualunque. È questa la vera innovazione che la storia bimillenaria della Chiesa non ci ha consegnato e che è all'origine del disagio, per non dire inquietudine, di molti credenti.
Mi sovviene l'intervista rilasciata dal papa regnante a La civiltà cattolica e la seguente dichiarazione:
«Il Vaticano II è stato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea. Ha prodotto un movimento di rinnovamento che semplicemente viene dallo stesso Vangelo. I frutti sono enormi.Il Vaticano II è stato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea. Ha prodotto un movimento di rinnovamento che semplicemente viene dallo stesso Vangelo. I frutti sono enormi
Premesso che è la cultura contemporanea a dover essere letta alla luce del Vangelo altrimenti, anziché essere il Vangelo a produrre la trasformazione della realtà secondo il progetto di Dio possibile attraverso il nostro conoscere e agire Cristocentrico - annunciato guidato e garantito dal munus docendi regendi e sanctificandi dei Pastori  - ormai sembra accadere il contrario, di fatto e in maniera sempre più evidente secondo l'infausta spinta antropocentrica impressa dall'Assise conciliare. In fondo non è proprio questo che stanno attuando e non è in questo che, a parte la differenza di stile, consiste la continuità tra i due pontificati? Persino al di là dei pesanti motivi contingenti che possono aver indotto le dimissioni. E dove stanno portando la Chiesa e chi può porci rimedio? (Maria Guarini)

Ieri sulla “Stampa” e “Vatican Insider” (il sito del giornale dedicato al Vaticano)  è apparso con gran rilievo questo titolo che riporta parole attribuite a Benedetto XVI: “La rinuncia è valida. Assurdo speculare sulla mia decisione”.
Suona come una clamorosa risposta alle domande che io avevo posto su queste colonne a un anno dalle sue storiche dimissioni.

AUTOGOL

I colleghi di “Vatican Insider-La Stampa”, per capirci,  sono gli stessi che reagirono con stizza allo scoop con cui, il 25 settembre 2011, preannunciavo le dimissioni di papa Benedetto. Ci fu chi scrisse che era “scandalizzato” dal mio articolo.

mercoledì 26 febbraio 2014

Benedetto XVI scrive a Tornielli. Ma non è una cosa seria

Merita  soffermarsi su questo puntuale commento di Vigiliae Alexandrinae

Oggi, 26 febbraio 2014, il quotidiano La Stampa pubblica un articolo del vaticanista Andrea Tornielli che spiega perché Benedetto XVI "non è più Papa".

In realtà il lettore si aspetterebbe la pubblicazione di una lettera di Ratzinger allo stesso Tornielli dal momento che proprio in prima pagina al virgolettato "Vi spiego perché non sono più Papa" segue la firma di Benedetto XVI  (a mo' di articolista) e due citazioni che sembrerebbero alludere alla pubblicazione del testo integrale.
Niente di tutto ciò. La lettera non si trova. C'è soltanto l'articolo di Tornielli che riassume la vicenda della rinuncia papale dell'11 febbraio dello scorso anno e riporta tre scarne citazioni di una lettera con cui Benedetto XVI risponderebbe alle domande di Tornielli in merito alla validità e alla effettività della propria rinuncia (il condizionale è d'obbligo perché del testo della missiva Tornielli fa intravedere solo due ritagli: l'intestazione: "Benedictus XVI Papa emeritus. Città del Vaticano 18-2-2014 Egregio Signore Sig. Andrea TORNIELLI" e il congedo: "Spero di aver risposto in modo chiaro e sufficiente alle Sue domande Suo nel Signore Benedetto XVI").

Tornielli cita alcune frasi di Benedetto XVI che diventano "una lettera": la rinuncia sarebbe valida. ALLORA BASTA CON LA CONFUSIONE!

La notizia ha già fatto il giro del mondo (leggi qui). Tornielli pubblica sulla stampa una "lettera" di Benedetto XVI in cui il "Papa emerito" dichiara valida la sua rinuncia e conferma di non esserci nessun motivo per essa differente dalla "età avanzata" (!?). Inoltre conferma di aver scritto a Kung (SIC!) le parole che tanti hanno citato sulla "identità di vedute" tra lui e Francesco e sulla sua volontà di non essere altro che un "orante" fino alla fine dei suoi giorni.

Sono sinceramente stanco. Stanco di essere trattato dai cosiddetti "giornalisti cattolici", ma soprattutto dalla Gerarchia, come un deficiente (nel senso letterale). Sono stanco di essere maltrattato, giudicato (con "misericordia") e condannato, impedito nell'espressione dei dubbi da aggressioni serrate e arroganza. Sono stanco di questa sorta di "despotismo orwelliano" in cui ciò che conta sono i "galloni" di chi "domina". E le "belle parole" sul "servizio e l'umiltà" sono solo aria fritta!

martedì 25 febbraio 2014

Sinodo famiglia, Kasper e i ribelli: misericordia per situazioni concrete

È un tema caldo dal quale non possiamo sottrarci. Traggo spunto da un equilibrato articolo de La Bussola quotidiana per accennare e inquadrare i termini essenziali di un dibattito in evoluzione, riacceso dal documento di inizio novembre del cardinale Reinhard Marx, Arcivescovo di Monaco e Frisinga, che costituisce un vero e proprio attacco nei confronti del prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, monsignor Gerhard Ludwig Müller. La cosa ha i suoi aspetti paradossali, perché quest'ultimo, la cui funzione lo àncora ai principi, è ben noto per le sue posizioni di allergia alla Tradizione.

Non può mancare il riferimento al card. Kasper, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, che nei giorni corsi ha aperto, per volontà del papa, il concistoro straordinario sulla famiglia, in occasione del quale dichiarava: «Ho fatto una introduzione, di taglio teologico, sulla bellezza della famiglia. Dobbiamo partire da questo punto per affrontare il resto, compresi i problemi brucianti che ci sono. Ho parlato anche del nodo della comunione ai divorziati risposati, ma in questo quadro complessivo». Ma in una intervista recente appare anche lui tra i "ribelli" come sottolineato dall'articolista de La Bussola nelle conclusioni, riprese testualmente, nelle quali il discorso viene allargato ad un'altra richiesta della chiesa tedesca riguardante il coinvolgimento dei laici nell'elezione dei vescovi.

Perché celebrare il sabato della Madonna

Ricordiamo che questa devozione [vedi], presente in Santa Maria Maggiore da quattordici anni a cura di un sacerdote tradizionale, è stata inopinatamente abolita dal primo Sabato del mese di quest'anno, senza spiegazioni e senza sentire ulteriori ragioni. Infatti, nonostante richieste e suppliche, ci hanno chiuso i cancelli in faccia nella nostra Casa, dalla quale siamo stati arbitrariamente estromessi.
La Basilica Papale dedicata alla Vergine, infatti, è nostra Casa, come Cattolici Romani: sia in quanto romani che in quanto appartenenti alla Chiesa Universale.
Ora, sempre nella speranza che qualcuno possa tornare su questa decisione incomprensibile e inconcepibile, nostro unico desiderio è riparare, e dunque ripristinare altrove la celebrazione, ovviamente senz'alcun sentimento di rivalsa, ma con determinazione del cuore e della volontà in onore della Vergine Santa. Credo che lo dobbiamo alla Madre di Gesù e nostra. Ma anche per il bene delle nostre anime e per la salus animarum in generale.
Ognuno di noi può farlo dedicando il suo Primo Sabato del mese, o al limite ogni sabato in cui riesce a partecipare alla Santa Messa, a questo scopo.

