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martedì 30 giugno 2015

1° Luglio Messa per la Festa del Preziosissimo Sangue di N.S. Gesù Cristo a Torino

Associazione Cardinal G. Saldarini
per la liturgia latino-gregoriana “Summorum Pontificum”
(Coetus fidelium stabiliter existens ex art. 5 M.P. Summorum Pontificum 
et art. 15. Instr. Universae Ecclesiae)

S. Messa cantata latino-gregoriana (forma straordinaria) 

nella festa del Preziosissimo Sangue di N.S. Gesù Cristo

Mercoledì 1° luglio 2015 - ore 19.30

Basilica del Corpus Domini
P.zza Corpus Domini, Torino


Programma musicale della celebrazione:

Proprio gregoriano della Festa
Kyriale VIII (De angelis)
Credo III
O esca viatorum/O linfa fons amoris (Haydn)
Pange lingua (gregoriano)
Salve Regina (t. simplex)
Pietà Signor (Perosi)

Al termine della S. Messa, canto delle Litanie del Preziosissimo Sangue (Indulgenza par.)

Corrado Gnerre. Commento all’Enciclica “Laudato sì” di papa Francesco

Dopo alcune nostre osservazioni di massima al momento del primo impatto con la nuova enciclica [qui] e [qui]e in attesa di darci il tempo per uno studio più approfondito, cogliamo dal sito Civiltà Cristiana, questo commento di Corrado Gnerre che consente una valutazione articolata ed efficace dell'intero contesto. 

Alcune premesse

Prima di iniziare l’analisi dell’Enciclica Laudato sì di papa Francesco occorre fare alcune premesse sul lavoro che ci accingiamo a svolgere e sul Documento.

L’analisi dell’Enciclica che vogliamo offrirvi sarà schematica, perché vuole essere utile e servire coloro che avrebbero difficoltà a leggere per intero il testo. Costoro, infatti, corrono un serio rischio, quello di fidarsi dei “media” ufficiali che spesso sono guidati solo dal “politicamente” e “teologicamente corretto”.

L’Enciclica è complessa includendo passaggi positivi e passaggi problematici. Ovviamente si tratta di un’enciclica, per cui, nell’esaminarla e commentarla occorre molta cautela e molto rispetto; senza però tacere alcune considerazioni su passaggi che abbiamo già definito “problematici”.

Un lavoro di questo tipo (individuazione dei passaggi positivi e di quelli problematici) farà storcere il naso a molti. Lo farà storcere a coloro che si schierano all’interno di un certo infallibilismo pontificio (quando il Papa parla non può mai dire cose errate) e di un certo normalismo ecclesiale (bisogna sempre comunque evidenziare il bene nei pronunciamenti pontifici trascurando ciò che costituisce problema). Ma un lavoro di questo genere farà (speriamo di no) storcere il naso anche a coloro che ritengono che se un pontificato nel suo insieme esprime difficoltà e ambiguità bisognerebbe sempre e comunque evidenziarne gli spunti problematici e mai (per strategie particolari) evidenziarne quelli positivi. Posizione –questa- che Il Cammino dei Tre Sentieri rifiuta, non solo perché stiamo parlando di insegnamenti magisteriali (in questo caso di insegnamenti magisteriali pontifici), ma anche perché se si possono (e si devono!) razionalmente utilizzare giuste e corrette affermazioni e considerazioni provenienti anche da autori con convinzioni tutt’altro che buone, a maggior ragione non possono essere taciute le affermazioni di chi è investito dell’autorità di Vicario di Cristo.

L'Italia apre le moschee la Tunisia ne chiude 80

Commento e riflessioni da non sottovalutare: articolo apparso sul Il Giornale del 28 giugno scorso a firma di Magdi Cristiano Allam.

Molto più che islamicamente corretti. In Italia siamo più islamici degli islamici. Mentre in Tunisia, proprio perché colpita dal terrorismo islamico, le moschee le chiudono, in Italia, dove il rischio terrorismo è estremamente elevato, le moschee le vogliamo costruire.

Ieri in Tunisia il governo ha deciso di chiudere 80 moschee perché «continuano a diffondere la loro propaganda e il loro veleno per promuovere il terrorismo». Il primo ministro Habib Essid individua senza giri di parole un collegamento tra queste moschee e gli attentati terroristici a Sousse costati la vita a 39 persone. Chiarisce che si tratta di moschee «fuori dal controllo dello Stato» e che saranno chiuse entro una settimana.

lunedì 29 giugno 2015

1° Luglio a Milano. Messa Tradizionale Università cattolica

1 luglio ore 17.45 
S. Messa solenne nella festa del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo(Preceduta dalla recita del S. Rosario e delle Litanie del Preziosissimo Sangue)
Cappella San Francesco 

È l'ultima celebrazione prima delle vacanze estive per l'Università cattolica. Dopo qualche anno, torniamo a chiudere il ciclo di celebrazioni con la Solennità del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore celebrata con una Messa Solenne.
Oltre a Don Jean-Cyrille Sow FSSP, saranno presenti anche Don Marino Neri, del clero diocesano di Pavia, e Padre Alberto Fiorini OCD che rispettivamente svolgeranno i ministeri di diacono e di suddiacono.
Prima della Santa Messa si reciterà il Santo Rosario cui seguiranno le Litanie in onore del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore.
Non si celebrerà nessuna Santa Messa a mezzogiorno di Giovedì 2 luglio.
Ricordiamo che - per gli utenti di Facebook - è attivo il seguente gruppo:
https://www.facebook.com/groups/305378433123/
Inoltre è stato creato anche un evento ad hoc per la celebrazione del 1° luglio: https://www.facebook.com/events/1602280983362497/

Cogliamo l'occasione per ringraziare tutti coloro che sono stati fedeli alla celebrazione in questi mesi.
A tutti auguriamo una buona estate e diamo sin d'ora appuntamento per la fine di settembre: a suo tempo verrà data una comunicazione più dettagliata.
Cordiali saluti.
Gli studenti organizzatori

Un salesiano il nuovo Commissario dei Francescani dell'Immacolata

Avete mai visto un crocifisso così "strano" ? (a sinistra)
clicca sull'immagine  per ingrandire
Il nuovo Commissario apostolico dei Francescani dell’Immacolata è il salesiano don Sabino Ardito, un noto canonista, docente per molti anni presso la Pontificia Università Salesiana e collaboratore di vari Dicasteri della Curia Romana. 
(nell'immagine a lato ad un recente incontro di religiose)
Un valido canonista come Guido Ferro Canale, accorto commentatore, così si esprime su Facebook, rivolto a chi esprime speranza seguita dalla invocazione Ave Maria!: «Sì, infatti. Speriamo che, in quanto canonista, sia più attento al rispetto delle regole. Non dico "della giustizia", che richiederebbe decisioni che non spettano a lui». [Fonte]
N.B. Chi avesse interesse a ripercorrere le sofferte fasi dell'inquietante vicenda, può consultare l'Archivio degli articoli pubblicati dal blog.

domenica 28 giugno 2015

Paolo Pasqualucci. Pensieri e proposte sul Sinodo et alia.

Se, come è possibile, il Sinodo terminerà con la vittoria delle tesi dei vescovi fedifraghi, quelli esperti in "teologia dell'orgasmo" (vedi riunione clericale segreta del maggio scorso, con la partecipazione di un giornalista di Repubblica -sic- come riportata dai giornali), cosa potrà accadere? Di fronte alla possibilità del prevalere delle tesi del clero deviato, cosa che non si può affatto escludere e che anzi appare al momento assai realistica, che possiamo fare, oltre alle preghiere? Pregare non basta, bisognerebbe anche menare. Naturalmente, "menare" in senso figurato. 

Darsi da fare, per esempio, chiedendo in tono deciso che le discussioni del Sinodo siano pubbliche, che possano partecipare (al Sinodo) anche rappresentanti qualificati di movimenti cattolici laici orientati in difesa della famiglia secondo natura e del matrimonio cattolico; diffondendo l'idea di una manifestazione pro-matrimonio cattolico indissolubile a ridosso del Sinodo. Ma fatta da chi?

Don Elia. Divina conversazione

Le nostre difese di natura dottrinale o canonica, esaminate nell’ultimo articolo, sono il bastione di cui Dio ha cinto la Sua città e che è nostro precipuo interesse conoscere bene: «Osservate i suoi baluardi, passate in rassegna le sue fortezze, per narrare alla generazione futura: “Questo è il Signore, nostro Dio, in eterno, sempre”» (Sal 48 [47], 14-15). Dato però che il nemico è riuscito a penetrare nella santa Città con il cavallo di Troia delle false opinioni, Colui che è lo stesso ieri, oggi e sempre (Eb 13, 8) ha messo a nostra disposizione anche armi di natura spirituale per quel quotidiano combattimento che è sempre stato necessario, ma che oggi lo è più che mai, visto che i sacri Pastori fuggono davanti ai lupi o, peggio, spalancano loro le porte dell’ovile. «Prendete perciò l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove» (Ef 6, 13).

Cominciamo allora con quell’arma che non ricorre per prima nella lista approntata da san Paolo, ma riveste una priorità dal punto di vista teologico. L’Apostolo segue effettivamente – si direbbe oggi – un ordine di tipo “pastorale”: bisogna anzitutto cingersi i fianchi con la verità e rivestirsi della corazza della giustizia (cf. Ef 6, 14), in altre parole assicurarsi che la propria fede personale aderisca strettamente alla sana dottrina e fare in modo che la propria condotta sia inattaccabile dal punto di vista morale. Tutto questo suppone però che si sia afferrata la spada dello Spirito, cioè la Parola di Dio (Ef 6, 17): la divina Rivelazione fissata nella Sacra Scrittura, fedelmente trasmessa dalla Chiesa nella Tradizione e autenticamente interpretata dall’autorità competente nel Magistero. Al di fuori della Tradizione e del Magistero, guidati dallo Spirito Santo (cf. Gv 14, 26; 16, 13), è impossibile comprendere correttamente i testi biblici, ispirati da quel medesimo Spirito.

sabato 27 giugno 2015

I cristiani della piana di Ninive non sono sui barconi. Sono in trincea.

