Commemoriamo ogni anno un anniversario, tanto gioioso a suo tempo quanto dolente oggi: la promulgazione del Summorum pontificum, purtroppo vanificata da una gerarchia matrigna nei confronti della Tradizione, anziché Mater et Magistra.
Lo ricordo anche quest'anno visto che il motu proprio di Benedetto XVI è stato davvero un dono della Provvidenza, perché di fatto ha permesso alla nuova generazione di conoscere un Rito che si voleva (e si vorrebbe) eliminato. E c'è da aggiungere che il recente accanimento [vedi] si è rivelato un boomerang perché lo scalpore suscitato lo ha fatto conoscere e apprezzare da molti più fedeli, soprattutto giovani e anche sacerdoti, che hanno riscoperto una sacralità ed una mistagogia impareggiabili nonché l'unico culto autentico dovuto a Dio(1).
Nell'immagine — tratta dal filmato di Repubblica sotto riportato — la celebrazione storica del successivo 14 settembre (giorno dell'entrata in vigore), la prima a Roma dopo 39 anni, nella Cappella della Salus Populi Romani di fronte alla quale, dall'altro lato della navata, c'è quella in cui è sepolto San Pio V, il Papa che ha codificato per l'Occidente cattolico la forma del Rito Romano, rimasta sostanzialmente integra nel Messale del 1962 [qui].
Anche quest'anno non può mancare il nostro pensiero a quell'evento sicuramente provvidenziale, pur nelle sue carenze [qui].
Infine, un cimelio storico: il filmato che sono riuscita ad avere da Repubblica, nel quale, insieme ad altre, ci sono alcune mie precise risposte a precise domande. Perché io c'ero. Interessanti le interviste: laici con le idee chiare, che non si sono lasciati confondere dalle domande contenenti i pregiudizi che conosciamo bene e che non accennano a sparire.
Me lo sono riguardato dopo tanto tempo e lo riprendo, un po' quasi per lasciare il testimone e, poi, anche perché spero sia avvenuto quello che spontaneamente ho detto nell'ultima frase. Alla domanda: "Non sembra ci sia una grande adesione popolare", ho risposto: "Ebbene molti non lo conoscono; ma è un inizio. Il resto lo farà il Signore secondo me!". PreghiamoLo che ci aiuti a custodire ma soprattutto a vivere secondo il Suo Cuore il nostro tesoro prezioso.
Me lo sono riguardato dopo tanto tempo e lo riprendo, un po' quasi per lasciare il testimone e, poi, anche perché spero sia avvenuto quello che spontaneamente ho detto nell'ultima frase. Alla domanda: "Non sembra ci sia una grande adesione popolare", ho risposto: "Ebbene molti non lo conoscono; ma è un inizio. Il resto lo farà il Signore secondo me!". PreghiamoLo che ci aiuti a custodire ma soprattutto a vivere secondo il Suo Cuore il nostro tesoro prezioso.
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1. Esiste uno ius divinum al culto che è il riconoscimento del primato di Dio su ogni cosa. Si realizza facendo convergere su Lui tutte le attività – personalmente e comunitariamente – attraverso la virtù di religione, come ci ricorda la Mediator Dei. Dunque riguarda l’intera esistenza e tutti i suoi ambiti ed è funzione primaria della Chiesa come corpo mistico di Cristo e popolo sacerdotale: pensiamo al sacerdozio battesimale, sia pur distinto in grado ed essenza da quello ordinato. Ristabilisce inoltre il giusto rapporto fra Dio e la sua creazione, a Lui ordinata, a partire dall’uomo, unica creatura terrena creata a Sua immagine. Viene espresso anche in atti e riti pubblici. Esiste quindi uno ius liturgicum: la Chiesa ha sempre concepito la liturgia come il suo culto pubblico ufficiale e quindi ha regolato gli atti e i riti che lo sostanziano ed esprimono le verità di fede professate. Tutte le norme sono indirizzate a questo giusto rapporto, dal quale dipende la salvezza del mondo, e così devono essere rispettate come comando di Dio e non come invenzione dell’uomo, tipo fabbricazione a tavolino (parole di Ratzinger), come nel caso del Novus Ordo.