Un interessante  video è visibile qui. Non sono riuscita a caricarlo ma val la pena ascoltare le ragioni della nostra devozione.

lunedì 24 febbraio 2014

Riprende il Rito Domenicano a Roma

Conoscevo già questa stupenda notizia, per averla appresa direttamente dal Priore, Padre John Cunningham; ma prima ancora di condividerla con voi, sono stata preceduta dagli amici statunitensi di New Liturgical Movement.

Ho saputo e ho il piacere di annunciarvi che, a partire da sabato 8 marzo, sarà celebrata pubblicamente la Messa bassa in Rito Domenicano nel priorato di San Clemente al Laterano affidato alla cura dei frati della Provincia Irlandese.

ogni Sabato alle ore 9:30 a.m.
 Priorato di San Clemente,
Via di San Giovanni in Laterano, Roma.

Si tratta davvero di una bella notizia,  ed effettivamente, se non sbaglio, questa è la prima Messa settimanale nel nostro Rito regolarmente inserita nelle celebrazioni al di fuori della Provincia Domenicana ed Occidentale. Mi aspetto che ce ne saranno presto altre.

Paolo Pasqualucci. I Segni dei tempi

Mi propongo di approfondire alcuni fra i temi illustrati dall’importante e coraggioso articolo Motus in fine velocior del prof. Roberto de Mattei, che condivido in pieno.  Il  merito principale di quest’articolo, a mio avviso, è quello di inquadrare l’attuale crisi della Chiesa nella prospettiva teologica ed escatologica che le compete.  Cosa che nessuno si è finora azzardato a fare.

Confusione accoppiata a tendenze distruttive.   Le inaspettate e sconcertanti dimissioni di Benedetto XVI, seguite dall’elezione al Sacro Soglio di un Pontefice “teólogo popular”, e dalla straordinaria istituzione della figura del “Papa emerito” pensionato in Vaticano, ha mostrato, oltre ad una situazione di caos, un’improvvisa “accelerazione del tempo, conseguenza di un movimento che si sta facendo vertiginoso.  Viviamo un’ora storica che non è necessariamente la fine dei tempi, ma è certamente il tramonto di una civiltà e la fine di un’epoca nella vita della Chiesa”.  Parole forti ma assolutamente pertinenti.   Il carattere “vertiginoso” del movimento da cosa risulta?  Da una duplice connessione.  Da un lato l’aumentare improvviso della confusione che (dall’inizio del Vaticano II) affligge la Chiesa; dall’altro il consolidarsi improvviso di una  tendenza distruttiva che mira apertamente e decisamente al cuore del dogma e della morale cristiana.  Questa tendenza ha assunto di colpo il volto e l’eloquio aggressivi del cardinale honduregno Oscar Maradiaga, con le sue ormai celebri dichiarazioni contro il neocardinale Gerhard Müller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.  La confusione è stata poi ulteriormente accresciuta da certe ambigue dichiarazioni del Papa, come quella famosissima sull’omosessuale in cerca di Dio che lui, il Pontefice, “non si sente di giudicare” (quando avrebbe dovuto dire, invece, che, proprio come Papa giudicava ossia condannava fermissimamente il suo grave peccato ma non il peccatore, invitandolo, in nome della misericordia divina che viene in soccorso di tutti quelli che si pentono, alla conversione e al mutamento di vita).

Significato dell'adorazione eucaristica

Una Presenza che continua
Inos Biffi

"Subito dopo la consacrazione (statim post consecrationem)", "in forza delle parole (vi verborum)" - dichiara il concilio di Trento - avviene una "conversione mirabile e singolare" del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo: "conversione - prosegue lo stesso Tridentino - che la Chiesa cattolica con termine appropriatissimo chiama transustanziazione" (Decretum de sanctissima Eucharistia, capitolo 4, e canone 2).

Senza dubbio, l'esperienza sensibile non avverte alcun mutamento. La certezza che nel "santissimo sacramento dell'Eucaristia" - sempre secondo il Tridentino - "è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il corpo e il sangue di nostro Signore Gesù Cristo, con l'anima e la divinità, e quindi Cristo tutto intero", non è attestata né dalla vista né dal tatto né dal gusto, come canta Tommaso d'Aquino nell'Adoro te devote, ma è tutta e interamente fondata sull'ascolto della parola del Signore, della quale nulla è più vero: Visus, tactus, gustus, in te fallitur, / sed auditu solo tute creditur. / Credo quicquid dixit Dei Filius, / nichil ueritatis verbo uerius.

Sono note la diffidenza e le reazioni al termine "transustanziazione", perché attinto al linguaggio di una filosofia superata e quindi da ritenersi inattuale[1]. Trento, da parte sua, lo ritiene invece "appropriatissimo"; e lo è, infatti, per dire che, in virtù della potenza di Cristo e dell'opera dello Spirito Santo, l'identità del pane e del vino viene realmente mutata nell'identità del Corpo e del Sangue del Signore.

domenica 23 febbraio 2014

Una meditazione sul Sacrificio della Santa Messa

Magnum Mysterium
Questo filmato è stato proiettato durante gli Esercizi Spirituali delle Giornate Sacerdotali, organizzati dal Sodalizio Amicizia Sacerdotale Summorum Pontificum, Roma 9-15 febbraio scorso, con la predicazione del card. Darìo Castrillon Hoyos, ai quali hanno partecipato numerosi sacerdoti, che hanno pregato per la Chiesa per il papa e anche per noi. Ringrazio Padre Vincenzo Nuara OP per questa condivisione.

sabato 22 febbraio 2014

Un cardinal-consiglio che frequenta le riunioni della Massoneria...

Seguo con apprensione le vicende dell'Istituto del Buon Pastore (IBP) a cui la Santa Sede nel 2006 aveva riconosciuto l'uso esclusivo della liturgia tridentina e addirittura il diritto di promuovere una critica costruttiva al Concilio Vaticano II.

Accordi che "la Santa Sede" ora vorrebbe rimangiarsi, snaturando l'Istituto.

Da qualche anno l'IBP sta subendo un accanito tentativo di "normalizzazione" che ha visto alcune vicende surreali:
  1. un commissariamento per favorire la rielezione del superiore disponibile al biritualismo e a ridimensionare drasticamente la già timida critica costruttiva, rielezione poi avvenuta con una "maggioranza" di quattro voti su nove (sic) compreso il suo;
  2. una vera guerra contro i sacerdoti che hanno onestamente fatto ricorso (contro i quali non si contano i colpi bassi, come l'azzeramento dello "stipendio" e la minaccia di esilio in Colombia);
  3. la modifica dello Statuto dell'IBP per aprire porte e finestre al Novus Ordo (in termini tecnici: il rito tridentino non più exclusive ma solo "rito proprio", per cui il superiore può benissimo comandarti di celebrare il Novus Ordo in parrocchia);
  4. addirittura l'assegnazione, all'IBP, di un "Cardinale-consiglio" [sic] notoriamente partecipante delle riunioni della Massoneria.

Benedetto XVI esce di nuovo pubblicamente

La situazione è talmente inedita che non ci sono parole.