Richiamo nuovamente l'attenzione su quanto già scritto qui sul libro e sulle dichiarazioni di Louis R. Sako, Patriarca di Bagdad, che ripercorre con la memoria l’esodo dei fedeli, lo spostarsi lento e angosciato di uomini, donne e bambini, e i vecchi portati a spalla lungo strade senz’ombra e con temperature vicine ai cinquanta gradi, quando i jihadisti invasori distribuivano volantini in cui avvertivano i nazareni: o vi convertite o lasciate la città, pena la decapitazione (sorte toccata a molti in molti luoghi). «Fra voi e noi, non ci sarà che la spada», c’era scritto. 
Oggi, dice Sako, non c’è alternativa all’intervento armato di terra perché i raid aerei sono necessari, «ma non bastano» a fermare l’Isis. Fra le mille perle contenute in questo libro, ve ne è una che, da sola, basterebbe a turbare la sonnolenta fede occidentale.
Al suo interlocutore che gli chiede come sia stato possibile che gli iracheni abbiano preferito perdere tutto piuttosto che abiurare, Sako risponde:
«In Iraq è semplicemente impensabile rinnegare la propria fede. 
Fa parte dell’identità della persona. La fede da noi non è speculativa, è una questione d’amore e di attaccamento alla persona di Cristo. La religione è come la farina nel pane, non si può estrarla. È un’esistenza mistica. Per noi cristiani, la fede è la cosa più grande, per la quale si è pronti a sacrificarsi. Credere è essere».
Nell'immagine a lato: la milizia cristiana dell'Unità di Protezione della Piana di Ninive. Non sono sui barconi, sono in trincea per difendere la propria fede, la propria terra e le proprie famiglie.

Una preghiera per le vittime del Ramadan del terrore

Secondo venerdì del Ramadan: Sousse (Tunisia) - Lione (Francia) - Kuwait City - Somalia e Koban presso il confine tra Siria e Turchia.
Si parla di un bilancio complessivo di più di 100 morti.
Una preghiera per le vittime.
E c'è chi dice che non siamo in guerra e c'è chi non vede nell'altro fronte dell'invasione che si fa sempre più massiccia un'altra faccia della stessa medaglia.
Regina delle Vittorie, ora pro nobis!


C'è chi parla di mandanti e  afferma che gli esecutori, la gestione mediatica e l'emotività indotta sono l'ultimo anello di una lunga catena.
Ma se anche ci fossero mandanti più o meno occulti ai quali giova questo aspetto della destabilizzazione, nulla toglie al pericolo reale rappresentato dall'islam, che ha in sé i germi di questi esiti nefasti (pensate anche al Pakistan, alla legge sulla blasfemia, ai cristiani bruciati vivi), alle comunità cristiane più antiche del MO distrutte e disperse che non hanno meritato alcuna diretta televisiva né altre iniziative neppure da parte della Chiesa che ha accantonato il suo ruolo di Mater et Magistra.

E il pericolo non è solo in questi gesti barbari ma anche nell'invasione inesorabile e apparentemente inarrestabile se non con interventi virili anche di natura politica da parte di responsabili non asserviti.
Interventi da attuare anche con l'espulsione di tutti gli imam d'importazione che animano le scuole coraniche e diffondono, nelle seconde e terze generazioni di immigrati, l'islam teocratico col quale non può esistere dialogo (chi afferma il contrario è illuso o in mala fede). Non può esistere integrazione in un tessuto sociale che ha perso ogni valore. E lo fanno attraverso le moschee lasciate proliferare come funghi mentre le nostre chiese vengono abbandonate e nei loro paesi tassativamente vietate. Perché non esigere la reciprocità? Oltretutto un tanto ostinato quanto inutile atteggiamento dialogante unidirezionale non è altro che un calamento di braghe e genera soltanto un comprensibile disprezzo.
Questo rischia di diventare l'incredibile suicidio dell'Europa se si tarda a correre ai ripari.

venerdì 26 giugno 2015

Le Barroux a Genova: messa abbaziale in rito antico

Comunichiamo in retrospettiva, non avendo avuto notizia in tempo utile dell'evento.

Messa Abbaziale a Genova 
In occasione di una visita a Genova dei monaci benedettini dell’abbazia Sainte-Madeleine di Le Barroux, Lunedì 18 maggio 2015 è stata celebrata una Messa Abbaziale nella forma extraordinaria del Rito romano, in canto gregoriano e con polifonie offerte dal Movimento Liturgico Giovanile (MLG) di Genova
Ha celebrato solennemente il M.R.P. Dom Louis-Marie Geyer d’Orth O.S.B., Abate di Le Barroux, accompagnato da una nutrita schiera di monaci dell'abbazia, che hanno cantato il proprio della Messa votiva del Cuore Immacolato. 
Ha preceduto la celebrazione eucaristica l'Ufficio dei Vespri, alle ore 17:45

COMUNICATO. Domenica 28 giugno. Ultima Messa Tradizionale a Faieto. Non c'è più Messa per il 'coetus' già esule da Teramo

Dopo la riapertura della “chiesa di San Domenico nel centro storico… (già) officiata dai Francescani dell'Immacolata, i tanti fedeli di uno dei gruppi stabili più numerosi d'Italia hanno dovuto prendere la "via della montagna" per lodare Dio con le indicazioni liturgiche del Magistero immutabile della Chiesa disciplinate di recente dal Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI”. Il Vescovo Diocesano ha revocato pochi giorni fa improvvisamente l’incarico di Parroco a Don Gaston.
Al suo posto, a Faieto, arriverà Padre Giovanni Manelli FI a cui i Superiori hanno tassativamente impedito di celebrare la Santa Messa “more antiquo”. E i fedeli del Coetus? Di nuovo in mezzo alla strada nonostante, o forse a causa, della troppo bontà dei Fedeli interpretata come un'apparente arrendevole sudditanza. Eppure essi avevano ricevuto diverse promesse "in verbis et in scriptis" purché non avessero rivelato nulla circa la loro triste vicenda… Ed ora, ecco il Comunicato:
Ave Maria!
Comunichiamo, che Domenica 28 Giugno 2015, Quinta dopo la Pentecoste “'Exaudi Domine, vocem meam”, nella Chiesa Sant'Andrea di Faieto (Teramo) alle ore 18.00 sarà celebrata dal Rev.do Don Gaston l'ULTIMA Santa Messa in Vetus Ordo. Ringraziamo il Reverendo Don Gaston per la cura pastorale che ha avuto in questi anni, sostituendo nella celebrazione della Messa Ritus Antiquior i carissimi Francescani dell'Immacolata, purtroppo tristemente commissariati. Rimettiamo tutto nelle mani del nostro Vescovo Mons. Michele Seccia, a cui chiediamo una soluzione in merito alla celebrazione della Messa in Rito Romano antico secondo il Motu Proprio Summorum Pontificum. In Corde Matris. Coetus Fidelium "San Massimiliano Maria Kolbe".
Si tratta delle uniche periferie ignorate, anzi avversate, disprezzate. Cos'altro se non perseguitate?

#IOSTOCONDANILO di Tommaso Monfeli e don Stefano Bellunato

Desidero condividere con voi due interventi significativi riguardanti la campagna #IoStoConDanilo, anche da me lanciata qui, per dar voce alla 'difesa' dopo i riprovevoli attacchi gratuiti da lui subiti da parte di Francesco Agnoli.
Li pubblico di seguito: il primo è dell'Avv. Tommaso Monfeli, Il secondo di don Stefano Bellunato.

Desidero esprimere la mia vicinanza e solidarietà all’amico Danilo Quinto per l’improvvisa interruzione del rapporto di collaborazione con l’agenzia SIR.
È sempre motivo di rammarico venire a sapere che un padre di famiglia è rimasto da un giorno all’altro senza lavoro; a tale ovvia considerazione, che suppongo da tutti condivisa, aggiungo l’auspicio che il mondo dell’informazione cattolica sappia ricollocare una firma che, seppur a volte, trascinato dalla vis polemica, si lascia andare allo scontro verbale ed a giudizi taglienti e sferzanti che possono scuotere l’altrui sensibilità, dall’altro, con la sua attività di scrittore o conferenziere svolta negli ultimi anni, ha dato ampia prova di anteporre la proclamazione, forte e chiara, della Verità sui valori o principi non negoziabili (questi sono i temi che gli stanno più a cuore: vita, famiglia naturale, libertà di educazione, oggi si dovrebbe aggiungere anche la libertas ecclesiae) a qualsiasi compromesso, prudenza verbale o vantaggio economico.

L'importanza dell'azione di grazie, mentre il Signore è sostanzialmente presente in noi e varie idee per il momento dopo la Comunione

Ecce panis Angelorum factus cibus viatorum
La Chiesa ci insegna che dopo aver ricevuto l'Ostia Sacra, Presenza reale di Gesù – corpo, sangue, anima e divinità –, Egli è sostanzialmente presente in noi finché il nostro organismo consuma le specie del grano; questo può durare circa 15 minuti. Dopo di ciò, Gesù passa a stare nella nostra anima per l'azione dello Spirito Santo e della sua grazia.
Il grande Santo Pietro Giuliano Eymard, nel suo libro Fiori dell'Eucaristia, ci insegna l'importanza dell'azione di grazie. Trascrivo qui alcuni dei suoi insegnamenti perché siano spunto per la meditazione.
“Il momento più solenne della vostra vita è quello dell'azione di grazie, nel quale possedete il Re della Terra e del cielo, il vostro Salvatore e Giudice, disposto a concedervi tutto ciò che gli chiedete”.
“L'azione di grazie è imprescindibile necessità, per evitare che la Santa Comunione degeneri in una semplice abitudine pietosa”.