Attoniti i fedeli in Basilica Vaticana quando il cardinale Parolin ha salutato la presenza di Papa Benedetto al Concistoro, hanno applaudito con un attimo di ritardo e con infinita commozione. In cappotto e con lo zucchetto Benedetto si è seduto a fianco dei cardinali, con il libretto della cerimonia in mano. Poi all’arrivo di Francesco l’abbraccio. 

Come trattiamo il Corpo di Cristo? Un'immagine di ordinario abuso

Un lettore francese mi invia la foto pubblicata dal quotidiano La Croix nei giorni scorsi, ritenuta significativa nei seguenti termini: non si tratta di un abuso straordinario. Le persone (anziane) appartengono alla classe media o media-superiore e probabilmente non sono attivisti del progressismo: semplicemente si inseriscono nel modernismo rampante, incosciente. Più di questo: godono probabilmente di qualche "mandato" per distribuire, o meglio, per "offrire" le ostie consacrate alle mani dei membri del Popolo di Dio (notate il gesto del fedele che preleva l'ostia dalla pisside). Una immagine piana, ordinaria, caratteristica della vita di una delle parrocchie "borghesi" della capitale francese dove domina la terza età.

Dunque abbiamo superato lo squallore dei protestanti. Se trattiamo con questa incuria e scarsa riverenza il Corpo del Signore e la sua Presenza, come pensare di accoglierne l'opera e la divinità? E questo spiega anche come ne risenta la vita di fede. La totale mancanza di forma (forma che tuttavia veicola e nel contempo esprime una consapevolezza un desiderio un sentimento un atteggiamento interiore profondo) non rischia di diluire e poi cancellare la 'sostanza'? C'è forse un nesso con queste parole che dicono la verità ma che nascondono un'insidia, a seconda di come le si traduce nei confronti della Liturgia celebrata che rende possibile quella vissuta prima durante e dopo la celebrazione?
Celebrare il vero culto spirituale vuol dire offrire sé stessi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio (cfr Rm 12,1). Una liturgia che fosse staccata dal culto spirituale rischierebbe di svuotarsi, di decadere dall’originalità cristiana in un senso sacrale generico, quasi magico, e in un vuoto estetismo. Essendo azione di Cristo, la liturgia spinge dal suo interno a rivestirsi dei sentimenti di Cristo, e in questo dinamismo la realtà tutta viene trasfigurata. «Il nostro vivere quotidiano nel nostro corpo, nelle piccole cose, dovrebbe essere ispirato, profuso, immerso nella realtà divina, dovrebbe diventare azione insieme con Dio. Questo non vuol dire che dobbiamo sempre pensare a Dio, ma che dobbiamo essere realmente penetrati dalla realtà di Dio, così che tutta la nostra vita … sia liturgia, sia adorazione» (Benedetto XVI, Lectio divina al Seminario Romano, 15 febbraio 2012).
L'immagine accompagna la notizia ripresa anche da noi. Maradiaga: una coppia di sposi a dirigere il Consiglio delle Famiglie.

venerdì 21 febbraio 2014

Sulla sacralità della vita, il matrimonio tra uomo e donna e la libertà religiosa

Il documento e la presa di posizione che comporta riguarda gli Stati Uniti. Ma è di certo scaturito dalla emergenza antropologica e culturale, oltre che spirituale, che ci sta sommergendo, affrontata tuttavia con lo stile e nel 'clima' ecumenico così come si è sviluppato nell'epoca post-conciliare.
E la Chiesa Universale, la Roma perenne cosa dice e cosa fa, dal momento che il problema - nel quale ormai siamo dentro in pieno - viene posto a livello globale per forza di legge con l'insistente spinta di interventi sovranazionali a tappeto ? Ho fatto un excursus con alcune riflessioni, attraverso le parole dei papi. Anche il messaggio di Francesco per la giornata mondiale per la pace 2014 contiene punti-chiave - che non ricordo siano stati sottolineati dai media - che ho estratto e riportato. Peccato che ciò che esprime forte e chiaro si inserisca poi in una prassi di segno diverso e dunque si ponga anch'esso in un orizzonte di ambiguità: si pensi soltanto all'ecumenismo senza rete, alle affermazioni che "adoriamo lo stesso Dio dei musulmani" e alla "confusione delle Alleanze" con gli ebrei.

Il 20 novembre 2009 è stata diramata La Manhattan Declaration  firmata da più di 150 leader religiosi cattolici, ortodossi ed evangelici degli Stati Uniti per riaffermare e difendere la sacralità della vita, il matrimonio tra uomo e donna e la libertà religiosa. Il testo è reso disponibile qui.

Nel testo non si trova alcun cenno ai fondamenti e esso contiene confusione di piani:
  1. Si indica come primo punto la sacralità della vita umana, ma non si esplicita che la vita è sacra perché appartiene al Creatore che ci ha ordinati a Lui. Se gli stati laici e i governanti atei di fatto non lo accettano, la Chiesa Universale non può esimersi dal ricordarlo ad atei e credenti.
  2. La pari dignità di ogni uomo in ogni fase del suo sviluppo, cui è attribuibile la ragione delle scelte pro-vita, consiste proprio nell'essere ordinati a Dio. Non viene esplicitato che essa si realizza nella relazione fedele vitale e feconda col Creatore, resa possibile unicamente accogliendo la Persona del Verbo Incarnato Morto e Risorto, in Gesù di Nazareth vero Dio e vero uomo.
  3. Un diritto come quello di coscienza viene inserito nel novero delle verità insieme alla libertà religiosa.

giovedì 20 febbraio 2014

Vescovo Rifan. Papa Francesco considera la Messa Tradizionale un tesoro.

Stavo traducendo da Rorate Caeli, ma sono stata preceduta da Messa in Latino.

Il 9 Febbraio 2014, per la prima volta dall'avvento del N.O., è stato celebrato un pontificale in rito antico nella Arcidiocesi di San Paolo in Brasile. A celebrare è stato l'Amministratore Apostolico della Amministrazione Apostolica Personale di San Giovanni Vianney (a Campos, in Brasile). Un lettore di Rorate Caeli, che era presente, così dice:
"La messa è stata ben celebrata, bella e solenne. Durante la predica, il Vescovo Rifan ha parlato della sua visita al Santo Padre e ha detto che il papa pensa che la Messa Tradizionale in Latino è un tesoro per la Chiesa e che la sua sola paura è quella che la S. Messa nella Forma Extraordinaria possa essere "strumentalizzata". Mons. Rifan rispose a Sua Santità che egli sta facendo ogni cosa per assicurare che ciò non accada e per promuovere la Forma Extraordinaria come un tesoro per la Chiesa Universale, alla quale anch'egli, umilmente, appartiene."

Il Papa: “La famiglia è la cellula della società umana”

Si è riunito da stamane - i lavori sono articolati in due giorni - il Collegio cardinalizio sul tema della famiglia. Il Papa ha rivolto ai circa 180 cardinali presenti alcune parole, chiedendo loro di fronte alle nuove sfide di non cadere nella casistica per aprirsi, invece, ad una pastorale intelligente, coraggiosa e piena d'amore.