Venerdì 26 giugno. Preghiera di Riparazione

Oggi è venerdì, il giorno della Preghiera di Riparazione. Vi ricordiamo le preghiere, cui vanno aggiunte le Litanie del Sacro Cuore.
Questa settimana indichiamo due importanti impegni di preghiera. Il primo è quello già proposto da Don Pietro Leone, “Contro l’introduzione della teoria del gender nelle scuole”, descritto nel dettaglio nell’articolo pubblicato martedì su Riscossa Cristiana. Il secondo impegno è la preghiera di riparazione dell’ennesimo oltraggio all’ordine naturale voluto dal Creatore. Questo oltraggio si sta consumando a Milano con il “Milano Pride 2015”, che culminerà sabato 27 nell’oscena sfilata del “Gay Pride” per le vie del capoluogo ambrosiano. Dobbiamo anche pregare in riparazione per il colpevole silenzio della Diocesi, che tradisce il suo compito di cura spirituale dei fedeli ambrosiani e per la gravissima colpa che si assumono anche gli amministratori locali, che sponsorizzando la manifestazione tradiscono il loro compito di tutela del bene dei cittadini.
Aggiungiamo di seguito la proposta di lettura formativa per questa settimana.

O Dio, che nella tua misericordia ti sei degnato di elargire i tesori infiniti del tuo amore nel Cuore del Figlio tuo, trafitto per i nostri peccati, concedi che, rendendoGli il devoto omaggio della nostra pietà, possiamo compiere anche l’ufficio di una degna riparazione
Pertanto: ripariamo! Affrettiamo il trionfo della Chiesa di Cristo: torni quanto prima a risplendere della luce del suo Signore nelle parole e nella vita dei suoi figli, perché il mondo creda.

Cor Iesu Sacratissimum, adveniat Regnum tuum!

Come praticare la preghiera di riparazione: ogni venerdì (possibilmente), dopo aver detto l’Atto di Offerta “Cuore Divino di Gesù”* ponendo come intenzione “in riparazione dei peccati contro il vostro Cuore sacratissimo”, recitare il S. Rosario a cui far seguire le Litanie del S. Cuore di Gesù con relativa orazione. Nei limiti delle possibilità, questa pratica si faccia davanti al SS. Sacramento o comunque si sosti almeno un quarto d’ora davanti al tabernacolo in adorazione ed espiazione. In caso di particolare necessità, verranno suggerite ulteriori forme di riparazione e di penitenza, secondo il principio dell’agere contra.
_________________________
* Cuore Divino di Gesù, io ti offro per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, in unione al Sacrificio Eucaristico, le preghiere, le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno in riparazione dei peccati e per la salvezza di tutti gli uomini, a gloria del Divin Padre. Amen.

giovedì 25 giugno 2015

Cristiani in Iraq. Sako: «Abiurare? Impensabile. Per noi cristiani iracheni credere è essere »

È passato un anno da quando centinaia di uomini vestiti di nero entrarono a Mosul, l’antica Ninive. In un libro-intervista appena uscito (Più forti del terrore, Emi) il patriarca di Baghdad Louis R. Sako racconta in modo mirabile e toccante la situazione dei cristiani iracheni. Ricorda quei primi giorni, quando i jihadisti distribuirono volantini in cui avvertivano i nazareni: o vi convertite o lasciate la città, pena la decapitazione. «Fra voi e noi, non ci sarà che la spada», c’era scritto. Sako ripercorre con la memoria l’esodo dei fedeli, lo spostarsi lento e angosciato di uomini, donne e bambini, e i vecchi portati a spalla lungo strade senz’ombra e con temperature vicine ai cinquanta gradi. Oggi, dice Sako, non c’è alternativa all’intervento armato di terra perché i raid aerei sono necessari, «ma non bastano» a fermare l’Isis.
Fra le mille perle contenute in questo libro, ve ne è una che, da sola, basterebbe a turbare la sonnolenta fede occidentale. Al suo interlocutore che gli chiede come sia stato possibile che gli iracheni abbiano preferito perdere tutto piuttosto che abiurare, Sako risponde:
 «In Iraq è semplicemente impensabile rinnegare la propria fede. Fa parte dell’identità della persona. La fede da noi non è speculativa, è una questione d’amore e di attaccamento alla persona di Cristo. La religione è come la farina nel pane, non si può estrarla. È un’esistenza mistica. Per noi cristiani, la fede è la cosa più grande, per la quale si è pronti a sacrificarsi. Credere è essere».
Il libro.
«Noi cristiani abbiamo una vocazione: la pace, l’apertura, l’amore, il perdono, il dialogo, il lavoro insieme per una vita migliore». Sebbene sia alla guida di una delle comunità cristiane più perseguitate al mondo, quella irachena, Louis Raphaël Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei (Baghdad), tiene alta la fiaccola della speranza.
Oggi la violenza disumana dell’Isis, ieri le autobombe di al-Qaeda, prima la guerra d’invasione anglo-americana e il regime di Saddam Hussein: la storia recente dell’Iraq è un rosario di assassini, attacchi e uccisioni. Ma in queste tenebre brilla una storia di provata fedeltà: «I nostri cristiani sono pronti a sacrificarsi per la loro fede – racconta Sako –. Ho molte testimonianze di giovani pronti a morire piuttosto che rinunciare alla loro fede».
Piagati dalla furia omicida di terroristi che abusano dell’islam, i cristiani d’Iraq diventano per l’Occidente il richiamo alla pacifica radicalità che il Vangelodomanda a ciascun discepolo di Cristo. Sako testimonia la tenace ricerca della convivenza tra le diverse religioni, il rifi uto di odiare gli altri, anche i propri carnefici, e l’attualità bruciante della profezia di Gesù: «Perseguiteranno anche voi. Ma neppure un capello del vostro capo perirà».
Un libro per vivere in solidarietà con un popolo schiacciato dalla barbarie, ma ancora vivo nella sua forza interiore.
«La croce della nostra Chiesa caldea è una croce gloriosa. Nelle nostre chiese non si trova Cristo sulla croce, ma una croce senza Cristo. Per noi cristiani, così spesso perseguitati, è speranza di risurrezione. Gesù è risorto e noi avremo la stessa sorte. Non abbiamo paura!» Louis Raphaël Sako, Patriarca di Baghdad
[Fonte]

Pensieri in libertà sulla nuova enciclica ecologista "in dialogo con tutti"

Breve riflessione di massima, prima di addentrarci in un'analisi ed in uno studio più accurati della recente enciclica laica ed ecologista. Richiamo, intanto, quanto già affermato qui, compresa l'articolata discussione.
E resto basita che il papa, pur riconoscendo la causa di un comportamento irresponsabile nella ferita originale, si proponga "specialmente di entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune". Dunque la Chiesa non più Magistra - e nemmeno più Madre, visto che in questo caso tale viene chiamata la casa comune -, ma in dialogo con tutti, pur se quel "tutti" riguarda anche coloro che non ne fanno parte e che di una missionarietà orizzontale che non fa proseliti (andate e battezzate... non esiste più) non sanno proprio cosa farsene.
In quanto cristiani e cattolici non possiamo che condividere ogni preoccupazione ed esortazione rispetto alla protezione della natura e al prendersi cura, nel rispetto, della Creazione, che - ricordiamolo - nella storia della salvezza riguarda prevalentemente l'uomo in quanto "essere razionale" vertice della creazione stessa. L'ecologia dunque è un valore; ma subordinato al dato che la creazione tutta - e l'uomo in primis - è ordinata al Creatore. Ed è l'uomo ad essere coinvolto nell'azione redentiva divino-umana di Cristo Signore nella e attraverso la Sua Chiesa. Unica realtà che rende possibile un'autentica cura che non sia volontarismo umanitarista, ma che sia preceduta e fondata sull'azione di lode e di gratitudine che, in Cristo, vede l'uomo autentico custode e addirittura collaboratore del Padre.
Inoltre per un cristiano ha la prevalenza su tutto una ecologia umana come il rispetto della morale naturale.
Ciò che sconcerta dell'enciclica ecologista è l'adeguarsi alle mode intellettuali, scientiste e - per piacere al mondo - il profondersi in una predicazione pedissequa sulla natura, che non è competenza esclusiva del Papa, piuttosto che sulla soprannatura che è sua competenza esclusiva.
Ovvio che la missione della Chiesa non si limita all'ordine della grazia e quindi al soprannaturale, ma ne deve favorire l'incarnazione nella storia individuale e collettiva;. Quello che manca nell'enciclica è l'affermazione chiara e distinta del primato di Cristo Signore rispetto ad ogni realtà naturale e soprannaturale e non si può far a meno di notare un eccesso di umanitarismo in chiave mondialista piuttosto che un sano umanesimo cristiano.
A noi fa problema. Molti applaudono senza neppur, forse, rendersene conto, tanto si è perso l'aggancio alla metafisica, che non può essere elusa, altrimenti è l'antropocentrismo a farla da padrone. Ma questo non è altro che il leitmotive del Concilio e delle sue nefaste applicazioni di conio modernista, dapprima soft, ed ora manifeste in tutti i loro effetti, in un crescendo di rivoluzione dissolutrice, in luogo di approfondimento e sviluppo organici nell'alveo della Tradizione, che non è immobilismo. È crescita, ma nella stessa linea, nella stessa direzione, nello stesso senso, senza strappi, resa feconda dalla linfa vitale delle radici non rinnegate.

Don Curzio Nitoglia. Casi in cui è doveroso resistere all'Autorità ecclesiastica

Si tratta di questioni già espresse separatamente e più diffusamente trattate in precedenti analisi. Qui sono unificate nell'essenziale ed efficacemente agganciate al problema ineludibile del nostro oggi.

Alcuni esempi pratici della storia della Chiesa

I - S. Pietro e l’incidente di Antiochia (49 d. C.)

Già nel 50 d. C., neppure 20 anni dopo la morte di Gesù, al Concilio di Gerusalemme, si assisté ad un fatto riportato dalla S. Scrittura, commentato dai Padri ecclesiastici, dai Dottori scolastici e dagli storici della Chiesa . Infatti è divinamente rivelato che, qualche tempo prima, San Pietro ad Antiochia si comportò in maniera riprovevole  e San Paolo lo rimproverò.

Questo incidente “riprovevole” lo troviamo divinamente Rivelato in S. Paolo (Epistola ai Galati, II, 11), il quale afferma: «Ho resistito in faccia a  Pietro,  poiché era reprensibile[1]».[2]

Secondo la Tradizione patristica e scolastica (S. Agostino e S. Tommaso d’Aquino) S. Pietro peccò venialmente di fragilità nell'osservare le cerimonie legali dell’Antico Testamento, per non scandalizzare i giudei convertiti al Cristianesimo, ma provocando così lo scandalo dei cristiani provenienti dal paganesimo convertitisi al Vangelo. E secondo la divina Rivelazione vi fu una resistenza pubblica di Paolo verso Pietro, primo Papa[3].

mercoledì 24 giugno 2015

Card. Carlo Caffarra. Misericordia e verità, una falsa contrapposizione

Sul numero 3958 de La Civiltà Cattolica (30 maggio 2015, pagg. 329-338), padre Gian Luigi Brena sj ha scritto un articolo - Misericordia e Verità - in cui tenta di conciliare i due concetti facendo prevalere la prima. Alle sue tesi risponde il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, con questo articolo.
Lo studio che sto per esaminare nasce, mi sembra, da una preoccupazione, da cui deriva la questione fondamentale che l’articolo vuole risolvere. La preoccupazione è di non opporre misericordia e verità, ma di comporle secondo una priorità da attribuirsi alla prima. L’impatto pratico – nel senso alto del termine - dell’irrisolta opposizione sarebbe devastante sulla persona umana.

È da questa preoccupazione che nasce la domanda fondamentale a cui l’articolo cerca di rispondere: misericordia e verità sono conciliabili? Ed in caso affermativo, quale è la forma della conciliazione?

martedì 23 giugno 2015

Festa di S.Giovanni Battista: i ‘ponti’ del canto gregoriano

I lettori che hanno già seguito le mie precedenti puntate sul canto gregoriano, avranno già ben chiaro uno dei princìpi fondanti la retorica gregoriana: ovverosia il legame che ciascun brano o repertorio ha con altri.

Un brano gregoriano, infatti, è probabile (e lo è anche quando noi non ce ne accorgiamo) che non viva da solo, isolato, che non si esaurisca una volta cantato nella Messa in cui è iscritto, ma che si completi e trovi la sua più piena comprensione se letto alla luce di tutti i collegamenti che sottintende.

Calando questo discorso nell’attualità (e non mi riferisco, naturalmente, ai “ponti” bergogliani), vorrei portare un esempio di quanto il gregoriano sia “semplicemente complesso” attingendo qualche esempio dal repertorio della festa odierna di san Giovanni Battista. Per fare ciò, però, occorrerà prima volgere il nostro sguardo all’indietro e precisamente al Natale.

SUPPLICA FILIALE per il Sinodo. Una pesca miracolosa.

Ricevo da un carissimo lettore e pubblico per l'edificazione di tutti. Abbiamo avuto il dono e la gioia di incontrarci di persona al recente Convegno Summorum, del quale riferirò a breve. Ed ora ecco un frutto dell'impegno e della tenacia con cui vive anche lui questo tempo che ci chiama a spendere fino all'ultimo, e con il Suo aiuto, tutti i talenti ricevuti dal Signore.
Approfitto per riproporre il tema della supplica invitando chi non avesse ancora firmato a farlo o, meglio ancora, a servirsi di questa bella testimonianza per coglierne l'esemplarità e magari tentare l'iniziativa nel suo contesto. C'è ancora tempo fino ad  ottobre e, come ci ha ricordato Paolo Pasqualucci, non dobbiamo lasciar nulla di intentato per far sentire la nostra voce, che non è altro che il sensus fidelium

I lettori di questo bel blog non me ne vogliano se qui terrò riservato il nome delle località dove sono avvenuti i fatti che sto per descrivere, ed anche la mia identità, perché partendo da essa sarebbe un gioco da ragazzi risalire ai luoghi e di conseguenza ai relativi parroci coinvolti, cosa che potrebbe arrecare loro eventuali problemi facilmente intuibili da parte delle autorità preposte.

Ricorderete la “Supplica Filiale” che fu lanciata qualche mese fa seguendo il chiaro invito e l’illuminante esempio del cardinale Burke nonché del vescovo Athanasius Schneider per la salvaguardia della dottrina cattolica sul sacramento del Matrimonio.

Opponiamoci a che le chiese vuote vengano destinate al culto musulmano. Esempio di Mons. Dominique Rey

Questa riflessione è stata innescata dal comunicato del vescovo di Tolone che pubblico di seguito a fronte del problema che si evidenzia in termini sempre più invasivi (e aggressivi) in Francia.
Purtroppo il fenomeno, senza destare scalpore è già diffuso anche in Italia (vedi immagine a lato, che riguarda Palermo e grida vendetta!). Ne parla un articolo: "Se i campanili diventano minareti" [qui]
Quest'altro articolo ci informa degli oratori concessi ai musulmani in Lombardia, da Scola definiti una ricchezza: parlare di incoscienza è esatto ma è anche qualcosa di peggio...
È ancora cocente la ferita della Moschea che era stata installata nella Chiesa della Misericordia a Venezia [ne abbiamo discusso qui - quiqui], ora finalmente chiusa, probabilmente a causa dell'unanime protesta dei fedeli nonché del clamore mediatico sollevato da noi ed altri anche sulla rete. Ma resta aperto il manifesto calabraghismo della curia veneziana, da noi evidenziato, che non promette bene per il futuro. Tenendo poi conto che esiste già una moschea a Mestre.
Non dimentichiamo (o non facciamo finta di non saperlo come le nostre autorità sia civili che ecclesiastiche, che mostrano di non difendere adeguatamente noi cittadini e la nostra identità storica, culturale e spirituale) che le Moschee non sono semplici luoghi di culto ma portano annessa la madrassa (scuola coranica), con relativi imam per lo più d'importazione, che sono una fucina di alterità e sovversione perché oltretutto quel suolo è da loro considerato Islam e rivendica l'extraterritorialità sottraendosi alle leggi del nostro territorio e della nostra casa che non è ancora una "casa comune" dalla quale saremmo ben preso estromessi o sottomessi o annientati in base alla loro legge. Vediamo cosa succede alle seconde e terze generazioni di immigrati in Francia, nel Regno Unito e altrove...
Senza ignorare le masse ormai quasi ingestibili di veri e propri invasori (la cronaca quotidiana purtroppo ce le propone drammaticamente), che stanno superano ogni limite di tolleranza, mentre i quartieri delle nostre città si trasformano ogni giorno di più sotto i nostri occhi. Su un telegiornale di ieri ho assistito con indignazione allo sbarco di centinaia di migranti da una nave britannica in Sicilia e altrettanti da una nave militare tedesca a Salerno. Li raccolgono e, in base a quale sopruso, li scaricano qui da noi, mentre li rifiutano nei loro paesi? Siamo forse diventati la pattumiera del mediterraneo senza neppure opporre alcuna resistenza? E l'Unione Europea funziona solo come organismo finanziario-tecnocratico, la cui legge segue categorie strumentali e prevaricatrici, fuori da ogni etica nel senso proprio del termine.  
Non permettiamo che si vada oltre, anche se purtroppo non abbiamo molti pastori come il vescovo di Tolone. E il problema è aggravato dagli atteggiamenti del Trono più alto.
Imbracciamo l'arma del Santo Rosario, ma non tralasciamo di intervenire con ogni possibile efficacia anche nelle sedi adeguate! (Maria Guarini)

Un patrimonio collettivo che testimonia le nostre radici cristiane.
« Se è legittimo che le comunità musulmane stabilite in Francia possano avere sale di preghiera per essere in grado di incontrarsi, condividere la propria fede e pregare in un contesto adeguato e nel rispetto delle regole democratiche, sarebbe offendere la nostra memoria collettiva e dimenticare l'attaccamento dei nostri cittadini a questi luoghi di culto che riflettono la nostra cultura e le nostre radici, e per la maggior parte di loro, la loro fede cristiana».

lunedì 22 giugno 2015

Il Magistero della Chiesa esiste ancora? E, se esiste, qual è?

Aggiornamento 23 giugno:
Andrea Giacobazzi riporta la foto inquietante qui a lato e così commenta:
Catechismo Maggiore di San Pio X: 887.
Che dovrebbe fare il cristiano se gli venisse offerta la Bibbia da un protestante o da qualche emissario dei protestanti?
R: Se ad un cristiano venisse offerta la Bibbia da un protestante, o da qualche emissario dei protestanti, egli dovrebbe rigettarla con orrore, perché proibita dalla Chiesa; che se l'avesse ricevuta senza badarvi, dovrebbe tosto gettarla alle fiamme[1], o consegnarla al proprio parroco.

Il Papa ha varcato la soglia del Tempio valdese di Torino: si tratta di un momento storico, visto che è la prima volta che un Papa entra in un luogo di culto di questo tipo. E chiede perdono ai Valdesi per quanto fatto contro di loro dai cattolici:
"Da parte della Chiesa cattolica vi chiedo perdono per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani che, nella storia, abbiamo avuto contro di voi. In nome del Signore Gesù Cristo, perdonateci!".
Con questa visita, ha detto il moderatore della Tavola Valdese, pastore Eugenio Bernardini, "il Papa ha varcato un muro alzato otto secoli fa, quando la nostra chiesa fu accusata di eresia e scomunicata dalla Chiesa romana".