“La famiglia è la cellula fondamentale della società umana. Fin dal principio il Creatore ha posto la sua benedizione sull’uomo e sulla donna affinché fossero fecondi e si moltiplicassero sulla terra; e così la famiglia rappresenta nel mondo come il riflesso di Dio, Uno e Trino” ha affermato stamattina Papa Francesco nell’Aula del Sinodo in Vaticano, con i cardinali riuniti per riflettere sul tema della Famiglia.
La riflessione di questa riunione “avrà sempre presente la bellezza della famiglia e del matrimonio, la grandezza di questa realtà umana così semplice e insieme così ricca, fatta di gioie e speranze, di fatiche e sofferenze, come tutta la vita. Cercheremo di approfondire – ha detto sempre il Papa- la teologia della famiglia e la pastorale che dobbiamo attuare nelle condizioni attuali. Facciamolo con profondità e senza cadere nella ‘casistica’, perché farebbe inevitabilmente abbassare il livello del nostro lavoro. La famiglia oggi è disprezzata, è maltrattata, e quello che ci è chiesto è di riconoscere quanto è bello, vero e buono formare una famiglia, essere famiglia oggi; quanto è indispensabile questo per la vita del mondo, per il futuro dell’umanità. Ci viene chiesto di mettere in evidenza il luminoso piano di Dio sulla famiglia e aiutare i coniugi a viverlo con gioia nella loro esistenza, accompagnandoli in tante difficoltà e anche con una pastorale intelligente, coraggiosa e piena d’amore”. [Fonte: Radio Vaticana

MANIFESTO DE LA MANIF POUR TOUS – ITALIA

Il Manifesto, per chi volesse farne uso, è scaricabile qui. Qui è il link al Sito della Manif pour tous Italia.


A tutti gli uomini di buona volontà:
risvegliamo le coscienze degli italiani!

Con la presentazione delle Proposte di Legge su:
  • Contrasto all’omofobia e alla transfobia
  • Accesso al matrimonio da parte di coppie formate da persone dello stesso sesso (matrimonio egualitario, adozione da parte di coppie dello stesso sesso)
  • Modificazione dell’attribuzione di sesso

mercoledì 19 febbraio 2014

Nihil novi. Parole, parole, parole

Sia Riposte Catholique che Rorate Caeli danno risalto alle parole pronunciate da mons. Arthur Roche, segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, nel corso di una intervista rilasciata il 13 febbraio scorso alla CNA (Catholic News Agency) in occasione della conferenza, Roma 18-20 febbraio, promossa dalla sua Congregazione per commemorare il 50° anniversario della costituzione apostolica sulla sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, promulgata da Paolo VI nel 1963. La conferenza prevede la discussione di esperti circa l'impatto che la Costituzione ha avuto nella riforma dell'Ordo Missae e delle modalità celebrative.

Colpisce questa ricerca di conferme in momenti di grande timore per la sorte del Rito Romano Antiquior, recentemente penalizzato in troppe circostanze, di cui abbiamo anche fatto diretta esperienza. Il vescovo ha espresso argomenti a noi ben noti e più volte sottolineati che, di fatto, tuttavia, non sono applicati.

Il discorso di mons. Roche sembra dimostrare che le autorità romane non sono tutte di fatto ostili alla forma straordinaria del rito romano, dato che ha elogiato quella che comunemente viene chiamata « messa in latino » perché significa soprattutto l'unità della Chiesa cattolica grazie, tra le altre cose, alla sua lingua comune, affermando che « Si tratta di un linguaggio comune, per così dire, che ci riunisce, che ci unisce ».

Educazione (o meglio ‘perversione’) sessuale a partire dall’asilo

Sì in Italia la situazione è molto peggiore di quella di Sodoma poiché siamo arrivati all’anti-Decalogo!

Infatti giunge or ora anche dall’EU in Italia un manuale di educazione (o meglio di perversione) sessuale a partire dall’asilo, ossia dai 4 (quattro) anni. In breve è la pedofilia resa obbligatoria per legge nelle scuole a partire dall’asilo infantile.

Il documento per “l’Educazione Sessuale in Europa” è stato redatto durante tutto il corso del 2010. Esso consta di una cinquantina di pagine, è stato realizzato dal “Centro Federale per l’Educazione alla Salute” di Colonia in Germania e diretto dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) a cura di una ventina di esperti.

Leggere il seguito sul Sito di Don Curzio Nitoglia.

martedì 18 febbraio 2014

Semplice umile e argentino

Riprendiamo da La Nation. Una semplice formalità (!?). Si allunga la serie dei comportamenti di Bergoglio che lo rendono sempre più "uno dei tanti", sempre meno identificabile formalmente (tranne che nell'esercizio di un'autorità assoluta che rischia di diventare autoritarismo) con colui che riveste l'alta funzione di Vicario di Cristo in terra come Vescovo di Roma, ch'è anche il Pontefice della Chiesa Universale. 
Fa ancor più effetto sapere che il "Papa emerito" mostra la sua romanità con la scelta di rimanere "per sempre" nel "recinto di San Pietro".
Aggiornamento: Ero incerta se pubblicare, nell'intento di non alimentare quello che potrebbe diventare solo un gossip inutile, anzi dannoso. Questa riflessione di un lettore conferma la ragione del nostro registrare anche questa cronaca solo all'apparenza insignificante, considerando che, "se si vuole fare l'uomo qualunque si faccia l'uomo qualunque, non l'uomo qualunque più uguale degli altri, perché altrimenti è solo una operazione di facciata e di ostentazione di non si capisce cosa, se non voluta almeno risultata". E, infatti, in poche parole il punctum dolens è proprio questo. E il problema è che si capisce e non si capisce, ognuno la interpreta a modo suo sia riguardo a questo come su altri gesti e parole, che non fanno altro che alimentare un'attenzione eccessiva, che diventa malsana e che non vorremmo contribuire ad alimentare. Ma ci serve per sottolineare l'unica certezza che ne viene fuori: la confusione di status, di ruoli, di contenuti.... E scusate se è poco!

Il ministro degli Interni e dei Trasporti argentino, Florencio Randazzo , ha riferito che "il Papa Francesco ha rinnovato il documento di identità e passaporto argentini venerdì scorso e nei prossimi giorni lo riceverà all'indirizzo indicato in Vaticano", secondo una dichiarazione del ministero.

"Sua Santità ha contattato Juan Pablo Cafiero, il nostro ambasciatore presso il Vaticano e lo ha informato che avrebbe voluto continuare a viaggiare per il mondo con il passaporto argentino, così venerdì attraverso il centro operativo digitale a Roma hanno iniziato la procedura" .

Venerdì scorso, dunque, Cafiero e Console Juan Antonio Ibañez, con personale dell'ambasciata, sono andati a Santa Marta, dove abita il Papa, per far da tramite.
Il funzionario ha sottolineato che "Francesco ha espressamente chiesto di non godere di alcun privilegio per la sua nuova ID e passaporto e ha seguito i normali canali amministrativi. Papa ha seguito la stessa procedura di tutti gli argentini: ha preso una foto digitale, la sua impronta e la firma in 15 minuti; e nei prossimi giorni riceverà il documento nella Domus Santa Marta in Vaticano, dove ha dichiarato la residenza."

lunedì 17 febbraio 2014

Quando si parla di Eucaristia...