Mi limito ad osservare che i Valdesi nascono come movimento pauperistico medievale a Lione nel XII secolo dagli insegnamenti di Valdo di Lione come risposta al potere temporale esercitato all'epoca dalla Chiesa di Roma. E professano una serie di errori tra i quali sono riconoscibili tratti in comune con i donatisti. Ricordo quanto diceva Sant'Agostino degli eretici:
“In molti punti, gli eretici sono con me, in qualche altro no; ma a causa di questi pochi punti in cui si separano da me, non serve loro a nulla di essere con me in tutto il resto”. (S. Agostino., In Psal. 54, n. 19; PL 36, 641).
E concludo con una citazione molto pertinente dalla Mortalium Animos di Pio XI
«[...] coloro che si chiamano pancristiani, i quali, anziché restringersi in piccoli e rari gruppi, sono invece cresciuti, per così dire, a schiere compatte, riunendosi in società largamente diffuse, per lo più sotto la direzione di uomini acattolici, pur fra di loro dissenzienti in materia di fede. E intanto si promuove l’impresa con tale operosità, da conciliarsi qua e là numerose adesioni e da cattivarsi perfino l’animo di molti cattolici con l’allettante speranza di riuscire ad un’unione che sembra rispondere ai desideri di Santa Madre Chiesa, alla quale certo nulla sta maggiormente a cuore che il richiamo e il ritorno dei figli erranti al suo grembo. Ma sotto queste insinuanti blandizie di parole si nasconde un errore assai grave che varrebbe a scalzare totalmente i fondamenti della fede cattolica […] Potrà sembrare che questi pancristiani, tutti occupati nell’unire le chiese, tendano al fine nobilissimo di fomentare la carità fra tutti i cristiani; ma come mai potrebbe la carità riuscire in danno della fede? Nessuno certamente ignora che lo stesso apostolo della carità, San Giovanni (il quale nel suo Vangelo pare abbia svelato i segreti del Cuore sacratissimo di Gesù che sempre soleva inculcare ai discepoli il nuovo comandamento: « Amatevi l’un l’altro »), ha vietato assolutamente di avere rapporti con coloro i quali non professano intera ed incorrotta la dottrina di Cristo: “Se qualcuno viene da voi e non porta questa dottrina, non ricevetelo in casa e non salutatelo nemmeno”» [...]
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1. Cosa che risulta abbia fatto Don Bosco, persino minacciato di morte [qui]

Comunicato della Superiora delle FI alle sue Suore

Del nuovo increscioso episodio abbiamo parlato qui. È una comunicazione toccante ed esemplare. Richiamo la vostra attenzione sulla conclusione, di cui far tesoro, tutti...
Qui l'elenco degli articoli pubblicati sul blog, che ha seguito passo dopo passo l'inquietante vicenda dell'Ordine.

Comunicato inviato dalla Superiora generale
delle Suore Francescane dell’Immacolata
a tutte le religiose dell’Istituto
in data 17 giugno 2015

Ave Maria!
Carissime sorelle,

da ieri sono state messe in circolazione dal giornale Il Mattino, in un articolo a firma di Loredana Zarrella, e rapidamente divulgate gravissime e raccapriccianti accuse contro i nostri Padri Fondatori e contro noi suore che feriscono violentemente la loro e la nostra dignità umana e religiosa, accuse che già erano circolate su alcuni siti internet.

Alle soglie della nomina del nuovo Commissario Apostolico dei Frati Francescani dell’Immacolata e alla luce della campagna denigratoria che da tempo ci sta colpendo e che già è stata denunciata nelle opportune sedi canoniche, non si può non pensare ad una manovra di strumentalizzazione diffamatoria, volta a gettare ulteriore discredito sui nostri Istituti di frati e suore.

Il ramadan e la "maison commune". La teologia di Monsignor Benoît Rivière

Riprendo da Vigiliae Alexandrinae. Mi pare che la situazione vada vieppiù dilagando e peggiorando. Oggi è diventato normale, nella cosiddetta 'pastorale', ciò che - diciamolo - normale non è affatto. Mi limito a riportare il commento che precede il testo, che dice tutto molto chiaramente: siamo al grado avanzato di una dissoluzione non più temuta ma ormai evidente e non più circoscritta... Del resto l'esempio è qui - qui - qui... Preghiamo la Regina delle Vittorie, impugnando con maggior fervore e assiduità l'arma del Santo Rosario!

Riportiamo qui di seguito la lettera che Monsignor Benoît Rivière, vescovo di Autun, Chalon e Mâcon, nonché Abate di Cluny, ha scritto ai musulmani residenti nella sua Diocesi. L'"incoraggiamento alla preghiera" rivolto agli eretici da parte di un vescovo e l'indicazione del ramadan come di un "tempo privilegiato consacrato a Dio" rappresentano ormai il cliché di una pastorale, e di una teologia, apertamente anti-trinitaria praticata ostentatamente in molte Diocesi. La novità nella lettera di Monsignor Revière è la sollecitudine con cui si coniuga l'ideologia ecumenica con la "salvaguardia della casa comune" sostenuta da Francesco nell'enciclica "Laudato si". Nella visione del vescovo francese si profila una neutralizzazione che attende di realizzarsi nella prossima stazione del disvelamento storico ("l’umanité entière" nella "maison commune"), e una distinzione attuale tra l'umanità intera e "nous croyants", cristiani e musulmani, portatori di una rivelazione e di un credo comune ("création par Dieu"). Attualmente cristiani e musulmani, i "credenti", hanno una maggior consapevolezza della casa comune, una consapevolezza che sarà, e in parte già è, dell'intera umanità. In realtà, mentre la storia del mondo fluisce verso la parusia dell'anticristo, la storia della Chiesa è "già e non ancora" nella Parusia di Cristo. Ogni ecumenismo e ogni neutralizzazione dell'immagine di Cristo e della fede nella Trinità costituisce in fondo il tentativo di sostituire la "maison commune" all'"ecclesia". Con le conseguenze che un vescovo cattolico dovrebbe conoscere e riconoscere.

domenica 21 giugno 2015

Il papa che non si inginocchia davanti al Signore

Ci sarebbe molto da dire sulle parole pronunciate da Bergoglio a Torino: l'invito del Papa ai fedeli: "Non chiudiamoci in una società che esclude", leggibili qui.
Mi perdonerete se sono esausta e ne ho la nausea. Ma mi riprenderò e riparleremo di questo ed altro. 
Tuttavia non posso tacere davanti a questa immagine, eloquente di per sé: nessun inginocchiatoio predisposto davanti alla Santa Sindone...

Ben altro esempio qui a sinistra.
D'accordo che non si tratta di Gesù Sacramentato. Ma è un simbolo sacro, di una drammaticità unica e rivelatore di una sua ineffabile e ineludibile Presenza!

IL ROSARIO È UN MEZZO DI COMUNICAZIONE DELLE ANIME CON DIO.

La Madonna è qui con noi, è la Regina del santo Rosario! È qui per raccogliere i nostri doni e per distribuirli, ma è qui anzitutto per dirci: "Circondate le vostre famiglie, le vostre città, la vostra patria, con questa magnifica corona di rose, perché piovano dovunque, con le mie grazie, quegli aiuti straordinari di cui tutti necessitano". Che è un mazzo di rose? Una cosa delicata e gentile, ma sempre una cosa; eppure essa ha una potenza straordinaria. 

Questo dono, semplice e monotono nella sua forma, ha una potenza sul suo Cuore e sul Cuore di Dio, così da muoverlo a pietà di tanti bisognosi. Non è forse questa preghiera una voce che, mentre chiede pietà per chi la pronuncia, invoca aiuto per tutti i peccatori? E come si può rimanere insensibili all'invocazione umile e sincera di chi chiede aiuto, ora e nel momento più cruciale, quello della morte? 

Sì, recitiamo il Rosario dovunque, e siamo un mezzo di comunicazione della Terra col Cielo. Nel mondo, col progresso, si vanno moltiplicando quegli strumenti che avvicinano tra loro i popoli più lontani, ma molte volte non servono a propagare il bene. Quegli strumenti diventano seminatori di morte. Noi abbiamo una piccola cosa fra le mani, una cosa che nelle tenebre porta luce e, mentre la vediamo fra le mani come una fonte misteriosa di luce, essa illumina le nostre menti, dà calore al nostro cuore e muove le nostre volontà al bene. Diventa così uno strumento di vita e un mezzo salutare di rinnovamento spirituale. 

Il Cardinal Burke ad Ottawa: “La cultura occidentale non si potrà rinnovare finché non comprenderà il valore dell’atto sessuale”

Il 7 giugno scorso registravamo le vicissitudini di un Apostolo, il cardinale Burke, ad Ottawa [qui]. Ma nonostante le avversità l'evento si è svolto felicemente.
Di seguito pubblichiamo ampi stralci del discorso tenuto nella capitale canadese, ripresi dal sito LifeSiteNews. (Traduzione a cura di Chiesa e post- concilio).

Il Cardinale Burke ad Ottawa:
“La cultura occidentale non si potrà rinnovare
finché non comprenderà il valore dell’atto sessuale”

Affrontando il tema della crisi della cultura nel córso della sua prima visita alla capitale canadese, il Cardinal Raymond Burke ha sottolineato che la difesa della vita umana e la promozione del matrimonio naturale sono i fondamenti di ogni cultura veramente umana. Il timore che l’Occidente nutre nei confronti della morte e della distruzione non “cesserà di esistere” finché “la verità sull’unione coniugale [non verrà proclamata] nella sua interezza”, ha affermato.
La difesa e la promozione della vita umana, del matrimonio e della famiglia è il fondamento non solo di una cultura autenticamente cristiana, ma di ogni cultura umana accettabile”, 
ha detto a circa 330 persone radunate al Centro di Eventi e Conferenze di Ottawa per celebrare il ventesimo anniversario di NET Canada.
La ragione di essere dei Gruppi di Evangelizzazione Nazionale (National Evangelization Teams, NET) è quella di invitare i giovani cattolici ad amare Cristo e aderire alla vita della Chiesa tramite dei ritiri in cui si alternano testimonianze individuali, sketch e rappresentazioni musicali da parte di gruppi di giovani che viaggiano da una costa all’altra del paese.
Nel suo discorso, il cardinale ha elogiato NET, affermando che si tratta “sicuramente di un efficace e brillante veicolo di speranza e incoraggiamento per la nostra gioventù, che sente in modo particolarmente pungente la sfida della vita in Cristo nella nostra epoca”.

Burke, che è riconosciuto dai leader dei movimenti per la vita e per la famiglia di tutto il mondo come uno dei più strenui difensori della verità, della moralità e del cristianesimo autentico della Chiesa, ha steso un elenco di “mali morali gravissimi” che costituiscono ciò che egli ha definito “lo stato morale disordinato in cui si trova la nostra cultura”.

sabato 20 giugno 2015

Il 20 giugno a Roma messa per i cristiani perseguitati

Mi spiace venirne a conoscenza solo ora; ma in tempo per quei romani che abbiano il tempo e la possibilità di raggiungere Santa Trinità dei Pellegrini. Teniamo a mente le date successive, già fissate.

Sabato 20 giugno 2015 alle 18:30 nella chiesa della Ss.ma Trinità dei Pellegrini a Roma sarà celebrata una messa votiva per i cristiani perseguitati in tutto il mondo, promossa da Una Voce Italia nell’ambito di una campagna di preghiera per i nostri fratelli perseguitati indetta dalla Federazione Internazionale Una Voce. Nel corso dell’anno corrente altre tre messe saranno celebrate per questa intenzione il 26 settembre e il 28 novembre p.v., alla stessa ora sempre alla Ss.ma Trinità dei Pellegrini.

Israele, incendiata la Chiesa della Moltiplicazione dei pani e dei pesci. Si segue la pista ultraortodossa

Non bastano le rovine fumanti di luoghi sacri cristiani nel resto del M.O. ad opera dell'Isis...

Azione anti-cristiana nel nord di Israele: ignoti hanno dato alle fiamme nella notte la chiesa di Tabgha, sulle rive del Mar di Galilea, nota per il miracolo di Gesù della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Sul luogo è stata tracciata una scritta rossa di un versetto in ebraico contro "i falsi dei" che fa pensare all'opera di ebrei ultraortodossi, hanno reso noto i vigili del fuoco israeliani. Il fuoco è stato partito da più punti, a conferma che si è trattato di un'azione dolosa.

Le fiamme sono state domate rapidamente dai pompieri ma un edificio all'interno del complesso è andato completamente distrutto mentre la chiesa non ha subito danni di rilievo.  In particolare si sono salvati i mosaici del quinto secolo sul pavimento, restaurati di recente. Il ministro per la Sicurezza interna, Gilad Erdan, in una nota ha condannato quello che ha definito come "un atto vile e riprovevole che contraddice i valori di fondo di Israele".

La chiesa, ricostruita in pietra calcarea nel 1980 sulle rovine di una basilica d'epoca bizantina, sorge sul punto in cui la tradizione cristiana vuole che Gesù sfamò 5.000 persone moltiplicando cinque pani e due pesci. È gestita dall'ordine dei benedettini tedeschi. Dal 2009 sono stati 43 gli attacchi contro chiese, monasteri e moschee in Israele, in Cisgiordania e a Gerusalemme est, secondo i Rabbini per i diritti umani. [Fonte]

PREGHIERA A SANTA CATERINA DA SIENA PER L'ITALIA

PREGHIERA A SANTA CATERINA DA SIENA PER L'ITALIA
(Testo di Pio XII)
O Caterina santa, giglio di verginità e rosa di carità che ornasti il giardino domenicano, eroina di cristiano zelo che fosti eletta al pari di Francesco singolare Patrona d'Italia, a Te noi fiduciosi ricorriamo, invocando la tua potente protezione sopra di noi e sopra tutta la Chiesa di Cristo, tuo diletto, nel cui Cuore bevesti inesauribile fonte di ogni grazia e di ogni pace per Te e per il mondo.
Da quel Cuore divino tu derivasti l'acqua viva di virtù e concordia nelle famiglie, di onesto tratto nella gioventù, di riunione fra i popoli discordi, di rinnovazione del costume pubblico e dell'amore fraterno, compassionevole e benefico verso gl'infelici e i sofferenti, e insegnasti con l'esempio tuo a congiungere l'unione di Cristo con l'amore di Patria.
Se ami l'Italia e il popolo a Te affidato, se la pietà verso di noi ti muove, se ti è cara la tomba in cui Roma venera e onora la tua spoglia verginale, allora, rivolgi benigna il tuo sguardo e il tuo favore sulla nostra pena e sulla nostra preghiera e compi i nostri voti! Difendi, soccorri e conforta la tua Patria e il mondo!
Sotto il tuo presidio e tutela siano i figli e le figlie d'Italia, i nostri cuori e le anime nostre, i nostri travagli e le nostre speranze, la nostra fede e il nostro amore: quell'amore e quella fede che furono la tua vita e ti fecero immagine di Cristo crocifisso nello zelo intrepido per la Sposa di lui, la santa Chiesa. Amen.

Pater - 3 Ave - 5 Gloria

venerdì 19 giugno 2015

Domenica 21 giugno Messa Tradizionale a Torino


Associazione Cardinal G. Saldarini
per la liturgia latino-gregoriana “Summorum Pontificum”
(Coetus fidelium stabiliter existens ex art. 5 M.P. Summorum Pontificum
et art. 15. Instr. Universae Ecclesiae)

Domenica 21 giugno 2015 - ore 19,00
S. Messa cantata latino-gregoriana (forma straordinaria)
nella solennità esterna della B.V. Consolata
patrona principale della Diocesi di Torino,
IV domenica dopo Pentecoste, terzi oremus pro Papa 
in occasione della prima visita a Torino del S. Padre Francesco
Torino, Basilica del Corpus Domini
Piazzetta Corpus Domini - Torino

Programma musicale della celebrazione:

- Ave Maris Stella (tono popolare armonizzato da L. Ronzitti alternato a gregoriano del primo tono)
- Proprio gregoriano della festa per la Diocesi di Torino parzialmente salmodiato
- Kyriale IX (cum jubilo, per le feste mariane)
- Credo III
- Ave verum corpus (gregoriano)
- Tu es petrus gregoriano in triplice scala ascendente con organo
- Salve Regina (t. simplex)

Al termine della celebrazione: Oremus pro pontifice con versetti e oremus e lode alla B.V. Consolata (All'are splendenti) nel testo tradizionale integrale

La Curia di Torino contro le indicazioni di Papa Francesco? Lettera aperta di MiL alla vigilia della prima visita papale

Mi sembra cosa buona e giusta farci portavoce della seguente Lettera aperta di MiL, a seguito delle numerose segnalazioni riprese anche da noi. Sulla situazione a Torino, inseriamo le parole di un testimone:
In diocesi torinese in nome dell'ecumenismo si sono concesse ben quattro chiese agli ortodossi, una al patriarcato di Mosca, una a quello di Costantinopoli, una agli ortodossi Romeni e una ai copti egiziani, mentre i copti etiopi (forse perché i più poverelli) si sono dovuti accontentare della cripta della parrocchia del Patrocinio di S. Giuseppe. Il Vescovo mons. Nosiglia manda regolarmente ai musulmani auguri di buon ramadan e aid el fitr. I valdesi sono coccolati e protagonisti delle settimane dell'ecumenismo. Gli unici a dover vagare da una chiesa all'altra venendo regolarmente cacciati (pare a volte per intervento di zelanti sacerdoti) sembra siano i fedeli legati al rito antico se mai osano uscire dalle mura della Misericordia, dove peraltro è scoraggiata qualunque iniziativa pastorale che non sia la (molto mal tollerata e opinabilmente celebrata) messa domenicale (della serie: zitti e mosca). Possibile che vi siano chiese che ospitano incontri di Taizé ma vengono sprangate dopo che vi si celebrano messe vetus ordo? Dov'è la sollecitudine paterna verso fedeli che hanno la sola colpa di voler pregare secondo il costume immemorabile della Chiesa?

La Curia di Torino contro le indicazioni di Papa Francesco? Lettera aperta di MiL alla vigilia della prima visita papale
Lettera aperta di MiL ai competenti organi diocesani torinesi 
alla vigila della prima visita papale nel capoluogo piemontese. 

E' noto come il card. Sarah [vedi anche] abbia recentemente rese di pubblico domino le illuminate indicazioni ricevute dal S. Padre Francesco all'atto della sua nomina a Prefetto della Congregazione per il Culto divino, fra le quali "che continui la buona opera nella liturgia iniziata da Benedetto XVI”.

 Il Cardinale ha chiarito che egli interpretata questa direttiva soprattutto nel senso di una sempre più ampia applicazione dell’esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum Caritatis e del motu proprio Summorum Pontificum, il quale ultimo, come si sa, ha completamente liberalizzato l'antico rito romano (ritus antiquior).

Parole valide per l'oggi. Card. Eugenio Pacelli a Budapest, maggio 1938: «Eritis mihi testes»

Discorso del Cardinale Eugenio Pacelli, nelle sue funzioni di Segretario di Stato, inviato da Pio XI come Legato pontificio al Congresso Eucaristico mondiale di Budapest nel maggio 1938. (Tratto da: Pascalina Lehnert, Pio XII. Il privilegio di servirlo, Rusconi 1984, pag. 77-80).
Il futuro Papa Pio XII parla di un'altra crisi, ma con parole perenni che risuonano vere e valide oggi più che mai, nella crisi oscura e inedita che stiamo attraversando.

« I discepoli del Signore, i cui occhi non sanno stac­carsi dalla visione del Maestro trasfigurato che ritorna al Padre e dalla nube che si posa tra Lui e i suoi, sono ricondotti alla realtà terrena da una voce angelica e richiamati ai doveri che quaggiù li attendono. Quid statis aspicientes in coelum? Un simile richiamo si ripete a noi in quest'ora.

Eritis mihi testes: qui, ai gradini dell'Altare, nell'orbita sacra dell'Eucarestia, si ridesta un'altra volta la con­solante coscienza del magnum pietatis sacramentum, del­l'unione con Cristo e dell'unione reciproca in Cristo, come grazia immeritata, come eredità inestimabile, come legge imprescrittibile di vita. Quale grande cosa potrebbe diven­tare il mondo, che cosa sarebbe l'umanità, se le persua­sioni provenienti da una simile esperienza, se le decisioni incalzanti da queste persuasioni, investissero la totalità dei credenti e se, al di là di essi, si aprissero ovunque strade per giungere là dove, sia nell'aspetto materiale sia in quello spirituale, si esercita un'influenza e si partecipa alla formazione della vita dei singoli e delle collettività!

Venerdì 19 giugno. Preghiera di Riparazione


Per comodità di chi legge e vuol partecipare: link alla Preghiera di Riparazione di ogni venerdì, mentre di seguito trovate la lettura di Formazione proposta, che inserisco di seguito.

Questa settimana [vedi RC qui, anche per gli avvisi] ricordiamo a tutti il nuovo e importante impegno di preghiera che ci siamo assunti da sabato 6 giugno: la devozione riparatrice dei cinque sabati per il Cuore Immacolato di Maria. Naturalmente chi non avesse potuto iniziare in quella data, può fruttuosamente assumersi questo impegno a partire dal primo sabato di luglio. Don Marino Neri ha scritto una preziosa guida su questa devozione, che invitiamo a leggere cliccando qui. Questa settimana, come lettura di formazione, proponiamo il capitolo numero 11 dell’autobiografia di Santa Teresa d’Avila.