Quale è la vera chiave interpretativa? Da dove si deve iniziare quando si parla di Eucarestia? dal Corpo di Cristo offerto in sacrificio e dal suo Sangue effuso per la remissione dei peccati; cioè: dalla sua passione e morte, che sono il suo essere “per noi uomini e per la nostra salvezza”. Ciò che fonda o istituisce l’Eucarestia è l’evento della morte e risurrezione di Cristo. È chiamato “evento” per indicare che è un fatto storicamente accaduto, unico nel tempo e nello spazio, avvenuto una volta per sempre ed irripetibile. L’Eucarestia è il sacramento [e memoriale, che è riattualizzazione] di questo avvenimento, accaduto una volta per sempre sul Calvario. “Gesù non muore ad ogni Eucarestia. Siamo invece noi che, ogni volta che la celebriamo, siamo «presentati», nel senso di «essere resi presenti» a quella morte, o di ricevere la grazia di quella presenza per essere associati a quel Corpo dato e a quel Sangue sparso, in cui vive la carità divina per noi” (I. Biffi, Il Corpo dato e il Sangue sparso, ed. Jaca Book, Milano 1996, pag. 17). 

Il Segreto scomodo

« Le lacrime della Vergine » contrastano con questa nostra società ridanciana, apostata e disperata, che ha rinunziato alla Croce di Cristo. La Madonna de La Salette, nel Segreto consegnato a Melania, c’insegna che la principale causa dell’empietà oggi trionfante sulla terra consiste nel tradimento dei chierici! Stando al segreto, l’apostasia della Gerarchia ecclesiastica, ebbra di sensualità e di orgoglio, sarà universale. [...] La Chiesa soffrirà dunque una crisi tremenda.
L’Autore [...] affronta con determinazione le varie obiezioni sollevate contro di esso, esponendo le proprie pregevoli opinioni al riguardo e prendendo dichiaratamente e spesse volte posizione anche in ordine alle questioni più spinose e controverse. Egli difende con energia l’integrità di vita dei veggenti, Melania e Massimino [...] Spiega inoltre che tutta la polemica su La Salette si concentra sul Segreto.
Sac. Don Vilmar Pavesi

domenica 16 febbraio 2014

Viva il Papa!

Un recente scritto di Don Curzio Nitoglia.

Introduzione

Quando venne eletto Papa Pio IX, i liberali – pensando che papa Mastai fosse uno di loro – aizzavano la folla a gridare «viva Pio IX!», vale a dire «viva un Papa liberale», ma don Bosco, che era un santo attaccatissimo al Papato, insegnò alla gente a gridare: «viva il Papa!», cioè: ammesso e non concesso che Pio IX nei primi mesi del suo Pontificato avesse fatto delle riforme, le quali potevano essere interpretate in favore di una svolta liberaleggiante, occorreva distinguere gli atti di Mastai come persona privata da papa Pio IX e difendere la figura del Papa e l’Istituzione del Papato, odiata dai liberali.

Oggi viviamo sotto il Pontificato di Francesco I, che realmente è «liberale». Purtroppo egli si è avviato verso una forma radicale di ultra-modernismo, ma nonostante ciò, se sino al gennaio del 2014 tutti (compresi i peggiori nemici della Chiesa) lo elogiavano, nei primi giorni del febbraio è arrivato improvvisamente e provvidenzialmente un attacco durissimo contro la S. Sede dagli ambienti laicisti del Nuovo Ordine Mondiale e dell’ONU.

Alla vigilia del Concilio Vaticano II, la maggior parte dei teologi e anche dei vescovi si son messi a «dialogare» col pensiero moderno, adottandone il linguaggio e persino la filosofia o mentalità[1], illudendosi di farsi accettare, magari edulcorando alcune verità evangeliche troppo esigenti. Papa Francesco I ha detto di voler portare addirittura a compimento quest’operazione di dialogo con la modernità che si sarebbe interrotta, secondo lui, nel dopo-concilio. Ma il mondo moderno, nonostante l’aggiornamento e l’adattamento dei Pastori cattolici, non ha accettato il Vangelo, la Chiesa e il Papato, anzi li ha odiati ancor di più e rispettati sempre meno.

sabato 15 febbraio 2014

Da non credere: il Rito Romano Antiquior una sorta di 'moda'?

Da Rorate Caeli, attraverso un lettore della Repubblica Ceca.
Inaudito. Inimmaginabile addirittura in questi termini. Non ci sono parole.

Ieri (Venerdì 14 Febbraio), Papa Francesco ha ricevuto in udienza i Vescovi della Repubblica Ceca recatisi a Roma per la loro visita ad limina.

Nel corso della visita, come di solito accade in questi casi, dopo il discorso ufficiale, il Papa ha ascoltato le domande e le osservazioni dei vescovi. Mons. Jan Graubner, di Olomouc, ha riferito alla sezione ceca della Radio Vaticana che il Papa gli ha detto:

[Jan Graubner:] Quando stavamo discutendo di coloro che amano l'antica liturgia e desiderano tornare ad essa, era evidente che il Papa parlava con grande affetto, l'attenzione e sensibilità per tutti per non fare del male a nessuno. Tuttavia, ha fatto una dichiarazione molto forte quando ha detto che capisce quando la vecchia generazione torna a ciò che ha vissuto, ma che non riesce a capire le generazioni più giovani che desiderano tornarvi.
"Quando cerco di andare più a fondo - ha detto il Papa - trovo che è piuttosto una sorta di moda [in lingua ceca: móda, italiano moda]. E, per il fatto che è una moda, è una questione cui non dare molto peso. È solo necessario mostrare un po' di pazienza e gentilezza alle persone che sono dipendenti da una certa moda. Ma ritengo molto importante andare in profondità nelle cose, perché se non andiamo in profondità, nessuna forma liturgica, questa o quella che sia, ci può salvare".

Chiesa post-conciliare. La desistenza dell'autorità

Paolo VI mentre pronuncia il Credo
Ancora da Romano Amerio, Iota unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX, Lindau Torino 2009, pp. 141-145.
Si parla di Paolo VI; ma non è un semplice ritorno al passato: è il punto d'inizio o se vogliamo la persona e il momento attraverso cui è precipitato e si è manifestato un sentire ecclesiale ormai attestato e consolidato e che sta dando i frutti poco commestibili che oggi subiamo. Un'analisi molto precoce, lucida ed icastica, ma purtroppo inascoltata e  totalmente silenziata, nonostante i tentativi di riproporla da parte di chi ama la Chiesa e cerca di cogliere dalle dinamiche che ne animano la 'pastorale' la cause prossime e remote dei problemi e le possibili soluzioni. Dunque diagnosi e rimedi. Manca chi li applica e chi dovrebbe esserne voce autorevole. Che si levi almeno la nostra flebile voce. Se non raggiunge chi dovrebbe sentirsene fortemente responsabilizzato come Pastore, raggiungerà le rive di cuori aperti e in attesa. La grazia farà il resto.  

La Chiesa postconciliare. Paolo VI
65. La desistenza dell'autorità. Una confidenza di Paolo VI. – La disunione della Chiesa, visibile nella disunione dei vescovi tra di loro e dal Papa, è il fatto ad extra. Il fatto ad intra che lo produce è la desistenza dell'autorità papale medesima, dalla quale si propaga la desistenza di ogni altra autorità.