LETTURA DI FORMAZIONE
Santa Teresa d’Avila, “Il libro della mia vita”

Capitolo 11  - Vedi Cap. 10 qui

Mostra perché non si giunga ad amare Dio con perfezione in breve tempo. Comincia a spiegarlo per mezzo di un paragone che illustra quattro gradi di orazione. Procede, in questo capitolo, a trattare del primo; è molto utile per i principianti e per coloro che non provano gioia nell’orazione.
  1. Venendo, dunque, ora a parlare di quelli che cominciano ad esser servi dell’amore (giacché altro non mi sembra il determinarsi a seguire per la via dell’orazione colui che ci ha tanto amato), è un onore così grande che provo una gioia straordinaria nel ripensarvi. Infatti, ogni timore servile scompare immediatamente, se in questo primo stato procediamo come si deve. Oh, Signore dell’anima mia e mio solo bene! Perché non volete che quando un’anima è determinata ad amarvi procurando, per quanto è possibile, di staccarsi da ogni cosa per dedicarsi meglio all’amore di Dio, non abbia subito la gioia di elevarsi a possedere questo amore in modo perfetto? Ho detto male; avrei dovuto dire, deplorandolo: perché non lo vogliamo noi? Infatti, la colpa è nostra se non godiamo subito di tanto onore, in quanto se arrivassimo a possedere in modo perfetto il vero amore di Dio, esso comporterebbe ogni specie di beni. Ma noi siamo così avari e così lenti nel darci totalmente a Dio che, non volendo Sua Maestà che godiamo di un bene tanto prezioso senza pagarlo a caro prezzo, non giungiamo mai a disporci convenientemente a riceverlo.
  2. Ben vedo che non c’è prezzo adeguato in terra per l’acquisto di un tale tesoro, ma se facessimo quanto è in nostro potere per non attaccarci a cose terrene, rivolgendo invece ogni nostra cura e ogni nostro atto a quelle del cielo, credo senza alcun dubbio che in breve tempo ci sarebbe dato questo bene, purché – ripeto – ci disponessimo subito a riceverlo, come fecero alcuni santi. Invece, ci sembra di dar tutto, e in realtà offriamo a Dio la rendita e i frutti, e ci tratteniamo la proprietà e il capitale. Ci decidiamo a essere poveri – cosa molto meritoria – ma spesso ritorniamo a porre ogni cura e diligenza a non farci mancare non solo il necessario, ma perfino il superfluo, e ad andare in cerca di amici che ce lo procurino, esponendoci a maggiori preoccupazioni e, forse, a più gravi pericoli, con il desiderare che non ci manchi nulla, di quelli in cui incorrevamo prima con il possesso delle nostre ricchezze. Ci sembra anche di rinunciare al pregiudizio dell’onore con il farci religiosi e con l’aver cominciato a condurre vita spirituale e a seguire la via della perfezione e, appena ci toccano in un punto di onore, non ricordandoci di averlo ormai dato a Dio, eccoci di nuovo a rivendicarlo e a voler riprenderglielo, come si dice, dalle mani, dopo averlo fatto volontariamente, a quanto sembra, padrone di esso. E così è di tutto il resto.
  3. Bella maniera di cercare l’amore di Dio! E poi lo vogliamo subito a piene mani, come suol dirsi. Mantenere le nostre affezioni (visto che non cerchiamo di mettere in pratica i nostri desideri per non riuscire ad elevarli dalla terra) e, ciò nonostante, pretendere molte consolazioni spirituali, è assurdo; non mi sembra, infatti, che una cosa sia compatibile con l’altra. Pertanto, poiché non riusciamo a darci totalmente a Dio, anche l’elargizione di questo tesoro non è totale. Piaccia al Signore che Sua Maestà vada donandocelo a goccia a goccia, dovesse pur costarci tutte le sofferenze del mondo!
  4. Grande misericordia egli usa a colui al quale dona la grazia e il coraggio di risolversi ad acquistare con tutte le sue forze questo bene perché, se persevera nella sua risoluzione, Dio, che non nega a nessuno il suo aiuto, a poco a poco renderà il suo coraggio capace di conseguire la vittoria. Dico coraggio, essendo innumerevoli gli ostacoli frapposti all’inizio dal demonio per impedire che s’intraprenda di fatto questa via, come chi conosce il danno che gliene viene, non solo per la perdita di quell’anima, ma di molte. Se, infatti, chi comincia a darsi all’orazione si sforza, con il favore divino, di raggiungere la vetta della perfezione, credo che non entrerà mai solo in cielo, ma traendosi dietro molta gente, come un buon capitano a cui Dio abbia affidato la sua compagnia. Perciò il demonio gli pone innanzi tanti pericoli e difficoltà che ha bisogno di non poco coraggio per non tornare indietro e, inoltre, di un grandissimo aiuto di Dio.
  5. Parlando ora degli inizi di coloro che sono ormai decisi a perseguire questo bene e a conquistarlo (delle altre cose di cui avevo cominciato a dire circa la teologia mistica – credo che si chiami così – parlerò più avanti): in questi inizi sta proprio la maggior fatica, perché qui è dove si deve lavorare, anche se il Signore fornisce i mezzi per farlo, mentre negli altri gradi di orazione predomina il godimento, sebbene tutti, siano essi al principio, a metà o alla fine, portino le loro croci, per quanto diverse. Questo cammino, già percorso da Gesù Cristo, devono percorrere coloro che lo seguono, se non vogliono perdersi. E benedette queste croci che anche qui, in vita, ci vengono ripagate in sovrappiù!
  6. Dovrò servirmi di qualche paragone, anche se, essendo donna, vorrei evitarli e scrivere semplicemente quello che mi hanno comandato, ma è così difficile esprimersi in questo linguaggio spirituale per chi, come me, non ha istruzione, che dovrò cercare di aiutarmi in qualche modo. Potrà darsi che il più delle volte non riesca a far calzare il paragone; vuol dire che servirà da passatempo alla signoria vostra il costatare la mia grande balordaggine. Mi sembra d’aver letto o udito il paragone che segue, ma non so dove né a che proposito, perché ho una cattiva memoria; è utile, però, al mio caso. Chi comincia deve pensare di cominciare a coltivare, per la gioia del Signore, un giardino in un terreno assai infecondo, pieno di erbacce. Sua Maestà strappa le erbe cattive e vi pianta le buone. Ora, supponiamo che questo sia già fatto quando un’anima si decide per l’orazione e ha cominciato a praticarla; con l’aiuto di Dio dobbiamo, da buoni giardinieri, procurare che quelle piante crescano e aver cura d’innaffiarle, affinché non muoiano e producano fiori di molta fragranza, per ricreare nostro Signore, in modo che venga spesso a dilettarsi in questo giardino e a godersi questi fiori di virtù.
  7. Vediamo ora in che modo si può innaffiare un giardino, per capire cosa dobbiamo fare, se la fatica che ci costerà il nostro impegno sarà maggiore del guadagno e per quanto tempo essa durerà. A me sembra che un giardino si possa innaffiare in quattro modi:
    • o con l’attingere acqua da un pozzo, il che comporta per noi una gran fatica;
    • o con una noria e tubi, tirandola fuori mediante una ruota (io l’ho girata alcune volte), il che è di minor fatica del primo e fa estrarre più acqua;
    • oppure derivandola da un fiume o da un ruscello: con questo sistema si irriga molto meglio, perché la terra resta più impregnata d’acqua, non occorre innaffiarla tanto spesso, e il giardiniere ha molto meno da faticare;
    • oppure a causa di un’abbondante pioggia, in cui è il Signore ad innaffiarla senza alcuna nostra fatica, sistema senza confronto migliore di tutti quelli di cui ho parlato.
  8. Ora, l’attuazione, in pratica, di queste quattro maniere di attingere l’acqua con cui si deve alimentare il nostro giardino, che senz’acqua andrebbe in rovina, è l’esempio che fa al mio caso. Mi pare che potrà chiarire qualcosa circa i quattro gradi d’orazione attraverso i quali il Signore, per sua bontà, ha fatto passare alcune volte la mia anima. Piaccia a lui, per tale bontà, che io riesca ad esprimermi in modo da giovare a una delle persone che hanno ordinato questo scritto. Il Signore lo ha condotto in quattro mesi molto più avanti del punto a cui ero giunta io in diciassette anni. Vi si è disposto meglio di me, e così irriga senza fatica questo giardino con tutte e quattro le acque; anche se l’ultima non gli venga data che a gocce; va però innanzi in modo tale che presto vi si addentrerà ben bene, con l’aiuto del Signore. Se il mio modo di spiegare gli sembrerà insensato, rida pure di me, perché ne avrò piacere.
  9. Coloro che cominciano a fare orazione sono coloro che attingono l’acqua dal pozzo, con grande stento, come detto, dovendo affaticarsi a raccogliere i sensi; il che, essendo questi abituati a divagare, costa grande fatica. È necessario che vadano abituandosi a non curarsi minimamente di vedere o udire nulla, mettendo specialmente in pratica questa noncuranza nelle ore di orazione, a starsene in solitudine e, così appartati, pensare alla loro vita passata (anzi, questo, primi e ultimi, lo devono fare tutti spesso), insistendo più o meno in tale pensiero, come dirò in seguito. In principio, inoltre, dà loro pena il non riuscire a capire se si pentono davvero dei propri peccati, ma sì, se ne pentono, se si decidono a servire Dio con tanta sincerità. Devono cercare di meditare sulla vita di Cristo, e in questa meditazione l’intelletto finisce per stancarsi. Fin qui possiamo avvantaggiarci da noi, s’intende con la grazia di Dio, senza la quale si sa che non possiamo avere nemmeno un buon pensiero. Questo è cominciare ad attingere acqua dal pozzo. Voglia ancor Dio che possa trovarsene, ma almeno cerchiamo, da parte nostra, di andare ad attingerla e di fare tutto il possibile per innaffiare i fiori. Dio è così buono che anche quando, per motivi che Sua Maestà solo conosce – forse di gran vantaggio per noi – permette che il pozzo sia secco, se noi facciamo ciò che dobbiamo fare da buoni giardinieri, senz’acqua alimenterà i fiori e farà crescere le virtù. Chiamo qui «acqua» le lacrime e, in mancanza di queste, la tenerezza e il sentimento interiore di devozione.