L'autorità, di qualunque specie sia la società in cui si esercita, è funzione necessaria (secondo alcuni addirittura costitutiva) della società, la quale è sempre una moltitudine di voleri liberi che si hanno da unificare. Questa unificazione, che non è riduzione ad unum di tutto, ma coordinamento di tutte le libertà in un'unione intenzionale, è lo scopo dell'autorità. Essa deve volgere le libertà degli uomini associati al fine sociale, prescrivendo i mezzi, cioè l'ordine, per conseguirlo. Perciò l'atto dell'autorità è duplice: è puramente razionale in quanto scopre e promulga la regola dell'operare sociale; è invece pratico in quanto comanda un tale ordine, disponendo le parti dell'organismo sociale secondo quell'ordine. Questo secondo atto dell'autorità è il governare.

venerdì 14 febbraio 2014

La fine della "Riforma della Riforma" ha a che fare con la fine del Pontificato di Benedetto XVI?

Non permettiamo che ci tolgano il gaudium del Summorum Pontificum
Rorate Caeli pubblica un interessante articolo a proposito di liturgia. La nostra Lettrice Rosa ce ne illustra una sintesi e trae una ragionata conclusione:
Si fa un paragone tra i tentativi di riforma di alcuni teologi anglicani a fine '800 e quello del New Liturgical Movement, che han sposato "la riforma della riforma".
Ebbene, ad un certo punto la Chiesa anglicana disse "Stop", e sospese quei teologi, perché si erano avvicinati troppo al Cattolicesimo. Scrissero un ultimo "Tratto", e smisero. L'autore di quell' ultimo Tratto era il futuro Cardinale e Beato di S. Romana Chiesa Newman.
Ora l' ultimo scritto di uno degli autori del NLM sostiene che, dopo tanto pensare e riflettere, non si può arrivare ad una terza via, mediana, tra il NO e la Messa di sempre, perché per quanto si possa reintrodurre il Latino, o cercare traduzioni più corrette, o ritornare a prefazi ed offertorio come prima, c'è un qualcosa nel NO che lo rende profondamente diverso dalla Messa di sempre.
A questo punto, commenta l'autore di Rorate, succede quel che successe allora in Inghilterra: non poteva esistere un Anglicanesimo terza via, mediana, tra il protestantesimo e il cattolicesimo, che ripristinasse l' Eucaristia e la Messa come ripetizione del sacrificio di Cristo. La chiesa anglicana non ne volle sapere e cacciò i sostenitori. Di altri non si parla, ma di quel che accadde a Newman sappiamo tutto.
Cosa accadrà ora ai pensatori del NLM, che si sono accorti dell' irriducibilità del NO ad una modifica in senso "messa antica di sempre", ora che han capito che la riforma della riforma non è possibile ? 
Io ho pensato a Benedetto, perché dall'articolo mi è sembrato di capire che questi liturgisti stessero preparando un testo da sottoporre per eventuali modifiche del NO da sottoporre al Papa regnante fino allo scorso febbraio. Che qualcuno abbia saputo, ed agito per bloccare il tutto? 
L' articolo del liturgista in cui sostanzialmente dichiara: basta, non se ne può far nulla, è stato pubblicato a giugno 2013. Chiunque, anche non ecclesiastico, ma ricercatore, sa che per essere pubblicato a giugno l' articolo, ed il materiale " di ricerca" su cui si basa, dev'essere pressoché pronto da almeno 2-3 mesi prima, quindi...
Tra i miei personali sospetti sulla rinuncia, c'era anche che stesse preparando una modifica dell' NO, per renderlo più simile al VO, così come previsto dai documenti conciliari, e che per questo, anche per questo, sia stato "rinunciato", o se preferite "abdicato". (Rosa)

giovedì 13 febbraio 2014

Klaus Gamber. L'Altare verso il popolo

Domande e risposte (12 domande)
Di Mons. Klaus Gamber

Vi propongo questo testo ricco di insegnamenti e fonte di meditazione e approfondimento della fede. Qui pubblico l'incipit. Il resto - l'esplicitazione delle domande e delle risposte - lo trovate a questo link, che inserirò anche in fondo.

Questo documento segue e completa il precedente tratto da Iota unum di Romano Amerio.

Per diffondere e condividere le ricchezze della nostra Fede. Che non restino sepolte e quindi vengano poi sminuite o addirittura dimenticate. 

"Poi venne un altro angelo e si fermò all’altare, reggendo un incensiere d’oro. Gli furono dati molti profumi perché li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli sull’altare d’oro, posto davanti al trono" (Apocalisse 8, 3).
Secondo la concezione dell’epistola agli Ebrei, il tempio terreno di Gerusalemme e il suo altare erano l’immagine del santuario che è in cielo ed in cui il Cristo, eterno sacerdote, è entrato (9, 24).

La liturgia celeste e la liturgia terrestre sono una cosa sola. Così, secondo il passo dell’Apocalisse citato in epigrafe, un angelo è fermo davanti all’altare d’oro del cielo, con un incensiere d’oro in mano, allo scopo di offrire le preghiere dei fedeli al cospetto di Dio. Anche la nostra offerta terrena non diventa totalmente valida davanti a Dio se non è "condotta dalla mano di un angelo sull’altare celeste", come è detto nel canone della messa romana.

La concezione secondo la quale l’altare di quaggiù è un immagine dell’archetipo celeste che si trova davanti al trono di Dio, ha sempre determinato sia la sistemazione dell’altare, sia la posizione del sacerdote nei confronti di esso: e noi abbiamo visto che l’angelo che regge l’incensiere d’oro è fermo davanti all’altare. D’altra parte, le prescrizioni che Dio ha dato a Mosè (cfr. Esodo 30, 1-8) hanno certamente svolto un ruolo anch’esse.

Queste osservazioni preliminari erano necessarie per far comprendere a che punto siano cambiate le concezioni attuali circa l’altare. Questo cambiamento non è stato effettuato brutalmente, ma poco la volta; si è cominciato diversi anni fa, prima del Concilio Vaticano II.

Nella Richtlinien für die Gestaltung des Gotteshauses aus dem Geist der römischen Liturgie (Istruzioni per la sistemazione delle chiese nello spirito della liturgia romana), del 1949, Theodor Klauser sostiene che: "Certi segni fanno intravedere che, nella Chiesa futura, il prete si terrà come un tempo dietro l’altare e celebrerà col viso volto verso il popolo, come si fa ancora oggi in certe basiliche romane; l’augurio, che si solleva dappertutto, di veder più chiaramente espressa la comunione al tavolo eucaristico, sembra esigere questa soluzione" (n° 8).

Ciò che Klauser presentava allora come augurabile, come si sa, nel frattempo è divenuto quasi dappertutto la norma. Si pensa di aver fatto rivivere così un uso della cristianità delle origini. Ora, come dimostreranno chiaramente le spiegazioni che seguono, si può provare con certezza che non si è mai avuta, né nella Chiesa d’Oriente né in quella d’Occidente, alcuna celebrazione versus populum (verso il popolo), ma che, al contrario, per pregare tutti si volgevano sempre ad Oriente, ad Dominum (verso il Signore).