  10. Che deve, dunque, fare colui che da molti giorni non vede in sé altro che aridità, noia, ripugnanza, e tale mala voglia di andare ad attingere acqua, che se non ricordasse di far piacere e di rendere servizio al Signore del giardino e non si adoperasse a non perdere tutto ciò che spera di guadagnare con la grande fatica che costa gettare molte volte il secchio nel pozzo e tirarlo fuori senz’acqua, abbandonerebbe tutto? Gli accadrà spesso di non poter neppure alzare le braccia per far questo, né di avere un buon pensiero, poiché resta inteso che trarre l’acqua dal pozzo equivale a lavorare con l’intelletto. Allora, come dico, che farà in questo caso il giardiniere? Dovrà rallegrarsi, consolarsi e stimare come una grazia straordinaria il poter lavorare nel giardino di così grande imperatore. E poiché sa che con quel lavoro lo accontenta, e il suo intento non dev’essere quello di accontentare se stesso, ma Dio, gli renda gran lode per la fiducia che ripone in lui, avendo visto che senza alcuna paga fa tanta attenzione a ciò che gli è stato raccomandato, e lo aiuti a portare la croce, pensando che nella croce egli visse sempre. Non cerchi, del resto, quaggiù il suo regno né abbandoni mai l’orazione, deciso, anche se questa aridità debba durargli tutta la vita, a non lasciar cadere Cristo sotto il peso della croce. Verrà tempo che sarà ricompensato di tutto; non tema che il suo lavoro vada perduto; serve un buon padrone che lo sta guardando; non faccia caso dei cattivi pensieri; pensi che il demonio li faceva nascere anche a san Girolamo nel deserto.
  11. Hanno però il loro premio queste fatiche, che so quanto siano gravi (come chi le ha sopportate molti anni, tanto che quando tiravo fuori una goccia d’acqua da questo benedetto pozzo, pensavo che Dio mi aveva fatto una vera grazia), e che mi sembrano richiedere più coraggio di quel che ci vuole per molte altre traversie del mondo. Ma ho visto chiaramente che Dio le ricompensa sempre ampiamente anche in questa vita. Sì, è così, non v’è dubbio: infatti, con un’ora sola delle dolcezze che egli mi ha poi concesso quaggiù di sé, mi sembra che restino ricompensate tutte le angosce lungamente sofferte per durare nell’orazione. Sono convinta che il Signore voglia dare alcune volte al principio, e altre alla fine, questi tormenti e le molte e varie specie di tentazioni che si presentano, per mettere alla prova coloro che lo amano e vedere se sapranno bere il suo calice e aiutarlo a portare la croce, prima di arricchirne l’anima con grandi tesori. E credo che per il nostro bene Sua Maestà voglia condurci attraverso queste prove, per farci capire che siamo ben poca cosa. Sono tanto sublimi le grazie che dopo ci concederà, che vuole farci vedere, prima di darcele, le nostre miserie per esperienza diretta, affinché non ci accada ciò che avvenne a Lucifero.
  12. Che fate, Signor mio, che non sia per il maggior bene dell’anima che già sapete vostra, e che si sottomette a voi per seguirvi dovunque andiate, fino a morire sulla croce, decisa ad aiutarvi a portarla e a non lasciarvi solo con essa? Se ci si renderà conto di avere in sé questa determinazione, non c’è proprio di che temere, né vi è alcuna ragione di affliggersi, anime spirituali; una volta che ci si ponga in così alto grado com’è quello di voler trattare da sole a solo con Dio e abbandonare i passatempi del mondo, il più è fatto. Ringraziatene Sua Maestà e confidate nella sua bontà, che non è mai venuta meno ai suoi amici. Non vogliate indagare perché conceda tanta devozione a chi lo serve da molti anni. Teniamo per certo che tutto è per il nostro bene. Sua Maestà ci conduca dove voglia; ormai non apparteniamo più a noi stesse, ma a lui. Ci usa una grande misericordia nel permetterci di voler scavare nel suo giardino e star vicino al padrone di esso, che è sempre presso di noi. Se egli vuole che queste piante e questi fiori germoglino, alcuni con l’acqua attinta dal pozzo, altri senza di essa, che importa? Fate, o Signore, ciò che volete, purché io non abbia più ad offendervi né a perdere le mie virtù, se, unicamente per vostra bontà, me ne abbiate data qualcuna. Io voglio patire, Signore, perché voi patire; si adempia in me, pertanto, la vostra volontà, e non permetta la Maestà Vostra che un tesoro di così grande pregio come il vostro amore sia dato a chi vi serve solo per averne consolazioni.
  13. Si deve notar bene – e lo dico perché lo so per esperienza – che l’anima la quale comincia a inoltrarsi risolutamente in questa via dell’orazione mentale e può riuscire a non far molto caso né delle consolazioni né degli sconforti che prova quando il Signore le concede o le nega questi piaceri e queste tenerezze, ha già percorso gran parte del cammino. Non tema di dover tornare indietro, per quanto possa inciampare, perché ha cominciato a erigere il suo edificio su salde fondamenta. È certo che l’amore di Dio non consiste nel versare lacrime né nel provare questi piaceri e tenerezze – che comunemente desideriamo e con i quali ci consoliamo – ma nel servire Dio con giustizia, con fortezza d’animo e umiltà. Ricevere di più mi sembra lo stesso che non dar nulla da parte nostra.
  14. Per donnicciole come sono io, deboli e con scarsa fermezza, mi sembra che convenga, come Dio fa ora con me, favorirle di molti doni, affinché possano sopportare alcune tribolazioni a cui Sua Maestà ha voluto sottoporle; ma quando vedo che servi di Dio, uomini importanti, di cultura, d’intelligenza, fanno caso del fatto che Dio non concede loro devozione, è una cosa che solo a sentirla mi dà fastidio. Non dico che non debbano accettarla, se Dio gliela dà, e farne gran conto, perché significa che Sua Maestà ha ritenuto conveniente dargliela; ma dico che quando non l’hanno, non se ne affliggano e capiscano che non è necessaria, visto che Sua Maestà non la dà, e sappiano essere padroni di se stessi. Tengano per certo che questo è un errore – io l’ho visto e provato – e siano ben convinti che procedere nell’azione senza libertà di spirito e con animo debole è una imperfezione.
  15. Questo non lo dico tanto per coloro che cominciano (anche se vi annetto grande importanza, essendo di grande vantaggio cominciare con questa libertà e determinazione), ma per gli altri, poiché ve ne saranno molti che hanno cominciato da un pezzo e non riescono mai a finire. Credo che il non aver abbracciato la croce fin da principio è in gran parte la causa che li rende afflitti, sembrando loro di non far nulla. Non possono sopportare che l’intelletto cessi di operare, mentre forse proprio allora aumenta e prende forza la volontà, ed essi non se ne accorgono. Dobbiamo pensare che il Signore non bada a queste cose le quali, anche se a noi sembrano colpe, non lo sono: Sua Maestà conosce bene la nostra miseria e l’inferiorità della nostra natura, molto meglio di noi stessi, e sa anche che queste anime desiderano solo pensare sempre a lui e amarlo. Questa è appunto la determinazione che egli vuole; quanto all’afflizione che noi ci procuriamo, non serve ad altro che a turbare l’anima la quale, se prima doveva rimanere un’ora senza trar profitto dall’orazione, adesso ne sarà incapace per lo spazio di quattro ore. Moltissime volte (io ne ho grandissima esperienza e so quanto sia vero per averci fatto particolare attenzione e averne parlato in seguito con persone spirituali) dipende da indisposizione fisica, poiché siamo così miserevoli, che questa povera anima partecipa delle miserie del corpo, di cui è come una piccola prigioniera; i cambiamenti di stagione, il mutamento degli umori fanno sì che molte volte, senza sua colpa, essa non possa far ciò che vuole e soffra ogni genere di patimenti. E quanto più, in tali circostanze, si voglia farle forza, tanto peggio è, perché il male dura più a lungo. Bisogna, invece, aver discrezione per capire quando dipende da queste cause e non opprimere la povera anima. Rendiamoci conto d’essere ammalati; si cambi l’ora dell’orazione, e molte volte per vari giorni, si sopporti come meglio si può questo esilio, perché è una grande disgrazia, per un’anima che ama Dio, vedersi vivere in questa miseria e non poter fare ciò che vuole, per il fatto di avere un ospite così cattivo com’è questo nostro corpo.
  16. Ho detto «con discrezione», perché qualche volta sarà opera del demonio; pertanto, è bene non lasciare del tutto l’orazione, quando l’intelletto sia molto distratto e turbato, né tormentare di continuo l’anima costringendola a ciò che non può fare. Ci sono altre pratiche esteriori, come le opere di carità e la lettura, anche se a volte non si sarà disposti neppure a questo. Allora l’anima serva il corpo per amore di Dio, affinché sia poi esso a servire l’anima più spesso, e si prenda qualche onesto passatempo di conversazioni – che siano sante conversazioni – o faccia ricorso alla campagna, secondo quello che le consiglierà il confessore. In tutto ha molta importanza l’esperienza che fa conoscere ciò che ci conviene, e in tutto si serve Dio. Il suo giogo è soave ed è di gran guadagno non trascinare l’anima a viva forza, come si dice, ma guidarla con la soavità di tale giogo, per il suo maggior profitto.
  17. Perciò ripeto il consiglio già dato – e anche se lo dico molte volte è poco male –, che ha grande importanza, che nessuno si tormenti né si affligga per aridità, inquietudini e distrazioni di pensieri. Se vuole conquistare la libertà dello spirito e non essere sempre pieno di tribolazioni, cominci a non aver paura della croce, e vedrà come anche il Signore l’aiuterà lui a portarla, e la gioia con cui procederà, e il profitto che trarrà da tutto, perché è evidente che se il pozzo non dà acqua, noi non possiamo mettercela. È altrettanto vero, però, che non dobbiamo distrarci, affinché, quando l’acqua ci sia, provvediamo ad attingerla, perché allora Dio vuole, con questo mezzo, moltiplicare ormai in noi le virtù.