L’idea di un “faccia a faccia” tra il sacerdote e l’assemblea, nel corso della messa, risale piuttosto a Martin Lutero, il quale, nel suo piccolo libro Deutsche Messe und Ordnung des Gottesdienstes (La messa tedesca e l’ordinazione del culto divino), del 1526, all’inizio del capitolo Della domenica per i laici, così scrive: "Noi conserveremo gli ornamenti sacerdotali, l’altare, le luci fino all’esaurimento o fino a quando non riterremo di cambiarle. Lasceremo, tuttavia, che altri possano fare diversamente; ma nella vera messa, fra veri cristiani, occorrerebbe che l’altare non restasse com’è adesso e che il prete si volgesse sempre verso il popolo, come senza alcun dubbio Cristo ha fatto al momento della Cena. Ma questo può attendere."

Ed ecco che il momento atteso è arrivato…

Per giustificare il cambiamento di posizione del celebrante in rapporto all’altare, il Riformatore si riferiva al comportamento di Cristo all’Ultima Cena. In effetti egli aveva davanti agli occhi le abituali raffigurazioni dei suoi tempi: Gesù in piedi o seduto a metà di una gran tavola, con gli Apostoli alla sua destra ed alla sua sinistra.

Ma Gesù, ha effettivamente occupato tale posto?

Certamente non avvenne così, poiché sarebbe stato contrario agli usi domestici dell’epoca.

Al tempo di Gesù, e ancora secoli dopo, si utilizzava sia una tavola rotonda sia una tavola a forma di sigma (a semicerchio). Il davanti di essa veniva lasciato libero, per permettere il servizio. I convitati erano seduti o allungati dietro il semicerchio. Per far ciò utilizzavano dei divani o un banco, anch’esso a forma di sigma. Il posto d’onore non si trovava, come si potrebbe credere, in mezzo, ma a destra (in cornu dextro). Il secondo posto d’onore stava di fronte al primo.

Questa disposizione dei posti la ritroviamo, in maniera costante, nelle raffigurazioni più antiche della Cena di Gesù, fino a metà del Medio Evo. Il Signore è sempre allungato o seduto dalla parte destra della tavola (fig. 4). È solo verso il XIII sec. che si incomincia ad imporre un nuovo tipo di raffigurazione: ed allora Gesù è posto dietro la tavola, in mezzo agli Apostoli che lo circondano. È questa l’immagine che Lutero aveva davanti agli occhi.

In effetti, essa ha l’apparenza di una celebrazione versus populum. Tuttavia, in realtà non si tratta di niente di simile, poiché il "popolo" verso cui il Signore avrebbe dovuto volgersi, si sa che era assente nella sala della Cena. Cosa questa, che toglie ogni valore all’argomentazione di Lutero. D’altronde, per quanto ne sappiamo, anch’egli non ha mai preteso che si celebrasse volti verso l’assemblea, come in seguito hanno preso l’abitudine di fare i Riformati, soli fra le comunità protestanti.

---> Per proseguire la lettura e l'analisi: l'intero documento.

mercoledì 12 febbraio 2014

Forse non è canonicamente valida la rinuncia di Papa Benedetto

Oggi Antonio Socci rilancia, sulla sua pagina Facebook, il tema di cui al precedente articolo Chi ha spinto Papa Benedetto a mollare e perché. 
Nel frattempo, Andrea Tornielli, invece, la butta su Ratzinger e ratzingeriani, come se si trattasse di partigianeria o faziosità e dalla sua visuale ristretta e vatican-dipendente, non coglie che non si tratta di Ratzinger versus Bergoglio, ma delle sorti della Chiesa e del Papato.
Pubblico di seguito il testo odierno di Socci:

Il “ritiro” di Benedetto XVI – un anno dopo – si tinge di giallo. Perché emergono “dettagli” che impongono di interrogarsi seriamente sulla sua effettiva validità canonica.
Parto da ciò di cui io stesso sono stato testimone personale. Nell’estate del 2011 ricevo da fonte certa la notizia: Benedetto XVI ha deciso di dimettersi e lo farà dopo aver compiuto gli 85 anni, cioè dall’aprile 2012.
Scrissi tutto su queste colonne il 25 settembre 2011. Fui seppellito da una valanga di risposte sprezzanti sia dall’entourage vaticano che dai vaticanisti. Arrivati alla primavera 2012 qualcuno dei vaticanisti fece ripetutamente notare che la mia previsione non si era realizzata.
Io risposi che si era in pieno nella tempesta di Vatileaks e per quella ragione il Papa non si era ancora dimesso. Infatti l’11 febbraio 2012, appena chiuso il caso Valileaks, Benedetto XVI comunica il suo clamoroso ritiro (si era sempre nel suo 85° anno).
Tuttavia ancora ieri i rosiconi di “Vatican Insider” scrivevano: “Nel corso degli anni, sui giornali italiani, Antonio Socci e Giuliano Ferrara parlarono, con motivazioni diverse, dell’ipotesi che Joseph Ratzinger si dimettesse. Nessuno, a ogni modo, seppe prevedere la tempistica”.
A parte il fatto che la mia era una notizia, mentre l’articolo di Ferrara, uscito mesi dopo, era una sua riflessione culturale, nel mio articolo la tempistica era molto ben definita.

Altare e mensa nella riforma liturgica

L'Altare di S. Clemente al Laterano
Romano Amerio, nel suo Iota unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel XX secolo ha dedicato un capitolo specificamente all'Eucaristia, la cui lettura (che diventa studio e meditazione) vi propongo qui.

Nello stesso testo egli dedica un intero Capitolo alla Riforma liturgica, nel quale mette il luce numerosi punti e luoghi di quella che chiama la sottigliezza bicipite dei redattori, cui ha fatto seguito quella degli applicatori. Tra questi estraggo un testo chiave: Altare e mensa nelle riforma liturgica.

290. Altare e mensa nella riforma liturgica. – Le mutazioni avvenute nella struttura e nel sito dell’altare in seguito alla riforma liturgica arguiscono le variazioni avvenute nella mentalità ecclesiale, consapute o inconsapevoli che esse sieno. Le idee (lo abbiamo notato tante volte) si muovono infatti secondo una loro interna meccanica irrepugnabile.

Una prima idea che andò smarrita è quella dell’altare come base massiccia, inconcutibile [garantito da una stabilità o validità perenne, inamovibile] ed eccelsa sulla quale immolare il sacrificio. L’altare simboleggiava il «monte di visione» su cui Abramo si disponeva a sacrificare il figlio in obbedienza al Signore e figurava altresì l’altura del Calvario dell’uomo-Dio. All’altare era connessa l’idea della stabilità ed eternità e celsitudine del Nume. Non diversamente in Omero al talamo di Ulisse, lavorato dentro il ceppo vivo di un ulivo, era connessa quella della perpetuità delle nozze. L’altare dunque stava in excelsis, era, il sito del sacrificio, recava i segni dell’immutabilità di Dio. Siccome poi era il luogo dell’eucaristia gli spettava la posizione più degna, più eminente e più visibile di tutto il tempio.

martedì 11 febbraio 2014

Comunicazione e nuove tecnologie nel tempo di Benedetto XVI

In questo giorno che ha segnato uno spartiacque nella storia della Chiesa, prendo lo spunto da un recente lavoro di Korazym su I mezzi di comunicazione al tempo di Benedetto XVI, che riprende i temi delle Giornate delle Comunicazioni Sociali dal 2006 al 2013. Preferisco ripercorrerne le tappe, inserendo direttamente estratti significativi dai discorsi di Benedetto XVI per ognuna delle Giornate, che ho nel tempo raccolto tutti con gran cura nell'ambito più ampio di Chiesa e Comunicazioni sociali dove, chi è interessato, può trovare una marea di documenti utili per i propri approfondimenti.
La grafica è un un po' "datata": è una delle mie prime fatiche sul web e risale a diversi anni fa; ma è il contenuto quello che conta.
Notiamo come Benedetto XVI, negli anni fecondi del suo pontificato - purtroppo inopinatamente interrotto - non abbia fatto mancare insegnamenti e orientamenti su tutti i temi più pressanti e coinvolgenti l'intreccio tra fede e cultura, scienza ed etica, esaminando le nuove tecnologie, l'impatto antropologico, le sfide dal punto di vista sia di operatori che di fruitori nel grande ventaglio dei vari ambiti di responsabilità. E notiamo come, andando indietro, la Chiesa sia stata sempre presente con grande consapevolezza e maestria. A partire dalla Vigilanti cura di Pio XII.
Inserisco come premessa due citazioni che costituiscono l'incipit della pagina principale della Sezione:
« ...Cristo ha comandato agli apostoli e ai loro successori di ammaestrare "tutti i popoli" di essere "luce del mondo" di proclamare il Vangelo senza confini di tempo e di luogo. Come Cristo stesso, nella sua vita terrena, ci ha dato la dimostrazione di essere il perfetto "Comunicatore", e come gli apostoli hanno usato le tecniche di comunicazione che avevano a disposizione, così anche oggi l'azione pastorale richiede che si sappiano utilizzare le possibilità e gli strumenti più recenti...». [Communio et progressio, 126]

« ...Internet permette a miliardi di immagini di apparire su milioni di schermi in tutto il mondo. Da questa galassia di immagini e suoni, emergerà il volto di Cristo? Si udirà la Sua voce? Perché solo quando si vedrà il Suo Volto e si udirà la Sua voce, il mondo conoscerà la “buona notizia” della nostra redenzione. Questo è il fine dell’evangelizzazione e questo farà di Internet uno spazio umano autentico, perché se non c’è spazio per Cristo, non c’è spazio per l’uomo… Esorto tutta la Chiesa a varcare coraggiosamente questa nuova soglia, per “prendere il largo” nella Rete, cosicché, ora come in passato, il grande impegno del Vangelo e della cultura possa mostrare al mondo “la gloria divina che rifulge sul volto di Cristo” (2 Cor.4 6). Che il Signore benedica tutti coloro che operano a questo fine ».[Giovanni Paolo II: Messaggio per la 36.a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 12 maggio 2002]

Dies nigro notanda lapillo



"Come un'amputazione". 
In questi termini Monsignor Georg Gäenswein descriveva a Die Zeit-online la sua reazione alla scelta di Josef Ratzinger di dimettersi da Pontefice, un anno fa, seguita dal cambio ai vertici della Santa Sede. Contemporaneamente esprimeva  l'impressione di vivere "in due mondi".
Credo che, nonostante l'anomalia della situazione determinata dalle dimissioni conservando il "servizio contemplativo", queste sono pur sempre previste dal diritto canonico.
Resta invece il fatto che, se non risulta una forza maggiore esplicita e non solo intuita o letta attraverso le grosse difficoltà attraversate dal pontificato precedente, oggi inopinatamente ribaltate, l'evento rischia di fare del papato una "funzione deponibile" legata al valore dell'efficientismo piuttosto che all'alta funzione di Vicario di Cristo.
Il discorso dei "due mondi", invece, oltre ai due fronti nei quali si muove Don Georg nello svolgere le sue mansioni a fianco dei due papi, è intuibile sia legato ai diversi stili dei "due papi", nonché all'azione dirompente di quello "regnante". Non facciamo fatica a condividere la stessa sensazione.
Riprendo alcune bellissime, indimenticabili immagini di Caterina:

lunedì 10 febbraio 2014

Perché il mondo ama la fase pop della chiesa che negozia senza opporsi

Mattia Ferraresi, su Il Foglio quotidiano del 6 febbraio corso

Il vescovo di Lincoln spiega le astuzie dei fan mondani di Francesco. La guerra aperta e il logorìo da copertina
New York. James Conley, vescovo di Lincoln, in Nebraska, la chiama “la nostra fase pop”, e nella formula non c’è sottotesto dispregiativo verso la “pop culture” né entusiasmo a priori per la salita trionfante della chiesa umile di Francesco sulle copertine patinate dell’occidente secolarizzato. Il vescovo che tiene sul tavolino da caffè un libro con le copertine degli album di Who, Metallica, Nirvana e altri suoi idoli di gioventù – regalo di un altro vescovo americano – sa per esperienza quanto profondamente la cultura popolare informi il sentire comune: “Le opinioni politiche e sociali nel nostro paese vengono più spesso dal mondo di Lorne Michaels e Jon Stewart che dalle pagine del New York Times o del Wall Street Journal. Quando parlo con i govani di matrimonio gay è più probabile che citino Macklemore che Maureen Dowd”.
L’occasione dell’intervento di Conley, apparso sulla rivista First Things, è l’incoronazione di Francesco da parte di Rolling Stone – apoteosi della “nostra fase pop” – come epigono moderno e riformista dopo la fase oscura della chiesa incarnata da Benedetto XVI, che esce mostrificato dalla penna semplificatrice e pasticciona del giornalista Mark Binelli. [purtroppo questa semplificazione pasticciona, e anche qualcosa di peggio, è diventata un classico non solo tra i media, ma anche nelle gerarchie] Conley non si dilunga sul merito dell’articolo in questione (“revisionismo standard”) ma ne osserva la rilevanza pubblica, finendo per formulare osservazioni sul rapporto fra chiesa e mondo che vanno al di là della circostanza giornalistica particolare. Il problema, scrive Conley, è che le lusinghe della cultura popolare sono in realtà assalti per “dirottare il papato di un fedele, e spesso non convenzionale, figlio della chiesa”. Spiega il vescovo:
I libertini sociali e sessuali non hanno interesse a screditare il cristianesimo. Sono molto più interessati a rimodellarlo, arruolando Cristo, e il suo vicario, fra i loro sostenitori. L’agenda sociale secolarizzata è più appetibile per i giovani se completa, invece di competere, il cristianesimo residuale delle loro famiglie. Il nemico non ha nessun interesse a sradicare il cristianesimo se può sublimarlo per i propri scopi. La più grande astuzia del diavolo non è convincere il mondo che lui non esiste, ma convincere il mondo che Gesù Cristo è un paladino della sua causa”.
La cultura pop semplifica, rimpicciolisce, piega, ricalca schemi ideologici familiari al pubblico per tentare la trasvalutazione secolarizzata degli elementi cristiani che sono rimasti impigliati nell’occidente: questa è la sua forza persuasiva. La tensione descritta dal vescovo americano fra il “completare” e il “competere” è assai rilevante se si considerano le sfide su più fronti che la chiesa sta affrontando. L’offensiva francese di una laïcité post giacobina, con le sue carte della lacità esplicitamente anticristiane e la criminalizzazione di tutto ciò che devia dalla convenzione secolarizzata vigente, si muove nell’ordine della competizione fra modi di vita incompatibili. Lo stato sostituisce il vecchio paradigma  con uno nuovo. Ma nella logica della “pop culture” tanta esibizione di livore è quasi preferibile alle lusinghe sudbole di una cultura che ambisce a “completare la chiesa”.
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